Ateobus e atei

Credo che un po’ tutti, anche se l’attenzione dei giornali, ma sopratutto della televisione è stata piuttosto rapida e marginale, siamo stati colpiti dalla notizia che sugli autobus genovesi è stata reclamizzata una scritta, richiesta da un gruppo organizzato di atei: “Una cattiva notizia: Dio non esiste, ed una buona: non cambia nulla”

L’iniziativa è sbollita presto perché secondo alcuni, l’azienda che doveva gestire questa pubblicità, l’ha ritenuta controproducente a livello economico e, secondo altri, perché i filotranvieri, con tanto buon senso, si sono rifiutati di condurre gli autobus con quelle frasi irridenti la fede.

Comunque qualsiasi sia stato il motivo che ha fatto fallire questo proposito, la notizia mi ha fatto pensare e quasi costretto ad indagare maggiormente e a prendere posizione, almeno a livello interiore.

Ho appreso così che questo tentativo non è nuovo, infatti era già stato tentato a Bergamo, ma soprattutto ho scoperto che in questo sforzo di colpire al cuore la fede non è stata solamente l’Unione Sovietica negli anni di “buio a mezzogiorno”, ma pure in Italia ci sono sparuti gruppi di ateisti organizzati che ogni tanto fanno queste macabre e dissacranti sortite.

A parte la sicumera di questa gente che si autopromuove a persone anticipatrici dell’avvenire, fautori della razionalità e nemici acerrimi dell’oscurantismo religioso e clericale, mi chiedo a chi giovano questi attacchi acidi e saccenti alla fede dei credenti?

Immagino che non dovrebbe recare alcun disturbo agli atei che la stragrande maggioranza dei propri concittadini si professino credenti, ed ammesso ma non concesso che questo gruppo sparuto di personaggi avesse ragione e che il mondo intero di tutti i tempi avesse torto, e che la fede fosse solamente una dolce e rassicurante illusione, ripeterei loro come il grande Pascal che torna sempre conto scommettere sul positivo perché così uno comunque passa meglio la vita, in maniera più serena e comunque avrebbe la stessa sorte dei non credenti.

Io rimango del parere che questo tipo di atei acidi e dissacranti sono persone irrequiete, frustrate, bastian contrari che sfogano la loro incapacità o volontà di vivere secondo sane regole morali e di pensiero, che invidiano chi invece conduce una vita morigerata, serena e positiva: comunque essi saranno sempre destinati a rimanere ai margini della vita e soccombenti come dimostra la storia antica e recente.

La solidarietà ed il giudizio di Cristo

Sono moltissimi anni che nutro il sospetto che Iddio, creatore del cielo e della terra, sia molto interessato e gradisca quanto mai il fumo d’incenso, anche se è incenso vero e non artificiale, i paludamenti suntuosi dei pontificali, la nenia infinita di un rosario dopo l’altro, novene ed ottavari, l’organizzazione turistica verso determinati santuari o l’esasperata pubblicizzazione di certi santi da miracoli.

Sono dubbi che tengo quasi sempre per me, perché sono invece convinto che sia sacrilegio e deprecabile turbare la fede dei semplici.

Detto questo però mi pare che sia dovere di un pastore d’anime mettere in luce determinate pagine del Vangelo che manifestano, senza ombra di dubbio, il pensiero di Cristo, ricordando a tutti che il primo a dettare indirizzi nella pietà dei cristiani sia appunto Cristo che è il fondatore e la pietra d’angolo della chiesa.

Qualche giorno fa mi ritrovavo col gruppetto dei fedeli che durante la celebrazione dell’Eucarestia, ascoltavano il brano del Vangelo che illustrava in maniera semplice, comprensibile e ribadita i paradigmi del Giudizio finale del Signore ai fedeli che sono chiamati a sottoporsi a questo esame: “Avevo fame, sete, ero ignudo, forestiero, in carcere e tu mi hai aiutato, oppure tu non mi hai aiutato” terminando col ribadire che ogni volta “che abbiamo aiutato o non aiutato il povero, abbiamo porto aiuto o rifiutato aiuto a Cristo stesso, Figlio di Dio”

Concludendo con la sentenza di accoglienza nel Regno o la condanna alla Geenna.

Mi pare quindi indubbio che il giudizio di Cristo ha come materia principale e forse unica: la solidarietà.

Mentre riflettevo ancora una volta non sulle chiose dei mistici o dei moralisti, ma sulla parola di Gesù, mi chiedevo: “Ma com’è possibile, che le nostre catechesi e le nostre prediche non si rifacciano con maggior precisione e determinazione, su queste verità certe piuttosto che su fumosi ed incerti obiettivi di gente di chiesa che non so con quale autorità propongono indirizzi macchinosi, talvolta razionalmente fragili e poco comprensibili da un punto di vista esistenziale?”

Con prudenza e pazienza, ma con decisione tenterò allora di sparare le ultime cartucce su bersagli validi piuttosto che su bolle, seppur iridate, di sapone!

Promesse, dichiarazioni e guadagni

Più volte ho sentito dire, dall’assessore Vecchiato e dallo stesso sindaco Cacciari, che l’amministrazione comunale aveva scelto di circondare di un polmone verde il nuovo ospedale e coerentemente avevano osteggiato la mia richiesta di costruire una struttura per i familiari dei degenti del nuovo ospedale di eccellenza qual’è l’Angelo in un terreno che un privato interessato mi offriva.

Avevano quindi abbracciato la soluzione di darmi prima 10.000 metri di superficie, poi 5.000 per una piccola struttura che rispondesse a questa esigenza. Infine le cose sono andate diversamente; mi si è offerto l’intervento dell’Ulss che avrebbe fatto prima, avrebbe pagato tutto e soprattutto avrebbe inserito questo piccolo intervento in un progetto globale rispondente alle varie esigenze della sanità.

Benissimo!

Poi sono successe altre varianti e proposte, che non sempre sono riuscito a seguire e meno ancora a comprendere.

Quello che invece constato con i miei occhi è che l’ospedale con i pochi campetti verdi che lo circondano sembra un fortino assediato; a sud, a nord, a ponente e a levante stanno sorgendo fabbricati in ogni dove, in barba alle solenni dichiarazioni dei vari protagonisti della vita sociale della nostra città.

Stamattina poi, un piccolo imprenditore, di tutt’altro settore, si occupa infatti di defunti, mi ha informato con molto entusiasmo che a giorni aprirà una specie di foresteria a due passi dall’ospedale con 18 posti letto e spera di fare affari d’oro. Mi parlava infatti di settanta, ottanta euro alla notte.

Io sono felicissimo che in tanti rispondano alle esigenze create dal nuovo ospedale, che tutti guadagnino; sono invece angosciato al pensiero della povera gente che viene da Alghero o da Messina, nella speranza che l’oculistica o la toracica, facciano il “miracolo” al loro congiunto e che oltre all’angoscia per il male debbono accollarsi anche quella di un posto letto.

Mi viene spesso il ricordo della mia povera mamma e di mia sorella che una quarantina di anni fa in una contingenza simile, avendo chiesto una pensione da pochi soldi, finirono per passare una notte d’angoscia e d’inferno in un asilo notturno di Milano!

Io non conosco gli stipendi dei nostri amministratori, però sono assolutamente certo che superano di gran lunga quelli dei disperati del sud.

Parole che lasciano il segno

Io lavoro, normalmente per “L’incontro”, in un piccolo sgabuzzino, un po’ lontano da “casa mia” che per un po’ di vezzo chiamo alla D’Annunzio, il mio “romitorio”.

Il mio romitorio è sito in un luogo appartato e silenzioso del don Vecchi, normalmente non passa di là quasi mai nessuno, se non il vecchio Severino che torna a casa sua canticchiando qualche vecchia romanza.

La stanzina un metro e mezzo per tre, contiene il mio archivio artigianale di foto di giornale e di articoli che ritaglio in sovrabbondanza dalle riviste e dai giornali di ispirazione cristiana che mi giungono ogni settimana.

Quando faccio i lavori manuali di impaginazione vecchio stampo, ascolto radio radicale. La manopola è sempre fissa sull’onda di questa emittente per il pericolo di perderla.

Ultimamente ho sentito il patetico commiato di Veltroni. In tempi recenti questo segretario del PD mi aveva irritato alquanto, ma di fronte al fallimento di un sogno, che in qualche modo avevo condiviso, mi ha commosso.

Le parole, i sentimenti di Veltroni, hanno richiamato alla mia memoria il minatore di “Le stelle stanno a guardare”, stelle fredde e sprezzanti che registravano imperterrite il ritorno nelle fauci della miniera del minatore deputato che era stato sconfitto dai furbi di turno.

Qualche giorno fa ho sentito l’intervento di Pannella nell’ultimo dei frequenti congressi radicali. L’ho confessato tante volte: verso i radicali nutro un complesso di odio e amore quanto mai intenso.

Per un certo verso provo rammarico e repulsione per l’anticlericalismo viscerale, per il richiamo ad una presunta non violenza e per una mentalità liberista a livello economico ed una militanza di sinistra per sfacciato tornaconto finanziario ed elettorale.

Quando però Pannella, non con molta convinzione interiore, reclama una religione libera, disinteressata, povera, rispettosa ed evangelica, allora mi mette più in crisi di quanto non possano fare un sermone o un’enciclica. In quei momenti l’unico appiglio che mi salva è “la chiesa in grembiule” del povero don Tonino Bello, defunto vescovo di Barletta.

Ringrazio allora il Signore che si avvale perfino di Pannella per sollecitarmi a ravvedere la mia condotta di ministro di Santa Romana Chiesa.

La genesi del “Coraggio”

Santifichiamo la Pasqua raccontando la genesi del “Coraggio“, il quindicinale cristiano gratuito destinato agli ospiti, i relatori, gli operatori sanitari ed i volontari ospedalieri delle strutture sanitarie di Mestre.

Racconta don Armando…

Qualche tempo fa ho incontrato un abitante della vecchia Carpenedo, che mi ha raccontato che la maggior parte delle case di Borgo Pezzana, la viuzza che porta dal Terraglio all’Auchan, sono state costruite con le pietre del vecchio campanile di San Marco, afflosciatosi su se stesso nel lontano 1902.

I tempi difficili hanno suggerito ad un imprenditore mestrino di recuperare le pietre della torre campanaria franata in piazza San Marco per costruire le casupole di Borgo Pezzana. A quel tempo non era ancora arrivato il consumismo!

Un’operazione del genere è stata fatta in accordo tra la San Vincenzo di Mestre e la redazione de “L’incontro”.

Con i resti di due progetti franati per motivi diversi si è cercato di costruire un qualcosa che si spera, seppur poveramente, possa resistere nel tempo. Alludo alla nascita di un nuovo periodico destinato ai degenti e operatori sanitari degli ospedali di Mestre: l’Angelo, Villa Salus, il Policlinico S. Marco e delle case di riposo di Santa Maria dei Battuti di via Spalti, di Santa Maria del Rosario, Anni Azzurri, Centro Nazaret e Contarini.

Progetti, personale, linea editoriale sono arrivati dai defunti “Coraggio” della S. Vincenzo, morto per carenza di giornalisti e “L’Angelo” deceduto per mancanza di collaborazione del personale religioso dell’ospedale all’Angelo e per la carenza di una valida rete di distribuzione.

I familiari dei “cari estinti” si sono uniti per dar vita al “Nuovo coraggio”.

Alla San Vincenzo è stata offerta la vecchia testata e alla redazione de “L’incontro”, la linea editoriale.

L’unione è piuttosto traballante e precaria, ma l’urgenza e la necessità di un supporto pastorale ad un’assistenza religiosa estremamente precaria era tale per cui parve giusto tentare.

Ora non mi resta che pregare ed augurarmi che “In nomine domini, procidamus in pacem” come reggono da un secolo le case di Borgo Pezzana speriamo che regga pure il nuovo periodico nato da due fallimenti!

A volte manca il rispetto!

Purtroppo pare che a questo mondo non ci sia più nulla di totalmente pulito e sano. Le realtà umane, anche quelle gestite dalla chiesa e destinate ai poveri, sono quasi sempre contrassegnate da qualche magagna truffaldina che talvolta le impoverisce e che scandalizza tutti quelli che le vorrebbero pure ed immacolate.

Quando scopro qualcosa del genere sto male, mi arrabbio, ma finisco col constatare che ci sono certe convinzioni, talmente consolidate, che neanche se si bombardassero con una atomica si riuscirebbe a farle saltare.

E vengo alla causa di questo sfogo.

Abbiamo proclamato ai quattro venti che il don Vecchi è destinato agli anziani più poveri. Ma non ci siamo limitati ai proclami, infatti, a suo tempo, chiedemmo ad una piccola commissione, di persone per bene, di valutare le domande di ingresso al Centro, di accertarsi sulla condizione economica facendo portare ai richiedenti anche una documentazione perché è giusto che le offerte dei concittadini, per gli anziani poveri, vadano per i poveri!

Qualche giorno fa mi è stato riferito che una certa persona, residente al don Vecchi, accolta nonostante avesse una pensione più che discreta perchè obiettivamente aveva bisogno di una struttura protetta, ha offerto, prima di entrare, ai tre nipoti un appartamento ciascuno per poi beneficiare di un alloggio al Centro destinato ad un anziano di condizioni economiche disagiate.

Purtroppo questo non è l’unico caso di cui, nonostante le nostre attenzioni, è passato tra le griglie della selezione.

La gente si confessa se ha perduto una messa, ma non sente alcun pentimento se ha rubato un appartamento destinato ai poveri per donarlo ai giovani nipoti ai quali avrebbe fatto più che bene far fare sacrifici per acquistarselo l’alloggio!

A tutto si aggiunge pure che queste cose non le vengono a sapere soltanto i responsabili della struttura, ma prima ancora la gente che pensa a privilegi e critica a ruota libera.

Il tesoro del Patriarcato

Un paio di anni fa il Patriarca ha convocato a villa Visinoni di Zelarino, sede sia del nostro Vescovo che di alcuni uffici di Curia, tutti i responsabili delle strutture caritative e sociali esistenti nella nostra diocesi.

Nella prolusione all’incontro, che a suo dire si prefiggeva di far interloquire tra di loro questi enti, definì queste realtà come la “pala d’oro” della chiesa veneziana; essa infatti consiste in arredo sacro incastonato da pietre preziose, disegni e figure di valore inestimabile e che rappresenta una delle realtà più preziose della Basilica di San Marco.

Il definire così le opere della carità mi piacque assai, mi riportava alla scena in cui il diacono San Lorenzo, invitato dal prefetto romano a consegnare i tesori della chiesa, gli presentò una folla di poveri come la realtà più preziosa che la chiesa di quel tempo possedeva.

Ho sempre pensato che l’autentica ricchezza della chiesa, più delle splendide basiliche, i quadri degli artisti più famosi, le strutture più efficienti o gli arredi sacri, sono i poveri che ricorrono ad essa per essere aiutati e protetti.

Gli incontri previsti dal Patriarca non ebbero seguito, come sarebbe stato auspicabile, però gli enti caritativi fortunatamente, continuarono ad operare in silenzio, come sempre!

Qualche giorno fa la Caritas, ha pubblicato un opuscolo dal titolo “il tesoro di San Marco” con i dati essenziali degli organismi, strutture ed opere che la chiesa veneziana gestisce. Sono stato felice di annotare tanti nomi, tante attività e tante organizzazioni benefiche.

Veramente il Patriarcato possiede un vero “tesoro”. Sogno però che tutti i preti e fedeli si sentano responsabili di questa ricchezza autentica e siano impegnati a crescerla ed adeguarla ai tempi nuovi non lasciando che la gestiscano solamente pochi esperti, che lavorano solitari e dimenticati dai più!

Una speranza per il domani degli anziani del Centro don Vecchi

In questo ultimo tempo ci ha fatto visita, al don Vecchi, la dottoressa Francesca Corsi, alto funzionario dell’assessorato della sicurezza sociale. Sono stato io a sollecitare questo incontro perché, di mese in mese, aumenta la fragilità dei residenti a causa dell’incalzare ineluttabile del tempo.

La struttura è stata pensata per anziani totalmente autosufficienti con lievissimi supporti sociali, prevedeva che quando fosse venuta meno l’autosufficienza l’anziano avrebbe abbandonato il suo alloggio per entrare in una casa di riposo.

Al momento dell’accettazione della richiesta di ingresso, ogni residente ha sottoscritto questa clausola ed è stata controfirmata dai familiari.

Ora però le cose non stanno andando come erano state previste: la gente si trova così bene al Centro e si affeziona talmente a questo piccolo borgo, popolato da 300 cittadini, che non vorrebbe più uscirne anche se le gambe non reggono più.

Il costo di una casa di riposo per non autosufficienti è poi talmente superiore di quello praticato al don Vecchi tanto che ospiti e familiari pensano di non poterlo sopportare.

Il Comune promette aiuti che suppliscono il più possibile alla mancata autosufficienza, ma l’ordinamento sociale stenta ancora a recepire l’idea di questi alloggi protetti così ché finisce a mettere in crisi l’impostazione data fino dall’apertura del Centro. Credo che se in questa fase la società ci elargisse anche solo un decimo di quanto spende per una retta in casa di riposo, noi potremmo garantire una assistenza più che confortevole.

La dottoressa Corsi ha affermato che è preferibile mille volte la vita al don Vecchi a quella della migliore casa di riposo.

Mi auguro che un po’ alla volta possiamo trovare soluzioni possibili e migliorative senza allontanamenti traumatici per alcuno.

Stipendi e venditori di fumo

Qualche settimana fa Luciana Mazzer, la graffiante e polemica collaboratrice de “L’incontro”, ha pubblicato prima gli emolumenti economici percepiti dai nostri politici e un paio di settimane dopo le pensioni relative spettanti a questi “lavoratori” del Parlamento, anche se occupati per una sola legislatura.

Cifre da capogiro per noi poveri mortali!

Scandalo, ma scandalo da meritare di essere affogati con la macina da mulino di evangelica memoria.

Scandalissimo se poi sono parlamentari della sinistra o peggio ancora dell’estrema sinistra!

Ormai da anni io credo solamente ai fatti, anche se talvolta i loro discorsi incantano come le bolle di sapone che brillano al sole!

Ben s’intende ciò vale per i politici, i magistrati, i sindacalisti e gli stessi uomini di chiesa.
Tutta questa gente espertissima nel parlare, li ritengo alla pari dei giocolieri o gli acrobati da circo equestre.

Qualche settimana fa ho visitato nel suo piccolo alloggio una nuova residente del Centro don Vecchi. Donna di poche parole, ma intelligente e serena. Mi raccontò la sua storia. Ad otto anni fu messa a servizio a seguito della morte della mamma perché aveva una nidiata di fratelli.

Questa signora ha fatto la serva fino a pochi mesi fa, quando ad ottantatre anni ha concluso che non poteva più continuare. Era felice di avere finalmente una casa tutta sua anche se di 25 o 28 metri quadrati.
Le chiesi che pensione percepisse; 720 euro!

Volete che di fronte a fatti del genere io possa avere complessi nei riguardi di Veltroni, Scalfaro, Napolitano, la Bindi e di tutti quelli che predicano la giustizia sociale, il rispetto della legalità e cose del genere? Voi non potete neanche immaginare il rifiuto, la nausea, la malinconia che mi fanno questi interessati venditori di fumo!

I miei punti di riferimento sono quelli che hanno il volto e la storia di questa serva!

Due medici splendidi

Questa settimana la reputo, per me, una settimana molto fortunata perché ho avuto modo di incontrare, mediante i mass-media, due splendide persone.

L’incontro mi ha procurato una profonda ed incontenibile gioia interiore, tanto che ho sentito il bisogno di scattar loro una “foto” e di inserire i loro volti in quello splendido volume incompiuto che ha ancora tantissime pagine bianche su cui stampare i volti e le storie.

Mi riferisco al tante volte citato “I santi e i testimoni della porta accanto”.

Io conservo nel cuore ed ogni tanto presento ai miei amici i volti e le storie dei grandi profeti del nostro tempo, quali: don Mazzolari, Martin Luter King, don Gnocchi, don Milani, il dottor Swaitzer e tanti altri, ma mi sono altrettanto cari e amati i “profeti”, i “santi” e i testimoni vivi della mia città.

Alcuni sono talmente luminosi per cui sono accettati come tali e degni di ammirazione per tutti, altri li tengo per me perché la politica o l’indirizzo ideologico talvolta possono creare divergenze di valutazione.

Oggi voglio indicare ai miei concittadini due medici; la bella figura del professor Menegaldo, scomparso qualche settimana fa, primario del reparto di oncologia del Policlinico S. Marco, una splendida figura di sanitario, capace professionalmente, ma ancora più valido a livello di umanità. Spero che qualcuno, che l’ha conosciuto da vicino, voglia incorniciare questa figura esemplare di medico che amava i pazienti e si è speso per loro.

La televisione poi ci ha presentato un altro grande medico, di cui l’ospedale dell’Angelo e Mestre possono andare orgogliosi, il professor Vittorino Pagan, che in questi ultimi giorni ha fatto un autentico miracolo di bravura operando un tumore. Alla bravura professionale universalmente riconosciuta si aggiunge una umanità affettuosa, partecipe, calda e generosa.

I giornali ogni giorno ci parlano di tanti manigoldi e truffatori tanto da farci pensare che a Mestre non ci siano cittadini probi, capaci e generosi che meritano l’attenzione e la riconoscenza di tutti noi, mentre ci sono e sono veramente grandi.

La morte di Eluana

Questa pagina di diario l’ho scritta in un giorno che il calendario segna come lunedì, ma non garantisce la data di questo giorno.

I tempi di gestione de “L’incontro” sono, come si usa dire oggi “biblici”, il volontariato, le macchine di stampa sono splendide realtà, ma non domandate loro una tempestività perché tutto è in balia della sorte! D’altronde questo non cambia molto!

Un mio professore di storia, monsignor Altan, persona estremamente intelligente, anticonformista e saggia, era solito leggere il quotidiano quindici, venti giorni dopo la data di uscita perché diceva: “Il tempo sedimenta, inquadra e decanta le notizie, per cui se non lette quando non sono fresche d’inchiostro, ne cogli meglio la sostanza”.

Per il dramma di Eluana voluta morta, anche fisicamente, dal padre, dai radicali e da una parte di concittadini che pensano di essere emancipati e liberi dai principi perenni del pensiero cristiano, mentre sono condizionati dalla moda, dalla supponenza, si è scritto l’immaginabile, tanto da provocare perfino la nausea.

I fautori di suddetta fine pare che non si siano accorti che hanno ragionato esattamente come Hitler, Stalin e tutti i tiranni che con sadismo e disprezzo della vita altrui hanno eliminato, in maniera spietata, tutti coloro che ritenevano oppositori, peso per la società, costosi per la comunità o semplicemente improduttivi o non gradevoli.

Credo però che se ne saranno pure accorti perché tanto si è detto e scritto anche da chi non la pensava come loro, ma la loro saccenza, arroganza e disumanità è tale per cui paiono accecati ed insensibili.

Io voglio solamente aggiungere che hanno fatto un male immenso e non quantificabile al nostro Paese e ricordare loro che la storia dimostra che fatalmente costoro saranno travolti essi stessi da quella rivoluzione di valori che hanno promosso perchè a questo mondo tutto si paga!

Nota della redazione: da tempo si è scelto di pubblicare gli interventi di don Armando in contemporanea all’Incontro, sebbene se ne disponga diverse settimane prima. In futuro questo orientamento potrebbe mutare anche in base alle richieste che dovessimo ricevere tramite il blog.

Il pane di ieri

Io sono lento nel leggere. Per terminare un volume non ci metto mai meno di un mese, un po’ perché ho poco tempo da dedicare alla lettura ed un po’ perché mi sforzo di assimilare quanto più mi è possibile i concetti che ritengo validi.

Una cara amica mi ha donato l’ultimo volume di Enzo Bianchi, il priore della Comunità di Bose che si trova vicino a Biella.

Questo monaco, esperto ed amante della Sacra Scrittura e fondatore di una Comunità monastica estremamente innovativa nel suo impianto e nella sua spiritualità, è anche un fine letterato, piacevole e profondo, per cui la lettura risulta veramente appagante e deliziosa.

Il volume che consiglio agli amici de “L’incontro”, porta come titolo “Il pane di ieri” ed è edito dalla Mondadori. Mi dicono che è il libro più richiesto, in questi ultimi mesi, nelle librerie.

Ho l’intenzione di pubblicarne la recensione nel numero di questa settimana, ed è una recensione, quella del “Nostro tempo”, il quindicinale torinese, certamente migliore di quella che io potrei fare, ma sento il bisogno di dire qualcosa che mi ha toccato particolarmente, perché l’autore da una lettura della religiosità che mi affascina quanto mai e che vorrei suggerire, con tutte le mie forze, ai credenti e in particolare ai cattolici della mia città e del mio tempo.

Il priore di Bose, che rivisita i luoghi, le consuetudini e i riti e la mentalità della sua gente, cioè dei contadini delle colline coltivate a vitigni del suo Monferrato, riesce a permeare di una spiritualità che sempre è intima e connaturale a quella vita sana ed autentica e che mai risulta artificiosa, appiccicata ed estranea al flusso dei giorni, delle feste e delle opere di quella povera gente.

Il rito, le usanze, le feste, il lavoro e le stagioni sembrano tessute con lo stesso respiro della Bibbia e la Bibbia sembra parlare la stessa lingua di quella gente semplice che si muove e respira all’unisono con la natura e il vivere dei suoi abitanti.

Dalla lettura di questo volume ho colto che l’autentica spiritualità e il vero misticismo non è qualcosa di peregrino ed avulso dalla vita di ogni giorno. I viticoltori dell’infanzia di padre Bianchi sono religiosi anche quando non praticano perché sono veri e sarebbero cristiani anche se praticassero il buddismo.

Mi è difficile spiegare ciò che di bello e di vero ho colto, per questo motivo invito gli amici a leggere il volume e sperando che faccia loro lo stesso effetto che ha fatto a me.

Andiamo a cercare il terreno buono!

E’ venuto a trovarmi uno dei ragazzi dell’azione cattolica che avevo incontrato cinquant’anni fa a San Lorenzo. Ora vive a Bologna ma fino a un anno fa, quando la sua vecchia mamma era viva, veniva spesso a Mestre per farle compagnia.

Venne con la moglie, una cara signora buona ed intelligente, per “sbaraccare” la casa e per dire una preghiera sulla tomba dei propri morti che riposano nel nostro campo santo.

Mi fa sempre un piacere immenso incontrare questo caro ragazzo, perché gli è rimasto il volto sorridente di un tempo ormai molto lontano, lo stesso calore nel parlare, la stessa semplicità e soprattutto lo stesso entusiasmo per la vita e per le cose dello spirito.

Tante volte penso, perchè le infinite schiere di ragazzi, incontrati nella mia lunga vita, a scuola, nel patronato e nelle associazioni, e ai quali ho tentato di donar loro il meglio del mio animo e della mia umanità, me li ritrovo su tutte le sponde sociali, politiche e religiose?

Per fortuna, indipendentemente dalle posizioni che la vita li ha portati ad assumere, mi dimostrano sempre l’affetto, la stima di sempre, facendomi capire che tutto quello che ho tentato di donare loro non è andato perduto, ma anzi è rimasto parte cara e preziosa della loro vita.

Talvolta mi capita di fare la stessa constatazione anche per certi politici, anche se non sono proprio i vesilliferi del mondo cattolico, ma quando provengono dalle scuole di ispirazione cristiana, dai patronati e dalle nostre associazioni, mi pare che conservino sempre qualcosa di sano e di bello che hanno colto nella loro giovinezza passata vicino ai sacerdoti.

Io non mi ritengo per nulla un bravo educatore, né un esperto, né un prete di successo, però credo, o almeno mi illudo, di non aver lavorato per niente. La buona semente germoglia, fiorisce e fruttifica per una sua naturale vitalità, indipendentemente dalla nostra bravura.

Come vorrei dire ai giovani preti, ed anche a quelli meno giovani e vecchi, “Non accontentiamoci del gruppetto di ragazzi, mansueti e pallidi che vivono all’ombra del campanile, ma cerchiamo anche i più impenitenti e ribelli, anche loro, talvolta, in qualche parte del loro cuore hanno un po’ di terreno buono!”

I doni che nostro Signore ci pone davanti agli occhi

Il Vangelo di oggi (questa riflessione risale a qualche settimana fa, NdR) era insolitamente corto, neanche una mezza paginetta, descriveva il fatto che Gesù si è decisamente rifiutato di fornire un “segno” ai farisei che glielo chiedevano.

La narrazione dell’evangelista è asciutta ed essenziale, tanto che mi è parso di leggere tra le righe che il Maestro era seccato per la richiesta di questa gente petulante e bigotta.

Si sa che il mondo è sempre stato avido di miracoli, di portenti, di fatti straordinari. Perfino Erode, quella vecchia volpe sadica, marcia e miscredente, aveva desiderato che Cristo gli avesse fatto, come un giocoliere, un miracolo tutto per lui. In fondo Erode era ben conscio di essere re, non per nulla ordinò su due piedi, di tagliare la testa a quel gran galantuomo di Giovanni Battista, solamente perché invaghito della giovane figlia di Erodiade, la sua donna di turno!

Gesù volse le spalle e se ne andò in silenzio.

Ci sono perfino troppi segni a questo mondo della benevolenza del buon Dio nei riguardi dell’uomo.

Papa Roncalli ritornava di frequente sulla necessità che l’uomo sappia leggere i “segni dei tempi!”

Ma penso che il Papa buono si riferisse ai segni del macro cosmo, come l’anelito alla giustizia del sud del mondo, o al problema dei vecchi nella nostra società.

Ma ci sono anche i piccoli segni che si presentano agli occhi di tutti e che offrono dei messaggi continui che potrebbero aiutare l’uomo a diventare più saggio, a vivere meglio, a sentirsi protetto sotto l’ala di Dio.

Tutto questo risulta ancora impossibile a causa del diffuso analfabetismo religioso. La gente del nostro tempo non solamente non ha una cultura religiosa, ma non sa più sillabare e leggere ciò che gli capita sotto gli occhi!

Il piccolo gregge mi stette a sentire in maniera devota e compunta. Spero che tornando a casa si siano accorti che il verde dei prati ora è più intenso e che occhieggiano già parecchie margherite! Spero che capiscano la gentilezza di Dio, il suo amore sconfinato, il suo perdono, nonostante gli stupri, gli inganni delle banche, lo straparlare dei politici, l’ipocrisia dei commercianti.

Dio ci sta anticipando primavera.

Spero che capiscano tutti che per nostro Signore ogni giorno è San Valentino e che il dono e la sua attenzione la offre anche ai brutti in ogni momento.

Dovremmo rispondere meglio alle richieste di aiuto!

Qualche giorno fa mi ha telefonato un funzionario della Ulss, che opera nel territorio di Favaro-Carpenedo, per presentarmi una sua collega infermiera che aveva un piacere da chiedermi. Il problema che questa signora mi chiedeva si presenta abbastanza di frequente e sempre in maniera drammatica.

Lei aveva preso una badante per sua madre però, alla prova dei fatti, aveva capito che era preferibile alloggiare a Villa Lucia, sua madre, perché in quella struttura, una volta che non fosse stata più autosufficiente, la casa di riposo di via Spalti l’avrebbe automaticamente accolta, poiché la villa sul viale Garibaldi è parte integrante della stessa casa di riposo.

Essendosi affezionata e stimando questa ragazza moldava di 25 anni, che aveva dovuto, gioco forza, licenziare, le piangeva il cuore vederla angosciata cercare disperatamente una stanza per dormire. Quando l’infermiera venne da me la ragazza moldava aveva ottenuto, da una connazionale, il favore di poter dormire, per due tre giorni al massimo, con lei, nello stesso letto ad una piazza, una da testa e una da piedi.

Mi trovai come sempre sgomento, ed incapace di darle neppure un consiglio. Per casi del genere non ci sono assolutamente soluzioni di sorta nella nostra città!

Mi raccomandai a nostro Signore; che potevo fare altrimenti? Se non che il buon Dio ebbe pietà di me e soprattutto di lei!

Il mattino successivo mi telefonò una vecchietta ottantenne, precisamente la mia età, che aveva paura di dormire sola e mi chiese aiuto. Non feci altro che incrociare i numeri di telefono, e come si suol dire, presi “due piccioni con una fava!”

Ma nel mio cuore si acuiva un altro dramma: “Possibile che le 28 parrocchie di Mestre non possano dotarsi di una struttura per rispondere a questi drammi?

Credo che alla sette piaghe della Chiesa indicate da Rosmini, seppur tardivo, beato Rosmini, se ne debba aggiungere un’altra: l’insensibilità delle parrocchie ai drammi del nostro tempo!

Quando penso che ben 50 anni fa i nostri vecchi preti, che non avevano conosciuto il concilio e non andavano a tante riunioni, avevano creato a Mestre la “Casa della giovane”!

E’ inutile stracciarsi le vesti per gli stupri, la prostituzione e dintorni se non muoviamo un dito per aiutare chi è in difficoltà!