In questi ultimi giorni in cui il cielo è ritornato azzurro, i prati più verdi e trapuntati da una miriade di fiori umili e discreti, dipinti con i colori più dolci e più tenui della tavolozza di Dio, in cui qua e là si vedono delle fiammate gialle della forsizia o dei fiori di un rosso vivo della rosa giapponese, mi è capitato di avvertire nell’intimo del mio animo, un sentimento strano, che ora scopro ingiusto ed assurdo.
Di fronte e tanta bellezza, alla constatazione che la primavera sta decisamente cacciando il grigiore, la pioggia, il freddo e le nebbie, invece di spalancare l’animo, di cantare di riconoscenza al buon Dio che ancora una volta ci manda a dire che non se l’è presa per le nostre nefandezze, mi è parso di sentire nel mio animo sentimenti analoghi a questi; “Era ora! Ci hai Signore frodati della nostra primavera, del nostro sole e del nostro cielo, mandandoci stagioni proprie del nord Europa e non le stagioni che ci aspettiamo, delle quali abbiamo diritto”!
Quando ho cominciato a prendere coscienza di questi sentimenti imprecisati, ma comunque presenti nel mio animo, ho capito che essi erano blasfemi, infatti quali diritti ho io di avere il sole, l’azzurro, la primavera, il tepore e il canto degli uccelli?
Mi è parso di appartenere proprio alla categoria dei ricchi, dei sani, dei fortunati, che non capiscono che la ricchezza, salute e fortuna sono un dono, non un diritto!
Allora ho cominciato con il “Te Deum” ed ho continuato con il “Magnificat” per concludere col “Miserere”!