A proposito di Berlusconi

Berlusconi ha ottenuto il suo trionfo in occasione della fondazione del “Popolo della Libertà”!

Anche i suoi avversari più accaniti, pur a denti stretti, sono stati costretti a riconoscergli la sua bravura.

Abbiano visto, alla televisione, un popolo esultante, felice, concorde, tutto proiettato in avanti ed orgoglioso del proprio leader carismatico.

Non sono proprio certo che all’interno ci sia la coesione tanto conclamata, anzi temo che aspirazioni, ambizioni siano ben presenti, ma che siano astutamente occultate per manifestarsi a tempo debito!

Berlusconi è certamente tanto bravo a tener la briglia ed incoraggiare, dirigere e frustare tanti cavalli irrequieti e bizzosi. Quello che però mi ha sorpreso è che questo capo, di indubbie capacità, non sia ancora pago dell’autorità che si è conquistata sul campo e che, a parer suo, non è ancora sufficiente per poter ben governare.

Il popolo e la gente pare che, tutto sommato, sia contenta di quest’uomo che mostra coraggio, determinazione e che si impone con autorità, perché è certamente stufo delle divisioni, degli estremismi, delle risse e delle utopie sconclusionate di certi personaggi e certi movimenti che pare non abbiano mai i piedi per terra.

Molti sono convinti che sia Berlusconi ad imporre questa via e questo stile un po’ autoritario e decisionista.

Io sono invece d’accordo con un mio vecchio maestro che affermava che, non è un uomo che impone una certa linea, ma invece il popolo, la gente e l’opinione pubblica che promuovano un uomo con una determinata linea.

Oggi la nostra gente vuole concretezza, ottimismo, principi sani, buon governo, uomini che sappiano governare ed imporsi perché ha ormai la nausea di mentalità, comportamenti da centri sociali, da no-globals, da nostalgie di un mondo sconfitto dalla storia.

A me spiace che Veltroni sia fallito nel suo intento, anzi l’abbiano fatto fallire i suoi “amici”.

Due uomini del genere, diversi ma pur simili, ci avrebbero dato la possibilità di un’alternanza che avrebbe favorito or l’una or l’altra tendenza che essi rappresentavano per ottenere il meglio per il Paese!

Sul fermarsi al momento giusto

Più tempo passa e più mi accorgo che il pensiero di Monsignor Vecchi ha inciso più di quanto pensavo nella mia mentalità e nelle mie scelte.

Io sono nato quando, in Europa e non solo, andavano di moda i dittatori “assoluti” o “relativi”.

In Italia c’era il duce, in Germania Hitler, in Spagna Franco, in Portogallo Salazar, in Francia De Gaulle, in Russia Stalin, questi per citare i principali, ma poi c’erano tutti i corollari in paesi più piccoli.

La maggior parte di loro era andato al potere, non con un colpo di stato, ma con l’appoggio della gente che sentiva il bisogno di un po’ d’ordine in mezzo al caos che normalmente le sinistre allora, ma anche oggi, sono specialiste nel creare.

Di fronte alle mie perplessità, Monsignor Vecchi era solito dirmi che: -“Gli uomini della Provvidenza”, in sé non sono stati malvagi, ma il loro guaio era che non sapevano fermarsi al momento giusto e perciò finivano, non solo per rovinare quel po` di bene iniziale che avevano fatto, ma portavano fatalmente alla rovina quella società che si erano riproposti di salvare.-

Credo che Monsignor Vecchi avesse ragione!

Ora fortunatamente è finita la stagione dei dittatori a livello nazionale, però non pare ancor terminata quella “domestica”.

Ci sono persone che partono in quarta con gruppi, iniziative, associazioni, essi realizzano, fanno cose belle, dimostrano di avere capacità e carattere, però vale anche per loro la vecchia legge, non sanno fermarsi a tempo debito, perché il sapore del potere li inebria e finiscono per scontentare tutti e distruggere non solo quello che di bello e positivo hanno fatto, ma mettono anche le premesse per far emergere ancora una volta anarchia, disordine e disfattismo.

L’idolatria al giorno d’oggi

I miei studi biblici sono stati assai approssimativi. L’insegnante non era granché preparato, per cui approfittava di ogni pretesto che noi studenti gli offrivamo senza tanti scrupoli per parlarci di cinema o di sessuologia, materia in cui sembrava molto più preparato.

E’ umano che in qualsiasi scuola ci siano docenti più o meno portati per l’insegnamento e più o meno preparati nella materia che sono costretti ad insegnare.

Le mie lacune generali e specifiche sono anche per questo motivo abbastanza consistenti.

Lo studio della Bibbia è poi particolarmente difficile perché si tratta di recepire un messaggio che passa attraverso una cultura lontanissima dalla nostra mentalità.

Nonostante queste deficienze spesso sono quasi costretto alla riflessione perché i testi proposti dalla liturgia esigono un’interpretazione non solo religiosa ma anche convincente.

Qualche giorno fa sono incappato nella questione del vitello d’oro. Mentre Mosè in solitudine sul monte medita sulla legge civile e religiosa da dare alla sua gente, il popolo ebreo guarda un vitello d’oro e comincia ad adorarlo.

Sembra veramente un’assurdità, una scelta così banale che si è quasi costretti a tirare in ballo il fatto che si trattava di un popolo primitivo per arrivare a venerare una statua costruita con le loro mani.

A pensarci la cosa non è proprio così assurda se anche la gente d’oggi, nonostante i millenni di storia, si comporta allo stesso modo.

La moda, la macchina, l’igiene, la linea, i gioielli, le vacanze, il look, i divi, i calciatori, valgono ancora meno del vitello d’oro, eppure gli uomini d’oggi per essi si sacrificano molto di più, si compromettono e spendono la vita per idoli insignificanti, banali, fatui e deludenti!

Pare che decine e forse centinaia di secoli non ci hanno ancora liberato dall’idolatria, mentre i sacerdoti se ne stanno sul monte a studiare le soluzioni da proporre al Popolo di Dio!

La Legge Naturale e la Costituzione

Quando lavoro “manualmente” su “L’incontro” mi concedo il lusso di ascoltare Radioradicale, non perché i radicali mi siano molto simpatici o perché condivida molte delle loro tesi, ma solamente perché è l’unica radio che trasmette l’attività della camera, i congressi dei partiti, convegni e dibattiti vari.

Qualche tempo fa ho ascoltato il dibattito al Parlamento sul testamento biologico. Tantissimi sono stati gli interventi, profondi, intelligenti, ed estremamente impegnativi.

Ho capito che nel nostro Parlamento non mancano le persone intelligenti, preparate, colte, invece non sono troppe le persone sagge, rette di coscienza, non preconcette e non faziose, disposte ad arrivare, seppur con fatica, al dialogo e a punti di convergenza. Comunque mi è parso che, i due schieramenti che attraversavano i confini di schieramento politico, si rifacessero a due punti di riferimento come sponde sicure; i cattolici e similari alla legge di natura, i laici e la sinistra in genere alla costituzione.

A sentire parlare i rappresentanti del popolo questi due punti di riferimento sembravano certi, sicuri, indiscutibili.

Io, da persona di modesta intelligenza e di poca cultura, ho avuto l’impressione che ambedue gli schieramenti barassero alla grossa.

Cos’è la legge naturale oggi?
I millenni della storia umana ne hanno gradualmente modificato il volto e l’anima, specie in questi ultimi secoli; quindi un valore estremamente discutibile!

Cos’è la costituzione?
Il frutto di un compromesso raggiunto faticosamente più di mezzo secolo fa; una realtà nata precaria, che gradualmente è diventata più fragile, inconsistente, quindi una specie di mito con i piedi d’argilla.

Non riesco onestamente ad abbracciare le tesi né dell’uno né dell’altro.

A mio parere lo Stato dovrà essere sempre più laico, sia dalle religioni che dalle dottrine del momento.

Lo Stato ormai deve garantire spazio a tutti ad ognuno dovrà proporre e soprattutto testimoniare le tesi in cui crede. Tutto il resto sono chiacchiere, demagogia e tentativo di soprafazione ideologica!

I miei nuovi amici

Sono cinquant’anni che vivo a Mestre e sono sempre vissuto entro comunità assai numerose quali, la parrocchia del Duomo di San Lorenzo e poi quella, pur popolosa di Carpenedo.

Inoltre avendo insegnato per molti anni nelle scuole superiori, essendomi occupato di associazioni a livello cittadino e soprattutto essendomi sempre impegnato nel settore della stampa, collaborando per molti anni con il quotidiano per eccellenza della nostra città “Il Gazzettino” e avendo diretto per vent’anni l’emittente Radio Carpini, ho conosciuto tantissima gente e più gente ancora conosce me.

A Mestre mi sento veramente in famiglia e non mi sorprendo affatto sentendomi salutare da tantissima gente in ogni luogo in cui capiti di andare.

Tutto questo mi fa molto piacere. Ora però, da quattro anni, vivo un po’ in “convento” al don Vecchi, un paesino di 230 anime anziane e celebro nella chiesa più piccola di Mestre, appena quaranta posti a sedere, mal riscaldata d’inverno, calda d’estate e soprattutto collocata tra tombe e cipressi.

I miei nuovi amici li incontro al momento della partenza da questo mondo quando mi capita di dar loro l’ultimo abbraccio e l’ultimo saluto, proprio quando stanno lasciando questo povero mondo per trasferirsi nella Terra promessa.

Ora i miei nuovi amici abitano tutti in cielo, però confesso che queste nuove amicizie mi sono quanto mai care, mi danno tanto conforto, tanto coraggio e tanto aiuto.

Le croci bianche piantate per terra e le stelle accese in cielo mi fanno sentire in compagnia dolce e rasserenante di queste belle creature celesti.

Non mi sento un minuto solo; so di poter contare in ogni occasione sull’aiuto di queste anime che amo tanto e per cui prego ogni giorno. Gli amici del Cielo sono ancora più cari di quelli, pur cari e vicini, di questa terra!

Don Roberto e la sua Comunità

Per il mio compleanno è venuto a trovarmi perfino mio fratello più piccolo, don Roberto.

Non ci vedevamo da mesi perché sia lui che io, ci lasciamo travolgere dagli impegni forse perchè non sappiamo dosare bene il nostro tempo e le nostre energie.

Don Roberto ha vent’anni meno di me, è più intelligente, parla e scrive molto meglio di me. Questo non solo non mi mortifica, ma invece mi riempie di orgoglio.

Don Roberto ha una bella parrocchia, che ama perfino troppo, ed ha un vivaio di ragazzi, che a parer mio, è il più numeroso e valido, non solo della nostra diocesi, ma penso che possa tranquillamente misurarsi con qualsiasi parrocchia del Veneto.

E’ venuto dopo la visita pastorale, attesa da anni, e presentata dalla stampa diocesana come un evento messianico, tanto che l’opinione pubblica locale ne è talmente satura, per cui se non finisce presto arrischia di diventare controproducente.

La visita vera e propria si è esaurita in poche ore nonostante, a parere di mio fratello, il Patriarca sia stato felice nei suoi interventi e penso non gli abbia fatto mancare i complimenti, perché la comunità di Chirignago è veramente bella.

Ho incontrato in don Roberto un prete un po’ stanco, un po’ sgonfiato e perfino un po’ deluso dei suoi giovani, che pur sono veramente il fiore all’occhiello della sua comunità.

Mio fratello forse non ha ancora capito che per certi preti la loro comunità è per loro, padre, madre, moglie, amante, tutto, mentre per i parrocchiani anche nel migliore dei casi, è soltanto un po’ di tutto questo, perchè hanno molte altre cose per la testa, soprattutto quando sono giovani!

Gratitudine e commozione

Ho ricevuto qualche giorno fa una bellissima lettera di un’anziana signora di Asiago, mamma di un carissimo amico che tante volte mi ha aiutato.

Il motivo della lettera è la riconoscenza per “L’incontro”, che un altro caro amico, le spedisce puntualmente ogni settimana.

L’anziana signora, che credo sia una vecchia maestra in pensione data la calligrafia tutta ordinata e pulita e il pensiero scorrevole e delicato, dice di trovare nelle mie parole, conforto, coraggio e luce interiore.

Queste parole mi hanno fatto molto piacere, ma anche rossore interiore avendo piena consapevolezza che spesso il pensiero risulta aggrovigliato, la sintassi e la grammatica non sempre rispettata, con l’aggiunta di errori di ortografia e di stampa che non mancano mai.

Mi sono chiesto, di fronte a questa cara lettera: “Ma cos’è che determina il “successo” di questo diario?”

In verità non lo so proprio!

Se posso però ascrivermi un merito è la ricerca appassionata e perfino talvolta tormentata, di trovare parole nuove e chiavi di lettura aggiornate alla proposta evangelica.

Nel mio animo di prete c’è la convinzione assoluta che il messaggio di Gesù è il più vero, il più necessario, il più appagante anche per l’uomo d’oggi, ma che dobbiamo cercare e trovare modalità nuove e più adeguate perché esso tocchi la testa e il cuore degli uomini d’oggi!

Il parlare e lo scrivere dei preti spessissimo è pieno di parole logore, di pensieri scontati, tanto da diventare noiosi ed insipienti, frasi fatte e luoghi comuni, che sono troppo spesso della stessa categoria del “sale insipido” che non serve proprio a niente.

I Cristiani e il Vangelo

Quando al “Confiteor”, prima della messa, mi batto il petto tre volte in segno di ammissione delle mie colpe, non lo faccio mai perché il rito lo richiede, ma perché sono profondamente convinto di essere un peccatore, bisognoso di perdono e di misericordia.

Confesso però che non riesco proprio ad essere convinto che i fratelli di fede non debbano fare altrettanto, che essi non abbiano bisogno di perdono, anche se non mi sento di poter giudicare le debolezze e le miserie degli altri.

Io di cattiverie me ne scopro tante e tali per cui non ho né tempo ne voglia di pensare agli altri!

Quello che invece mi sorprende alquanto è quando qualcuno mi guarda con sorpresa, compatimento e talvolta perfino con ironia, quando con tanta fatica tento di essere fedele a qualche dettame del Vangelo. Essere giudicato male, da cristiani che affermano a parole e con la pratica religiosa di essere tali, perché talvolta tento di essere coerente al Vangelo è proprio qualcosa che mi mette in crisi ed una volta ancora mi fa sospettare che una parte, non so quanto grande, di battezzati, che pur non rinnegano le loro adesioni alla fede in Cristo, ritengono che la proposta cristiana si riduca alla partecipazione formale a qualche rito cristiano.

Quando poi un prete ed una suora, nei loro discorsi si rifanno a Cristo, al Vangelo o alla nostra religione, pare che per molti battezzati questo sia quasi una cosa scontata, ma che non riguarda punto i “cristiani” normali i quali pare quasi possano tranquillamente riferirsi a criteri che non hanno nulla a che fare con la fede!

Gesti di affetto

Per il compleanno ho ricevuto un’infinità di libri, che a fatica riuscirò a leggere prima del prossimo compleanno se il buon Dio avrà la generosità di concedermelo, tanti fiori, tante offerte, tanti auguri e tanti segni di affetto.

L’articolo del “Gazzettino”, l’intervista televisiva di “Antenna Veneta” e il blitz degli impaginatori de “L’incontro” con la notizia del mio compleanno, han fatto sì che domenica 15 marzo sono diventato, mio malgrado, “l’uomo del giorno” o per essere più esatti “il vecchio del giorno”.

Tutto questo mi ha fatto molto piacere, pur imbarazzandomi alquanto essendo lucidamente consapevole di non meritare tutto questo.

Una volta ancora ho avuto modo di constatare come i mass-media riescono a costruire i personaggi.

Comunque sentire che una volta tanto gli ideali, le imprese e le utopie che vado coltivando da una vita sono condivise da tanta cara gente, è un qualcosa che fa bene, incoraggia mi aiuta a non fermarmi, a non preoccuparmi più di tanto degli anni e degli acciacchi, presso che inevitabili.

Ho letto e riletto le tante espressioni di affetto che ho quanto mai apprezzato e che mi sono state di grande conforto.

Voglio annotare, in questo mio diario, una particolarmente bella e delicata che mi è giunta da una giovane signora che mi ha aiutato in uno dei momenti più cruciali di questi ultimi anni della mia vita: l’inizio della pensione!

Ora capisco che non è stato il caso a farmela incontrare, ma la sua profonda sensibilità e la saggezza del buon Dio.

Lo strano poi è che questa donna opera in uno dei settori della vita che tanti, forse troppi, considerano squallido, interessato e senza scrupoli. Questa è l’ulteriore prova che la bellezza dell’animo può fiorire in ogni dove.

Riporto le parole, pur sapendo che se potessi indicare la cornice in cui esse crescono brillerebbero ancor molto di più:

“Carissimo don Armando,
nel giorno del suo ottantesimo compleanno voglia gradire i nostri più affettuosi e sinceri auguri, di tutto cuore. E dato che il dono della vita, nonostante la fatica e il dolore che la segnano, è troppo bello e prezioso perché ce ne possiamo stancare, Le auspichiamo ancora tanti e tanti anni da vivere in serenità, non contando i giorni e le stagioni che verranno, ma tutte le persone e gli amici che la amano e che il tempo Le ha donato.”

Doni, non diritti

In questi ultimi giorni in cui il cielo è ritornato azzurro, i prati più verdi e trapuntati da una miriade di fiori umili e discreti, dipinti con i colori più dolci e più tenui della tavolozza di Dio, in cui qua e là si vedono delle fiammate gialle della forsizia o dei fiori di un rosso vivo della rosa giapponese, mi è capitato di avvertire nell’intimo del mio animo, un sentimento strano, che ora scopro ingiusto ed assurdo.

Di fronte e tanta bellezza, alla constatazione che la primavera sta decisamente cacciando il grigiore, la pioggia, il freddo e le nebbie, invece di spalancare l’animo, di cantare di riconoscenza al buon Dio che ancora una volta ci manda a dire che non se l’è presa per le nostre nefandezze, mi è parso di sentire nel mio animo sentimenti analoghi a questi; “Era ora! Ci hai Signore frodati della nostra primavera, del nostro sole e del nostro cielo, mandandoci stagioni proprie del nord Europa e non le stagioni che ci aspettiamo, delle quali abbiamo diritto”!

Quando ho cominciato a prendere coscienza di questi sentimenti imprecisati, ma comunque presenti nel mio animo, ho capito che essi erano blasfemi, infatti quali diritti ho io di avere il sole, l’azzurro, la primavera, il tepore e il canto degli uccelli?

Mi è parso di appartenere proprio alla categoria dei ricchi, dei sani, dei fortunati, che non capiscono che la ricchezza, salute e fortuna sono un dono, non un diritto!

Allora ho cominciato con il “Te Deum” ed ho continuato con il “Magnificat” per concludere col “Miserere”!

Una divinità che produce “protocolli”

Qualche sera fa ho visto ancora una volta alla televisione il signor Beppino Englaro, l’ormai tristemente celebre protagonista di un dramma che ha dominato l’opinione pubblica di questo inizio d’anno e che ha provocato delle ripercussioni che sono destinate a rimanere a lungo nelle coscienze degli italiani.

A parte le sue scelte, le sue replicate promesse di non parlare più del suo dramma, promesse puntualmente non mantenute, Englaro è un uomo che non mi piace, anche perché ha trasmesso a mezzo mondo le sue irrequietezze interiori, facendo, a mio modesto parere, un male incommensurabile al nostro Paese.

Comunque è un altro il motivo che mi spinge a questa riflessione.
L’intervistatrice chiese ad Englaro: “Ora è in pace?” egli rispose prontamente di sì, poi soggiunse a mo’ di motivazione “I protocolli sono stati puntualmente rispettati”.

Le vicende di questo caso hanno sempre girato attorno a questi “protocolli”, quasi fossero una divinità che possono determinare la vita o la morte, il bene o il male, la verità o la menzogna.

Sapendo poi da chi sono stati prodotti questi protocolli c’è proprio da inorridire; un organo dello Stato che non ha il potere di fare leggi, ma solo da interpretarle, ed applicarle. Un organo che fino a qualche tempo fa ha preteso di surrogarsi al Parlamento, un organo i cui membri sono i più pagati, che pretendono l’assoluta autonomia, che sono in arretrato abissale nell’espletamento del loro compito, che non accettano critiche, che non rispondono dei loro errori!

La nuova divinità che produce “protocolli” che possono decretare la vita e la morte, mi pare veramente un idolo molto peggiore di quelli dei tempi antichi!

La visita di Simone

Dalla segreteria mi hanno informato che, nella hall, mi attendeva un giovanotto. Al don Vecchi non sono frequenti le visite dei giovanotti, al massimo vengono ogni tanto dei nipoti, ma quasi sempre si dirigono all’appartamento delle nonne relative, senza sostare o farsi annunciare.

La portineria del don Vecchi è molto meno di una stazione di frontiera dei paesi della Cee, perché il Centro ha la tipologia di un paese piuttosto che quella di un albergo o di una casa di riposo, strutture per le quali funziona come filtro la portineria.

Mi attendeva un giovanottone, dal vestire apparentemente un po’ trasandato e dalla barba, non tagliata da alcuni giorni.

Dopo un istante di perplessità, riconobbi Simone, uno dei ragazzi di quello splendido staff di giornalisti sportivi in erba che lavoravano a Radio Carpini.

Sotto la guida del vecchio, fanatico di calcio, entusiasta, sorridente e trascinatore, ogni domenica partivano a registrare partite, gare di ogni genere, intrufolandosi per ogni dove per non pagare le entrate, poi tornavano, montavano i servizi, discutevano; era un piacere vedere ed ascoltare tanta “grazia di Dio!”

Simone ora è a Milano alla Gazzetta dello Sport, regolarmente ingaggiato. “Lo devo anche a Lei se ora, come tanti altri della squadra, sono riuscito ad affermarmi! Radio Carpini mi ha offerto un sogno, che fortunatamente si è avverato!”

Mi ha regalato un grosso volume sulla storia del Rugby a Mirano, che egli ha scritto assieme ad un amico.

Fui tanto felice della visita affettuosa e riconoscente di questo giovane già affermato che guardava questo vecchio prete che l’aveva inserito nella splendida e sfortunata avventura di Radio Carpini.

Una volta ancora sono stato riconfermato nella convinzione che una comunità cristiana non può suonare solamente su una o al massimo due corde di violino, ma debba adoperare tutte le tastiere perché la comunità parrocchiale sia viva e feconda.

Un piccolo fiore che testimonia Dio

Mi è capitato di vedere una foto straordinaria, su una delle tante riviste che escono dalle catene di montaggio delle rotative che, da mane a sera, sfornano parole ed immagini di ogni genere e passando per le edicole finiscono spesso nelle pattumiere senza che alcuno le degni di uno sguardo.

La fotografia ritraeva un ambiente desolante di una delle tante metropoli del nostro mondo; poteva essere la periferia di Napoli o di Roma: vecchie roulotte, baracche di lamiera e cartone, robe vecchie, materassi sfondati, reti contorte ed un vecchio barbone coperto di stracci, con la barba lunga e sporca, seduto su una poltrona sgangherata.

In quella desolazione proprio accanto al vecchio accattone, una zolla, una sola zolla verde, tra tanta miseria e disordine e al centro della zolla un piccolo fiore bianco su uno stelo leggero.

Il barbone guardava incantato quel piccolo fiore bianco, sembrava che lo accarezzasse con gli occhi, e lo custodisse come l’unica cosa bella che egli possedeva tra tanta desolazione.

Quello sguardo dolce mi commosse e mi ricordò il soldato americano che fotografò Berlino che bruciava, il giorno della caduta del Reich e che inquadrò un melo o un pesco che imperterrito era in fiore tra le macerie della superba città in fiamme.

Scriveva quel soldato: “Mi sono sempre dichiarato ateo, ma quella mattina di fronte a quel pesco che ad aprile fioriva nonostante tutta la barbarie della guerra, mi costrinse ad inginocchiarmi e a recitare il Padre Nostro che avevo imparato da bambino”.

Solo Dio poteva fare quel miracolo di bellezza e di speranza tra tanta desolazione e rovina.

Bisogna che mi ricordi che in questa nostra società balorda ed assurda, in qualche angolo c’è sempre un piccolo fiore che imperturbabile mi parla della bontà di Dio e mi invita alla speranza!

“Il pane di ieri”, un libro che mi ha aiutato

Ho appena terminato di leggere “Il pane di ieri” del priore della comunità di Bose Enzo Bianchi. Il volume di questo monaco, del nostro tempo, è il più bel libro che abbia letto negli ultimi vent’anni della mia vita.

Nel volume Enzo Bianchi recupera le immagini e le tradizioni della sua infanzia e della sua giovinezza trascorsa tra le colline coltivate a vite del povero Monferrato del suo tempo.

Ho trovato la poesia, la mistica, l’incanto, la spiritualità, la bellezza e la saggezza trasfigurate dalla penna intelligente, scorrevole e sempre fresca di questo uomo di Dio che trascorre il suo tempo nella preghiera e nella costante meditazione della Bibbia.

Nello scritto, del priore della comunità monastica di Bose, ho trovato la vita vera, descritta con parole semplici, ho scoperto la religiosità intrinseca al lavoro, al mangiare e bere, alla sofferenza, alla morte, alla vecchiaia, ai rapporti umani e agli stessi riti religiosi.

L’autore del volume non trasfigura la sua vicenda e quella del suo paese mediante il ricordo della fanciullezza e del “piccolo mondo antico”, che si ricorda sempre con nostalgia e si sublima legandolo al tempo del sogno, ma lo legge invece con gli occhi della sapienza che viene dalla meditazione, dalla preghiera e dalla dimestichezza con Dio.

E’ stata per me una felicissima ed inebriante scoperta quella di avvertire che i gesti più naturali diventano lode al Creatore quando sono veri, quando sono vissuti in maniera onesta e semplice.

Padre Bianchi mi ha aiutato a capire finalmente San Paolo quando afferma che qualsiasi atto dell’uomo diventa lode e preghiera quando è compiuto con verità. Un discorso ben lontano da un certo spiritualismo fittizio e avulso dalla vita!

“Signore, io credo, ma tu aiuta la mia poca fede”

In mattinata ho finito l’impaginazione de “L’incontro” di questa settimana. Di solito dapprima sistemo l’editoriale, quindi le principali rubriche fisse dei giornalisti che fanno parte della redazione, poi inserisco una piccola serie di articoli che a me paiono siano conformi alla linea editoriale e che traggo da periodici di ispirazione cristiana quali: Il Messaggero, Il nostro tempo, L’Avvenire, Gente Veneta, Famiglia Cristiana ed altri ancora.

Completo la rivista con i riquadri che mi permettono di offrire notizie relativamente fresche, di evidenziare la situazione degli enti di cui il periodico si fa portavoce, il tempo liturgico e le varie esigenze delle realtà di cui attualmente mi sto interessando.

Questa mattina, tra l’altro, ho tentato di avvertire ancora una volta i presunti 16400 lettori che la fondazione ha bisogno assoluto di consistenti finanziamenti per affrontare le spese della nuova struttura di Campalto che si presume verrà a costare più di tre milioni di euro.

Non è la prima volta che batto questo tasto, ma finora pare che i cittadini abbienti siano sordi del tutto. Motivo per cui ho cercato con attenzione le parole che potessero far breccia e mettere in crisi i concittadini, che pure pare apprezzino le nostre opere!

Se nonché, proprio nello stesso pomeriggio, la pagina del Vangelo della liturgia del giorno, riportava la guarigione di un ragazzo posseduto da un demone che neppure i discepoli erano riusciti a guarire. Nel brano Gesù dice al padre di questo povero disgraziato “Nulla è impossibile per chi crede!”

Mentre pronunciavo queste parole già sentivo il pungolo del rimorso per le mie preoccupazioni ed angosce d’ordine finanziario.

L’affermazione di Gesù mi colpiva come uno schiaffo in pieno volto.

Se nonché vennero a soccorrermi e lenire il mio dolore le parole del padre: “Signore, io credo, ma tu aiuta la mia poca fede”. A Gesù bastò così e fece il miracolo.

Sentii subito un caldo sentimento di conforto e sollievo che mi saliva al cuore. Spero di salvarmi, seppure in extremis e spero di salvare pure il finanziamento!