La gestione del “miracolo”

Ho parlato delle motivazioni che mi hanno spinto in questa impresa, delle finalità, dei finanziamenti: non ho mai parlato della loro gestione, ossia di chi oggi amministra i centri. Ho spesso scritto della realizzazione come un “miracolo” ma non sono meno convinto che sia pure “un miracolo” la gestione di questi 510 alloggi per anziani poveri e del recente Centro di Solidarietà cristiana Papa Francesco.

I don Vecchi sono strutture opera della parrocchia di Carpenedo e sono state gestite dal sottoscritto, titolare di questa comunità. Una volta andato in pensione nel 2005, il mio successore monsignor Danilo Barlese ritenne opportuno che subentrasse una Fondazione – nata un anno dopo – gestita da un Consiglio di amministrazione della durata di 5 anni formato da 5 membri con consiglieri: 3 nominati dalla parrocchia e 2 dal Patriarca.

L’attuale Consiglio di amministrazione della Fondazione – di cui sono presidente onorario come per il Centro – è stato nominato all’inizio di questo anno ed è formato da Andrea Groppo, Edoardo Rivola, Maria Caterina Ferrari, Federica Giummolè, Pomiato Roberto.
Il Consiglio d’amministrazione de Il Prossimo che gestisce il Centro Papa Francesco, ente del terzo settore, ha pressappoco gli stessi membri: don Gianni, Rivola, Groppo con l’aggiunta di suor Teresa Del Buffa.

Vengo quindi a parlarvi di questi consiglieri, della direzione e dei responsabili.

Presidente della Fondazione Carpinetum: Andrea Groppo, diplomato geometra e titolare delle assicurazioni Generali di Castelfranco. A lungo membro scout dell’Agesci parrocchiale.
Presidente dell’associazione Il Prossimo che gestisce il Centro Papa Francesco è Edoardo Rivola: già direttore del Banco San Marco/Bancobpm in diverse città del Nordest, è andato in pensione per dedicarsi totalmente alle attività del Centro.
Direttrice generale della Fondazione è la dottoressa Cristina Mazzucco, assunta regolarmente e coadiuvata da tre impiegate tutte assunte regolarmente e dal volontario Marino Fontanella.
Il Centro don Vecchi di Marghera è diretto dai coniugi Teresa e Luciano Ceolotto in qualità di volontari.
Quello di Campalto da Lino Zanatta e Stefano Sangion in qualità di volontari. Il Centro don Vecchi 5 da Renzo Marcoleoni in qualità di volontario.
Il Centro don Vecchi 6-7 dalla signora Pina Mediati, assunta regolarmente.

Ho ritenuto opportuno riferire questi dati perché si sappia che i residenti nelle sette strutture non pagano affitto ma soltanto i costi condominiali e le utenze e gli utenti dell’ipermercato solidale pagano solo un piccolo contributo per i costi di gestione.

Il Centro Papa Francesco, gestito dall’associazione Il Prossimo, è organizzato in settori: ognuno ha dei referenti che coordinano il gruppo dei vari volontari. Agli Alimentari sovrintendono Gianni Bergamin e Lucia Simionato, alla Frutta e verdura Eugenio Alemanno, ai Mobili Federico Troi e Luciana Ribon, al Banco Alimentare Niccolò Meggiato e Vito Marchiori, ai Vestiti Eddi Bobbo con Ivana, Anca e in cernita Gina e Laura.

Grazie alla bella schiera di persone che dedicano tempo e fatica per i concittadini che sono in difficoltà.

Ripeto che il nostro “miracolo” di carattere sociale è sorto e vive solamente perché può contare su questa bella squadra di gente capace e generosa.

L’esercito della salvezza

Più volte nel passato ho confidato, mediante i periodici che mi offrivano un po’ di spazio, che ho sempre avvertito il bisogno di dialogare con i miei cittadini perché, pur vivendo in una comunità abbastanza numerosa, le persone che frequentano la chiesa erano e purtroppo sono ancora molte meno di quelle che popolano la nostra città. Il 15 marzo ho compiuto 94 anni e, nonostante rimanga nel mio animo questo sentimento struggente, le mie condizioni psicofisiche logorate da questa valanga di anni purtroppo mi rendono quasi impossibile o per lo meno molto difficile questo dialogo. In occasione della Pasqua però ho però sentito il bisogno imperioso di fare ai miei concittadini, “nipoti” e “pronipoti”, qualche confidenza. Confidenze che sento il bisogno impellente di manifestare anche se la grafia è incerta e il discorso risulta assai povero e frammentario.

Prima confidenza: io sono veramente felice di vivere assieme a quasi 600 anziani, più o meno vecchi di me, negli alloggi dei centri don Vecchi che sono precisamente 510. Io non ho alcun compito dirigenziale in queste strutture ma mi sento ancora quasi la “coscienza” di queste realtà.
Perciò ad Andrea Groppo, nuovo responsabile dei sette centri, chiedo “raddoppia il numero degli alloggi”, secondo; “punta a far si che ognuna delle strutture da condominio diventi sempre più comunità”.
A Edoardo Rivola, responsabile dell’associazione “Il Prossimo”, che gestisce l’Ipermercato Papa Francesco che ha il compito di aiutare concittadini in difficoltà economiche (che oggi sono purtroppo una moltitudine, ne incontriamo migliaia), punta ad aiutare sempre più persone in difficoltà e in maniera sempre più consistente”.
Spero e prego perché questi moniti diventino obiettivi concreti e urgenti per queste due belle figure di concittadini che si sono messi a disposizione.

A voi lettori, e pure a tutti i mestrini, vorrei fare un’altra confidenza.
In questi mesi mi hanno informato che un anziano della Cita di Marghera, che qualche anno fa mi ha detto che avrebbe lasciato il suo appartamento ai centri don Vecchi, è mancato e ha fatto come aveva promesso.
Seconda informazione, di settimana scorsa: una signora che veniva come volontaria alla mensa dei poveri di Ca’ Letizia ai miei tempi, ha lasciato pure il suo appartamento “per il don Vecchi di don Armando”.
Un’altra mia parrocchiana, qualche mese fa, mi ha devoluto cinquemila euro per il pranzo dei poveri.
La ditta Bauli per la Pasqua ha donato 6 bancali di colombe e Il Catering Serenissima quattro quintali di cioccolata per la colazione dei bambini.
Fortunatamente potrei continuare a raccontare questi “miracoli della carità!”

Da questa esperienza mi viene voglia di dire a tutti agli anziani che non hanno congiunti diretti, e a tutti coloro che possono, che pensare ai poveri rende felici. Per di più acquistano titoli per il Paradiso.
Quindi vorrei che i mestrini visitassero i sette Centri don Vecchi, il Centro di Solidarietà cristiana Papa Francesco e vedessero l’accoglienza che abbiamo messo in piedi per i profughi ucraini e per le mamme africane.
Vi verrebbe voglia di contribuire alle “imprese solidali”, vi stupireste degli odierni miracoli della carità scegliendo di unirvi a questo “esercito della salvezza”!

Toccate con mano

Gli esperti delle comunicazioni sociali affermano che una realtà esiste, vive, opera nella società nella misura in cui parla, dialoga, disturba e si mostra ai concittadini. In questi giorni abbiamo una prova di questo discorso seguendo alla televisione e nei giornali le vicende dei “no vax”. Se le persone che non credono al vaccino, che fortunatamente la scienza ha scoperto come il più valido e per ora unico rimedio contro l’attuale epidemia, se ne stessero a casa a fare il pisolino o se ne andassero al bar per chiacchierare con gli amici, non ci metterebbero nella condizione di riflettere su questo problema e a prendere posizione nei suoi riguardi.

Da queste considerazioni è nato in noi volontari de “Il Prossimo”, associazione che gestisce l’ipermercato della solidarietà, la scelta di stampare un dépliant che offra il volto reale di questa stupenda operazione a favore di chi è in disagio economico nella nostra città. Altro è sentir parlare di un problema, ma è ben diverso “vedere con i propri occhi”!

Per l’occasione ci è parso opportuno offrire pure il volto e dare qualche minima informazione su i “Centri don Vecchi”, realtà che oggi mette a disposizione gratuitamente (gli utenti infatti pagano solamente le proprie utenze e i costi condominiali) ben 510 alloggi per gli anziani poveri. La stampa di questo dépliant è essenziale a motivo del costo, ma comunque offre una immagine reale e concreta di queste strutture povere ma ordinate e signorili, gestite in maniera tale che siano assolutamente rispettose della dignità di chi è in disagio e nel contempo diano loro un aiuto non simbolico, ma reale.

La stampa cittadina e il settimanale L’incontro hanno parlato spesso ed in maniera esauriente di queste strutture, però siamo convinti che non basti! Chi ne aveva bisogno le ha scoperte immediatamente, mentre chi le poteva aiutare può rischiare di farsene un’immagine vaga che non tocca il cuore e che non morde la coscienza così da non farsene carico in qualche modo. Da una ricerca è emerso che mentre tutti i mestrini in qualche modo hanno sentito parlare di queste splendide e uniche realtà di ordine sociale, appena uno su cento le ha visitate almeno una volta. Chi ne aveva bisogno le ha scoperte immediatamente, infatti tutti gli appartamenti sono occupati e 1200 vengono ogni settimana al supermercato, mentre chi le dovrebbe aiutare le conosce come un sogno indistinto che non tocca la coscienza e non costringe a prendere posizione e a lasciarsi coinvolgere. Così dicasi per il mercato solidale.

Perciò abbiamo fatto stampare, come assaggio, mille copie, ma siamo decisi a diffonderne almeno altre diecimila perché nessuno possa dire “non sapevo”, o come ripete il Santo Padre “si rivolge da un’altra parte” per non essere turbato e non sentire il dovere di collaborare.

Abbiamo deciso di inviare questo messaggio, fatto di immagini positive, ad ogni categoria di persone: preti, politici, amministratori pubblici, giornalisti, aziende grandi e piccole e cittadini più o meno abbienti. Sogniamo che i Centri don Vecchi e l’ipermercato dei poveri diventino la “Basilica di San Marco e la Ca’ d’oro” del nostro secolo!

Un giorno ho incontrato in ospedale una dottoressa che mi ha detto “Don Armando ce l’ho su un po’ con lei”! Le chiesi il perché, e mi rispose: “I suoi articoli mi mettono in crisi”. Fu la più bella confidenza che mi poteva fare, scrivo per questo e quindi spero di mettere in crisi tutti i mestrini! Questo tipo di crisi rappresenta il primo sintomo della scelta di vivere una vita più degna e più fraterna!

La forza di un’utopia

La forza di un’utopia

Molti pensano che l’utopia sia un progetto che è destinato sempre a non realizzarsi mai, mentre io sono convinto che sia invece la spinta propulsiva verso una nuova “frontiera”, quella di dare volto e consistenza seria e reale alla solidarietà. Mi piacerebbe tanto che nella segnaletica delle strade che conducono alla nostra città fosse scritto: “Mestre città della solidarietà”. In questa impresa vi sono stati alcuni momenti nei quali anche io ho pensato, come Raul Follerau, l’apostolo dei lebbrosi, che scrisse nel suo testamento: “Lascio in eredità alla nuova generazione i progetti che non sono riuscito a realizzare”. Fortunatamente le realtà nelle quali sono vissuto mi hanno offerto un “filo rosso”, ora tenue ed ora consistente, che ci ha condotti alla realizzazione del supermercato della solidarietà, un progetto che cinquant’anni fa sembrava un’impresa assolutamente impossibile! Penso che molti concittadini siano contenti di conoscere questo “filo rosso” che, nonostante moltissime difficoltà, fra un mese ci potrà indicare il volto dell’utopia che per l’intera mia vita mi ha fatto sognare ed impegnarmi. Per esigenza di spazio non posso che elencare, in maniera sommaria queste tappe, ma in futuro potrei anche descrivere in maniera dettagliata gli eventi che ci hanno condotto alla realizzazione dell’ipermercato della carità.

  1. 1958: Adattata una “baracca” presso la canonica di San Lorenzo per la raccolta e distribuzione di indumenti per i poveri.
  2. 1959: “Il caldo natale” degli scout con raccolta e distribuzione di carbone e legname per il riscaldamento invernale.
  3. 1960: costruzione di Ca’ Letizia con mensa da 120 coperti, cena e colazione al mattino, magazzino indumenti, docce e barbiere, vacanze per ragazzi ed anziani, pubblicazione della rivista “Il Prossimo” per sensibilizzare la città.
  4. 1972: apertura di queste piccole strutture per alloggiare anziani poveri: Piavento – Ca’ Dolores – Ca’ Elisabetta – Ca’ Teresa – Ca’ Elisa.
  5. 1975: apertura de “la Foresteria” e del Foyer S. Benedetto, strutture per alloggiare lavoratori di paesi fuori Mestre e parenti di ricoverati in ospedale.
  6. 1977: apertura di Villa Flangini per le vacanze degli anziani e della Malga dei Faggi per le vacanze dei ragazzi.
  7. 1980: Inizio della costruzione dei sette Centri don Vecchi: 510 alloggi per anziani poveri, per padri e madri separati, per lavoratori fuori città, per famiglie disagiate, per parenti di degenti nei nostri ospedali; alloggi offerti gratis pagando solo utenze e spese condominiali.
  8. La bottega solidale chiosco di distribuzione di alimenti per i poveri.
  9. 1995 inizio del “Polo solidale”, 1200 metri di superficie per la raccolta e la distribuzione per i poveri di indumenti, mobili, arredo per la casa, supporti per disabili, generi alimentari, frutta e verdura. Il tutto gratis, solo richiesta di una piccola offerta per le spese di gestione.
  10. 2020: realizzazione dell’Ipermercato della Solidarietà per ospitare le attività del “Polo solidale” che finora operava presso il Centro don Vecchi 2 di Carpenedo. Struttura che la Fondazione Carpinetum ha voluto opportunamente chiamare: “Centro di solidarietà cristiana Papa Francesco”.

Questa realtà gode della stima e della elargizione quotidiana o settimanale di 21 ipermercati delle catene commerciali: Cadoro, Alì, Coop, Pam, Lidl, Interspar e soprattutto del “Banco alimentare di Verona”, del mercato generale di frutta e verdura di Padova e infine di un numero rilevante di attività commerciali.

Questa struttura sarà aperta a tutti i bisognosi di aiuto, ognuno sceglie quello che gli serve dando una piccola offerta cosi che pure il povero abbia solo la sensazione di contribuire al bene dei più poveri.

Le vere fondamenta di queste realtà, sono di natura squisitamente religiosa e poggiano su questa “pietra d’angolo” del pensiero cristiano: “Ubi Caritas ibi Deus”. “Dove c’è la Carità là s’incontra il Signore” Padre di tutti.

L’utopia però è un sogno che non ha mai una data come conclusione ma è invece come l’orizzonte, che man mano che si avanza verso di esso, continua a spostarsi più avanti. Ora il nostro orizzonte è la “cittadella della solidarietà”, una realtà che comprenda un centro studi per analizzare e risolvere le nuove povertà. Un centro di collegamento tra vari gruppi cittadini impegnati nei settori specifici della solidarietà che continui a progettare e a migliorare le strutture solidali già esistenti.

Tutto questo è stato realizzato dalle comunità parrocchiali guidate dai sacerdoti che si sono succeduti nel tempo. Ora tengono il timone don Gianni Antoniazzi e i suoi diretti collaboratori.

Aggiungo infine che il Comune ci ha agevolato con un notevole contributo burocratico e contiamo inoltre di trovare anche una collaborazione con Caritas. La Regione invece, nonostante ripetute sollecitazioni, non ha contribuito neppure con un centesimo a queste realtà che di certo sono un fiore all’occhiello della nostra Città.

Inno alla solidarietà

La Fondazione Carpinetum si impegna quotidianamente per garantire un alloggio agli anziani in difficoltà e vorrebbe formare delle comunità solidali contando sul supporto dei residenti. Non passa giorno senza che io controlli e verifichi i progressi del cantiere dell’impresa edile Dema, che finalmente sta costruendo l’ipermercato della carità. Questa struttura, ubicata in località Arzeroni a Mestre, aiuterà in maniera moderna e adeguata i concittadini in ristrettezze economiche, offrendo loro generi alimentari. Purtroppo, a causa della pandemia, il numero di persone sulla soglia della povertà è aumentato in maniera esponenziale. Sarà altresì il segno tangibile di un modo più aggiornato e coerente di vivere il messaggio di Cristo. Il signor Edoardo Rivola, membro del consiglio di amministrazione dei Centri don Vecchi, ha proposto di chiamare la nuova realtà Santa Marta come la discepola di Gesù che non si è limitata a intrattenere il Signore con una bella conversazione, ma gli ha preparato la cena. Io sono perfettamente d’accordo con questa scelta che testimonia una fede vissuta con “i piedi per terra!”

Oggi però vorrei soffermarmi su un aspetto che credo riguardi sia tutti coloro che ambiscono a venire ad abitare in uno dei 500 alloggi dei Centri don Vecchi, sia l’opinione pubblica di Mestre. Mi preme innanzitutto fare una premessa per chiarire questo discorso: gli alloggi dei suddetti centri sono offerti gratis (sia ben chiaro una volta per tutte!) con la sola corresponsione delle utenze (i consumi effettivi di ciascun residente) e dei costi condominiali stabiliti in base alla metratura dell’alloggio. La Fondazione Carpinetum non si è mai sognata di aprire un’agenzia immobiliare che faccia concorrenza a quelle presenti in città. Il suo obiettivo è promuovere la solidarietà contando sul contributo di ogni residente in base alle sue capacità e alla sua disponibilità di tempo.

L’intento è scoraggiare il disimpegno e la tentazione di vivere sulle spalle degli altri. San Paolo, che è uno dei grandi maestri di vita cristiana, ha affermato con molta chiarezza e vigore “Chi non lavora, non mangi”, parole che io condivido fino all’ultima sillaba. Credo anche che l’impegno di dover badare ai nipoti non sia una giustificazione, perché è preciso dovere dei figli occuparsi della famiglia che hanno formato. È bene che facciano la loro strada, a meno che non ci siano situazioni di grave disagio. Devono imparare a essere autonomi senza continuare a vivere sulle spalle dei loro vecchi genitori che hanno già fatto la loro parte.

Qualcuno mi ha fatto notare che sono meno dell’8,9% i residenti del Centri don Vecchi, soprattutto 1 e 2, che offrono qualche forma di collaborazione. Se non potremo contare su questo prezioso supporto, i costi aumenteranno e non sarà più possibile offrire l’alloggio gratis come avviene oggi.

Nonostante io non abbia più alcun ruolo nella gestione dei centri, mi premurerò di suggerire al consiglio di amministrazione della Fondazione che, all’atto di presentazione della domanda, venga ribadita questa condizione. Se considerate il Don Vecchi casa vostra, perché non vi adoperate per mantenerlo “vivo”, attivo e curato? Non è possibile continuare a pensare che sarà qualcun altro a farsi carico dei tanti impegni quotidiani. Non possono essere sempre le stesse persone a rimboccarsi le maniche! Perché la vita dei nostri centri non vi riguarda?, mi chiedo amareggiato.

Finanziamento dell’ipermercato

Sono veramente numerose le società, le parrocchie, i Comuni ed enti vari che si sono dimostrati interessati alla dottrina dei Centri don Vecchi, perché ai più queste realtà appaiono evidentemente una soluzione ottimale per gli anziani meno abbienti e soprattutto soli in città nelle quali i cittadini vivono pigiati quanto mai ma che di fondo rimangono assolutamente soli. Avere un alloggio, che sia a portata di tutte le tasche, in un ambiente signorile e tutto sommato che offra la sensazione di non essere isolati e soli, ma avendo accanto a sè dei coetanei che sono nella stessa situazione e soprattutto, essendo garantita una assistenza, seppur leggera, ma pronta a dare soccorso immediato alle varie urgenze, rappresenta una cosa di non poco conto.

Tutti capiscono quanto grandi sono i vantaggi e gli enti che si interessano alle situazioni esistenziali delle nostre città non possono non essere curiosi, o meglio ancora interessati a queste soluzioni di carattere sociale. Ogni volta però che ho avuto modo di rispondere a questo interesse, come battuta finale m’è sempre giunta la domanda a come s’è risolto il problema del finanziamento. Le imprese capiscono subito che non è affar loro perché è evidentemente esclusa ogni forma di reddito. I Comuni si mostrano interessati ma, come avviene sempre, l’ente pubblico è lento, e inceppato da molti vincoli della burocrazia. Le parrocchie si dimostrano di primo acchito più disponibili, ma poi quando sentono le mille difficoltà e i mille rischi nell’intraprendere questa avventura, la stragrande maggioranza rimanda, e tenta di dimenticare. è sempre più facile e più comodo aspettare e sperare in un “miracolo” che non è facile incontrare.

In un recente opuscolo, scritto ancora una volta per informare la comunità sulla progettazione e sull’iter di questa avventura, ho sempre riservato qualche riga per informare su come si è risolto il finanziamento di ognuna delle sette strutture delle quali disponiamo a tutt’oggi. Non mi pare che gli interlocutori ogni volta si dimostrassero convinti delle soluzioni che ho escogitato per risolvere il problema finanziario, che in realtà non è proprio cosa da poco conto.

Dato che la Fondazione dei Centri don Vecchi s’è una volta ancora impegnata in un’altra avventura che fa parte del mondo della solidarietà, tenterò di illustrare come stiamo tentando di risolvere il problema del relativo finanziamento. Per l’acquisto dell’area abbiamo scelto di acquistare un terreno a destinazione agricola perché infinitamente meno costoso di quello edificabile. Poi abbiamo chiesto al Comune un cambio d’uso forti della destinazione sociale del nuovo edificio. Un giovane geometra membro del Consiglio di amministrazione, esperto in quel che riguarda l’edilizia ha scelto, ha trattato con un’impresa seria che si accontentava di un guadagno onesto. Abbiamo messo via qualche risparmio fatto con una gestione oculata e leggera delle nostre strutture. Ancora una volta, ho messo nel mercato le “azioni” di questa struttura, ed ancora una volta i concittadini hanno cominciato sapientemente ad acquistarle essendo garantito che valgono anche per la salvezza eterna! Ho deciso che tutti i proventi che ottengo nella mia chiesa, “la favolosa cattedrale tra i cipressi”, saranno destinati a questo scopo, sperando che la parrocchia di Carpenedo faccia altrettanto. Infine ho passato alla divina Provvidenza il preventivo di due milioni e mezzo, che costerà l’ipermercato della carità. Non conosco ancora a che persona la Provvidenza abbia affidato il compito di saldare il debito, ma questo non è affar mio, ma quello della Provvidenza. Sono sicuro però che comunque sono in una botte di ferro!

Cercare un aiuto

Penso che a Mestre ormai tutti sappiano che al Centro don Vecchi di Carpenedo, in via dei 300 campi, ci sono dei grandi magazzini nei quali vengono offerti, praticamente gratis, mobili, arredi per la casa, frutta e verdura, generi alimentari e vestiti per ogni età e per tutti i gusti. L’organizzazione caritativa richiede soltanto una piccola offerta per coprire i costi di gestione. E infatti, quando un concittadino, che ha una certa disponibilità di denaro, decide di cambiare qualche mobile oppure quando muore una persona che viveva sola e i parenti non sanno come sgomberare l’appartamento, si rivolgono all’associazione “il Prossimo” telefonando al numero 0415353204 (Magazzini San Giuseppe). Di prassi, la persona lascia il proprio recapito e viene ricontattata per accordarsi sul ritiro di ciò di cui vuole disfarsi. L’associazione, che dispone di furgoni e volontari, ritira gratuitamente quanto viene offerto, a patto che i mobili siano in buono stato e possano essere donati ai poveri senza bisogno di restauro.

Mi soffermo in particolare sui mobili aggiungendo qualche altro dettaglio affinché chi si trova in difficoltà sappia che può avere risposta alle proprie esigenze. Nel contempo vorrei anche far sapere ai parroci e a tutti coloro che si occupano di solidarietà (centri di ascolto, enti locali e altro) che è preferibile offrire servizi e oggetti piuttosto che denaro. Ai Magazzini San Giuseppe si possono trovare: letti, materassi, quadri, mobili, lampadari, tappeti, piatti, bicchieri e ogni sorta di suppellettili per la casa, poltrone e arredi di ogni tipo. A volte capita che venga ritirato qualche pezzo d’antiquariato che impreziosirebbe un salotto o una camera da letto, ma al di là dell’effettivo valore, viene proposto a cifre modeste.

Al Don Vecchi questo servizio è attivo da più di una quindicina d’anni ed è un vero peccato che chi è in difficoltà o chi vuol fare un po’ di bene, pur traendone un notevole vantaggio, non ne fruisca come potrebbe. Ai magazzini si trova ogni ben di Dio, anche se la sistemazione degli articoli non è ottimale per ragioni di spazio. A questo proposito, sono lieto d’informarvi che in località Arzeroni, dietro l’ospedale dell’Angelo, è già stato aperto il cantiere per la costruzione dell’ipermercato della carità. Dalla tarda primavera del prossimo anno, i mobili e gli arredi potranno godere della visibilità e della valorizzazione che meritano in modo da agevolare anche un’eventuale scelta.

Attualmente i magazzini sono aperti dalle 15 alle 18, sotto la responsabilità della signora Luciana, che sapientemente suggerisce le soluzioni più convenienti e ha le competenze per riconoscere l’antiquariato di pregio. La segreteria telefonica dello 0415353204 è sempre attiva e la signora è sempre molto puntuale nel richiamare chi la contatta. Tra i servizi offerti, c’è anche lo sgombero completo degli appartamenti: ciò che non è più utilizzabile viene portato in discarica mentre gli articoli in buono stato vengono offerti alle persone meno abbienti. In questo caso viene richiesto il costo dello smaltimento in discarica.

L’associazione “Il Prossimo” sogna di poter attivare anche a Mestre il progetto dell’”economia circolare” che riutilizza tutto quello che è recuperabile. L’attuale magazzino e l’ipermercato che sorgerà fanno parte di questo sogno e spero che anche la nuova struttura diventi un tassello significativo del grande mosaico della solidarietà a Mestre.

Invito a pranzo

Schivo come sono sempre stato, non gradisco particolarmente gli inviti a pranzo o cena, anche se mi sono rivolti da persone che mi sono particolarmente care. Ora poi, a motivo del coronavirus, penso che non corra questo pericolo perché chi mai, durante questi giorni nei quali pare che ci si possa trovare inaspettatamente di fronte a questo nemico mortale, osa fare inviti del genere?

Nonostante questo e nonostante che le persone che mi sono vicine mi abbiano sconsigliato di accettare questo invito “fuori stagione”, appena la signora Pina, la responsabile dei Centri don Vecchi 6-7, mi ha invitato a pranzo assieme ai residenti dei due suoi centri, ho accettato di buon grado. Questo incontro conviviale è stato organizzato dai residenti di queste strutture 6-7, in occasione del primo anniversario dell’inaugurazione del Don Vecchi 7, l’ultimo nato nell’ormai numerosa serie di Centri don Vecchi. Ho accettato volentieri l’invito perché la relativa responsabile signora Pina mi è particolarmente cara per la sua calda umanità, per la sua passione veramente materna con la quale guida queste strutture ed infine per la sua ammirevole capacità con cui ha creato una vera famiglia tra l’ottantina di residenti provenienti dai luoghi più diversi e soprattutto dalle situazioni esistenziali quasi mai serene o meno ancora felici.

Di questa donna, ormai di una certa età, ma soprattutto gravemente disabile, mi piace quasi tutto: il coraggio, la determinazione, la capacità di creare rapporti umani veri e caldi, la chiarezza degli obbiettivi da raggiungere e la decisione nel farli accettare a tutti. Le persone che hanno partecipato al pranzo, preparato con tanto entusiasmo e per il quale ognuno vi ha offerto qualcosa di suo, mi hanno dato la sensazione di un piccolo mondo nel quale la cordialità, l’affetto trasparivano dalle parole e dall’entusiasmo da parte di tutti.

Sembrava di partecipare ad un pranzo di nozze, mentre in realtà mi hanno confidato che si trattava dell’offerta di un catering dal costo di soli quattro euro a persona. La sala era preparata con i fiocchi: su una parete c’era un gran cartello con le date, le motivazioni e le foto di una diecina di incontri precedenti, i tavoli disposti in maniera elegante e distanziati secondo le norme vigenti, tanto che ho pensato che il Ministro dell’Istruzione pubblica, che è poi una donna, dovrebbe andare a scuola dalla nostra gente per risolvere quello che per lei pare un “enigma” senza soluzione per l’inizio dell’anno scolastico. Avvertire durante il pranzo aria di cameratismo, di serenità mi ha abbondantemente ripagato di qualche cruccio che ho dovuto affrontare soprattutto nel passato.

Voglio inoltre sottolineare due aspetti che mi sono particolarmente cari: io da sempre coltivo l’ordine, la pulizia, la signorilità tanto che più di uno la ritiene una mia mania, ma io sono convinto che quando ci sono in un ambiente questi requisiti essi ti mettono a tuo agio. La signora Pina l’ha intuito questo mio desiderio e mi accontenta fin troppo. All’ingresso una signora, ben s’intende volontaria, seduta presso una scrivania di buon gusto, offre tutte le indicazioni di cui una persona abbia bisogno, l’ambiente è ordinato pulitissimo all’interno e per lo scoperto essa s’avvale di un piccolo esercito di volontari, che rasano il prato e che curano l’addobbo floreale in maniera veramente impeccabile.

I Centri don Vecchi rappresentano una risposta felice a chi, per motivi diversi, si è trovato in difficoltà, ma la loro nota di pregio non è costituita solamente da costi a portata di tutti, ma pure da una eleganza che sa di albergo di qualità. Fortunatamente in tutti i centri i responsabili ci mettono il cuore perché ognuno si senta a casa sua, e abbia la gioia di abitare in ambienti che a molti sembrano perfino troppo lussuosi. Approfitto di questo invito a pranzo per ringraziare i responsabili dei sette Centri che grazie alla loro umanità e generosità rendono queste strutture fiori all’occhiello della nostra città.

Sogni e fallimenti

Nel post precedente ho tentato di inquadrare la situazione di Ca’ Letizia e della mensa dei poveri. Il progetto, perseguito da Monsignor Vecchi e da me stesso, non si fermava al punto in cui l’ha lasciato la San Vincenzo alla fine del 1971, quando sono stato nominato parroco a Carpenedo, ma prevedeva anche un centro che studiasse le problematiche della solidarietà a Mestre, coordinasse e mettesse in rete gli enti e le strutture che operano a livello cittadino. In seguito alla mia partenza e alla morte di monsignore, la realizzazione si è bloccata.

Io mi sono trovato per la prima volta alla guida di una comunità grande e problematica negli anni della contestazione, tempi difficilissimi anche a livello pastorale. A poco a poco tuttavia sono riuscito, grazie alla collaborazione dei parrocchiani che si sono adoperati per la carità, a ristrutturare l’ente Piavento e a dar vita a strutture come Ca’ Dolores, Ca’ Teresa, Ca’ Elisa e Ca’ Elisabetta per dare alloggio ad anziani poveri. Inoltre ho rinvigorito il gruppo maschile e femminile della San Vincenzo e ne ho costituito uno di giovani.

In seguito sono nati il gruppo “Il Mughetto” per l’assistenza ai disabili e il “San Camillo” per l’assistenza ai malati. In quegli anni abbiamo aperto Villa Flangini ad Asolo per le vacanze degli anziani, il “Ritrovo”, circolo ricreativo per gli anziani e, nel contempo, abbiamo iniziato a stampare il mensile “L’anziano” per persone della terza e della quarta età. Poi è iniziata l’avventura dei Centri don Vecchi 1, 2, 3, 4 e il mio successore, don Gianni Antoniazzi, ha realizzato il 5, 6 e 7. Abbiamo aperto il sito “Mestre solidale” per fornire alle persone in difficoltà informazioni sugli enti di beneficenza presenti sul territorio.

A un certo punto sembrava che la Provvidenza e tramite l’architetto Giovanni Zanetti ci mettessero a disposizione un’area di 40.000 m² a Favaro, così ho iniziato a sognare “la cittadella della solidarietà”, che riprendeva il vecchio progetto elaborato con la San Vincenzo. Il patriarca Scola, venuto a conoscenza dell’iniziativa, parve sostenerla e, infatti, promosse due o tre incontri invitando gli enti caritativi di Mestre che, con un’espressione brillante, definì la “pala d’oro” della chiesa veneziana”.

Purtroppo un inghippo imprevisto per il terreno e il successivo trasferimento a Milano di monsignor Scola hanno mandato di nuovo tutto in fumo. Sennonché, come dimostrano la costruzione del villaggio solidale degli Arzeroni, costituito dai Centri don Vecchi 5, 6, 7 e da 30.000 m di terreno acquistato per realizzare l’ipermercato della solidarietà, la Provvidenza sta rilanciando il mio sogno. “Il Polo solidale” del don Vecchi, che comprende il magazzino dei mobili e dell’arredo per la casa, lo spaccio dei generi alimentari in scadenza, quello dei generi alimentari del Banco solidale e il chiosco di frutta e verdura, ha dato vita a un’agenzia caritativa che credo non abbia eguali in tutto il Veneto!

Questo “miracolo di solidarietà”, infatti, ha indotto la Fondazione Carpinetum a costruire l’ipermercato della carità che spero possa diventare un modello per altre strutture simili in ogni diocesi del nostro paese. Questa nuova situazione potrebbe fornire lo spazio adeguato per la creazione di un “governo” o almeno di un organismo di studio, progettazione e coordinamento delle attività solidali di matrice religiosa e laica esistenti nella nostra città.

Confesso quindi che continuo a sognare a occhi aperti e a fare quanto è in mio potere, forte della realizzazione di 500 alloggi per anziani e dell’associazione “Il Prossimo” che già aiuta in maniera molto seria decine di migliaia di poveri ogni anno. Confido che ciò possa senz’altro rappresentare una buona base di partenza. Comunque, se la cosa non dovesse andare in porto, ho già pronto il testamento per lasciare in eredità ai posteri questo progetto irrealizzato.

Obiettivi futuri

Penso che non dispiaccia avere un’idea su quali siano gli obiettivi a lunga scadenza che la Fondazione Carpinetum si ripromette di realizzare, soprattutto per quanto riguarda l’assistenza per chi si trovi in ogni tipo di difficoltà. Li indico per punti:

  1. Le opere realizzate e da realizzarsi siano sempre un segno limpido, forte, coerente e in linea con la sensibilità e le esigenze della società contemporanea, della carità predicata da Cristo, maestro e salvatore.
  2. Creare un gruppo di studio per analizzare le nuove povertà e per rispondere concretamente alle situazioni esistenziali in cui vive l’uomo del nostro tempo.
  3. Completare la risposta di soli-darietà offrendo servizi a livello medico-legale, psicologico, magari federandosi con gruppi e iniziative cittadine già esistenti.
  4. Favorire ogni iniziativa promossa dal mondo sia ecclesiale che laico che tenda a farsi carico dei cittadini più fragili e bisognosi di aiuto.
  5. Incrementare, attraverso il settimanale “L’incontro”, la stampa e la televisione locale, ogni iniziativa di ordine solidale.
  6. Creare a livello di aiuto pratico (indumenti, generi alimentari, mobili, arredo per la casa e altro) una rete che raggiunga le singole comunità cristiane perché possa “scoprire” il bisogno che spesso non emerge, dando risposte adeguate.
  7. Collaborare e “tallonare” l’ente pubblico, Comune e Regione, perché impegnino maggiori investimenti di ordine sociale.
  8. Promuovere con ogni mezzo il volontariato per creare una cultura di vicinanza e solidarietà.
  9. Sollecitare in maniera decisa gli organismi ecclesiali ufficialmente preposti per la carità a compiere una funzione di promozione e di coordinamento affinché nelle singole parrocchie la carità occupi uno spazio pari a quello della catechesi e dell’evangelizzazione e si esprima con strutture, organismi e iniziative concrete atte a produrre questo valore essenziale della religione.
  10. Far fare ai giovani che si preparano al sacerdozio esperienze vive e forti, che lascino il segno, nelle comunità cristiane che sono all’avanguardia in questo settore.

Concludo dando una risposta a chi pensasse che queste sono solamente delle belle utopie, dicendo che chi non coltiva sogni e progetti è un uomo da compiangere perché arrischia di non cogliere le ricchezze e i doveri dell’oggi e del domani.

Due altri sogni

Qualche mese fa, in uno dei rari incontri che abbiamo avuto, don Gianni, il mio successore in parrocchia, sempre oberato da infiniti e assillanti impegni pastorali, mentre parlavamo dei progetti della Fondazione Carpinetum, mi ha chiesto a bruciapelo: “Quanti anni pensi di avere ancora da vivere, don Armando?” Questa bizzarra domanda, che di solito non si pone alle persone in età avanzata, mi ha lasciato perplesso e stordito. Consapevole del fatto che l’età media degli anziani di cui celebro il funerale in cimitero è compresa tra gli ottanta e i novant’anni, ho risposto: “Se mi va bene, avrò al massimo un paio d’anni!” Per natura, sono sempre stato un grande sognatore, ma vi confesso che oggi mi guardo bene dal sognare progetti che richiedono tempi lunghi per essere realizzati. Quando, mio malgrado, cado in tentazione, dico a me stesso “Cala, trinchetto“, come recitava il famoso spot televisivo.

A voi, cari lettori, che mi avete letto per tanti anni sulle pagine di lettera aperta, di Carpinetum, de L’incontro e su questo sito, e che forse qualche volta mi avete anche compatito, confido che da mesi c’è un pensiero che mi tormenta come una zanzara molesta: vorrei fare qualcosa per quei 500 senzatetto che dormono in balia dello smog che incombe sul cielo della nostra città.

A dire il vero, ho domandato a un amico geometra di realizzare un progettino per un alloggio di almeno una ventina di posti letto, da assegnare per un paio di euro a notte. L’idea è offrire una piccola stanza, sobria ed essenziale, dove si possa riposare. Chi mi conosce sa che per me i sogni non valgono quasi niente, se non diventano mattoni. La Provvidenza mi ha fatto incontrare una persona disposta ad accollarsi l’onere finanziario del progetto, però non è finita qui.

Qualche giorno fa, ho letto su Il Gazzettino che 20 mila studenti universitari faticano a trovare una camera in città per meno di 300 euro al mese. Di fronte a questa triste notizia, che è solo l’ultima delle molte che campeggiano sui nostri quotidiani, la mia mente si è messa di nuovo in moto e sono giunto a una conclusione: a fare investimenti improduttivi ci pensano già i Cinquestelle, quindi è meglio che io mi spenda per aiutare ragazzi intelligenti e volonterosi destinati a diventare architetti, medici, operatori economici e quant’altro, che potrebbero far uscire il Paese dall’inedia sociale. Sono convinto che credere nei giovani sia sempre un buon investimento. Di conseguenza, ho deciso di passare quanto prima il progetto, e il relativo finanziamento, alla Fondazione affinché possa valutare l’eventualità di aggiungere un’adiacenza all’ipermercato della solidarietà, che dovrebbe aprire i battenti entro la prossima estate. Cari lettori, voi cosa ne pensate?

Qualcuno mi ha proposto di aiutare la mensa dei poveri che, stando a quanto affermano i giornali, sarà trasferita da via Querini in un luogo imprecisato. A me, in realtà, risulta che saranno la Curia, la Caritas e il Comune a provvedere, quindi ritengo che per questo sia giusto cedere loro il passo. Comunque, se qualche concittadino avesse un suggerimento da offrirmi, sarò ben lieto di prenderlo in considerazione.

Il buon esempio

Al Centro don Vecchi vive ormai da più di quindici anni una signora che, avendo avuto un grave incidente automobilistico, è rimasta sola e gravemente disabile. Avendo io incontrato questa creatura vent’anni fa in condizione di grave preoccupazione per trovare un alloggio confacente alle sue condizioni, fortuna volle che si rendesse libero un appartamento al Don Vecchi 2, così che abbiamo potuto offrirglielo.

Questa signora colta e gentile si è inserita in maniera serena nella nostra comunità, partecipando intensamente alla vita comune in tutti gli aspetti che il Don Vecchi può offrire ai residenti, conducendo sempre una vita esemplare, serena, positiva, felice. Qualche giorno fa con volto più che felice e riconoscente di sempre, ha suonato alla porta del mio appartamento per offrirmi una somma veramente significativa. Mi raccontò come dovette sudare degli anni con gli avvocati per poter ottenere l’eredità lasciatale dal padre, dicendomi che la legge di quel Paese non è applicata in maniera molto serena tanto che ha dovuto spenderne una buona parte per le spese legali.

Consegnandomi la busta con la generosa offerta, mi disse quanto era felice di poter dimostrare tutta la sua riconoscenza per aver potuto vivere serena per tanti anni in questa nostra struttura fatta a misura d’uomo e più ancora per chi è affetto da disabilità. Dicendomi come voleva che impiegassi il suo denaro, ha manifestato il desiderio che andasse soprattutto per le necessità del centro in cui vive e semmai per i residenti che si trovassero in qualche difficoltà particolare. Un dono del genere ci è quanto mai utile perché un centro con 120 alloggi ha sempre enormi esigenze per la manutenzione.

Questo gesto di riconoscenza mi è molto più gradito per i sentimenti che esso manifesta che per le necessità alle quali possiamo dare risposta grazie ad esso. Segnalo alla città questo dono perché i cinquecento alloggi che attualmente possiamo mettere a disposizione dei cittadini che si trovano in disagio sono sempre nati dalla generosità di persone come questa, particolarmente sensibili alle difficoltà del prossimo e coerenti nel comportarsi con i valori che professano.

I Don Vecchi in pillole

I Centri don Vecchi sono sorti in città con lo scopo di aiutare gli anziani in difficoltà e sono caratterizzati dagli elementi di cui ho spesso parlato e che desidero qui puntualizzare.

Finalità economiche ed abitative:

  • offrire alloggi alla portata anche di chi gode solamente della pensione sociale;
  • offrire domicili protetti che tengano conto dei deficit fisici, morali e sociali dei residenti;
  • “costringere” gli anziani a rimanere autonomi fino all’ultimo istante di vita;
  • creare delle comunità solidali;
  • dare disponibilità assoluta dell’alloggio utilizzato.

Costi. “L’affitto” risulta dalla somma di questi tre elementi:

  • costi condominiali, 6 euro al metro quadro in misura del proprio alloggio;
  • utenze, ognuno paga quanto consuma effettivamente;
  • contributo di solidarietà: chi ha un reddito superiore alla pensione sociale è invitato a versare un contributo proporzionato alla consistenza del suo reddito per aiutare chi ha meno possibilità.

Supporti sociali:

  • pranzo a mezzogiorno: 5 euro
  • gita mensile: 10 euro
  • intrattenimento culturale ricreativo ogni mese
  • assistenza religiosa con Messa settimanale in cappella
  • assistenza giorno e notte: suonando il n. 333 accorre immediatamente un assistente per aiutare secondo il bisogno; telesoccorso
  • medico di famiglia con ambulatorio all’interno del centro
  • aiuto per pratiche mediche e sociali
  • biblioteca
  • parrucchiere all’interno del centro
  • bar o distributori di bevande, caffè e dolciumi a prezzo ridotto
  • assistenza elettrica e idraulica a costi ridotti
  • pulizia nei locali comuni
  • arredo signorile
  • citofono, cordicella di chiamata, lampade di sicurezza ad accensione automatica
  • lavatrice e asciugatrice private e comuni
  • telefono interno gratis
  • trasporti con mezzi pubblici a portata di mano
  • rampe e ascensori
  • grandi parchi
  • televisione a tariffa ridotta: 4 euro l’anno
  • possibilità di fruire di molte stanze e servizi a disposizione della comunità per socializzare
  • riscaldamento e condizionatore estivo nei luoghi comuni
  • opportunità di vivere in una comunità che offre molte possibilità di amicizia
  • unica regola: quella che esige la buona educazione!

Condizioni per l’accoglienza:

  • avere un reddito che non permetta un alloggio o una vita dignitosa;
  • pur avendo un reddito medio-alto, aver bisogno di un alloggio protetto per motivi di ordine esistenziale (per es. lontananza dai propri congiunti);
  • essere totalmente autosufficienti o garantire qualche aiuto da parte dei famigliari o di personale ingaggiate personalmente per un servizio parziale.

Consiglio per chi si candida

È consigliabile che al momento della presentazione della domanda di accesso, che va protocollata in segreteria, il richiedente vada a visitare il Centro don Vecchi nel quale desidererebbe essere inserito.

Il nuovo libro di Federica

Il nuovo libro di Federica

Ricevo, fin troppo spesso, complimenti dai miei concittadini a motivo dei Centri don Vecchi. Sarei un baro se dicessi che essi non facciano piacere. Le nostre strutture si rifanno a una dottrina sicuramente nuova e più adeguata alle esigenze profonde e alle istanze degli anziani del nostro tempo. Ora, poi, che ci siamo aperti al recupero e all’aiuto delle famiglie che si sono sfasciate e alle emergenze abitative più gravi, sono ancora più contento! Ripeto, sono felice e orgoglioso perché i nostri centri fanno a gara per signorilità e confort con gli alberghi della nostra città. Sono orgoglioso perché riusciamo a offrire ai meno abbienti appartamenti eleganti e soprattutto assolutamente gratis, e ancora di più perche finalmente la nostra comunità cristiana, sta esprimendo segni di solidarietà umana e cristiana che rappresentano una punta di diamante in questo settore della nostra società.
Ma la ricchezza dei nostri centri non si ferma a questo punto perché ci sono dei residenti che sono delle autentiche perle di disponibilità, di impegno, di generosità e di servizio verso gli altri meno fortunati e soprattutto verso la fascia dei bisognosi che ogni giorno bussano alle nostre porte, sempre aperte, per offrire una risposta positiva e fraterna. Sono infinitamente orgoglioso di quelle donne che si danno da fare da mane a sera allo “spaccio alimentare” al magazzino dei mobili e dell’arredo per la casa, al “supermercato dei vestiti”, al “chiosco della frutta e della verdura” e al “banco alimentare”. Per non parlare delle signore che si spendono ogni giorno per offrire un tocco di gentilezza sia al “bar” che al Senior Restaurant, tutte gentili e servizievoli. Vi confesso che queste donne mi paiono “bellissime” e gli uomini nobili e simpatici.

Avverto di essermi un po’ dilungato in questa premessa, ma sentivo il bisogno di mostrarvi lo sguardo e l’orizzonte in cui si colloca l’autenticità di una “perla di grande valore” che pur si trova al Centro don Vecchi di Carpenedo. Alcuni anni fa mi chiese un appartamentino una splendida ragazza dagli occhi neri e luminosi, che cercava la vita indipendente. Il limite al movimento con cui convive sin dall’infanzia non ha fermato per nulla la sua vitalità, il suo coraggio, la sua voglia di vivere, di amare e di essere attiva nella nostra società! Federica Causin è il suo nome.

Questa ragazza, divenuta la mascotte del nostro piccolo mondo di anziani perché ha la metà dell’età media dei nostri residenti, si è laureata in Lingue, lavora presso una azienda dell’hinterland, è traduttrice di romanzi per una nota casa editrice ed è totalmente autonoma tanto che non si fa mancar nulla: vacanze, gite, vita associativa, amicizie, un serio apostolato e tant’altro! Data la sua cultura le è venuto spontaneo inserirsi fra i giornalisti del nostro prestigioso settimanale ed è diventata ben presto una “penna” profonda e piacevole. Qualcuno dei suoi numerosi amici l’ha spinta a pubblicare in proprio qualcosa che le usciva dalla sua esperienza specifica, tanto che la nostra editrice le ha pubblicato prima il volume Diversamente normali e poi Il volo del gabbiano, volumi che hanno avuto uno splendido successo di critica ma soprattutto dei lettori.

In questi giorni è uscita la sua terza fatica letteraria: Simmetrie asimmetriche, s’intitola questo libro veramente delizioso per impostazione grafica e soprattutto per i contenuti. Alcuni amici e un generoso tipografo le hanno dato una mano tanto che n’è venuto fuori un volumetto di 150 pagine splendido, interessante sia per il pensiero sempre fresco, entusiasta, positivo e ottimista, che per l’aspetto quanto mai gradevole.

Vi assicuro che è veramente un bel libro, così interessante e ricco di pensiero che ho sentito di sceglierlo pure per la mia meditazione mattutina! Io non sono un critico letterario, ma so che potrei farne una presentazione abbastanza dignitosa, perché se lo merita! Però desidero che siate voi, miei cari lettori, a scoprire i suoi pregi, perché sarà una bella sorpresa. Perciò invito i residenti dei Centri don Vecchi, i lettori de L’incontro e i mestrini tutti ad acquistarlo, perché sono assolutamente certo che tutti, colti o meno, lo leggerete volentieri e con profitto! Vi svelerò l’intimo segreto, che fa pure onore a Federica Causin: come ha già scelto per i volumi precedenti, ella devolverà tutti i diritti d’autore alla Fondazione Carpinetum. Cosa si può desiderare di più? Prendetelo, ne vale la pena. Il volume si può trovare presso le segreterie dei Centri don Vecchi, costa solamente 5 euro, ma ne vale moltissimo di più! Buona lettura!

Il volto nobile di Mestre

Come voi lettori ormai sapete bene, quando indosso i panni del “giornalista”, prediligo le notizie positive, soprattutto se riguardano la nostra città. A dispetto dei risultati modesti e discontinui che ho ottenuto, ho sempre tentato di dare voce e visibilità alla “cronaca bianca”, grazie alle mie rubriche: Il diario di un parroco di periferia, I fioretti dell’anno duemila, Il giornale in bianco. Pur avendo deciso di concludere queste esperienze per raggiunti limiti di età, se mi capita d’imbattermi in una notizia significativa, che racconta il bene, non riesco a tenerla per me e m’impegno a divulgarla affinché i miei concittadini prendano coscienza del fatto che a Mestre non ci sono solo “rami secchi” che fanno rumore mentre cadono. Esiste anche una “foresta di bene” che continua a crescere in silenzio e con umiltà.

Rompo gli indugi e vengo all’ultima notizia che mi ha spinto a prendere in mano la penna. Il mio intento è far sapere a tutti che possiamo ancora contare su testimonianze splendide che ci aiutano a lodare il Signore e a credere in una società più solidale e fraterna. Di recente la dottoressa Giustina Saccardo Scaldaferro, mia coetanea, mi ha consegnato 12 mila euro a favore dell’Ipermercato solidale, per il quale la Fondazione Carpinetum a fine giugno ha posato la prima pietra agli Arzeroni e confida di arrivare all’inaugurazione il prossimo anno.

Permettetemi di compiere un balzo nel passato per collocare la generosa offerta appena ricevuta in una cornice che ne sottolinea il valore e l’importanza. Nella primavera del 1995, con una scelta decisamente azzardata, avevo appena firmato il contratto per la costruzione del Centro Don Vecchi 2. Mancava 1 miliardo e mezzo delle allora lire per coprire l’intera spesa e temevo davvero di aver fatto il passo più lungo della gamba, come si suol dire. In quel frangente, la signora Saccardo mi offrì 23 milioni di lire. In seguito, a me, che avevo soltanto collaborato con sua sorella Rosanna, ha consegnato altri 350 milioni di lire, ereditati dal defunto marito. Nell’arco di un paio d’anni, ha destinato alle mie opere un altro miliardo e mezzo di vecchie lire, soltanto per citare le somme più consistenti, alle quali negli ultimi vent’anni si sono aggiunte altre donazioni meno ingenti ma ugualmente significative.

Vi racconto queste cose per alimentare la fiamma della speranza in un mondo migliore. Certo, data l’entità, queste offerte non sono passate inosservate, tuttavia non sono gli unici segni di solidarietà che sono sotto i nostri occhi ogni giorno. Vorrei ricordare i volontari che tutte le mattine si alzano alle quattro per andare a prendere la frutta e la verdura al mercato di Padova e Treviso, chi per vent’anni ha organizzato il più grande magazzino del Triveneto di indumenti per i poveri, chi serve a tavola al Senior Restaurant, chi fa il giro dei supermercati dell’hinterland per raccogliere i generi alimentari in scadenza, chi gestisce i 500 alloggi dei Centri don Vecchi e, non ultime, le persone che assistono i nostri anziani. Alla signora Giustina Saccardo e alla schiera di “militi ignoti della carità”, di cui io e il buon Dio conosciamo il nome, ma soprattutto la generosità e lo spirito di sacrificio, presto la voce e la penna molto volentieri.

Voglio ringraziarli, a nome dell’intera città, perché fanno da contrappeso lle tante meschinità di cui ci informano i mass media.