Lo stile di vita degli Zanta

A causa dei cantieri per il tram, della città nata senza un piano regolatore e di una burocrazia comunale inetta ed inefficiente, per raggiungere un punto della città, siamo costretti a fare “percorsi di guerra” pieni di insidie e di pericoli.

Ogni mattina per raggiungere la chiesa del cimitero, ove svolgo il mio umile e modesto servizio sacerdotale, sono costretto a percorrere una specie di labirinto, che solo gli esperti possono fare.

Dopo una serie di strette curve a gomito, finalmente sbuco nel rettilineo di via Vallon, appena imboccato, ogni mattina tiro un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. In questo momento di istintivo rilassamento, in questi ultimi mesi non posso che lasciarmi colpire emotivamente dalla serranda chiusa del negozietto di alimentari dei Zanta. Fino ad alcuni mesi fa, per quanto presto passassi, essa era alzata e dentro, in penombra per risparmiare, i coniugi Zanta preparavano il negozio per la giornata. I piccoli negozi di alimentari, uno dopo l’altro, hanno chiuso per la concorrenza degli ipermercati, ma quello dei Zanta no!

Un giorno chiesi al titolare come andava: “Benino, don Armando, viviamo!”

Da quarant’anni ho imparato a conoscere questi coniugi, innamorati come due ragazzini, laboriosi e parsimoniosi come le formiche, hanno cresciuto e laureato i figli e se un infido ictus non avesse bloccato il titolare, penso avrebbero continuato per altri vent’anni ad aprir presto la serranda e a chiuderla tardi, a servire sorridenti, a portare a casa la spesa anche di pochi euro, a trovar forza e motivo di vivere nella fede e nel lavoro.

Ora si parla di crisi nelle aziende grandi e piccole, di crisi nelle parrocchie, di crisi nella scuola, nella politica, nello sport, di crisi un po’ di tutto!

I Zanta vivevano mentre gli altri chiudevano e chiudono.

Qual è stato il loro segreto, qual è il segreto di chi tiene? Ve lo dico io: il lavoro, la vita sobria, l’onestà, la coerenza, il sacrificio, il servizio al prossimo, così si vive ed anche si mette via qualcosa!

Con questi valori i Zanta sono vissuti con una piccola bottega, in un quartiere piccolo e povero, nonostante tutti gli ipermercati e le nuove tecnologie di vendita!

Credo che con lo stile di vita dei Zanta non solamente vivrebbero decorosamente le botteghe, gli artigiani, ma anche i Comuni, le parrocchie e il parlamento!

Ottant’anni (e metterei la firma per altri dieci!)

Sono certo di aver citato più volte delle riflessioni che il futuro Papa Roncalli ha scritto nel suo “diario” il giorno che ha compiuto sessant’anni.

Scrive pressappoco così, il futuro Papa che a quel tempo doveva essere nunzio apostolico, ossia ambasciatore della Santa Sede, o in Bulgaria o in Francia: “Sessant’anni, equilibrio, saggezza, gusto di vivere e di incontrare persone e situazioni, desiderio di operare e conforto della speranza del Regno che pian piano si avvicina” non ricordo esattamente le parole, ma è questa la sostanza dell’annotazione contenuta in quel magnifico volume intitolato “Il giornale dell’anima”

Non mi consta che al compimento degli ottant’anni il vecchio Papa abbia scritto ancora pensieri simili, avrei desiderio di consultare il volume, ma come sempre avviene avendolo prestato, non mi è più stato restituito ed io non ricordo a chi l’ho dato.

Il desiderio nasce dal fatto che il 15 marzo, le famose “idi” fatali per Cesare, anch’io sono giunto all’ottantesimo anno di età.

Rifacendomi a Papa Roncalli che consigliava di mettere ogni giorno nero su bianco, e diceva ancora: “Nessun giorno sine linea” (ossia senza registrare qualche sentimento o qualche avvenimento!

Ci provo anch’io: da un punto di vista fisica; capigliatura folta ma tutta bianca, alla don Vecchi; passo più lento ed appesantito; addio alla linea, al sonno, alla bicicletta!

Da un punto di vista razionale, a parte i vuoti di nomi, date, pare che il cervello giri ancora e sia ad una ricerca appassionata di una religiosità essenziale e rispondente alla sensibilità dell’uomo d’oggi.

Da un punto di vista di progetti e di sogni il buon Dio non mi ha fortunatamente abbandonato; coltivo sogni e progetti per cui mi servirebbe ancora mezzo secolo per portarli a termine!

Brontolo, rifiuto la sciatteria nel vestire dei giovani, mi appassiono e mi arrabbio per la politica, sono critico quanto mai per il poco coraggio ed intraprendenza dei preti nel campo della pastorale; mi sembrano troppo rassegnati, chiusi in difesa quasi dubbiosi della validità del loro patrimonio ideale.

Sono fortunatamente molto felice della mia comunità di cristiani, che pur quasi senza chiesa, prega e ricerca il volto di Dio nella cappella del cimitero.

Non mi preoccupa più di tanto la salute anche se molte parti di me reggono a suon di pastiglie.

Suvvia! Non mi lagno, ringrazio il buon Dio che è perfino troppo generoso e benevolo con me! Metterei per ora la firma per altri dieci anni!

Continuare a promuovere sempre e comunque la vita!

Sulla fine di Eluana e sui vari attori che l’hanno determinata ho espresso perfino troppo chiaramente la mia opinione. Mi sono schierato senza dubbi e senza tentennamenti con la chiesa e ho riprovato altrettanto decisamente tutti coloro che hanno decretato la fine di questa povera e sfortunata creatura, “in primis” contro l’ulteriore prova dell’arroganza del potere giudiziario.

Non assolvo assolutamente il padre, come ha fatto la maggioranza e neppure lo comprendo; spero solo che il terribile dramma che l’ha colpito gli abbia tolto serenità, equilibrio, saggezza e lucidità di giudizio.

Solamente per questi motivi gli offro la mia comprensione e l’affido alla misericordia di Dio.

Per me il principio assoluto è quello della Bibbia: “Non uccidere” mai e nessuno, neppure Caino.
Non uccidere, punto e basta!

Se qualcuno può decidere legalmente la fine di una creatura indifesa e che non fa male a nessuno perché si dovrebbe non sopprimere i vecchi incoscienti, improduttivi e costosi, i delinquenti, le persone ritenute da qualcuno socialmente nocive, chi si oppone al supposto progresso, i tiranni e i loro fiancheggiatori.

Con la scelta fatta si potrebbero giustificare perfino i genocidi di Nerone, Stalin, Hitler, Polpot e la lista purtroppo è ancora molto lunga.

Sono convinto che l’eutanasia è la continuazione logica e perversa dell’aborto, checché ne pensino i radicali, la sinistra o la destra!

In questi giorni ho trovato in un bollettino parrocchiale della nostra città questo trafiletto, lo trascrivo perché affronta il problema da un’altra angolatura, ma non meno convincente della mia. Ragionamento che riporto:

“Quando questa estate, puntuali come la morte, i giornali ci faranno la predica e ci diranno che abbandonare cani e gatti durante le ferie è un reato e che è segno di inciviltà e che non si può negare a questi amici dell’uomo un minimo di attenzione anche se il desiderio delle ferie è impellente… farò loro una grossa pernacchia. Se è giusto, ed è giusto, non negare agli animali un po’ di cibo e un po’ di acqua non sarebbe stato altrettanto giusto non negarla ad una persona umana che non era per strada, abbandonata come un barbone, ma aveva trovato nella Chiesa e in una delle sue famiglie religiose chi la teneva come una “di casa” con pazienza, con fedeltà, con quell’amore che il padre non ha certamente dimostrato.

Lungi dal giudicare la coscienza, compito sempre impossibile all’uomo e consentito solo a Dio, di fatto si può definire solo in una maniera:

E’ strano che ad abbandonare Eluana, la più indifesa delle creature, sia stata una parte politica che si ritiene dalla parte dei poveri, degli indifesi, degli abbandonati. Un’altra bruttissima figura, per non dire di peggio, della sinistra italiana.

Noi cosa possiamo fare?

Continuare a promuovere sempre e comunque la vita, rispettandola persino nelle foglie e nelle formiche, e facendo tutto il possibile perché nessuna creatura umana possa dire: sono stata abbandonata. E poi pregare anche per i genitori di Eluana: non deve essere stato facile nemmeno per loro questo calvario. Di sicuro hanno imboccato la strada sbagliata, ma ne hanno pagato il conto. Per loro misericordia e preghiera.

Chi ha spento Eluana purtroppo ha spento pure un po’ della coscienza del popolo italiano, e questo non è meno grave, anzi forse più, della fine di quella povera creatura.”

Ateobus e atei

Credo che un po’ tutti, anche se l’attenzione dei giornali, ma sopratutto della televisione è stata piuttosto rapida e marginale, siamo stati colpiti dalla notizia che sugli autobus genovesi è stata reclamizzata una scritta, richiesta da un gruppo organizzato di atei: “Una cattiva notizia: Dio non esiste, ed una buona: non cambia nulla”

L’iniziativa è sbollita presto perché secondo alcuni, l’azienda che doveva gestire questa pubblicità, l’ha ritenuta controproducente a livello economico e, secondo altri, perché i filotranvieri, con tanto buon senso, si sono rifiutati di condurre gli autobus con quelle frasi irridenti la fede.

Comunque qualsiasi sia stato il motivo che ha fatto fallire questo proposito, la notizia mi ha fatto pensare e quasi costretto ad indagare maggiormente e a prendere posizione, almeno a livello interiore.

Ho appreso così che questo tentativo non è nuovo, infatti era già stato tentato a Bergamo, ma soprattutto ho scoperto che in questo sforzo di colpire al cuore la fede non è stata solamente l’Unione Sovietica negli anni di “buio a mezzogiorno”, ma pure in Italia ci sono sparuti gruppi di ateisti organizzati che ogni tanto fanno queste macabre e dissacranti sortite.

A parte la sicumera di questa gente che si autopromuove a persone anticipatrici dell’avvenire, fautori della razionalità e nemici acerrimi dell’oscurantismo religioso e clericale, mi chiedo a chi giovano questi attacchi acidi e saccenti alla fede dei credenti?

Immagino che non dovrebbe recare alcun disturbo agli atei che la stragrande maggioranza dei propri concittadini si professino credenti, ed ammesso ma non concesso che questo gruppo sparuto di personaggi avesse ragione e che il mondo intero di tutti i tempi avesse torto, e che la fede fosse solamente una dolce e rassicurante illusione, ripeterei loro come il grande Pascal che torna sempre conto scommettere sul positivo perché così uno comunque passa meglio la vita, in maniera più serena e comunque avrebbe la stessa sorte dei non credenti.

Io rimango del parere che questo tipo di atei acidi e dissacranti sono persone irrequiete, frustrate, bastian contrari che sfogano la loro incapacità o volontà di vivere secondo sane regole morali e di pensiero, che invidiano chi invece conduce una vita morigerata, serena e positiva: comunque essi saranno sempre destinati a rimanere ai margini della vita e soccombenti come dimostra la storia antica e recente.

La solidarietà ed il giudizio di Cristo

Sono moltissimi anni che nutro il sospetto che Iddio, creatore del cielo e della terra, sia molto interessato e gradisca quanto mai il fumo d’incenso, anche se è incenso vero e non artificiale, i paludamenti suntuosi dei pontificali, la nenia infinita di un rosario dopo l’altro, novene ed ottavari, l’organizzazione turistica verso determinati santuari o l’esasperata pubblicizzazione di certi santi da miracoli.

Sono dubbi che tengo quasi sempre per me, perché sono invece convinto che sia sacrilegio e deprecabile turbare la fede dei semplici.

Detto questo però mi pare che sia dovere di un pastore d’anime mettere in luce determinate pagine del Vangelo che manifestano, senza ombra di dubbio, il pensiero di Cristo, ricordando a tutti che il primo a dettare indirizzi nella pietà dei cristiani sia appunto Cristo che è il fondatore e la pietra d’angolo della chiesa.

Qualche giorno fa mi ritrovavo col gruppetto dei fedeli che durante la celebrazione dell’Eucarestia, ascoltavano il brano del Vangelo che illustrava in maniera semplice, comprensibile e ribadita i paradigmi del Giudizio finale del Signore ai fedeli che sono chiamati a sottoporsi a questo esame: “Avevo fame, sete, ero ignudo, forestiero, in carcere e tu mi hai aiutato, oppure tu non mi hai aiutato” terminando col ribadire che ogni volta “che abbiamo aiutato o non aiutato il povero, abbiamo porto aiuto o rifiutato aiuto a Cristo stesso, Figlio di Dio”

Concludendo con la sentenza di accoglienza nel Regno o la condanna alla Geenna.

Mi pare quindi indubbio che il giudizio di Cristo ha come materia principale e forse unica: la solidarietà.

Mentre riflettevo ancora una volta non sulle chiose dei mistici o dei moralisti, ma sulla parola di Gesù, mi chiedevo: “Ma com’è possibile, che le nostre catechesi e le nostre prediche non si rifacciano con maggior precisione e determinazione, su queste verità certe piuttosto che su fumosi ed incerti obiettivi di gente di chiesa che non so con quale autorità propongono indirizzi macchinosi, talvolta razionalmente fragili e poco comprensibili da un punto di vista esistenziale?”

Con prudenza e pazienza, ma con decisione tenterò allora di sparare le ultime cartucce su bersagli validi piuttosto che su bolle, seppur iridate, di sapone!

Parole che lasciano il segno

Io lavoro, normalmente per “L’incontro”, in un piccolo sgabuzzino, un po’ lontano da “casa mia” che per un po’ di vezzo chiamo alla D’Annunzio, il mio “romitorio”.

Il mio romitorio è sito in un luogo appartato e silenzioso del don Vecchi, normalmente non passa di là quasi mai nessuno, se non il vecchio Severino che torna a casa sua canticchiando qualche vecchia romanza.

La stanzina un metro e mezzo per tre, contiene il mio archivio artigianale di foto di giornale e di articoli che ritaglio in sovrabbondanza dalle riviste e dai giornali di ispirazione cristiana che mi giungono ogni settimana.

Quando faccio i lavori manuali di impaginazione vecchio stampo, ascolto radio radicale. La manopola è sempre fissa sull’onda di questa emittente per il pericolo di perderla.

Ultimamente ho sentito il patetico commiato di Veltroni. In tempi recenti questo segretario del PD mi aveva irritato alquanto, ma di fronte al fallimento di un sogno, che in qualche modo avevo condiviso, mi ha commosso.

Le parole, i sentimenti di Veltroni, hanno richiamato alla mia memoria il minatore di “Le stelle stanno a guardare”, stelle fredde e sprezzanti che registravano imperterrite il ritorno nelle fauci della miniera del minatore deputato che era stato sconfitto dai furbi di turno.

Qualche giorno fa ho sentito l’intervento di Pannella nell’ultimo dei frequenti congressi radicali. L’ho confessato tante volte: verso i radicali nutro un complesso di odio e amore quanto mai intenso.

Per un certo verso provo rammarico e repulsione per l’anticlericalismo viscerale, per il richiamo ad una presunta non violenza e per una mentalità liberista a livello economico ed una militanza di sinistra per sfacciato tornaconto finanziario ed elettorale.

Quando però Pannella, non con molta convinzione interiore, reclama una religione libera, disinteressata, povera, rispettosa ed evangelica, allora mi mette più in crisi di quanto non possano fare un sermone o un’enciclica. In quei momenti l’unico appiglio che mi salva è “la chiesa in grembiule” del povero don Tonino Bello, defunto vescovo di Barletta.

Ringrazio allora il Signore che si avvale perfino di Pannella per sollecitarmi a ravvedere la mia condotta di ministro di Santa Romana Chiesa.

Stipendi e venditori di fumo

Qualche settimana fa Luciana Mazzer, la graffiante e polemica collaboratrice de “L’incontro”, ha pubblicato prima gli emolumenti economici percepiti dai nostri politici e un paio di settimane dopo le pensioni relative spettanti a questi “lavoratori” del Parlamento, anche se occupati per una sola legislatura.

Cifre da capogiro per noi poveri mortali!

Scandalo, ma scandalo da meritare di essere affogati con la macina da mulino di evangelica memoria.

Scandalissimo se poi sono parlamentari della sinistra o peggio ancora dell’estrema sinistra!

Ormai da anni io credo solamente ai fatti, anche se talvolta i loro discorsi incantano come le bolle di sapone che brillano al sole!

Ben s’intende ciò vale per i politici, i magistrati, i sindacalisti e gli stessi uomini di chiesa.
Tutta questa gente espertissima nel parlare, li ritengo alla pari dei giocolieri o gli acrobati da circo equestre.

Qualche settimana fa ho visitato nel suo piccolo alloggio una nuova residente del Centro don Vecchi. Donna di poche parole, ma intelligente e serena. Mi raccontò la sua storia. Ad otto anni fu messa a servizio a seguito della morte della mamma perché aveva una nidiata di fratelli.

Questa signora ha fatto la serva fino a pochi mesi fa, quando ad ottantatre anni ha concluso che non poteva più continuare. Era felice di avere finalmente una casa tutta sua anche se di 25 o 28 metri quadrati.
Le chiesi che pensione percepisse; 720 euro!

Volete che di fronte a fatti del genere io possa avere complessi nei riguardi di Veltroni, Scalfaro, Napolitano, la Bindi e di tutti quelli che predicano la giustizia sociale, il rispetto della legalità e cose del genere? Voi non potete neanche immaginare il rifiuto, la nausea, la malinconia che mi fanno questi interessati venditori di fumo!

I miei punti di riferimento sono quelli che hanno il volto e la storia di questa serva!

Due medici splendidi

Questa settimana la reputo, per me, una settimana molto fortunata perché ho avuto modo di incontrare, mediante i mass-media, due splendide persone.

L’incontro mi ha procurato una profonda ed incontenibile gioia interiore, tanto che ho sentito il bisogno di scattar loro una “foto” e di inserire i loro volti in quello splendido volume incompiuto che ha ancora tantissime pagine bianche su cui stampare i volti e le storie.

Mi riferisco al tante volte citato “I santi e i testimoni della porta accanto”.

Io conservo nel cuore ed ogni tanto presento ai miei amici i volti e le storie dei grandi profeti del nostro tempo, quali: don Mazzolari, Martin Luter King, don Gnocchi, don Milani, il dottor Swaitzer e tanti altri, ma mi sono altrettanto cari e amati i “profeti”, i “santi” e i testimoni vivi della mia città.

Alcuni sono talmente luminosi per cui sono accettati come tali e degni di ammirazione per tutti, altri li tengo per me perché la politica o l’indirizzo ideologico talvolta possono creare divergenze di valutazione.

Oggi voglio indicare ai miei concittadini due medici; la bella figura del professor Menegaldo, scomparso qualche settimana fa, primario del reparto di oncologia del Policlinico S. Marco, una splendida figura di sanitario, capace professionalmente, ma ancora più valido a livello di umanità. Spero che qualcuno, che l’ha conosciuto da vicino, voglia incorniciare questa figura esemplare di medico che amava i pazienti e si è speso per loro.

La televisione poi ci ha presentato un altro grande medico, di cui l’ospedale dell’Angelo e Mestre possono andare orgogliosi, il professor Vittorino Pagan, che in questi ultimi giorni ha fatto un autentico miracolo di bravura operando un tumore. Alla bravura professionale universalmente riconosciuta si aggiunge una umanità affettuosa, partecipe, calda e generosa.

I giornali ogni giorno ci parlano di tanti manigoldi e truffatori tanto da farci pensare che a Mestre non ci siano cittadini probi, capaci e generosi che meritano l’attenzione e la riconoscenza di tutti noi, mentre ci sono e sono veramente grandi.

La morte di Eluana

Questa pagina di diario l’ho scritta in un giorno che il calendario segna come lunedì, ma non garantisce la data di questo giorno.

I tempi di gestione de “L’incontro” sono, come si usa dire oggi “biblici”, il volontariato, le macchine di stampa sono splendide realtà, ma non domandate loro una tempestività perché tutto è in balia della sorte! D’altronde questo non cambia molto!

Un mio professore di storia, monsignor Altan, persona estremamente intelligente, anticonformista e saggia, era solito leggere il quotidiano quindici, venti giorni dopo la data di uscita perché diceva: “Il tempo sedimenta, inquadra e decanta le notizie, per cui se non lette quando non sono fresche d’inchiostro, ne cogli meglio la sostanza”.

Per il dramma di Eluana voluta morta, anche fisicamente, dal padre, dai radicali e da una parte di concittadini che pensano di essere emancipati e liberi dai principi perenni del pensiero cristiano, mentre sono condizionati dalla moda, dalla supponenza, si è scritto l’immaginabile, tanto da provocare perfino la nausea.

I fautori di suddetta fine pare che non si siano accorti che hanno ragionato esattamente come Hitler, Stalin e tutti i tiranni che con sadismo e disprezzo della vita altrui hanno eliminato, in maniera spietata, tutti coloro che ritenevano oppositori, peso per la società, costosi per la comunità o semplicemente improduttivi o non gradevoli.

Credo però che se ne saranno pure accorti perché tanto si è detto e scritto anche da chi non la pensava come loro, ma la loro saccenza, arroganza e disumanità è tale per cui paiono accecati ed insensibili.

Io voglio solamente aggiungere che hanno fatto un male immenso e non quantificabile al nostro Paese e ricordare loro che la storia dimostra che fatalmente costoro saranno travolti essi stessi da quella rivoluzione di valori che hanno promosso perchè a questo mondo tutto si paga!

Nota della redazione: da tempo si è scelto di pubblicare gli interventi di don Armando in contemporanea all’Incontro, sebbene se ne disponga diverse settimane prima. In futuro questo orientamento potrebbe mutare anche in base alle richieste che dovessimo ricevere tramite il blog.

Il pane di ieri

Io sono lento nel leggere. Per terminare un volume non ci metto mai meno di un mese, un po’ perché ho poco tempo da dedicare alla lettura ed un po’ perché mi sforzo di assimilare quanto più mi è possibile i concetti che ritengo validi.

Una cara amica mi ha donato l’ultimo volume di Enzo Bianchi, il priore della Comunità di Bose che si trova vicino a Biella.

Questo monaco, esperto ed amante della Sacra Scrittura e fondatore di una Comunità monastica estremamente innovativa nel suo impianto e nella sua spiritualità, è anche un fine letterato, piacevole e profondo, per cui la lettura risulta veramente appagante e deliziosa.

Il volume che consiglio agli amici de “L’incontro”, porta come titolo “Il pane di ieri” ed è edito dalla Mondadori. Mi dicono che è il libro più richiesto, in questi ultimi mesi, nelle librerie.

Ho l’intenzione di pubblicarne la recensione nel numero di questa settimana, ed è una recensione, quella del “Nostro tempo”, il quindicinale torinese, certamente migliore di quella che io potrei fare, ma sento il bisogno di dire qualcosa che mi ha toccato particolarmente, perché l’autore da una lettura della religiosità che mi affascina quanto mai e che vorrei suggerire, con tutte le mie forze, ai credenti e in particolare ai cattolici della mia città e del mio tempo.

Il priore di Bose, che rivisita i luoghi, le consuetudini e i riti e la mentalità della sua gente, cioè dei contadini delle colline coltivate a vitigni del suo Monferrato, riesce a permeare di una spiritualità che sempre è intima e connaturale a quella vita sana ed autentica e che mai risulta artificiosa, appiccicata ed estranea al flusso dei giorni, delle feste e delle opere di quella povera gente.

Il rito, le usanze, le feste, il lavoro e le stagioni sembrano tessute con lo stesso respiro della Bibbia e la Bibbia sembra parlare la stessa lingua di quella gente semplice che si muove e respira all’unisono con la natura e il vivere dei suoi abitanti.

Dalla lettura di questo volume ho colto che l’autentica spiritualità e il vero misticismo non è qualcosa di peregrino ed avulso dalla vita di ogni giorno. I viticoltori dell’infanzia di padre Bianchi sono religiosi anche quando non praticano perché sono veri e sarebbero cristiani anche se praticassero il buddismo.

Mi è difficile spiegare ciò che di bello e di vero ho colto, per questo motivo invito gli amici a leggere il volume e sperando che faccia loro lo stesso effetto che ha fatto a me.

Andiamo a cercare il terreno buono!

E’ venuto a trovarmi uno dei ragazzi dell’azione cattolica che avevo incontrato cinquant’anni fa a San Lorenzo. Ora vive a Bologna ma fino a un anno fa, quando la sua vecchia mamma era viva, veniva spesso a Mestre per farle compagnia.

Venne con la moglie, una cara signora buona ed intelligente, per “sbaraccare” la casa e per dire una preghiera sulla tomba dei propri morti che riposano nel nostro campo santo.

Mi fa sempre un piacere immenso incontrare questo caro ragazzo, perché gli è rimasto il volto sorridente di un tempo ormai molto lontano, lo stesso calore nel parlare, la stessa semplicità e soprattutto lo stesso entusiasmo per la vita e per le cose dello spirito.

Tante volte penso, perchè le infinite schiere di ragazzi, incontrati nella mia lunga vita, a scuola, nel patronato e nelle associazioni, e ai quali ho tentato di donar loro il meglio del mio animo e della mia umanità, me li ritrovo su tutte le sponde sociali, politiche e religiose?

Per fortuna, indipendentemente dalle posizioni che la vita li ha portati ad assumere, mi dimostrano sempre l’affetto, la stima di sempre, facendomi capire che tutto quello che ho tentato di donare loro non è andato perduto, ma anzi è rimasto parte cara e preziosa della loro vita.

Talvolta mi capita di fare la stessa constatazione anche per certi politici, anche se non sono proprio i vesilliferi del mondo cattolico, ma quando provengono dalle scuole di ispirazione cristiana, dai patronati e dalle nostre associazioni, mi pare che conservino sempre qualcosa di sano e di bello che hanno colto nella loro giovinezza passata vicino ai sacerdoti.

Io non mi ritengo per nulla un bravo educatore, né un esperto, né un prete di successo, però credo, o almeno mi illudo, di non aver lavorato per niente. La buona semente germoglia, fiorisce e fruttifica per una sua naturale vitalità, indipendentemente dalla nostra bravura.

Come vorrei dire ai giovani preti, ed anche a quelli meno giovani e vecchi, “Non accontentiamoci del gruppetto di ragazzi, mansueti e pallidi che vivono all’ombra del campanile, ma cerchiamo anche i più impenitenti e ribelli, anche loro, talvolta, in qualche parte del loro cuore hanno un po’ di terreno buono!”

I doni che nostro Signore ci pone davanti agli occhi

Il Vangelo di oggi (questa riflessione risale a qualche settimana fa, NdR) era insolitamente corto, neanche una mezza paginetta, descriveva il fatto che Gesù si è decisamente rifiutato di fornire un “segno” ai farisei che glielo chiedevano.

La narrazione dell’evangelista è asciutta ed essenziale, tanto che mi è parso di leggere tra le righe che il Maestro era seccato per la richiesta di questa gente petulante e bigotta.

Si sa che il mondo è sempre stato avido di miracoli, di portenti, di fatti straordinari. Perfino Erode, quella vecchia volpe sadica, marcia e miscredente, aveva desiderato che Cristo gli avesse fatto, come un giocoliere, un miracolo tutto per lui. In fondo Erode era ben conscio di essere re, non per nulla ordinò su due piedi, di tagliare la testa a quel gran galantuomo di Giovanni Battista, solamente perché invaghito della giovane figlia di Erodiade, la sua donna di turno!

Gesù volse le spalle e se ne andò in silenzio.

Ci sono perfino troppi segni a questo mondo della benevolenza del buon Dio nei riguardi dell’uomo.

Papa Roncalli ritornava di frequente sulla necessità che l’uomo sappia leggere i “segni dei tempi!”

Ma penso che il Papa buono si riferisse ai segni del macro cosmo, come l’anelito alla giustizia del sud del mondo, o al problema dei vecchi nella nostra società.

Ma ci sono anche i piccoli segni che si presentano agli occhi di tutti e che offrono dei messaggi continui che potrebbero aiutare l’uomo a diventare più saggio, a vivere meglio, a sentirsi protetto sotto l’ala di Dio.

Tutto questo risulta ancora impossibile a causa del diffuso analfabetismo religioso. La gente del nostro tempo non solamente non ha una cultura religiosa, ma non sa più sillabare e leggere ciò che gli capita sotto gli occhi!

Il piccolo gregge mi stette a sentire in maniera devota e compunta. Spero che tornando a casa si siano accorti che il verde dei prati ora è più intenso e che occhieggiano già parecchie margherite! Spero che capiscano la gentilezza di Dio, il suo amore sconfinato, il suo perdono, nonostante gli stupri, gli inganni delle banche, lo straparlare dei politici, l’ipocrisia dei commercianti.

Dio ci sta anticipando primavera.

Spero che capiscano tutti che per nostro Signore ogni giorno è San Valentino e che il dono e la sua attenzione la offre anche ai brutti in ogni momento.

Su Eluana la Chiesa ha ragione

Il dramma di Eluana, la giovane donna da 17 anni in stato vegetativo, è passato per la coscienza degli italiani come un tornado e come un tornado ha devastato gli animi portando disordine e rovina immane.

Io, sia ben chiaro, a scanso di equivoci, sono convinto che la Chiesa abbia ragione e che abbia torto il padre, i magistrati, che non so perché si sono sostituiti ancora una volta al potere legislativo del Parlamento, i politici che hanno tentato di strumentalizzare questo dramma umano per sperati vantaggi elettorali, il Capo di Stato che ha negato la firma al decreto legge, i fanatici contro e i fanatici pro.

Io, ancora una volta, ben cosciente di tirarmi addosso la riprovazione di una parte consistente dei miei concittadini, sono più che convinto che ogni atto umano debba essere chiamato col suo nome, non tentando mai di ingannare o ingannarsi con circonlocuzioni ipocrite.  La fine di Eluana non fa eccezione, pur concedendo le attenuanti, come sono tali tutti quei gesti disperati che per pietà si sopprimono mogli  o mariti o figli perché soffrono o per altri presunti motivi umanitari.

Tutta la sceneggiata, tutti i protocolli, tutti gli avvocati e tutti i medici hanno recitato una farsa per ingannare o per ingannarsi, ma che non nasconde per nulla la tragica realtà.

Ripeto, credo che abbia ragione la Chiesa perché, una volta presa questa china, ci saranno un miliardo di altri casi, simili o dissimili per arrivare allo stesso risultato. Per me la vita, qualsiasi vita, è sacra e mai è lecito fare qualcosa per spegnerla. Aggiungo che ho preso buona nota dei politici laici o cattolici che in questa questione non hanno tenuto presente il pensiero della Chiesa perché, anche se dovessi vivere altri mille anni, mai avranno il mio voto, anzi farò l’impossibile perché non l’abbiano anche da chi mi dimostra una qualche fiducia, perché qui non si tratta di politica, ma di vita e di civiltà!

Difficili tempi supplementari

La vita di un prete penso di poterla dividere in quattro grandi stagioni, il clima delle quali non ho ancora ben capito se sia stato determinato dall’età piuttosto che da combinazioni sociali e pastorali più o meno fortunate.

C’è stato un tempo in cui mi sono sentito inserito in una bella avventura, vissuta con slancio e passione.

I due anni ai Gesuati vissuti accanto al mio vecchio parroco conosciuto nel mio paese natio, che mi volle bene come un padre e mi diede l’esempio di un prete zelantissimo ed appassionato delle anime.

La seconda stagione l’ho vissuta a San Lorenzo, prima con Monsignor Da Villa, una roccia di prete, forte, deciso che teneva il timone della comunità con mano ferma, pretendeva dai preti obbedienza e fedeltà ai compiti assegnati, ma che ci faceva sentire un affetto profondo e sincero. Poi con Monsignor Vecchi, a cui l’avventura, il sogno, le nuove frontiere piacevano veramente, ed affrontava i problemi parrocchiali con la scanzonatezza giovanile. Ci sentiva quasi una piccola “banda” che spostava continuamente in avanti i paletti dei confini dell’azione pastorale, metteva a fuoco costantemente nuovi e più avanzati progetti.

Furono bellissimi i tempi passati con don Giogo Buzzo, don Franco De Pieri, don Aldo Marangoni ed altri ancora.

La terza stagione la vissi come responsabile della comunità di Carpenedo, nei tempi difficili della contestazione però non solo non si è arretrato di un pollice, ma anzi si consolidavano le posizioni e si avanzava.

Porto nel cuore giovani bei preti quali don Adriano Celeghin, don Gino Cicutto, don Umberto Bertola, don Marino Gallina e tanti altri ancora. Ho la sensazione che assieme, di Carpenedo ne facemmo una bella comunità in crescita costante e con gli occhi e il cuore sempre rivolti al domani, senza spavalderie, ma anche senza complessi verso i tempi nuovi.

Ora che vivo nei tempi supplementari della partita e sto ai margini delle vicende pastorali, vivo questa stagione con molta malinconia, annoto purtroppo spesso dati negativi: una parrocchia con più di 6000 abitanti con due sole messe festive, un’altra di 4000 con una sola messa alla domenica, frazioni numerose abbandonate, chiese aperte solamente due o tre ore al giorno, associazioni cattoliche di categoria totalmente scomparse, parrocchie asfittiche, visite alle famiglie abbandonate, attività sovra parrocchiali ignorate o inesistenti.

Mi auguro che sia solo l’età a non farmi cogliere il bello e il nuovo di ciò che avviene nella nostra chiesa, perché altrimenti non ci sarebbe proprio molto per stare allegri!

Siamo in primavera!

Questa mattina stavo uscendo dal cimitero dopo aver benedetto il loculo ove riposeranno le ceneri di una cara mamma in attesa della resurrezione, quando mi sono imbattuto in un signore, infreddolito come me per la mattinata nebbiosa ed umida quanto mai.

Questo signore, che certamente ritornava a casa dopo aver pregato sulla tomba di qualcuno dei suoi cari, mi salutò con calore e confidenza, evidentemente era convinto che io lo conoscessi quanto lui conosceva me. Le cose non stavano proprio così; io da mattina a sera sto sul palco, semino parole con la voce e con la penna, e tanta gente coglie i miei messaggi, mentre essa se ne sta muta nei miei riguardi. A questo poi si aggiunge che sono poco fisionomista, quindi saluto tutti pur non sapendo spessissimo chi saluto. Ebbene questo signore, aveva forse piacere di scambiare qualche parola con me, per dimostrarmi simpatia, mentre percorrevamo la stradicciola sconnessa e fangosa; o forse sentiva il bisogno di dirmi qualcosa di positivo, data la desolazione e il grigiore in cui ci muovevamo.

Mi disse, con certo entusiasmo, che aveva visto una margherita, una sola margherita in fiore, sul prato vicino a casa sua. Il mio compagno di tristezza, mi ha detto e ripetuto, una seconda volta, questa notizia con l’entusiasmo con cui lo speaker della televisione ha annunciato la vittoria di Obama!

Uscendo dal don Vecchi, suor Teresa mi aveva pure fatto osservare che l’arbusto di forcizie gialle, vicino al cancello, era in boccio “Freddo o non freddo quando è la stagione le forcizie fioriscono” concluse suor Teresa.

Credo che abbiamo tutti bisogno di primavera! Abbiamo bisogno di fiori, di sole, di azzurro in cielo, di buone notizie e di amore! Abbiamo bisogno di un mondo nuovo!

Ringrazio di cuore il concittadino della margherita e la suora delle forsizie in boccio!

E’ tempo che tutti scopriamo e parliamo di fiori e di cose belle se non vogliamo morire sepolti dalla malinconia e dalla tristezza!

Hanno ragione i miei amici che mi rimproverano spesso le cadute di pessimismo.

Stamattina mi è venuta la voglia di rivedere il film di Frank Capra “La vita è meravigliosa!” se non lo rivedrò, tenterò di essere il regista di una nuova copia!