Passando davanti al Tabernacolo…

Qualche giorno fa, passando davanti al Tabernacolo, ebbi quasi un brivido. Pensai: “Sto passando davanti alla dimora di Dio l’Altissimo”.

La mia mente andò, per associazione d’idee, ad un bellissimo e sublime romanzo dell’ebreo tedesco, Franz Werlèl “Irmia” una storia imperniata sulla vita del giovane profeta Geremia. Ricorderò per sempre alcune pagine di altissima poesia e di senso del sacro, con cui questo letterato, sfuggito per miracolo al furore di Hitler, racconta un momento della vita del profeta.

Il popolo era stato deportato in Babilonia, la città era stata rasa al suolo, il tempio distrutto. A Gerusalemme erano rimasti solamente pochi vecchi e a bambini, gli scampati d’Israele. Geremia passa sopra le rovine del tempio, i suoi piedi si trovano sopra quella che era la “sancta santorum”, il luogo dove era riposta l’arca. Geremia ha un brivido al pensiero di essere nel luogo che era stata la dimora di Dio.

In quel momento vinta la nemica del sacro: l’abitudine, provai lo stesso brivido d’essere accanto al Gesù della Maddalena, di Pietro, di Marta, di Tommaso. Guardai il Tabernacolo dipinto di porporina, la parete affumicata dal neon e macchiata di cera.

Rimasi sgomento di fronte al mistero di questa Presenza in mezzo a tanta miseria e desolazione. Poi la mia mente di figlio del razionalismo, mi suggerì una lettura che, almeno in quel momento mi convinse; anche una vecchia foto, per quanto sberciata, della mamma, evoca la sua cara presenza, me la fa sentire vicina, fa nascere nel mio cuore riconoscenza, amore, ammirazione e memoria. Mi misi in pace ed adorai il Signore che, comunque, mi si è fatto sentire vicino.

La semina

La semina è e sarà sempre un atto di fede sulla possibile raccolta. Credo che solamente i fanatici possano essere convinti di non sbagliare. Però nessuna creatura può avere la certezza matematica che la sua scelta sia totalmente giusta. Ogni volta ha sempre un margine di possibilità di errore. lo non ho stima e neppure amo discutere con le persone che sono sicure al cento per cento.

Mi è capitato alcuni anni fa di dialogare con un “mio parrocchiano” che era testimone di Geova. Inizialmente cercavo di ammettere che qualche ragione l’aveva, ma che anch’io avevo buoni motivi per sostenere tesi discordi dalle sue. Il dialogo però stava riducendosi ad un monologo di affermazioni perentorie da parte sua. Cominciava a stizzirmi e ad un certo momento sbottai: “Ma non sarà mica convinto di possedere soltanto lei tutta la verità?”; e lui imperterrito: “Si, io posseggo tutta la verità”. Lo salutai il più cortesemente possibile e me ne andai dicendogli: “Non mi interessano per nulla le persone che sono convinte di avere tutta la verità!”

Io non appartengo certamente a questa categoria, perché mi porto dietro sempre dubbi, incertezze, perplessità e perfi no rimorsi. Quando decisi di pubblicare il mio diario del 2006, mi trovavo in queste condizioni di spirito. Tanto che nei e primi tempi schivavo chi voleva parlarmene. Poi e fortunatamente le copie cominciarono ad essere richieste, tanto che credo avrò esaurite quelle mille e copie in un paio di mesi, mentre pensavo mi sarebbero rimaste sul groppone.

Quando poi, una suora che appartiene ad una grossa Congregazione religiosa e del relativo Consiglio Generalizio, mi confi dò che faceva meditazione sul “Diario di un vecchio Prete” mi si allargò il cuore e compresi finalmente che avevo fatto bene a “buttare la rete da quella parte”. Il Patriarca ha affermato in pubblico, fra il serio e il faceto, che non è tutto giusto quello che scrivo. Ci vorrebbe altro! Spero solamente che una piccola parte della semente produca positivamente.