L’incertezza

Un signore notevolmente preoccupato per la sua salute, temeva, per certi sintomi, di essere colpito da un tumore, chiese al medico che cosa ne pensava della sua preoccupazione.

L’oncologo, evidentemente dovendo contare solamente sugli elementi sommari riferiti dal paziente, forse per prendere tempo rispose al paziente in ansia: “Forse sì, forse no!”

Quando questa persona mi raccontò, un po’ stizzito ed un po’ deluso, la risposta salomonica del medico, per associazione di idee mi venne in mente la pagina del Collodi, in cui lo speziale dà una diagnosi un po’ simile: “Se non è vivo è certamente morto” poi quasi per riconfermare ciò che aveva detto soggiunse altrettanto salomonicamente “Se non è morto è vivo!”

Discorsi del genere sembrano battute di carattere letterario, suggerite da un certo humour. Poi ho pensato alla prima risposta “Forse sì, forse no” e mi è parsa prima che prudente, molto saggia.

Ai nostri giorni pretendiamo risposte immediate, precise e perentorie, come se fossero sempre possibili e come se da tali risposte i problemi trovassero soluzione.

Non ci rendiamo conto, stupidamente, che non serve a nulla cercare in dettaglio quello che sarà, ciò ci carica fin da subito del peso di una sentenza amara, o ci offre un’illusione pericolosa. Tutto quello che è importante fare è affidarsi al Signore. “Forse sì, forse no” mi da il tempo di vivere nella quiete e predisporre il mio animo a fare la volontà di Dio che comunque è sempre il meglio per noi.

Dice l’antica massima: “Ogni giorno ha la sua pena”; non è certamente saggio caricarmi anche di quella del giorno dopo, o nascondere la testa sotto la sabbia, forse è più sapiente procrastinare scelte, dolori o esultanze a tempo debito perché in quel tempo il Signore ha già provveduto a darci l’aiuto necessario.

55 anni

Nel trambusto del trasloco dalla canonica di Carpenedo al minialloggio del don Vecchi, tante cose, che da più di 35 anni di permanenza in quella grande casa avevano trovato una loro collocazione tranquilla e giacevano in pace, come per miracolo sono venute e galla. Con sorpresa trovai un mazzetto di immaginette della mia ordinazione sacerdotale che mai avrei creduto di possedere ancora.

Ho ripreso in mano, con una certa emozione, quella immagine povera e un po’ ingiallita. Ricordo ancora la scelta del volto della Vergine; si celebrava allora l’anno Mariano. Una Madonna del Luini, dolce, dimessa, dal volto molto umano, con gli occhi bassi sullo sfondo di un lago sulla cui sponda cresce un albero filiforme, con poche fronde di un verde pallido.

I colori sono nitidi ma poco fedeli; le quadricromie del tempo riproducevano molto lacunosamente e senza brillantezza i colori originali.

Dietro la frase di San Paolo che tradussi dal latino, accomodandola un po’ perché dicesse il mio sgomento e la paura per la decisione di assumere un compito così arduo, consapevole della modestia delle mie scarse risorse.
“Vi scongiuro, o fratelli, per il Signor nostro Gesù Cristo e per la carità dello Spirito Santo che mi aiutiate con le vostre preghiere affinché venga a voi per volontà di Dio nella gioia.
Il Dio della pace sia con voi tutti.”

Il nome e cognome con sotto il termine lapidario: “sacerdote”.

Nella parte finale del retro: Venezia – S. Marco 27 giugno 1954. esattamente 55 anni fa.

Ricordo chi mi impose le mani, poi ricordo il Patriarca Roncalli, che dopo il rito condusse me, mio padre e mia madre, impacciati e felici quanto mai, nella sua casa per dire loro la riconoscenza per il sacrificio che avevano fatto permettendo che il primo di sette figli si fosse posto a servizio della chiesa.

Sono qui di fronte a quella data, scritta a caratteri minuti, e la mente le scrive accanto, 27 giugno 2009.

Sto pensando a quanto ci sta dentro a queste due date, niente nella scrittura, ma enorme come spazio di vita.

Di certo la mia vita di prete è stata una grande ed appassionata avventura, spero d’aver, almeno tentato di essere sempre fuori dalla trincea, sempre all’attacco, sempre avanti, sempre guardando al futuro!

S. Paolo, in un momento un po’ simile a quello che sto vivendo, di fronte al santino ingiallito della mia ordinazione a prete, afferma: “Ho fatto la mia corsa, ho combattuto la mia battaglia, ho conservato la fede, ora non mi resta che ricevere la corona di gloria”.

Io spero di poter affermare che almeno per quanto concerne la “corsa” e la “battaglia” d’averle fatte senza risparmiarmi, per il resto mi rimetto al buon Dio!

Le cose che non so

Non ricordo chi sia stato a dire una frase che ha finito per passare alla storia: “Il saggio è chi sa di non sapere!” La frase pare bella, serve a mantenersi umili, ma a non molto altro!

Messa così, finisco per poter ambire anch’io alla saggezza, però mi è di poca utilità questo titolo onorifico acquistato a buon mercato!

Quanti interrogativi non risolti, quanti a cui non so ancora dar risposta, pur avendo ormai poco tempo per pensarci!

Non so perché i mentecatti o semplicemente gli stupidi, che non sanno far quadrare un ragionamento, però le parolacce le sanno tutte e le dicono spesso.

Non so come mai vi sono persone che non si interessano per nulla del così detto “bene comune”, pare siano assolutamente inidonei ad impegnarsi per la collettività, perché impreparati culturalmente, perché impegnati nel proprio lavoro, ma quando si tratta di difendere i propri interessi, sono attenti ed astuti quanto mai.

Non so come mai ci siano persone mai disponibili ad impegnarsi in un’opera di volontariato, infatti a lavorare per un qualcosa che superi gli interessi personali, ci sono sempre i soliti “quattro gatti” che si arabbattono nelle associazioni, nella parrocchia o nel quartiere, mentre gli altri li stanno a guardare e criticare se mai non sono perfetti.

Non so perché nel prato le erbacce sono le prime a manifestarsi, le più sfacciate e le più resistenti.

Non so perché “I figli delle tenebre sono più astuti dei figli della luce”.

Non so perché i papaveri inodori, invadenti e presuntuosi, s’impongono all’attenzione nei campi di grano mentre viole delicate e profumate si debba cercarle perché umili e nascoste.

Tutta questa mancanza di conoscenza non mi rende per nulla presuntuoso della mia “sapienza”.

Mi piacerebbe, pur rimanendo “stolto”, che il buon Dio mi facesse capire perchè ciò che è negativo prospera facilmente mentre il bene per essere acquisito richiede una continua fatica.

Spero che non si dica che il premio del bene sia nel dopo, e spero che prima o poi capisca che ciò che è conquistato faticosamente anche al di qua dona soddisfazione vera e profonda!

Politica

Durante la campagna elettorale credo che, come tutti o quasi, sono stato maggiormente sollecitato dai discorsi, dalle dichiarazioni e soprattutto dalle scelte operative dei vari schieramenti.

Di volta in volta che si ponevano nel mio animo interrogativi, ipotesi di progetti, orientamenti e reazioni, ho buttato giù qualche appunto pensando di riordinare questi miei “pensieri” per avere anch’io una “dottrina politica” a cui rifarmi. Ora però mi accorgo che non sono ancora pronto e non so se lo sarò mai per avere una “summa” che inquadri le mie idee o solamente le mie speranze.

Tento di buttar giù una prima bozza, estremamente sommaria e provvisoria.

1) Escludo per scelta e per un sano criterio, le ali estreme, perché ritengo siano prima che dei radicali, dei psicopatici che non hanno nulla da dare e tutto da ricevere, tanto sono sognatori inconcludenti. Mi rimane quindi il Centro-sinistra e il Centro-destra.

2) Ritengo che dai politici io, ma credo anche dalla nostra gente, si desideri un maggior rispetto reciproco, una maggiore collaborazione, una capacità di convivenza.

3) Il Centro-sinistra, mi pare che l’obiettivo di questo incontro tra culture diverse per creare uno schieramento con un denominatore comune sostanzialmente, sia nobile e lodevole. Però sto vedendo che non solo i cattolici, ma anche i credenti finiscono di non aver più rappresentanza politica e questo è un guaio che mina fin dalle radici questo tentativo. Se i laici, (vedi ex comunisti per intenderci) che sono più furbi e più agguerriti, non fanno spazio anche ai valori e ai rappresentanti dei credenti, i voti di questi saranno costretti a posarsi altrove.

4) Il Centro-destra, mi disturba la fierezza, l’atteggiamento da operetta, la forma da imbonimento pizzaiolo, la politica vera mi sembra abbia bisogno di misura, di ponderazione, di costume e di testimonianza anche personale. La piazza è sempre stata volubile, domani potremmo trovarci con un pugno di mosche in mano.

5) Il Centro. Talvolta ho paura che faccia il furbetto e speri di governare, come fece Craxi, spostando l’ago della bilancia, ora a destra ora a sinistra, qualora sia determinante. Mi piacerebbe che bonificasse l’ambiente dall’interno di uno schieramento o dichiarasse di dare l’apporto dei credenti in rapporto alla validità delle proposte indipendentemente dal partito che governa.

Intanto per ora spero, prego, parlo, scrivo e voto “tappandomi il naso”!

Paesaggi in fiore

Fortunatamente i miei percorsi sono sempre quelli e avvengono sempre alle stesse ore.

Non per questo il paesaggio non cambia d’aspetto e non appare con luci e prospettive diverse. Altro è percorrere la strada che va dal don Vecchi al cimitero di prima mattina, altro è fare lo stesso percorso col solleone, che repentinamente ha cacciato tutti i piovaschi dell’inizio di questa primavera.

Io preferisco di gran lunga il panorama che incontro con le prime luci, quando la città è ancora addormentata e la natura s’è appena svegliata dal riposo della notte.

Esco dal don Vecchi verso le 7,20, imbocco la piccola strada della “Società dei 300 campi”, attraverso via Vallon e percorro tutta la graziosa via Sem Benelli, che mi ricorda infallibilmente l’autore del corposo romanzo “Il mulino sul Po”. Sbocco su via Trezzo, incontrando i platani secolari di Villa Franchin, mi immetto in via Santa Maria dei Battuti, che mi ricorda la congregazione dei flagellanti, per arrivare alle 7,30 alla mia amata chiesetta tra i cipressi del camposanto.

La mia Fiat Uno conosce la strada così bene che se anche mollassi il volante e togliessi il piede dall’ acceleratore, sono certo che, come la “Cavallina storna” mi porterebbe da sola alla solita meta.

Stamattina non ho fatto altro che guardare i fiori, di tutte le forme e di tutti i colori, che fioriscono sugli alberi che costeggiano queste vie.

Mi hanno detto che sulle rive del lago di Como, c’è una villa con un tripudio di azalee, ma io posso pur affermare che tutto il tragitto, che mi porta ogni mattina al mio luogo di lavoro, è fiancheggiato da alberi di tutte le specie con fiori di tutti i colori.

Anche l’albero più umile e modesto quale il salice, è in fiore. Una tavolozza infinita, sempre varia, perché basta un soffio di brezza o una nuvola in cielo perchè la scena cambi.

Questa mattina ho fatto la meditazione, concludendo che se ogni uomo, giovane o vecchio, maschio o femmina, fiorisse come ogni pianta, vestendosi al meglio, il mondo sarebbe semplicemente stupendo, per i miliardi di fiori diversi che ogni uomo può sfoggiare.

Chissà che un giorno scoppi primavera anche tra i figli di Dio!

Vivere di politica

E’ un fatto scontato che l’evoluzione oggi è estremamente più rapida che nel passato. Certi processi sociali che nel passato avvenivano in un secolo, oggi avvengono in meno di dieci anni.

La campagna elettorale intorno alla metà del `900 era da noi un fatto epico. Ricordo benissimo quella del ’48. La mia famiglia, con un figlio in seminario, era impegnata fin sopra i capelli: la guerra dei manifesti, a cui pure io ho partecipato, era una specie di crociata. I comitati civici avevano la canonica come fortino o trincea, e la casa del popolo ove operava il fronte democratico.

Ricordo mio padre che non finiva mai di raccontare una sua “impresa gloriosa”, quando ha trafficato una notte intera, assieme ad un suo amico fabbro, per imbastire un marchingegno con la figura di Garibaldi, simbolo delle sinistre, e dopo qualche istante la figura si rovesciava per mostrare il baffuto e sanguinario dittatore della Russia sovietica Giuseppe Stalin. La mamma che diceva alle amiche che se avessero vinto “loro” avrebbero portato via i bambini in Russia per educarli senza Dio.

Erano cose d’altri tempi che Giovannino Guareschi ha immortalato nei suoi racconti.

Ora tutto è molto più prosaico: non ci sono più utopie, non c’è più dottrina, non c’è aria di rivoluzione, non si sa più per che cosa si dovrebbe votare, uno piuttosto che un altro.

Un mio amico mi ha fatto una confidenza che mi ha veramente agghiacciato: “Don Armando, gli uomini della politica oggi, vivono di essa e vivono bene, se non fossero rieletti non hanno più nè arte nè parte sanno fare solo i politici ossia non sanno fare niente!”

Sono passati i tempi del vecchio Cincinnato che abbiamo conosciuto sui banchi della scuola, “Se non mi volete al governo della Repubblica, tornerò tranquillamente a fare il contadino! Se mai ne avreste bisogno venite a cercarmi nei campi”.

In questi giorni mi sono trovato spesso a pregare per gli aspiranti della politica, mi fanno pena, tenerezza e rabbia. Molti di loro sono piuttosto tranquilli perché nei momenti delle “vacche grasse” si sono comportati come l’amministratore infedele del Vangelo, facendo assumere un mucchio di amici al Comune.

Pare che a Venezia vi siano 4600 dipendenti che si contendono le carte da girare!

Altri però temono e a ragione la minacciata scure di Berlusconi e ne hanno ben ragione.

Stiano pur tranquilli c’è sempre posto per i furbi!

La lettera anonima

Nella periferia mestrina si usa ancora purtroppo mandare lettere anonime; è un costume ormai molto marginale e non frequente, però esiste ancora.

Io, nella mia vita, ne ho ricevute più di una di queste lettere. Il fatto che ho sempre tirato dritto per la mia strada, che non mi sono mai adeguato alle mode di pensiero e di comportamento praticato dalla maggioranza, che spesso ho risposto per le rime a critiche che ritenevo non giuste e soprattutto immotivate, e non da ultimo che mi sono sempre preso la libertà di dire con la parola e con la penna ciò che pensavo, ha fatto si che qualcuno non abbia resistito alla tentazione di insultarmi con volgarità e con cattiveria sempre mantenendo l’anonimato.

Quando sono uscito di scena dalla vita pubblica, pensavo che la cosa fosse ormai finita. Invece no! Almeno tre quattro volte c’è stato qualcuno, sempre della stessa cerchia e dello stesso ceppo di pensiero e di comportamento che non è riuscito a non farlo.

Era però almeno un paio di anni che non avveniva più, motivo per cui quando è successo ne ho avuto un contraccolpo piuttosto amaro, perchè se ho sempre contato poco, ora sono proprio il signor nessuno.

La lettera anonima, firmata (si fa per dire) da un ex parrocchiano, è di una volgarità e di una meschinità quasi insuperabili.

Questa volta, forse spinto dal prurito irresistibile di ferirmi, il collega ha avuto la dabbenaggine di scrivere a mano, per cui mi è stato perfino troppo facile individuare il mittente. La sua è stata un’imprudenza veramente imperdonabile.

Stia però pur tranquillo, non procederò certamente a denunce di sorta! I giudici hanno ben altro da fare!

Mi sono ricordato di Saul che fugge mentre qualcuno da lontano, approfittando della sua debolezza l’insulta. Quando una guardia del corpo propone e Saul di trafiggerlo con la spada per i suoi insulti, Saul glielo impedisce, affermando se lo fa è il Signore che glielo permette.

Io non sono Saul, non ho potere alcuno e mi riconosco un povero peccatore e perciò credo che mi possa far bene anche qualche insulto. Ero tentato di pubblicare la lettera anonima, ma poi ho pensato che metterebbe troppo in cattiva luce il collega, che di stima ne ha proprio bisogno!

“Sto imparando a godere anche delle piccole cose”

Un insegnante, che mi è capitato di incontrare qualche volta nel passato, ha manifestato il desiderio di vedermi.

Tanto volentieri ho condisceso a questa richiesta, sia perché è mio dovere di uomo e di prete, sia per il buon ricordo che conservavo di questo signore, e da ultimo perché la cosa m’era molto facile perché abita molto vicino a casa mia. Avevo avuto un qualche cenno, non certo e non preciso, su qualche difficoltà che aveva avuto con la salute, ma mai avrei pensato che essa fosse così invalida. L’incontrai nella sua cameretta linda ed ordinata, assieme alla sua sposa. Fu facile riprendere il discorso interrotto, immagino, da una decina d’anni.

Lo ricordo come un docente preparato, innamorato della scuola, studioso ed efficace, come ricordavo la sua giovane sposa e la sua bambina.

Tutto era cresciuto, cambiato nel tempo, ma come tutti i vecchi, categoria a cui appartengo da un bel pezzo, tutto si era fermato come era nel mio ricordo, quasi una foto di tempi passati, belli e felici.

Il male aveva in realtà provocato grossi danni nel fisico, anche se lo spirito era rimasto del tutto immune, anzi era progredito in scienza e saggezza. Dialogammo lungamente per aggiornare il rapporto e ristabilire dei contatti veri. Rimasi ammirato dalla serenità, dalla saggezza e soprattutto dal coraggio di accettare la situazione grave d’essere immobilizzato nel suo letto, totalmente dipendente dalla moglie anche se carissima, disponibile ed affettuosa.

Sono rimasto colpito da una frase, che sto rimuginando notte e giorno, anche perché m’è parsa saggissima anche se quasi impossibile per me!
“Sto imparando a godere anche delle piccole cose”.

Nel discorso più volte gli erano sfuggite, quasi per caso, l’ammirazione e la riconoscenza per le attenzione e premure della sua sposa.

“Godere delle piccole cose” in quelle condizioni così precarie in cui si trovava, non poteva nascere se non da una coscienza di un uomo buono e veramente sapiente, degno d’essere stato maestro di verità e di vita.

Riflessione sul superfluo

La mia vita si svolge ormai da quattro anni in un ambiente tanto ristretto e sempre quello per cui mi accorgo, io stesso, che finisco per ripetermi. Sperò però che le angolature da cui osservo la vita siano sempre diverse per cui riesca a conoscere meglio la realtà in cui mi muovo.

Quando qualcuno fa i primi approcci per entrare al don Vecchi, soprattutto quando le richieste provengono da donne, nota immediatamente la piccolezza dell’appartamento.

L’alloggio più grande in assoluto al don Vecchi misura cinquanta metri quadrati per scendere fino ai venti e raggiungere il minimo di diciotto.

“Non ci stanno i mobili”, “si soffoca qua dentro!” Ho un bel dire che vi sono sovrabbondanti spazi comunitari, dei quali ognuno può fruire.

La gente rimane dell’idea che sia difficile o impossibile vivere in tale ristrettezze di spazio!

Qualche giorno fa ho letto in un giornale una specie di confidenza testimonianza, che trascrivo, senza però illudermi che possa convincere chi è abituato a circondarsi di un mondo di cose superflue, o meglio ancora, inutili. Trascrivo pure la morale che l’autrice traccia dalla sua esperienza sperando che susciti lo stesso effetto, essendo io convinto che gli imbonitori ci hanno abituato alla necessità di cose superflue, di acquisti non necessari, di esigenze fasulle.

Ogni esperienza umana, come ogni medaglia ha l’altra faccia, quella che trascuriamo, di cui non prendiamo atto, non sapendo che ha una importanza uguale, se non migliore, di quella più brillante comunemente conosciuta.

Ecco ora la pagina che offro a chi eventualmente gli capitasse, magari per caso, di leggere queste righe in questo mio diario.

“L’estate scorsa io, mio marito e mio figlio siamo andati in vacanza in campeggio con la tenda; abbiamo dovuto, pertanto, ridurre i bagagli e portare con noi lo stretto indispensabile. Una sera, mentre leggevo un libro dinanzi alla lampada accesa, mi sono resa conto di quanto fosse inutile tutta la “zavorra” che portavo con me quotidianamente durante la mia vita ordinaria e di quanto, viceversa, la vita spartana del campeggio arricchisce la mia giornata: più tempo trascorso con i miei cari ad inventare favole e racconti, a ridere e giocare; minore spreco di risorse energetiche, migliore relazione con la natura. E soprattutto, più spazio alla meditazione ed alla preghiera.

Siamo tutti preoccupati per la crisi economica che sta travolgendo la nostra società; ma forse questa può essere un’occasione per meditare sugli sprechi enormi della nostra civiltà e per aiutarci a ridimensionare le nostre necessità ed i nostri bisogni”.

Questa riflessione spero vi sia utile specie durante queste vacanze estive!

“Mostratemi il volto di Maria!”

Quando ero ragazzino avevo fatto una raccolta di immagini della Madonna, racimolando da giornali, libri e quant’altro, delle riproduzioni di quadri che pittori, più o meno celebri, avevano fatto su Maria, durante i secoli.

Si trattava di una povera raccolta, anche se numerosa di immagini, in quanto le riproduzioni non erano assolutamente di qualità. Comunque mi interessava vedere come durante i secoli i vari artisti avevano dato volto alla Vergine, questa creatura all’apice del mondo femminile.

Diventando adulto smisi di fare questa raccolta perché mi rendevo conto che erano veramente immagini scadenti che impoverivano piuttosto che esaltare la figura della Madonna.

Ora però analizzando il mio orientamento spirituale più profondo, capisco che il frutto della fantasia degli artisti, preoccupati soprattutto del fatto estetico e della originalità, non mi coinvolgeva più di tanto perché c’era sempre qualcosa di artificioso e di morto, mentre avvertivo, in fondo al cuore che la mia ricerca chiedeva realtà vive e palpitanti, perciò mi orientavo sempre più di costruirmi una Madonna con gli aspetti più belli e più ricchi delle donne reali che incontravo sulla mia strada.

Qualche giorno fa incontrai un gruppo di signore, porsi loro la stessa domanda che dei greci fecero ad Andrea e Filippo: “Vogliamo conoscere Gesù?” evidentemente volevamo conoscere il profeta inviato da Dio, il suo messaggio.

Ora sento anch’io il bisogno di conoscere il volto di Colei che Gesù morente ci donò come madre e rivolgo perciò alle donne che incontro sulla mia strada: “Mostratemi il volto di Maria!” se non lo fanno loro, chi dovrebbe o potrebbe farlo?

Certo però che non potrebbero farlo le veline o le attricette della televisione, le top model senza anima o le ragazze esagitate che sbavano per vedere Vasco Rossi.

Anch’io come tutti gli uomini che sono alla ricerca della ricchezza umana e spirituale della Madonna, chiedo alle donne: “Mostratemi il volto di Maria!”

Spero che i tanti volti, le tante vite, le tante ricchezze spirituali delle donne del nostro tempo mi facciano conoscere il volto della Madre di Dio!

Prediche e buon senso

Abbastanza di frequente, la gente accusa i preti di predicare sempre, molti mal sopportano le prediche che spesso sono bibbiose e scontate ed altri ancora, i più maligni, affermano che i preti predicano bene ma razzolano male.

Non possiamo, purtroppo, negare che questo, almeno in parte, ed anche se non sempre, sia vero!

Però a proposito di prediche i politici, gli amministratori degli enti pubblici non sono da meno.

Questo è vero per tutti, ma in modo particolare sembra che sia ancora più vero quando queste prediche vengono da certi tipi che prima delle elezioni ti promettono anche la luna!

Ora il dovere di chi sta al governo del Paese o della città è di tener duro e di evitare gli sprechi specie dei grandi enti pubblici. Oggi poi è un argomento su cui gli amministratori pubblici sembrano i più convinti e i più esperti a trattarlo.
A parole ben s’intende!

A Venezia è diventato ormai una locuzione comune “l’acqua del sindaco” cioè del rubinetto per combattere lo spreco dell’acqua minerale.

Qualcuno ci ha detto che spegnere totalmente il televisore, quando non lo si guarda, costituisce un risparmio energetico.

Io sia nel primo che nel secondo caso ho seguito il saggio suggerimento. Se non che qualche giorno fa passando davanti al cimitero sono rimasto sorpreso dalla nuova luminaria. I kilowatt certamente non si contano. Ora illuminano un disordinato cantiere infinito, ma neanche domani, quando tutto il piazzale sarà a posto, non penso che la gente verrà a far salotto davanti al cimitero. Allora perché tutto quello spreco? Certamente inutile e di cattivo gusto?

Ho letto qualche giorno fa che la predica deve essere corta, chiara e convincente, questo ammonimento va certamente bene per noi preti, ma credo andrebbe ancora meglio per il sindaco, gli assessori e i consiglieri comunali!

Richieste al mio “Titolare”

Sono stato all’Angelo a far visita al mio direttore, del quale gli ho sempre invidiato la linea asciutta come un’acciuga, mentre io, nonostante tenti di evitare gli amidi, continuo a metter su pancia.

Come sempre stavo pensando ai fatti miei e siccome avevo appena rifornito l’espositore accanto alla cappella e mi avviavo a controllare i banconi del primo piano, come il contadino del Vangelo, mi consolavo pensando che finalmente avevo incontrato una cara signora che discreta e laboriosa inserisce a tempo i testi de “L’incontro” nel computer e decifra correttamente i miei geroglifici, così ché ogni giovedì ho pronti i testi per il menabò del prossimo numero.

Se non che prima scorsi la barba bianca del marito e poi il suo volto un po’ più smunto del solito.

Come me, ma in tempi più recenti, lei aveva avuto un incidente di percorso per la sua salute. Tutto poi pareva risolto per il meglio, ma in questi ultimi giorni aveva avuto qualche avvisaglia che l’ha preoccupata e perciò stava attendendo una visita medica. Spero che il volto fosse smunto più per la preoccupazione, che so per esperienza personale che segna tutti coloro che hanno avuto a che fare con quel male, che per il male stesso.

La prima reazione è stata una immediata protesta nei riguardi del Padreterno “Non sai, Signore, che ne ho assoluto bisogno e che mi è quasi impossibile trovare un’altra che mi doni ore ed ore di lavoro certosino!”. Poi mi vergognai sia nei riguardi del Padreterno, che nei suoi riguardi; la sua salute in realtà mi è infinitamente più cara che le sorti de “L’incontro”!

Mi chiese una preghiera. D’istinto mi ricordai di Carlo il fioraio della porta del cimitero che mi chiese di domandare al mio “Principale” qualche giornata di sole che facesse quadrare le magre entrate a causa della pioggia.

Il giorno dopo venne il sole, senza che neanche l’avessi chiesto!. Mi regalò un gran mazzo di rose.

Ora che la salute di questa cara amica mi sta veramente e disinteressatamente a cuore, spero che il mio “Titolare” m’accontenti ancora una volta, come ha fatto tante altre volte e stia tranquilla la signora non le chiederò di inserire anche i testi del “Coraggio”! m’accontenterò del “L’incontro”!.

Il Signore m’ha scoperto!

Il Signore mi ha pizzicato ancora una volta in flagrante!

M’aveva telefonato una signora con una voce un po’ lagnosa, così da farmi immediatamente pensare che si trattasse di una delle tante che mi chiede un appartamento al don Vecchi. Mi chiedeva invece un appuntamento perché insisteva che sono cose che preferiva dire a faccia a faccia.

Per me, questi appuntamenti che mi sono chiesti di frequente, non sono molto graditi, un po’ perché non ricordo mai i miei impegni precedentemente già fissati ed un po’ perché mi spezzettano la giornata impedendomi così di dedicarmi con tranquillità a ciò che ho scelto di fare. Sparai subito il primo “missile strategico” che talvolta coglie il bersaglio: “Signora, io non sono una persona importante, può parlarmi al telefono che io l’ascolto e le dico subito se la posso aiutare o meno”. Tergiversò un momento, quasi contrariata, poi aggiunse: “Le devo portare un’offerta!”

D’istinto le diedi subito due tre orari in cui mi avrebbe trovato al don Vecchi.

Appena messo giù il telefonino mi parve, come don Camillo, di sentire il Cristo che dalla gran croce mi ripetesse: “Reverendo, reverendo … se si fosse trattato di un piacere da fare avresti avuto mille difficoltà, ma per ricevere un’offerta sei stato immediatamente disponibile!”. Arrossii ed incassai il rimprovero meritato; Gesù aveva ragione! Di solito nostro signore mi punisce così.

Il giorno dopo però mi rifeci.
E’ venuto il solito signore dalla faccia cadaverica al quale sto tentando inutilmente di fissargli una frequenza settimanale per i soliti cinque euro. Stavolta però appena lo vidi tirai fuori il portafogli e senza esitazione gli diedi i 15 euro che mi chiedeva, anche se erano passati solamente due giorni dall’ultima richiesta e superavano di 10 euro l’accordo fissato.

Spero d’aver pareggiato anche se io ho donato 15 euro e il Signore me ne aveva fatto avere 165. mi consolo però pensando che io sono un povero diavolo che si preoccupa del don Vecchi di Campalto, mentre Lui è Dio ed è padrone della zecca!

Commiati tanto diversi fra loro

Alcuni giorni fa sono andato a Scorzè a portare i sacramenti del conforto cristiano ad un mio antico allievo dei tempi lontanissimi in cui ho insegnato al Pacinotti.

Quanta tenerezza, quanta edificazione, quanta speranza e conforto ha donato al mio cuore questo incontro tra me, vecchio insegnante ottantenne e l’allievo, affermato e valente professionista che mi volle accanto a se nel momento difficile in cui lucidamente avvertiva il tramonto all’orizzonte della sua vita.

Se la fatica di quei tempi lontani non mi avesse offerto altro che questo incontro, già sarei ripagato ad oltranza per quel tempo passato in quella scuola che ha offerto al nostro settentrione una schiera infinita di tecnici intelligenti e preparati che hanno sorretto tutta l’affermazione dell’industria del tanto encomiato Nord-Est d’Italia.

Nel ritorno, mentre nell’animo riaffioravano i vecchi ricordi di quegli anni passati tra i banchi di scuola che a quel tempo sembrava la “Bocconi” di Mestre, ho incrociato il corteo di un funerale che si snodava nel ciglio della strada verso il camposanto.

La croce in testa, una lunga fila di giovani ed uomini, la bara ed un’altra lunga fila di donne. Il prete con il microfono in mano diceva le Ave Maria del rosario e la lunga fila rispondeva devotamente. Erano cristiani di Martellago che accompagnavano alla sepoltura un loro concittadino.

D’istinto confrontai il funerale di questa gente della terra con quello che un paio di giorni prima avevo celebrato in cimitero. I necrofori portarono la bara in chiesa, si guardarono attorno, nessuno, telefonarono in ufficio e poi mi riferirono: “Don Armando non viene nessuno!” Chiamai l’addetta alla sacrestia; almeno ci fosse qualcuno che rispondesse “amen”! Poi entrò una di quelle vecchine che vivono praticamente in cimitero, infine si aggiunse uno dei necrofori; non so se avesse più pietà per me o per la defunta!

Questa è la nostra città. Questa è la nuova civiltà urbana, questo il frutto della predicazione radicale!

Fortunatamente sono certo che il buon Dio non ha bisogno di tante suppliche per accogliere il “figlio prodigo che ritorna”, lo fa di suo, indipendentemente dalla nostra flebile richiesta!

Un abbraccio che spero aiuti

Ci sono delle immagini veramente emblematiche che hanno un impatto nella coscienza così forte che neanche un lungo discorso potrebbe convincere di più.

L’altra sera la televisione ci ha offerto, con una rapida ma efficace carrellata, l’abbraccio tra la vedova del commissario Calabresi; trucidato da un emissario di “lotta continua”, il movimento di estrema sinistra che aveva come ideologo Adriano Sofri condannato dopo ripetute sentenze a 22 anni di carcere e che sempre la “sinistra” vorrebbe liberare, e la vedova dell’anarchico Giuseppe Pinelli.

L’uccisione del commissario Calabresi fu uno di quegli eventi degli “anni di piombo” di cui per decenni la stampa di tutti i versanti ne ha parlato e che a livello personale mi ha turbato e più ancora indignato profondamente.

Sono stati versati fiumi di inchiostro su questo caso e le aule dei tribunali pareva che non finissero mai di discutere perché la sinistra non s’è mai rassegnata che un suo leader fosse condannato all’ergastolo.

Io non ho mai nutrito un minimo di stima verso quest’uomo, fazioso ed insolente, che anche in quest’ultimo tempo ha avuto frasi sprezzanti verso quell’uomo d’ordine che è stato sacrificato dalla ferocia e dalla faziosità di gente che neanche dopo il franare rovinoso dell’ideologia e dei suoi supporti moscoviti, s’è rassegnato alla disfatta e pontifica tuttora circondato dalla benevolenza dei compagni di un tempo che hanno cambiato casacca.

Avevo letto della bella personalità della moglie del commissario Calabresi, creatura dolce e al tempo stesso forte nei suoi convincimenti decisamente ispirati ai valori della fede.

Mi ha fatto molto piacere ed è stato di enorme edificazione il suo abbraccio alla vedova dell’anarchico, la cui fine è ancora purtroppo racchiusa nel mistero, anche se certuni imputano, più per motivi di parte che per prove accertate, alla polizia.

Mi auguro che questo gesto generoso ed esemplare aiuti chi vuol essere onesto a capire che i valori cristiani sono infinitamente più validi di quelli di un materialismo che non ha provocato che miseria e morte.