La vita di un prete penso di poterla dividere in quattro grandi stagioni, il clima delle quali non ho ancora ben capito se sia stato determinato dall’età piuttosto che da combinazioni sociali e pastorali più o meno fortunate.
C’è stato un tempo in cui mi sono sentito inserito in una bella avventura, vissuta con slancio e passione.
I due anni ai Gesuati vissuti accanto al mio vecchio parroco conosciuto nel mio paese natio, che mi volle bene come un padre e mi diede l’esempio di un prete zelantissimo ed appassionato delle anime.
La seconda stagione l’ho vissuta a San Lorenzo, prima con Monsignor Da Villa, una roccia di prete, forte, deciso che teneva il timone della comunità con mano ferma, pretendeva dai preti obbedienza e fedeltà ai compiti assegnati, ma che ci faceva sentire un affetto profondo e sincero. Poi con Monsignor Vecchi, a cui l’avventura, il sogno, le nuove frontiere piacevano veramente, ed affrontava i problemi parrocchiali con la scanzonatezza giovanile. Ci sentiva quasi una piccola “banda” che spostava continuamente in avanti i paletti dei confini dell’azione pastorale, metteva a fuoco costantemente nuovi e più avanzati progetti.
Furono bellissimi i tempi passati con don Giogo Buzzo, don Franco De Pieri, don Aldo Marangoni ed altri ancora.
La terza stagione la vissi come responsabile della comunità di Carpenedo, nei tempi difficili della contestazione però non solo non si è arretrato di un pollice, ma anzi si consolidavano le posizioni e si avanzava.
Porto nel cuore giovani bei preti quali don Adriano Celeghin, don Gino Cicutto, don Umberto Bertola, don Marino Gallina e tanti altri ancora. Ho la sensazione che assieme, di Carpenedo ne facemmo una bella comunità in crescita costante e con gli occhi e il cuore sempre rivolti al domani, senza spavalderie, ma anche senza complessi verso i tempi nuovi.
Ora che vivo nei tempi supplementari della partita e sto ai margini delle vicende pastorali, vivo questa stagione con molta malinconia, annoto purtroppo spesso dati negativi: una parrocchia con più di 6000 abitanti con due sole messe festive, un’altra di 4000 con una sola messa alla domenica, frazioni numerose abbandonate, chiese aperte solamente due o tre ore al giorno, associazioni cattoliche di categoria totalmente scomparse, parrocchie asfittiche, visite alle famiglie abbandonate, attività sovra parrocchiali ignorate o inesistenti.
Mi auguro che sia solo l’età a non farmi cogliere il bello e il nuovo di ciò che avviene nella nostra chiesa, perché altrimenti non ci sarebbe proprio molto per stare allegri!
Bravo don Armndo:Continua a dire sempre ” pane al pane ”
e ” vino al vino” Ti auguro longa vita.
Olindo Caramaschi