Gratitudine e commozione

Ho ricevuto qualche giorno fa una bellissima lettera di un’anziana signora di Asiago, mamma di un carissimo amico che tante volte mi ha aiutato.

Il motivo della lettera è la riconoscenza per “L’incontro”, che un altro caro amico, le spedisce puntualmente ogni settimana.

L’anziana signora, che credo sia una vecchia maestra in pensione data la calligrafia tutta ordinata e pulita e il pensiero scorrevole e delicato, dice di trovare nelle mie parole, conforto, coraggio e luce interiore.

Queste parole mi hanno fatto molto piacere, ma anche rossore interiore avendo piena consapevolezza che spesso il pensiero risulta aggrovigliato, la sintassi e la grammatica non sempre rispettata, con l’aggiunta di errori di ortografia e di stampa che non mancano mai.

Mi sono chiesto, di fronte a questa cara lettera: “Ma cos’è che determina il “successo” di questo diario?”

In verità non lo so proprio!

Se posso però ascrivermi un merito è la ricerca appassionata e perfino talvolta tormentata, di trovare parole nuove e chiavi di lettura aggiornate alla proposta evangelica.

Nel mio animo di prete c’è la convinzione assoluta che il messaggio di Gesù è il più vero, il più necessario, il più appagante anche per l’uomo d’oggi, ma che dobbiamo cercare e trovare modalità nuove e più adeguate perché esso tocchi la testa e il cuore degli uomini d’oggi!

Il parlare e lo scrivere dei preti spessissimo è pieno di parole logore, di pensieri scontati, tanto da diventare noiosi ed insipienti, frasi fatte e luoghi comuni, che sono troppo spesso della stessa categoria del “sale insipido” che non serve proprio a niente.

I Cristiani e il Vangelo

Quando al “Confiteor”, prima della messa, mi batto il petto tre volte in segno di ammissione delle mie colpe, non lo faccio mai perché il rito lo richiede, ma perché sono profondamente convinto di essere un peccatore, bisognoso di perdono e di misericordia.

Confesso però che non riesco proprio ad essere convinto che i fratelli di fede non debbano fare altrettanto, che essi non abbiano bisogno di perdono, anche se non mi sento di poter giudicare le debolezze e le miserie degli altri.

Io di cattiverie me ne scopro tante e tali per cui non ho né tempo ne voglia di pensare agli altri!

Quello che invece mi sorprende alquanto è quando qualcuno mi guarda con sorpresa, compatimento e talvolta perfino con ironia, quando con tanta fatica tento di essere fedele a qualche dettame del Vangelo. Essere giudicato male, da cristiani che affermano a parole e con la pratica religiosa di essere tali, perché talvolta tento di essere coerente al Vangelo è proprio qualcosa che mi mette in crisi ed una volta ancora mi fa sospettare che una parte, non so quanto grande, di battezzati, che pur non rinnegano le loro adesioni alla fede in Cristo, ritengono che la proposta cristiana si riduca alla partecipazione formale a qualche rito cristiano.

Quando poi un prete ed una suora, nei loro discorsi si rifanno a Cristo, al Vangelo o alla nostra religione, pare che per molti battezzati questo sia quasi una cosa scontata, ma che non riguarda punto i “cristiani” normali i quali pare quasi possano tranquillamente riferirsi a criteri che non hanno nulla a che fare con la fede!

Gesti di affetto

Per il compleanno ho ricevuto un’infinità di libri, che a fatica riuscirò a leggere prima del prossimo compleanno se il buon Dio avrà la generosità di concedermelo, tanti fiori, tante offerte, tanti auguri e tanti segni di affetto.

L’articolo del “Gazzettino”, l’intervista televisiva di “Antenna Veneta” e il blitz degli impaginatori de “L’incontro” con la notizia del mio compleanno, han fatto sì che domenica 15 marzo sono diventato, mio malgrado, “l’uomo del giorno” o per essere più esatti “il vecchio del giorno”.

Tutto questo mi ha fatto molto piacere, pur imbarazzandomi alquanto essendo lucidamente consapevole di non meritare tutto questo.

Una volta ancora ho avuto modo di constatare come i mass-media riescono a costruire i personaggi.

Comunque sentire che una volta tanto gli ideali, le imprese e le utopie che vado coltivando da una vita sono condivise da tanta cara gente, è un qualcosa che fa bene, incoraggia mi aiuta a non fermarmi, a non preoccuparmi più di tanto degli anni e degli acciacchi, presso che inevitabili.

Ho letto e riletto le tante espressioni di affetto che ho quanto mai apprezzato e che mi sono state di grande conforto.

Voglio annotare, in questo mio diario, una particolarmente bella e delicata che mi è giunta da una giovane signora che mi ha aiutato in uno dei momenti più cruciali di questi ultimi anni della mia vita: l’inizio della pensione!

Ora capisco che non è stato il caso a farmela incontrare, ma la sua profonda sensibilità e la saggezza del buon Dio.

Lo strano poi è che questa donna opera in uno dei settori della vita che tanti, forse troppi, considerano squallido, interessato e senza scrupoli. Questa è l’ulteriore prova che la bellezza dell’animo può fiorire in ogni dove.

Riporto le parole, pur sapendo che se potessi indicare la cornice in cui esse crescono brillerebbero ancor molto di più:

“Carissimo don Armando,
nel giorno del suo ottantesimo compleanno voglia gradire i nostri più affettuosi e sinceri auguri, di tutto cuore. E dato che il dono della vita, nonostante la fatica e il dolore che la segnano, è troppo bello e prezioso perché ce ne possiamo stancare, Le auspichiamo ancora tanti e tanti anni da vivere in serenità, non contando i giorni e le stagioni che verranno, ma tutte le persone e gli amici che la amano e che il tempo Le ha donato.”

Doni, non diritti

In questi ultimi giorni in cui il cielo è ritornato azzurro, i prati più verdi e trapuntati da una miriade di fiori umili e discreti, dipinti con i colori più dolci e più tenui della tavolozza di Dio, in cui qua e là si vedono delle fiammate gialle della forsizia o dei fiori di un rosso vivo della rosa giapponese, mi è capitato di avvertire nell’intimo del mio animo, un sentimento strano, che ora scopro ingiusto ed assurdo.

Di fronte e tanta bellezza, alla constatazione che la primavera sta decisamente cacciando il grigiore, la pioggia, il freddo e le nebbie, invece di spalancare l’animo, di cantare di riconoscenza al buon Dio che ancora una volta ci manda a dire che non se l’è presa per le nostre nefandezze, mi è parso di sentire nel mio animo sentimenti analoghi a questi; “Era ora! Ci hai Signore frodati della nostra primavera, del nostro sole e del nostro cielo, mandandoci stagioni proprie del nord Europa e non le stagioni che ci aspettiamo, delle quali abbiamo diritto”!

Quando ho cominciato a prendere coscienza di questi sentimenti imprecisati, ma comunque presenti nel mio animo, ho capito che essi erano blasfemi, infatti quali diritti ho io di avere il sole, l’azzurro, la primavera, il tepore e il canto degli uccelli?

Mi è parso di appartenere proprio alla categoria dei ricchi, dei sani, dei fortunati, che non capiscono che la ricchezza, salute e fortuna sono un dono, non un diritto!

Allora ho cominciato con il “Te Deum” ed ho continuato con il “Magnificat” per concludere col “Miserere”!

Una divinità che produce “protocolli”

Qualche sera fa ho visto ancora una volta alla televisione il signor Beppino Englaro, l’ormai tristemente celebre protagonista di un dramma che ha dominato l’opinione pubblica di questo inizio d’anno e che ha provocato delle ripercussioni che sono destinate a rimanere a lungo nelle coscienze degli italiani.

A parte le sue scelte, le sue replicate promesse di non parlare più del suo dramma, promesse puntualmente non mantenute, Englaro è un uomo che non mi piace, anche perché ha trasmesso a mezzo mondo le sue irrequietezze interiori, facendo, a mio modesto parere, un male incommensurabile al nostro Paese.

Comunque è un altro il motivo che mi spinge a questa riflessione.
L’intervistatrice chiese ad Englaro: “Ora è in pace?” egli rispose prontamente di sì, poi soggiunse a mo’ di motivazione “I protocolli sono stati puntualmente rispettati”.

Le vicende di questo caso hanno sempre girato attorno a questi “protocolli”, quasi fossero una divinità che possono determinare la vita o la morte, il bene o il male, la verità o la menzogna.

Sapendo poi da chi sono stati prodotti questi protocolli c’è proprio da inorridire; un organo dello Stato che non ha il potere di fare leggi, ma solo da interpretarle, ed applicarle. Un organo che fino a qualche tempo fa ha preteso di surrogarsi al Parlamento, un organo i cui membri sono i più pagati, che pretendono l’assoluta autonomia, che sono in arretrato abissale nell’espletamento del loro compito, che non accettano critiche, che non rispondono dei loro errori!

La nuova divinità che produce “protocolli” che possono decretare la vita e la morte, mi pare veramente un idolo molto peggiore di quelli dei tempi antichi!

La visita di Simone

Dalla segreteria mi hanno informato che, nella hall, mi attendeva un giovanotto. Al don Vecchi non sono frequenti le visite dei giovanotti, al massimo vengono ogni tanto dei nipoti, ma quasi sempre si dirigono all’appartamento delle nonne relative, senza sostare o farsi annunciare.

La portineria del don Vecchi è molto meno di una stazione di frontiera dei paesi della Cee, perché il Centro ha la tipologia di un paese piuttosto che quella di un albergo o di una casa di riposo, strutture per le quali funziona come filtro la portineria.

Mi attendeva un giovanottone, dal vestire apparentemente un po’ trasandato e dalla barba, non tagliata da alcuni giorni.

Dopo un istante di perplessità, riconobbi Simone, uno dei ragazzi di quello splendido staff di giornalisti sportivi in erba che lavoravano a Radio Carpini.

Sotto la guida del vecchio, fanatico di calcio, entusiasta, sorridente e trascinatore, ogni domenica partivano a registrare partite, gare di ogni genere, intrufolandosi per ogni dove per non pagare le entrate, poi tornavano, montavano i servizi, discutevano; era un piacere vedere ed ascoltare tanta “grazia di Dio!”

Simone ora è a Milano alla Gazzetta dello Sport, regolarmente ingaggiato. “Lo devo anche a Lei se ora, come tanti altri della squadra, sono riuscito ad affermarmi! Radio Carpini mi ha offerto un sogno, che fortunatamente si è avverato!”

Mi ha regalato un grosso volume sulla storia del Rugby a Mirano, che egli ha scritto assieme ad un amico.

Fui tanto felice della visita affettuosa e riconoscente di questo giovane già affermato che guardava questo vecchio prete che l’aveva inserito nella splendida e sfortunata avventura di Radio Carpini.

Una volta ancora sono stato riconfermato nella convinzione che una comunità cristiana non può suonare solamente su una o al massimo due corde di violino, ma debba adoperare tutte le tastiere perché la comunità parrocchiale sia viva e feconda.

Un piccolo fiore che testimonia Dio

Mi è capitato di vedere una foto straordinaria, su una delle tante riviste che escono dalle catene di montaggio delle rotative che, da mane a sera, sfornano parole ed immagini di ogni genere e passando per le edicole finiscono spesso nelle pattumiere senza che alcuno le degni di uno sguardo.

La fotografia ritraeva un ambiente desolante di una delle tante metropoli del nostro mondo; poteva essere la periferia di Napoli o di Roma: vecchie roulotte, baracche di lamiera e cartone, robe vecchie, materassi sfondati, reti contorte ed un vecchio barbone coperto di stracci, con la barba lunga e sporca, seduto su una poltrona sgangherata.

In quella desolazione proprio accanto al vecchio accattone, una zolla, una sola zolla verde, tra tanta miseria e disordine e al centro della zolla un piccolo fiore bianco su uno stelo leggero.

Il barbone guardava incantato quel piccolo fiore bianco, sembrava che lo accarezzasse con gli occhi, e lo custodisse come l’unica cosa bella che egli possedeva tra tanta desolazione.

Quello sguardo dolce mi commosse e mi ricordò il soldato americano che fotografò Berlino che bruciava, il giorno della caduta del Reich e che inquadrò un melo o un pesco che imperterrito era in fiore tra le macerie della superba città in fiamme.

Scriveva quel soldato: “Mi sono sempre dichiarato ateo, ma quella mattina di fronte a quel pesco che ad aprile fioriva nonostante tutta la barbarie della guerra, mi costrinse ad inginocchiarmi e a recitare il Padre Nostro che avevo imparato da bambino”.

Solo Dio poteva fare quel miracolo di bellezza e di speranza tra tanta desolazione e rovina.

Bisogna che mi ricordi che in questa nostra società balorda ed assurda, in qualche angolo c’è sempre un piccolo fiore che imperturbabile mi parla della bontà di Dio e mi invita alla speranza!

“Il pane di ieri”, un libro che mi ha aiutato

Ho appena terminato di leggere “Il pane di ieri” del priore della comunità di Bose Enzo Bianchi. Il volume di questo monaco, del nostro tempo, è il più bel libro che abbia letto negli ultimi vent’anni della mia vita.

Nel volume Enzo Bianchi recupera le immagini e le tradizioni della sua infanzia e della sua giovinezza trascorsa tra le colline coltivate a vite del povero Monferrato del suo tempo.

Ho trovato la poesia, la mistica, l’incanto, la spiritualità, la bellezza e la saggezza trasfigurate dalla penna intelligente, scorrevole e sempre fresca di questo uomo di Dio che trascorre il suo tempo nella preghiera e nella costante meditazione della Bibbia.

Nello scritto, del priore della comunità monastica di Bose, ho trovato la vita vera, descritta con parole semplici, ho scoperto la religiosità intrinseca al lavoro, al mangiare e bere, alla sofferenza, alla morte, alla vecchiaia, ai rapporti umani e agli stessi riti religiosi.

L’autore del volume non trasfigura la sua vicenda e quella del suo paese mediante il ricordo della fanciullezza e del “piccolo mondo antico”, che si ricorda sempre con nostalgia e si sublima legandolo al tempo del sogno, ma lo legge invece con gli occhi della sapienza che viene dalla meditazione, dalla preghiera e dalla dimestichezza con Dio.

E’ stata per me una felicissima ed inebriante scoperta quella di avvertire che i gesti più naturali diventano lode al Creatore quando sono veri, quando sono vissuti in maniera onesta e semplice.

Padre Bianchi mi ha aiutato a capire finalmente San Paolo quando afferma che qualsiasi atto dell’uomo diventa lode e preghiera quando è compiuto con verità. Un discorso ben lontano da un certo spiritualismo fittizio e avulso dalla vita!

L’ecccessiva sontuosità ecclesiastica

Ho sempre sperato che col passare degli anni si sarebbe affievolito il mio innato senso critico, avessi potuto accettare con più tranquillità il mondo com’è fatto, mi fossi rassegnato al tran tran della vita.

Invece no! C’è qualcosa che si ribella istintivamente quando m’accorgo dell’inerzia dei grossi enti, della pigrizia mentale dei funzionari, della ottusità e pesantezza della burocrazia, della macchinosità di certi apparati statali o religiosi che siano!

Non è però che sia benevolo con il Comune, la Regione o lo Stato, che non mi ribelli agli sprechi, le lungaggini assurde, della protervia di certi comparti della vita pubblica che dovrebbero essere un esempio di onestà, di esempio nel servizio, di attenzione per i bisogni della cittadinanza, specie della fascia più debole.

Ma quello che mi infastidisce ancora di più sono queste magagne nell’apparato ecclesiastico.

Hanno un bel dire che la chiesa è fatta di uomini e che gli uomini sono di natura loro fragili e peccatori. Ma quando confronto la semplicità di Cristo con l’immenso, pomposo apparato ecclesiastico, mi cadono le braccia, perché temo che esso favorisca una religiosità ritualistica e formale avulsa dalla vita e dalla storia.

E’ vero conosco una infinita schiera di uomini e donne credenti, umili, generosi, coraggiosi, liberi, disposti a tutto pur di servire Dio e i fratelli, di santi, preti, vescovi e papi, ma talvolta li vedo nelle vesti del poverello d’Assisi, che supplica il Papa e i cardinali di permetterci di poter seguire l’insegnamento di Gesù alla lettera, senza chiose, senza sontuosità e senza apparati.

Quando leggo sui giornali critiche aspre nei riguardi della chiesa soffro, mi ribello, mi indigno, vorrei che non fosse vero ma non sempre riesco ad esserne certo. Vorrei vedere la mia chiesa bella, libera, povera, con addosso la povertà di Cristo piuttosto che della sontuosità ecclesiastica.

Dio mi perdonerà se mi rifugio nel sogno e nel desiderio dei tantissimi “don Antonino Bello” vescovo di Barletta, che amava custodire nel suo cuore una foto dell’amata Madre chiesa vestita col grembiule di servizio.

“Signore, io credo, ma tu aiuta la mia poca fede”

In mattinata ho finito l’impaginazione de “L’incontro” di questa settimana. Di solito dapprima sistemo l’editoriale, quindi le principali rubriche fisse dei giornalisti che fanno parte della redazione, poi inserisco una piccola serie di articoli che a me paiono siano conformi alla linea editoriale e che traggo da periodici di ispirazione cristiana quali: Il Messaggero, Il nostro tempo, L’Avvenire, Gente Veneta, Famiglia Cristiana ed altri ancora.

Completo la rivista con i riquadri che mi permettono di offrire notizie relativamente fresche, di evidenziare la situazione degli enti di cui il periodico si fa portavoce, il tempo liturgico e le varie esigenze delle realtà di cui attualmente mi sto interessando.

Questa mattina, tra l’altro, ho tentato di avvertire ancora una volta i presunti 16400 lettori che la fondazione ha bisogno assoluto di consistenti finanziamenti per affrontare le spese della nuova struttura di Campalto che si presume verrà a costare più di tre milioni di euro.

Non è la prima volta che batto questo tasto, ma finora pare che i cittadini abbienti siano sordi del tutto. Motivo per cui ho cercato con attenzione le parole che potessero far breccia e mettere in crisi i concittadini, che pure pare apprezzino le nostre opere!

Se nonché, proprio nello stesso pomeriggio, la pagina del Vangelo della liturgia del giorno, riportava la guarigione di un ragazzo posseduto da un demone che neppure i discepoli erano riusciti a guarire. Nel brano Gesù dice al padre di questo povero disgraziato “Nulla è impossibile per chi crede!”

Mentre pronunciavo queste parole già sentivo il pungolo del rimorso per le mie preoccupazioni ed angosce d’ordine finanziario.

L’affermazione di Gesù mi colpiva come uno schiaffo in pieno volto.

Se nonché vennero a soccorrermi e lenire il mio dolore le parole del padre: “Signore, io credo, ma tu aiuta la mia poca fede”. A Gesù bastò così e fece il miracolo.

Sentii subito un caldo sentimento di conforto e sollievo che mi saliva al cuore. Spero di salvarmi, seppure in extremis e spero di salvare pure il finanziamento!

Interventi inopportuni

Per fortuna è intervenuto il portavoce del Pontefice altrimenti, senza domandare tanti permessi ed avere patenti di sorta o incarichi ufficiali, sarei intervenuto anch’io dalla tribuna del periodico “L’incontro” .

A parte gli scherzi, da tempo ero un po’ seccato per certi interventi indebiti e per un certo coro di voci ecclesiastiche o paraecclesiastiche che, ad ogni piè sospinto, bacchettavano il governo, il parlamento e l’intero Paese!

Io da sempre credo, penso assieme alla grande maggioranza dei cittadini italiani benpensanti, criteriati e normali, rivendico al Papa, ai vescovi, alla chiesa di poter intervenire sulle questioni che riguardano la vita, la legge naturale, i grandi principi e le questioni di morale.

Reputo che non solo sia un diritto, ma anche un dovere e perfino un dono che la chiesa intervenga talora quando si dibatte di questa materia.

La chiesa ha, non solamente l’assistenza dello Spirito Santo, ma la saggezza che gli deriva da due millenni di storia, ma ancora prima dalla tradizione del popolo ebraico di cui, tutto sommato, è figlia.

Credo che questi interventi si siano mostrati storicamente saggi e convenienti checché ne dicano i radicali, i liberali, i repubblicani e la gamma di tutte le sfumature della sinistra.

Ma da questo al fatto che voci provenienti dalla Caritas di Roma, da “Famiglia Cristiana” o da qualche prelato intervengano ogni qual volta il governo starnutisce o vuol promuovere le “ronde” notturne, mi stavo chiedendo “Ma che gliene fregava a questa gente?”

Non so se valga ancora il motto “Libera chiesa in libero Stato”, ma che valga o non valga, un po’ di discrezione, un po’ di rispetto non guasta!

Ammesso e non concesso che il buon Dio dica a questi interventisti che cosa è giusto fare, ma non è vero perchè a me, che pure sono un ministro del Signore, Egli non dice proprio nulla, perfino la pedagogia insegna che bisogna permettere talvolta anche ai bambini di sbagliare perché la scottatura fa fare esperienza!

Lasciamo pure che il parlamento faccia gli sbaglietti, per poter intervenire quando arrischiano di fare i grossi sbagli.

Lo stile di vita degli Zanta

A causa dei cantieri per il tram, della città nata senza un piano regolatore e di una burocrazia comunale inetta ed inefficiente, per raggiungere un punto della città, siamo costretti a fare “percorsi di guerra” pieni di insidie e di pericoli.

Ogni mattina per raggiungere la chiesa del cimitero, ove svolgo il mio umile e modesto servizio sacerdotale, sono costretto a percorrere una specie di labirinto, che solo gli esperti possono fare.

Dopo una serie di strette curve a gomito, finalmente sbuco nel rettilineo di via Vallon, appena imboccato, ogni mattina tiro un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. In questo momento di istintivo rilassamento, in questi ultimi mesi non posso che lasciarmi colpire emotivamente dalla serranda chiusa del negozietto di alimentari dei Zanta. Fino ad alcuni mesi fa, per quanto presto passassi, essa era alzata e dentro, in penombra per risparmiare, i coniugi Zanta preparavano il negozio per la giornata. I piccoli negozi di alimentari, uno dopo l’altro, hanno chiuso per la concorrenza degli ipermercati, ma quello dei Zanta no!

Un giorno chiesi al titolare come andava: “Benino, don Armando, viviamo!”

Da quarant’anni ho imparato a conoscere questi coniugi, innamorati come due ragazzini, laboriosi e parsimoniosi come le formiche, hanno cresciuto e laureato i figli e se un infido ictus non avesse bloccato il titolare, penso avrebbero continuato per altri vent’anni ad aprir presto la serranda e a chiuderla tardi, a servire sorridenti, a portare a casa la spesa anche di pochi euro, a trovar forza e motivo di vivere nella fede e nel lavoro.

Ora si parla di crisi nelle aziende grandi e piccole, di crisi nelle parrocchie, di crisi nella scuola, nella politica, nello sport, di crisi un po’ di tutto!

I Zanta vivevano mentre gli altri chiudevano e chiudono.

Qual è stato il loro segreto, qual è il segreto di chi tiene? Ve lo dico io: il lavoro, la vita sobria, l’onestà, la coerenza, il sacrificio, il servizio al prossimo, così si vive ed anche si mette via qualcosa!

Con questi valori i Zanta sono vissuti con una piccola bottega, in un quartiere piccolo e povero, nonostante tutti gli ipermercati e le nuove tecnologie di vendita!

Credo che con lo stile di vita dei Zanta non solamente vivrebbero decorosamente le botteghe, gli artigiani, ma anche i Comuni, le parrocchie e il parlamento!

Ottant’anni (e metterei la firma per altri dieci!)

Sono certo di aver citato più volte delle riflessioni che il futuro Papa Roncalli ha scritto nel suo “diario” il giorno che ha compiuto sessant’anni.

Scrive pressappoco così, il futuro Papa che a quel tempo doveva essere nunzio apostolico, ossia ambasciatore della Santa Sede, o in Bulgaria o in Francia: “Sessant’anni, equilibrio, saggezza, gusto di vivere e di incontrare persone e situazioni, desiderio di operare e conforto della speranza del Regno che pian piano si avvicina” non ricordo esattamente le parole, ma è questa la sostanza dell’annotazione contenuta in quel magnifico volume intitolato “Il giornale dell’anima”

Non mi consta che al compimento degli ottant’anni il vecchio Papa abbia scritto ancora pensieri simili, avrei desiderio di consultare il volume, ma come sempre avviene avendolo prestato, non mi è più stato restituito ed io non ricordo a chi l’ho dato.

Il desiderio nasce dal fatto che il 15 marzo, le famose “idi” fatali per Cesare, anch’io sono giunto all’ottantesimo anno di età.

Rifacendomi a Papa Roncalli che consigliava di mettere ogni giorno nero su bianco, e diceva ancora: “Nessun giorno sine linea” (ossia senza registrare qualche sentimento o qualche avvenimento!

Ci provo anch’io: da un punto di vista fisica; capigliatura folta ma tutta bianca, alla don Vecchi; passo più lento ed appesantito; addio alla linea, al sonno, alla bicicletta!

Da un punto di vista razionale, a parte i vuoti di nomi, date, pare che il cervello giri ancora e sia ad una ricerca appassionata di una religiosità essenziale e rispondente alla sensibilità dell’uomo d’oggi.

Da un punto di vista di progetti e di sogni il buon Dio non mi ha fortunatamente abbandonato; coltivo sogni e progetti per cui mi servirebbe ancora mezzo secolo per portarli a termine!

Brontolo, rifiuto la sciatteria nel vestire dei giovani, mi appassiono e mi arrabbio per la politica, sono critico quanto mai per il poco coraggio ed intraprendenza dei preti nel campo della pastorale; mi sembrano troppo rassegnati, chiusi in difesa quasi dubbiosi della validità del loro patrimonio ideale.

Sono fortunatamente molto felice della mia comunità di cristiani, che pur quasi senza chiesa, prega e ricerca il volto di Dio nella cappella del cimitero.

Non mi preoccupa più di tanto la salute anche se molte parti di me reggono a suon di pastiglie.

Suvvia! Non mi lagno, ringrazio il buon Dio che è perfino troppo generoso e benevolo con me! Metterei per ora la firma per altri dieci anni!

Le graduatorie della Ulss e i poveri

Al don Vecchi gli anziani dicono di stare bene, non c’è alcuno che sia rimasto deluso o si sia stancato cercando una soluzione diversa o migliore.

Tutto questo, assieme alle continue ed insistenti domande d’ingresso, non può che farmi felice. La formula è stata indovinata, molti la stanno copiando ed anche questo mi fa contento.

Purtroppo però neanche al don Vecchi si è scoperta la ricetta per bloccare l’avanzare del tempo con i suoi rovinosi effetti sul corpo e sullo spirito. Ormai l’età media dei 300 residenti presso i Centri don Vecchi si aggira intorno agli 84 anni; di giorno in giorno aumentano i bastoni da passeggio e soprattutto i deambulatori cioè “i spassisi” per vecchi! Tanto che, se continuiamo di questo passo, dovremo installare semafori sui corridoi principali ed assumere vigili per regolare il traffico!

Il problema attualmente si è tentato di risolverlo con l’aiuto del Comune, delle famiglie e dell’amministrazione del Centro creando supporti infermieristici e familiari per supplire alle aumentate deficienze fisiche, aumentando così un’autosufficienza con una componente “artificiale”.

Stiamo attuando un progetto ambizioso di prolungamento dell’autosufficienza, che per ora tiene, ma non mi illudo che potrà reggere a lungo. D’altra parte oggi vi sono 600 concittadini in attesa di poter entrare in quei tristemente famosi “paradisi terrestri”, che per il costo dovrebbero essere tali, ma in realtà non lo sono. Molti di essi non vi entreranno mai, anche perché le graduatorie della Ulss fanno acqua!

Ho scoperto in questi giorni che basta essere accolti in una casa di riposo per non autosufficienti, pagando 5-6 milioni di vecchie lire al mese, per avere l’aumento di 30 punti e poter così passare in testa alla graduatoria, lasciando così i vecchi poveri in eterna lista d’attesa!

Si apre un altro fronte per chi vuole aiutare gli ultimi!

Altri problemi, altre battaglie!

Continuare a promuovere sempre e comunque la vita!

Sulla fine di Eluana e sui vari attori che l’hanno determinata ho espresso perfino troppo chiaramente la mia opinione. Mi sono schierato senza dubbi e senza tentennamenti con la chiesa e ho riprovato altrettanto decisamente tutti coloro che hanno decretato la fine di questa povera e sfortunata creatura, “in primis” contro l’ulteriore prova dell’arroganza del potere giudiziario.

Non assolvo assolutamente il padre, come ha fatto la maggioranza e neppure lo comprendo; spero solo che il terribile dramma che l’ha colpito gli abbia tolto serenità, equilibrio, saggezza e lucidità di giudizio.

Solamente per questi motivi gli offro la mia comprensione e l’affido alla misericordia di Dio.

Per me il principio assoluto è quello della Bibbia: “Non uccidere” mai e nessuno, neppure Caino.
Non uccidere, punto e basta!

Se qualcuno può decidere legalmente la fine di una creatura indifesa e che non fa male a nessuno perché si dovrebbe non sopprimere i vecchi incoscienti, improduttivi e costosi, i delinquenti, le persone ritenute da qualcuno socialmente nocive, chi si oppone al supposto progresso, i tiranni e i loro fiancheggiatori.

Con la scelta fatta si potrebbero giustificare perfino i genocidi di Nerone, Stalin, Hitler, Polpot e la lista purtroppo è ancora molto lunga.

Sono convinto che l’eutanasia è la continuazione logica e perversa dell’aborto, checché ne pensino i radicali, la sinistra o la destra!

In questi giorni ho trovato in un bollettino parrocchiale della nostra città questo trafiletto, lo trascrivo perché affronta il problema da un’altra angolatura, ma non meno convincente della mia. Ragionamento che riporto:

“Quando questa estate, puntuali come la morte, i giornali ci faranno la predica e ci diranno che abbandonare cani e gatti durante le ferie è un reato e che è segno di inciviltà e che non si può negare a questi amici dell’uomo un minimo di attenzione anche se il desiderio delle ferie è impellente… farò loro una grossa pernacchia. Se è giusto, ed è giusto, non negare agli animali un po’ di cibo e un po’ di acqua non sarebbe stato altrettanto giusto non negarla ad una persona umana che non era per strada, abbandonata come un barbone, ma aveva trovato nella Chiesa e in una delle sue famiglie religiose chi la teneva come una “di casa” con pazienza, con fedeltà, con quell’amore che il padre non ha certamente dimostrato.

Lungi dal giudicare la coscienza, compito sempre impossibile all’uomo e consentito solo a Dio, di fatto si può definire solo in una maniera:

E’ strano che ad abbandonare Eluana, la più indifesa delle creature, sia stata una parte politica che si ritiene dalla parte dei poveri, degli indifesi, degli abbandonati. Un’altra bruttissima figura, per non dire di peggio, della sinistra italiana.

Noi cosa possiamo fare?

Continuare a promuovere sempre e comunque la vita, rispettandola persino nelle foglie e nelle formiche, e facendo tutto il possibile perché nessuna creatura umana possa dire: sono stata abbandonata. E poi pregare anche per i genitori di Eluana: non deve essere stato facile nemmeno per loro questo calvario. Di sicuro hanno imboccato la strada sbagliata, ma ne hanno pagato il conto. Per loro misericordia e preghiera.

Chi ha spento Eluana purtroppo ha spento pure un po’ della coscienza del popolo italiano, e questo non è meno grave, anzi forse più, della fine di quella povera creatura.”