Io sono lento nel leggere. Per terminare un volume non ci metto mai meno di un mese, un po’ perché ho poco tempo da dedicare alla lettura ed un po’ perché mi sforzo di assimilare quanto più mi è possibile i concetti che ritengo validi.
Una cara amica mi ha donato l’ultimo volume di Enzo Bianchi, il priore della Comunità di Bose che si trova vicino a Biella.
Questo monaco, esperto ed amante della Sacra Scrittura e fondatore di una Comunità monastica estremamente innovativa nel suo impianto e nella sua spiritualità, è anche un fine letterato, piacevole e profondo, per cui la lettura risulta veramente appagante e deliziosa.
Il volume che consiglio agli amici de “L’incontro”, porta come titolo “Il pane di ieri” ed è edito dalla Mondadori. Mi dicono che è il libro più richiesto, in questi ultimi mesi, nelle librerie.
Ho l’intenzione di pubblicarne la recensione nel numero di questa settimana, ed è una recensione, quella del “Nostro tempo”, il quindicinale torinese, certamente migliore di quella che io potrei fare, ma sento il bisogno di dire qualcosa che mi ha toccato particolarmente, perché l’autore da una lettura della religiosità che mi affascina quanto mai e che vorrei suggerire, con tutte le mie forze, ai credenti e in particolare ai cattolici della mia città e del mio tempo.
Il priore di Bose, che rivisita i luoghi, le consuetudini e i riti e la mentalità della sua gente, cioè dei contadini delle colline coltivate a vitigni del suo Monferrato, riesce a permeare di una spiritualità che sempre è intima e connaturale a quella vita sana ed autentica e che mai risulta artificiosa, appiccicata ed estranea al flusso dei giorni, delle feste e delle opere di quella povera gente.
Il rito, le usanze, le feste, il lavoro e le stagioni sembrano tessute con lo stesso respiro della Bibbia e la Bibbia sembra parlare la stessa lingua di quella gente semplice che si muove e respira all’unisono con la natura e il vivere dei suoi abitanti.
Dalla lettura di questo volume ho colto che l’autentica spiritualità e il vero misticismo non è qualcosa di peregrino ed avulso dalla vita di ogni giorno. I viticoltori dell’infanzia di padre Bianchi sono religiosi anche quando non praticano perché sono veri e sarebbero cristiani anche se praticassero il buddismo.
Mi è difficile spiegare ciò che di bello e di vero ho colto, per questo motivo invito gli amici a leggere il volume e sperando che faccia loro lo stesso effetto che ha fatto a me.