E’ un fatto scontato che l’evoluzione oggi è estremamente più rapida che nel passato. Certi processi sociali che nel passato avvenivano in un secolo, oggi avvengono in meno di dieci anni.
La campagna elettorale intorno alla metà del `900 era da noi un fatto epico. Ricordo benissimo quella del ’48. La mia famiglia, con un figlio in seminario, era impegnata fin sopra i capelli: la guerra dei manifesti, a cui pure io ho partecipato, era una specie di crociata. I comitati civici avevano la canonica come fortino o trincea, e la casa del popolo ove operava il fronte democratico.
Ricordo mio padre che non finiva mai di raccontare una sua “impresa gloriosa”, quando ha trafficato una notte intera, assieme ad un suo amico fabbro, per imbastire un marchingegno con la figura di Garibaldi, simbolo delle sinistre, e dopo qualche istante la figura si rovesciava per mostrare il baffuto e sanguinario dittatore della Russia sovietica Giuseppe Stalin. La mamma che diceva alle amiche che se avessero vinto “loro” avrebbero portato via i bambini in Russia per educarli senza Dio.
Erano cose d’altri tempi che Giovannino Guareschi ha immortalato nei suoi racconti.
Ora tutto è molto più prosaico: non ci sono più utopie, non c’è più dottrina, non c’è aria di rivoluzione, non si sa più per che cosa si dovrebbe votare, uno piuttosto che un altro.
Un mio amico mi ha fatto una confidenza che mi ha veramente agghiacciato: “Don Armando, gli uomini della politica oggi, vivono di essa e vivono bene, se non fossero rieletti non hanno più nè arte nè parte sanno fare solo i politici ossia non sanno fare niente!”
Sono passati i tempi del vecchio Cincinnato che abbiamo conosciuto sui banchi della scuola, “Se non mi volete al governo della Repubblica, tornerò tranquillamente a fare il contadino! Se mai ne avreste bisogno venite a cercarmi nei campi”.
In questi giorni mi sono trovato spesso a pregare per gli aspiranti della politica, mi fanno pena, tenerezza e rabbia. Molti di loro sono piuttosto tranquilli perché nei momenti delle “vacche grasse” si sono comportati come l’amministratore infedele del Vangelo, facendo assumere un mucchio di amici al Comune.
Pare che a Venezia vi siano 4600 dipendenti che si contendono le carte da girare!
Altri però temono e a ragione la minacciata scure di Berlusconi e ne hanno ben ragione.
Stiano pur tranquilli c’è sempre posto per i furbi!