Ancora sul volume di Magdi Cristiano Allam

Ho terminato finalmente la lettura del volume di Magdi Cristiano Allam “Grazie Gesù” testo in cui il vice direttore del “Corriere della Sera”, racconta la storia della sua conversione dall’Islam al cattolicesimo e documenta il mondo che ha lasciato e quello che ha intrapreso.

La lettura di questa testimonianza di fede così forte, decisa e documentata, mi ha fatto del bene, facendomi ancora una volta prendere coscienza del dono inestimabile che Dio ci ha fatto di incontrare fin da bambini il messaggio di Cristo e di quanto sia assurdo e deludente dare per scontato questo dono e il viverlo senza entusiasmo e determinazione, quasi esso fosse una delle tante fedi possibili e non ritenerlo come l’unico ad appagare la nostra sete di verità e a dare risposte esaustive alle nostre infinite domande sul senso della vita.

Già la copertina del testo mi sembra significativa: lo sfondo di un bianco immacolato da cui emerge in nero il nome dell’autore che proviene dall’Islam ed approda a quel “Grazie Gesù” in un rosso vivo e luminoso, che rappresenta la salvezza offerta dal cristianesimo.

L’insegnamento della storia di questo convertito non si ferma a tutto questo, perché l’autore, che conosce bene la storia pregressa e le vicende attuali dell’Islam, denuncia in maniera chiara e documentata i limiti di questa proposta religiosa e civile di natura sua intollerante, violenta, settaria e spietata specie nelle sue componenti fondamentaliste.

Magdi Cristiano Allam, non ha peli sulla lingua nell’indicare anche le incongruenze del mondo occidentale e di molti cristiani, i pericoli che la nostra società corre, permettendo che questa gente che viene dal mondo musulmano non rispetti le leggi del nostro Paese, rifiuti la nostra civiltà, pretende di introdurre anche in Italia, comportamenti, stili di vita e mentalità che sono radicalmente opposte alla civiltà occidentale e alla religione cristiana. Credo che l’apprendere l’ebbrezza di questo intellettuale, che ha incontrato il cristianesimo abbandonando e rifiutando l’islamismo, possa veramente giovare sia a livello civile che religioso.

Nell’ambito civile aiuta a rendersi conto che non si può lasciar perdere ciò che non è accettabile, ma il rapporto con gli islamici deve svilupparsi a livello di forza e chiarezza e a livello religioso ci indica sempre il dialogo, ma mai tolleranza e tanto meno connivenza.

Il nostro rapporto con chi è salito in cielo

Mi sono sempre piaciute le canzoni del cantautore genovese Fabrizio De Andrè. La sua voce calda e profonda, le sue storie da menestrello medioevale, le sue trame tutte soffuse di ironia e cariche di denuncia dei luoghi comuni e della retorica scontata. La sua libertà irridente di una sacralità civile e religiosa solamente formale e soprattutto il suo estro musicale che utilizza tutto l’armamentario di quest’arte, dal violino alla chitarra, dalla tromba al flauto dolce, mi hanno sempre affascinato.

Qualche sera fa, la Rai assieme alla moglie di questo cantautore, hanno organizzato, in occasione dell’anniversario della sua morte, una serata rievocativa in cui sono state presentate le canzoni più significative del vasto repertorio di questo artista.

Mi ha colpito e mi ha fatto particolarmente pensare la presentazione di una canzone che gli fu ispirata da una poesia di E. L. Masters “La collina” (Antologia di Spoon River).

Questa poesia, del celebre autore americano, che dialoga con i morti sepolti nel piccolo cimitero della collinetta in riva al fiume, e porta avanti le loro storie particolari che la morte aveva interrotte, dando loro una conclusione positiva.

Nella serata dedicata a De Andrè, il cantante ripresentò la canzone proprio nel luogo in cui è sepolto il personaggio che la ispirò.

Il cimitero mi è parso un po’ più desolato di come l’avevo sempre sognato, più vivo e più ricco di poesia, quasi simile ai cimiteri attorno alle chiese del nostro Alto Adige.

Ma a parte tutte queste divagazioni, l’evento mi ha portato a pensare che non è giusto che il nostro dialogo con le persone care, che il buon Dio ha chiamato nel suo bel cielo, si interrompa nel momento della loro partenza, quasi come l’istantanea che fissa per sempre un volto amato ed una situazione. Il rapporto d’amore deve continuare, svilupparsi, crescere e mutare col tempo come avviene con chi ci vive accanto.

Ho cominciato a vivere per primo questa splendida verità conversando con la mamma, mio padre e le tantissime creature che sono andate ad abitare nella casa del Padre.

Le mie giornate sono diventate subito più piene ed ho goduto della compagnia e del dialogo con persone care, buone e sagge. Dare sviluppo alla fede su tutte le direzioni rende veramente più serena e bella la vita!

Una prigione fatta di norme

Ogni volta che mi imbatto in quella famosa frase del Vangelo: “Non l’uomo è fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l’uomo” ho quasi un sussulto di gioia e di ebbrezza spirituale. Non è infrequente che questa sentenza solenne di Cristo appaia nella liturgia eucaristica. Tutto quello che sa di costrizione è sempre qualcosa che istintivamente rifiuto, mentre nella società, nella chiesa e nella comunità c’è sempre gente propensa a metter norme, a sancire leggi e a farlo come se fossero precetti assoluti, irrevocabili, definitivi, la cui trasgressione costituisce colpa, dolo, peccato! Adoro questo Cristo che afferma che tutte le norme, non solo teoricamente devono tendere al bene della società, ma pure concretamente debbono essere a servizio dell’uomo e quando non lo sono possono essere evase, superate senza angosce e turbamento interiore perchè praticamente finiscono per venire meno alla loro funzione sostanziale per cui sono state poste. Questa verità l’avevano pure recepita perfino i romani quando nel loro ordinamento giuridico avevano sentenziato che l’impero assoluto della legge diventava un’ingiuria certa contro l’uomo.

Qualche giorno fa leggevo una riflessione di Gandhi il quale affermava che la società idealmente migliore è la più vicina all’anarchia, ossia all’abolizione di ogni legge perché l’uomo onesto, saggio e buono dovrebbe comprendere da solo che non può fare quello che danneggia l’altro, senza bisogno di leggi sanzionatorie di pena a questo riguardo!

Capisco che questa è una splendida utopia, alla quale bisogna tendere, pur riconoscendo la fragilità, la debolezza e l’egoismo umano. Però una società in cui l’uomo è avviluppato da una ragnatela asfissiante di norme è invece una condanna certa a vivere in una prigione minacciosa e disumana pur senza sbarre alle finestre e chiavi alle porte!

La massificazione degli individui

Da qualche tempo, per motivi occasionali, sto riflettendo sul perché del declino generalizzato di certe congregazioni religiose e dello stesso clero.

Io non ho nessuna competenza nell’esaminare questi fenomeni e le risposte che ne do sono elementari e scontate. Però una risposta che non può che essere vera è quella che le soluzioni proposte dall’ascetica e dalla morale di un tempo è che certe soluzioni di vita religiosa non corrispondono più agli schemi mentali e al tipo di spiritualità che l’uomo di oggi sente come vera e corrispondente alla sua sensibilità.

Partendo da questo problema, come per i giochi di incastro, me n’è nato uno di più grave e che investe tutto il mondo di coloro che tentano di perseguire i consigli evangelici e dei metodi o regole che dovrebbero aiutarli per recepirli nella vita.

Un tempo quando facevo l’assistente dei maestri cattolici ho sentito pedagoghi illustri affermare che educare significa aiutare a far emergere dal fondo dell’«io» tutte le risorse e qualità specifiche della propria personalità, Dio infatti ci ha fatti tutti diversi.

Ora mi chiedo, tutto quel martellamento fatto dai “maestri dello spirito” e dai “padri spirituali” o dai maestri …….., non ha appiattito, standardizzato, ridotto a denominatore comune e perciò storpiato personalità tanto diverse impoverendo la società della ricchezza che le singole persone erano nella possibilità di offrire? Tutto questo può esser detto anche per molti genitori, per lo Stato etico.

Mi vien talora il dubbio e il sospetto che questa operazione di massificazione degli individui, portata avanti in tutti i settori della vita familiare, civile e religiosa, sia un’autentica profanazione della persona un insulto al buon Dio che ci ha creato diversi, un impoverimento della vita civile e religiosa, altro che educazione, che perfezionamento o educazione civile!

Quando gli ideali vengono profanati e delusi

Un tempo era abbastanza di moda illustrare certi avvenimenti presentando le due facce opposte della notizia o del fatto “visti da destra e visti da sinistra”. Si era in quel tempo in cui prosperavano la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista; il bianco e il nero, o forse sarebbe meglio di dire: il bianco e il rosso”. E’ vero che anche oggi tra PD e PdL le cose non sono tanto diverse. Però un tempo c’erano due filosofie, due utopie, due modi opposti di leggere la storia, due progetti radicalmente diversi, mentre oggi c’è solo confusione, sete di potere, questione di soldi e di poltrone, ambizioni ed interessi!

La seconda repubblica non pare tanto diversa e tanto migliore della prima, comunque rimane il fatto che però ha mandato in frantumi prima la “balena bianca” e poi “il partito dei lavoratori”.

La storia procede sempre inesorabile!

Molti anni fa, quando i tribunali hanno fatto cocci della D.C. mi è capitato di vedere i volti smarriti dei protagonisti di quel partito, messi alla gogna dai giudici. Penso che sia capitato così anche per i gregari e per gli elettori democristiani. Io ringrazio Dio che mio padre sia morto di morte naturale prima della disgregazione D.C. altrimenti sarebbe morto di delusione e disfatta politica.

Circa i “Comunisti di fede” non mi era mai capitato di sentire gli esiti della polverizzazione del partito. Sennonché l’altra sera, in una telefonata occasionale con una signora che stimo, mi sono reso conto di quanto massacro ideale abbia determinato la disgregazione del partito comunista.

Quella signora aveva la stessa fede, lo stesso entusiasmo, lo stesso sogno di mio padre anche se di colore opposto. La confessione di questa donna intelligente e generosa mi ha letteralmente commosso, l’avrei abbracciata se mi fosse stata accanto.

Ora sono più che mai convinto che chi profana e delude gli ideali dei puri e dei semplici, commette un sacrilegio pari a quei peccati che il catechismo una volta affermava che non potevano essere perdonati da Dio stesso!

Farsi sentire

Molti anni fa lessi un articolo in cui si affermava che in Italia politici ed amministratori di enti statali o comunali fanno di testa loro e combinano tanti guai, perché una volta eletti, sono lasciati soli e non giungono loro le reazioni della popolazione la quale brontola ma difficilmente partecipa attivamente, manifestando il proprio pensiero.

Lo stesso articolo continuava affermando che in altri Paesi le cose non andavano così. Infatti in America, in occasione di una presa di posizione della Casa Bianca, ben 25.000 americani avevano manifestato disappunto scrivendo al presidente degli Stati Uniti. Da noi il comportamento della gente è ben diverso, il popolo mugugna ma raramente i cittadini prendono posizione, uscendo allo scoperto e firmando il proprio parere.

La lezione mi parve buona e da quella volta spesso prendo posizione manifestando il mio parere nei vari organi di stampa o scrivendo direttamente ai preposti ai vari settori della Civica Amministrazione.

A dire il vero i risultati sono stati alquanto modesti! E’ ben vero che l’apparire di una “rondine non fa primavera!”

Scrissi al Sindaco, in occasione di due articoli apparsi su “Il Gazzettino” in cui si affermava che il progetto de “Il Samaritano” giaceva negletto nei cassetti del Comune. Scrissi ancora al prosindaco Mognato e a Venturini presidente della municipalità per lo scandalo del piazzale del cimitero, il cantiere che tira a campare da mesi e mesi ed un progetto che riduce drasticamente i posti macchina, mentre a parer mio, avrebbe dovuto aumentarli.

In ambedue i casi, silenzio assoluto!

Molto probabilmente Sindaco e Prosindaco e Municipalità non possono avvalersi della collaborazione dei tremilaseicento dipendenti comunali (la più numerosa impresa cittadina).

“Amiens Peato, sed magis amica verità!”

Ci sono detti popolari che spesso hanno fatto fortuna quasi solamente perché formulati con una rima che facilita la memoria, ma che di sapienza ne contengono ben poca.

Mio padre spesso faceva il meteorologo usando qualche proverbio probabilmente imparato dal calendario “Bepogallo da Casier”: “Nuvole a pecorelle, pioggia a catinelle!”

Altri detti, condensati in frasi ormai diventate universalmente note, che hanno una maggior consistenza culturale, e c’è sempre qualcuno, dalla felice memoria, che le cita a proposito consolidando una certa sapienza popolare che costituisce un aspetto della cultura propria della civiltà dei veneti.

Qualche tempo fa mi è capitato sotto mano una pubblicazione di questo genere in cui ho trovato tanto del buon senso e del criterio della nostra gente.

Vi sono poi delle sentenze, che ci giungono dai secoli, che costituiscono, non solo una chiave interpretativa degli eventi, ma contengono una utopia, seppur modesta e parziale, ma valida e stimolante, tanto da essere sempre là pronta ad orientarti e stimolarti.

Qualche giorno fa pensavo a quanto bene mi ha fatto una sentenza, imparata sui banchi del liceo, durante le lezioni di storia della filosofia: “Amiens Peato, sed magis amica verità!” Stimo ed amo Peatune per il suo intuito e la sua saggezza, però scelgo e preferisco in ogni caso la verità.

Possedere un certo patrimonio di questi contenitori di sapienza aiuta a valutare a fare scelte più nobili, più alte e più libere.

Questa “sentenza” mi ha sempre aiutato a fare scelte di libertà, per cui trovo ancora il coraggio di guardarmi allo specchio, anche se mi ha costretto a pagare, talvolta prezzi consistenti per essere fedele, comunque le sono riconoscente!

Originali variazioni liturgiche

Ho partecipato recentemente come concelebrante, ad un funerale che si è tenuto in una delle trentadue parrocchie della nostra città.

Il celebrante, da quanto ho potuto constatare durante la funzione, fa parte a quell’ormai numeroso gruppo di sacerdoti che avvertono un bisogno irrefrenabile di operare dei piccoli o grandi cambiamenti nella liturgia ufficiale adottata dalla chiesa per la celebrazione della Santa Messa. Ci sono anche dei preti che si permettono delle variazioni che riguardanono la sostanza. Ho sentito di un prete olandese che buttava alle galline i frammenti delle Ostie che aveva consacrato durante la messa, ritenendo che fosse importante il segno della ripetizione della formula detta da Gesù durante l’ultima cena, ma probabilmente non accettava per nulla la dottrina della chiesa sulla presenza eucaristica di Cristo. Altri preti invece si permettono della trovate più di forma che di sostanza. Mi è stato riferito di un collega che prima della messa mandava un chierichetto dal fornaio a comperare mezzo chilo di pane che poi lui consacrava durante la messa.

A questo mondo purtroppo o per fortuna, siamo di tante teste!

Io sono per una applicazione abbastanza rigida delle forme liturgiche, perchè penso che la convinzione interiore del sacerdote dia pregnanza da sola al segno sacro.

Per venire all’ultima esperienza, il celebrante si permise delle varianti di poco conto, che mi sembravano più un vezzo che una scelta ideologica.

Quello che mi sorprese però non più di tanto fu il fatto che durante il funerale, in cui la norma non impone la recita del credo, disse all’assemblea fatta di tutti vecchi come me, “Ora, recitiamo il credo che è il segno della nostra fede, mettendo la mano sul cuore come quando si canta l’inno nazionale: “Fratelli d’Italia” la cosa nè mi turbò nè mi scandalizzò, pur portandomi la fantasia sul prato verde della Casa Bianca, ed accomunandomi a Bush o ad Obama, piuttosto che a Tommaso che si prostra dicendo “Dio mio e Signore mio!”

Ho sempre preferito i testimoni ai venditori di fumo!

Nel volume in cui sono raccolte le lettere di don Lorenzo Milani, scritte alle persone con cui ebbe a che fare questo prete coraggioso, povero, intelligente e santo, ce n’è una che, per me, è come la stella polare che offre un orientamento sicuro.

Don Milani scrive questa lettera ad un certo “Pipetta”, non so se sia un cognome o un soprannome affibbiatogli da qualcuno? Questo Pipetta era, da quanto emerge dalla lettera, un povero proletario di sinistra che, a livello sociale, si trovava in piena sintonia con il prete fiorentino e di cui molto probabilmente era amico tanto da sognare assieme una società più giusta.

“Bada bene, caro Pipetta” scrive don Lorenzo Milani, “che ora sono con te nella barricata, e combatto con te la battaglia della giustizia, ma se domani, per un qualsiasi motivo, tu ti trovassi dalla parte di chi opprime, di chi usa il potere per fare ingiustizia, io ti tradirò perché io starò sempre con gli ultimi, con quelli che subiscono”.

Nella mia vita non ho mai aderito interiormente ad una fazione, ad un partito, ad un movimento perché ho amato e sempre preteso la libertà di stare con gli ultimi; mi ritenessero comunista o fascista!

Destra, Sinistra e Centro, per me sono parole vuote e paraventi spesso di disonestà e di imbroglio; a me interessa chi sta con gli ultimi, chi ne fa gli interessi e ne promuove i diritti.

Sempre poi ho preferito e preferisco chi testimonia in pubblico ed in privato queste scelte.

Per fare un esempio avrei preferito La Pira anche se fosse stato il segretario del Mis o dei liberali, a Bertinotti anche se rappresentasse la sinistra più radicale.

Ho sempre preferito i testimoni ai venditori di fumo!

Un impegno non di parte ma di civiltà

Un tempo ho sentito che i cittadini si avvalgono in maniera sovrabbondante del “jus mormorandi”. Forse è vero; vedere i difetti, sottolineare i limiti, evidenziare le lacune piuttosto che gli aspetti positivi della vita, della comunità e dei concittadini è un andazzo praticato da molti.

Mi accorgo che pure io non sono immune da questo difetto.

Più di una volta qualcuno mi ha avvertito che una certa critica acida non costruisce, anzi arrischia di demolire, altri ancora mi hanno fatto osservare che un pizzico di ottimismo, che l’attenzione al positivo costruisce molto di più che una critica feroce, seppur giusta ed onesta.

E’ risaputa la massima di San Francesco di Sales che afferma che si pigliano più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto. Ed ancor più nota l’altra sentenza “non c’è rosa senza spina”, ma è altrettanto vero che non c’è spina senza rosa!

Molte volte ho ritenuto giusto scrivere che a Mestre la chiesa non ha quasi più strumenti organizzativi per la cultura, la politica, lo sport, le categorie professionali, il lavoro, l’università, sperando che quelle affermazioni diventassero uno stimolo.

Non è successo nulla!
Provo ora premendo un altro tasto, quello opposto, anche perché una notizia mi favorisce a farlo, “Piazza Maggiore”, il periodico di grande formato edito dalla comunità di San Lorenzo e pure il “Gazzettino” ci hanno informato sulla serie di conferenze, ad altissimo livello organizzate dalla “Fondazione Duomo”, che si rifà a quella intraprendente comunità cristiana, fondata da qualche anno, da Monsignor Fausto Bonini.

Ho anche pure letto delle polemiche, a mio parere troppo faziose, sorte da qualche esponente di Centro Destra che accusano don Fausto di sinistrismo. Per fortuna il parroco del Duomo non si scompone e snobba con un silenzio dignitoso queste insinuazioni. I cristiani di destra e di sinistra pare che non abbiano ancora capito che l’importante è fare!

Impegnarsi perché i “diritti umani” diventino patrimonio comune, cultura diffusa, non è di destra nè di sinistra, ma è solamente civiltà!

Certa religiosità mortifica il sacro

Almeno due volte la settimana mi reco all’ospedale per rifornire de “L’incontro” gli espositori in cui i concittadini, che per i motivi più diversi si trovano all’Angelo, possono trovare e leggere il nostro settimanale.

Uno degli espositori è collocato sulla parete accanto all’ingresso della cappella dell’ospedale.

Solitamente faccio una capatina a quel luogo sacro in cui dimora Cristo Gesù e che dovrebbe rappresentare il cuore pulsante della chiesa di Dio.

Nelle prime ore del mattino non c’è quasi mai nessuno in quella bella cappella, riscaldata ed illuminata che pur con sobrietà è stata costruita funzionale e con buon gusto, anche se ora un certo gusto devozionale arrischia a farne un qualcosa che sa di bigotto.

Comunque buttai l’occhio su un banco in cui c’era un foglio con una riproduzione di una suora, vestita antico stampo. Di primo acchito pensai che si trattasse di Santa Bertilla, la consorella santa delle suore Dorotee che un tempo a decine servivano gli ammalati nell’ospedale di Mestre. Mi accorsi invece che si trattava di Santa Teresa del Bambin Gesù.

Con questa santa un tempo ebbi quasi uno scontro, che poi è rientrato. Lessi, mentre ero adolescente, la sua autobiografia e mi era parsa sentimentale, sdolcinata tanto che la rifiutai quasi sdegnosamente. Fortuna volle che più avanti negli anni mi capitasse di leggere una biografia, di un autore olandese di pregio, tanto che mi riconciliai con questa giovane carmelitana che ora stimo come una santa di grosso spessore religioso.

Purtroppo il foglio reclamizzava “la novena delle rose” a Santa Teresina del Bambin Gesù novena mediante cui, a parere di un certo padre Putigan, si può ottenere, a buon mercato, la grazia che si desidera.

Talvolta nelle nostre chiese si mortifica il sacro con una religiosità di nessun respiro spirituale, ma talora lo si fa anche permettendo che certi bigotti lo facciano, immeschinendo quelle sacre ed alte realtà che dovrebbero trovare nel luogo sacro la cornice più idonea ed invece arrischiano di mortificarla con iniziative e pratiche che sono il sottoprodotto della spiritualità.

Canti lagnosi

In questi giorni, per una certa associazione di idee, mi è tornata in mente una storiella, che mi è stata raccontata tanti anni fa.

In una caserma il comandante aveva fatto ridipingere una sedia, le aveva messo accanto un piantone perché le reclute non si sedessero rovinando la pittura della sedia e dei loro pantaloni.

Il capitano poi si dimenticò  di ritirare l’ordine, quando il colore si fu asciugato, motivo per cui nessuno riusciva più a comprendere perché la sedia avesse la sentinella accanto, pensando che si trattasse di un segreto militare si continuò nel tempo a presidiare inutilmente la sedia!

La storiella, critica nei riguardi della burocrazia militare e la scarsa duttilità, mi venne in mente in questi giorni per un motivo di ben altro genere.

Uno dei fedeli della piccola chiesa del cimitero, sapendo il mio amore per la musica, mi ha regalato un compact disc di canti gregoriani, così che da mane a sera ho modo di ascoltare questi frati che a “buon mercato” cantano da quando alle 7,30 apro la chiesa fino alle 16,30 quando la chiudo.

Io passo spesso lunghe ore, nella mia cattedrale. E mi assorbo questa “lagna gregoriana” che dal Pontefice all’ultimo pretino di Curia, dicono essere il canto della chiesa per antonomasia!

Mi sto domandando sempre più di frequente: “Perché quel canto è più religioso del canto del gen rosso o verde?” Se mi dicessero che era il canto del 1200 o 1300 non farei verbo, ma se si tratta del canto con cui gli uomini del terzo millennio possono esprimere meglio la lode del Signore, mi pare sia una sciocchezza madornale.

Molto probabilmente si continua a dire così perché “ab immemorabile” si è detto così, come per la sentinella della sedia.

Poco tempo fa si è celebrato l’anniversario della scomparsa di Fabrizio D’Andrè e milioni di italiani, io compreso, abbiamo ascoltato con interesse le canzoni di questo novelliere! Credo che se qualcuno di Chiesa avesse commissionato al cantautore genovese qualche canto di lode al Signore, i fedeli pregherebbero con più gusto e partecipazione con buona pace dei frati e di chi si ostina a dire che quel loro canto è gradito a Dio e ai suoi figli di adozione!

Dio è amore, chi ama conosce Dio

Oggi ho letto un brano del Vangelo di San Giovanni. Debbo premettere di aver incontrato un sacco di fedeli che magnificano la prosa ed il pensiero di questo evangelista. Mentre io per struttura mentale e per sensibilità, dei quattro evangelisti se dovessi fare una graduatoria di gradimento metterei all’ultimo posto Giovanni preferendogli Luca, Marco e Matteo. Certi voli pindarici di questo apostolo che sanno di un misticismo estraneo al mio modo di sentire, mi creano un certo disagio, abbastanza vicino al rifiuto. Eppure debbo confessare che, qualche giorno fa, una frase di San Giovanni, mi ha letteralmente incantato ed ha aperto nel mio animo uno squarcio di cielo talmente sublime ed invitante da suscitarmi una ebbrezza meravigliosa. Giovanni introduce il suo discorso, che poi completa con delle varianti sul tema, affermando: “Dio è amore”, “Chi ama conosce Dio”. Quante volte ho letto questa frase, ma soltanto oggi mi pare di averne compreso il significato reale e profano. Non sono stati certamente i miei lontani studi di dogmatica a farmi conoscere il volto e il cuore di Dio, certi discorsi astrusi, aridi, senz’anima non mi hanno di certo mostrato il volto accattivante e caro del Padre dei cieli.

L’amore è il modo migliore se non l’unico di farmi intuire lo splendore del Padre, della parabola del prodigo, che accoglie il figlio degenere senza batter ciglio e senza un rimprovero. Se le nostre piccole e brevi esperienze dell’amore umano talvolta povero e passeggero mi scaldano il cuore e mi riempiono di ebbrezza, quanto mi sentirei compreso, difeso ed inebriato se mi inoltrassi con passo deciso verso l’amore infinito di Dio!

La conversione di Magdi Cristiano Allam

Per Natale, una giovane professionista, che mi aiuta in occasione dell’Eucarestia che celebro i giorni festivi in cimitero, mi ha regalato il volume di Magdi Cristiano Allam, il vice direttore del “Corriere della Sera” che recentemente si è convertito dall’Islam al cristianesimo ricevendo il battesimo, il Giovedì Santo in Basilica di San Pietro, dal Papa Benedetto XVI.

Il suddetto autore racconta la conversione e le motivazioni che l’hanno condotto a questa difficile e pericolosa scelta. Sto leggendo il volume con avidità perché scritto bene, da persona onesta ed intelligente, che conosce profondamente le problematiche che attualmente investono anche il nostro Paese per la presenza ormai di centinaia di migliaia di islamici, presenti in maniera attiva ma che stanno creando difficoltà di non poco conto nei rapporti di convivenza sociale, culturale e religiosa.

Sono convinto che il proseguo della lettura sarà ceratemene stimolante perché la conversione di questo maomettano è passata attraverso queste questioni di carattere religioso.

Voglio qui sottolineare una sua confessione, che per me è estremamente significativa e che dovrebbe influenzare il comportamento pastorale delle nostre comunità e dei singoli cristiani. “La mia conversione non è stata oggetto di un colpo di fulmine conseguente ad un evento traumatico gioioso o triste che sia, così come non è stata per nulla una mera adesione razionale scaturita dalle letture dei testi sacri o dal confronto puramente intellettuale con chi è a favore o chi è contrario alla fede cattolica. E’ stata invece il frutto maturo di un lungo percorso di vita vissuta, fatta di studio e di conoscenza diretta delle genti del sapere ma, soprattutto, di esperienze di incontro con cristiani veri che hanno coinvolto tutto me stesso, sedimentando pian piano nel mio animo e nella mia mente strati sempre più consistenti di adesione spirituale e razionale”.

Precedentemente a questa confessione Magdi aveva citato in maniera pignola una serie sconfinata di incontri con uomini e donne di fede che avevano testimoniato con la loro vita la validità del messaggio cristiano.

Tutto questo mi convince una volta di più che la proposta cristiana passa soprattutto mediante una testimonianza globale del Vangelo di Gesù.

Meglio lasciare tutto ai poveri che a parenti egoisti!

Come ho confessato più volte io mi ritengo un cercatore appassionato degli aspetti nobili e belli della vita umana.

In realtà non passa giorno che non faccia qualche felice scoperta.

Spesso sono dei fiori piccoli ma delicati e gentili e talvolta sono quanto mai interessanti. Questo atteggiamento di attenzione e di ricerca però mi fa scoprire spessissimo anche le cose deludenti del portamento umano. Non parlo di ciò che è reperibile nei giornali perché quasi sempre essi sembrano il letamaio destinato a raccogliere ciò che c’è di più scarto della vita, ma anche vivendo semplicemente il quotidiano ho modo di imbattermi in fatti veramente deludenti e perfino squallidi.

Qualche tempo fa ho celebrato il commiato cristiano per un’anziana signora che non conoscevo. Prima di arrivare alla partenza per il cielo aveva passato settimane e settimane in ospedale, amorevolmente assistita solo da una conoscente che si è prodigata in maniera veramente encomiabile. Mi informai pensando che non avesse parenti, mentre invece ho appreso dell’esistenza di una nuora e di un nipote. La prima si ricordò della mamma del marito defunto partecipando al funerale, forse perché aveva fissato l’appuntamento con il notaio per l’eredità un’ora dopo il commiato. Il secondo neppure si presentò per l’ultimo saluto alla nonna che gli aveva lasciato un patrimonio consistente.

Io comprendo il senso materno e i legami familiari, ma sono convinto che favorire o solamente permettere queste forme di egoismo e di aridità umana sia veramente male.

In casi come questo fare la scelta dei poveri, destinando il patrimonio ad opere di solidarietà, non solamente è comprensibile, ma perfino doveroso.

E’ tempo di bollare l’egoismo con tutti i mezzi dei quali uno dispone!