Il salvagente

In bicicletta non posso più andare, a piedi mi stanco troppo ed impiego troppo tempo, così “vado al lavoro” con la Punto che un quasi centenario coinquilino mi ha donato un paio di anni fa. I miei spostamenti non sono né lunghi né frequenti però, per andare dal “don Vecchi” al cimitero sono due chilometri ed esattamente altri due per ritornare. Una volta di certo, ma spesso due volte, faccio questo percorso. Ora con la mia Punto bianca, mi sento un re, talvolta sono quasi imbarazzato ad usare alla mia età un’auto così bella e tanto confortevole da offrirmi pure la radio per informarmi sulla vita nel mondo durante il tragitto.
La mia Punto è dotata di aria condizionata, altro che san Francesco!

Nonostante l’età, però, mi vien da pensare al domani. La mia patente scade a gennaio e molta gente mi ha detto che ora lo Stato pretende una salute perfetta anche dai vecchi come me.,

Mi sono lasciato andare a manifestare queste preoccupazioni e subito un coetaneo di Tessera mi ha regalato un’auto cilindrata 49 rossa che sembra una Ferrari cavallino rampante. Questa auto la tengo di riserva per i tempi tristi. L’ho provata, però non mi alletta proprio: va a nafta, perdipiù il figlio del vecchio proprietario, preoccupato della vita di suo padre, l’ha bloccata, tanto che non supera i 30 chilometri all’ora.

Ho fatto un giretto, m’è sembrato che le mancasse solo il cannoncino per sembrare un carro armato, ma per il rumore credo che lo superi. Ho ancora sei mesi di Paradiso, poi vedrò.

C’è stato qualcuno che ha dato ali alla mia speranza dicendomi che Monti, almeno per le patenti dei vecchi, ha portato tutto come prima. Intanto un collega e coetaneo del “don Vecchi”, a cui scade la patente prima della mia, ha messo avanti le mani e m’ha chiesto la Ferrari (la quale fa bella figura, ma lui non l’ha ancora sentita correre).

Tra i tanti problemi dei vecchi c’è anche quello della patente.

I miei fedeli più devoti

La domenica la mia chiesa della Madonna della Consolazione si riempie tutta, ma nei giorni feriali talvolta attorno all’altare non siamo molti di più di quanti si trovarono sul Calvario quando Gesù morì in croce: la Madonna, Maria di Magdala, Maria Cleofe e Giovanni.

Chi però non manca mai è una nonnetta ottantenne, traballante sulle gambe, e il figlio che l’accompagna. La mia più fedele devota mi garantisce la partecipazione dell’assemblea, perché risponde sempre a voce alta. Di rado sbaglia gli attacchi. Quando poi si tratta di dare la comunione, non mi occorre chiedere se qualcuno vuole comunicarsi perché lei si presenta sempre per prima.

Io sono grato a questa “vecchina” – come la chiamerebbe Bargellini, l’intellettuale cattolico fiorentino – ma sono ancora più ammirato del figlio che d’estate o d’inverno, che il sole bruci le pietre o che il gelo scheletrisca le piante, accompagna con tenerezza la mamma a messa.

Un giorno di quest’inverno, quando celebro alle 15, gli chiesi se era in pensione, ma mi disse che faceva il portiere di notte. Quindi pensai che dormisse la mattina, ma ora d’estate, con la messa alle 9,30, è ugualmente sempre presente ad accompagnare sua madre.

Ogni giorno mi domando quand’è che dorme questo ragazzo. Non so se sia più forte la sua fede o il suo amore filiale. Credo però che pratichi ambedue queste splendide virtù in maniera eccellente.
Una volta ancora mi vien da pensare ai “santi della porta accanto”.

Peccati veniali

Il grande Rosmini ha scritto sulle sette piaghe della Chiesa. Sono convinto che queste piaghe non si sono ancora totalmente rimarginate, tanto che talvolta sanguinano ancora.

I nostri ultimi Papi, con grande coraggio e con notevole onestà, hanno chiesto solennemente perdono al mondo per i “peccati mortali della Chiesa”: le crociate, l’inquisizione, le simonie, il nepotismo, le guerre di religione, ecc.

Leggendo però ultimamente il diario di don Didimo Mantiero, un umile e santo prete del vicentino vissuto nella prima metà del novecento, ho capito una volta di più che per i peccati veniali, che in verità sono molti, non tutti tanto leggeri e soprattutto ancora presenti, nessuno ha mai chiesto scusa (vedi trasferimenti di preti con troppa disinvoltura, concessioni a certe perpetue arpie che sottopongono alla tortura preti principianti, parroci gelosi della bravura del cappellano, delatori alla curia di vere o presunte debolezze del curato, mancanza di rispetto delle opinioni personali, sospetti di simpatie affettive vere o presunte, ecc.)

Nel diario pulito e candido di questo santo prete, che s’è speso tutto per la gioventù e finì la sua vita come parroco di Bassano, è candidamente esposta una serie notevole di questi “peccati veniali” di cui, chi li ha commessi, non solo non si è pentito, ma anzi li ha ritenuti virtù.

Sono convinto che la lettura di questo diario farebbe bene a chi occupa qualche grado nella gerarchia ecclesiastica.

Mezzo punto in più per Pisapia

In queste ultime giornate ho avuto modo di apprendere dalla stampa le “scaramucce” tra il cardinale Scola, arcivescovo di Milano e Pisapia, sindaco della stessa metropoli. Il motivo del contendere sta nell’istituzione del “Registro delle unioni di coppie omosessuali”.

Mi trovo inizialmente d’accordo sia con l’uno che con l’altro: col nostro vecchio Patriarca perché difende la famiglia conforme alla natura e alla Rivelazione, e con Pisapia perché in qualche modo vuole inquadrare nella legge quelle unioni tra persone dello stesso sesso, perché sono una realtà presente e perché ritengo giusto che in qualche modo rientri nell’assetto della nostra società.

Confesso che sarei tentato di dare mezzo punto in più al sindaco Pisapia, perché Gesù stesso ha rifiutato un certo integralismo che vorrebbe risanare con la forza situazioni ritenute anomale. Ho avuto un supporto a questo mio giudizio dalla lettura fatta questa mattina durante la messa quando Gesù proibisce ai servi della parabola di estirpare la gramigna. Possiamo sempre convivere, ci penserà Dio a giudicare!

Il prete della Provvidenza

Per molti mesi ho sofferto perché la gran parte dei miei residenti al “don Vecchi” di Campalto perdevano messa. La “prigione dorata” a causa di via Orlanda, la strada tragica senza ciclabile per pedoni e biciclette, costringeva i settanta residenti a rimanere nella loro “isola felice” ma non collegata con il mondo civile.

Arrivò don Valentino, un prete ottantenne che trovava finalmente una “parrocchietta” su sua esatta misura. Ma il cuore lo costrinse ad una struttura più assistita. Quindi siamo tornati da capo.

L’altro ieri però mi si presentò un nuovo inviato della Provvidenza che talvolta pare che “dorma”, ma che invece è sempre desta e provvida. «Sono padre Marcello, canossiano di origine e parroco, in pensione. Mi piacerebbe continuare a fare il prete!»

E’ stato di certo il Signore a mandarmelo. Gli appronteremo un alloggio non appena possibile e lui diverrà la presenza fisica di Dio nella piccola comunità del “don vecchi” di Campalto.

Mi capita troppo di frequente di caricare sulle mie ormai fragili spalle pesi insopportabili ed angosciosi e poi arriva il Signore che, bel bello, mi dice: «Uomo di poca fede!»

Sorpresa

Il Consiglio Comunale nella seduta di giovedì 27 luglio, con una votazione bipartisan, ha concesso 30.000 metri quadri di superficie, nella località Arzeroni in uso d superficie o per la costruzione del “don Vecchi 5” ed in seguito per il villaggio di accoglienza.

Con mia sorpresa e delusione solamente il consigliere Bonzio di Rifondazione Comunista, ha votato contro.

Sono rimasto sorpreso ed estremamente deluso perché pensavo, da ingenuo, che l’estrema sinistra si qualificasse come il partito che ha più a cuore il dramma dei poveri. Un po’ meno, ma sempre deluso, mi hanno lasciato i due rappresentanti della Lega che pensavo avessero soprattutto attenzione ai problemi locali, mentre se ne sono pilatescamente lavate le mani.

Ho scritto ad ambedue gli schieramenti politici la mia delusione se mai siano interessati a sapere ciò che pensano i cittadini della loro “politica”.

La villetta ereditata

Nota della Redazione: come gli altri anche questo pezzo è di alcune settimane fa e nel frattempo la villetta è stata venduta a due fidanzati.

Il “don Vecchi” ha ereditato una villetta in via Z. Vi viveva, fino ad un paio di anni fa, un anziano agente della finanza. Pareva che tanta gente fosse interessata all’acquisto, però alla prova dei fatti nessuno s’è fatto avanti. Qualche giorno fa i nostri volontari l’hanno liberata di tutto, pronta quindi per essere venduta.

Alla Fondazione non interessa lo stabile, mentre è molto interessata ad incassare qualcosa per investirlo sul “don Vecchi 5” che pare stia affacciandosi all’orizzonte. Mi domandavo, visitando questa villetta con un po’ di scoperto, a chi potrebbe interessare. A me piacerebbe darla a una giovane coppia di sposi i quali, dopo una bella imbiancata, potrebbero abitarla subito come lo ha fatto il vecchio proprietario fino ad un anno fa.

Magari col tempo potrebbero restaurarla pian piano. Ad una coppia del genere farei ponti d’oro. Oppure qualcuno che ha soldi potrebbe acquistarla, restaurarla per abitarvi o per venderla a sua volta. Comunque, oltre un affare, una scelta del genere sarebbe un’opera di carità per i nostri vecchi.

L’idolo

Poco tempo fa sono stato, purtroppo, coinvolto in un incidente stradale in via Santa Maria dei Battuti, strada che si è ridotta ad un bigolo, perché a senso unico avendovi costruito una pista ciclopedonale che non serve a nessuno (a 150 metri ve n’è una parallela in viale Garibaldi).

Stavo imboccando la stradina a senso unico, quando mi vidi davanti un’auto che correva contromano. Non essendoci altra possibilità per sgomberare la sede stradale, feci retromarcia per (forse) mezzo metro, ma alle mie spalle c’era un’altra macchina. Mi appoggiai lievemente contro il suo muso. Scendemmo tutti, quello contromano, confuso e turbato per il suo errore, io felice perché non era successo niente dietro, mentre la conducente alle mie spalle, una ragazza sui vent’anni che tornava dal lavoro su una BMV da venticinquemila euro, sospettò che ci fosse un impercettibile segnetto sulla sua macchina.

Chi aveva sbagliato si disse disposto a pagare l’invisibile danno, anche perché altrimenti l’avrebbero multato e gli avrebbero ritirato la patente. Non ci fu verso, la ragazza volle fare il verbale a garanzia del presunto danno. Io firmai il tutto anche perché avevo fretta.

Ci rimasi molto male per la ragazzina che va a lavorare con una macchina da 25.000 euro e che non si fida di un prete che, dopotutto, non è uno sconosciuto. La sola sua preoccupazione era il suo “idolo”.

La massima di Einaudi

Monti è andato a Mosca per dire una verità che forse non avrebbe mai avuto il coraggio di dire a Roma perché gli avrebbero “cavato gli occhi”. Il nostro Mario nazionale citò Einaudi: “Mentre i politici pensano alle elezioni, gli statisti pensano alle future generazioni”.

Penso che questa frase farà fortuna e penderà, come una spada di Damocle, sopra la testa degli aspiranti parlamentari. Un mio amico mi ha detto che almeno 150 parlamentari di Berlusconi se la fanno sotto per la paura di non essere rieletti.

I parlamentari che scaldano le sedie in parlamento e che sono chiamati “peones”, quasi mai prendono la parola, quasi mai decidono qualcosa, tanto che ci domandiamo che cosa stanno a fare in parlamento se non attendere il lauto stipendio a fine mese?

La nostra democrazia si esprime attraverso gli ordini dei segretari di partito. Se in Italia facessimo sedere a Montecitorio Bersani, Berlusconi, Di Pietro, Casini, Panella, Fini e pochi altri, avremmo trovato le “sorgenti” della democrazia; quell’altro migliaio serve solo per tappezzeria delle aule parlamentari.

Il guaio però è che in tante altre realtà le cose non vanno diversamente.

I rami inutili impoveriscono la pianta

Stasera (parecchie settimane fa, NdR) su Rai tre m’è capitato di vedere un’accolta di presidenti delle province del nord che protestavano perché ritenevano sbagliato e pericoloso sopprimere un bel numero di province. A parere di questi presidenti, che sentono venir meno le loro poltrone, è un danno per i cittadini abolire queste province.

Da noi si dice che è semplicemente assurdo chiedere all’oste se ha vino buono. Quei presidenti di provincia che si erano battuti all’ultimo sangue per farsi eleggere, per avere uno stipendio consistente, mai più e mai altro accetteranno di essere mandati a casa senza protestare.

Gli antichi affermavano che “nessuno giudica nella propria causa”, meno che meno lo saranno mai questi signori. Il governo proceda pur imperterrito!

Se poi si dimezzassero i consiglieri del Comune e si licenziassero i due terzi degli impiegati, le cose andrebbero mille volte meglio ancora.

Il dottor Coin mi disse che è scientificamente provato che quando gli impiegati superano un certo numero l’azienda va male, perché finiscono per creare una confusione di pratiche che appesantiscono l’azienda e la rendono improduttiva.

Tagli, poti pure a piene mani, Monti, se desidera che l’Italia rifiorisca!

L’anno della fede

M’è giunto recentemente dalla curia il programma per “l’anno della fede”, che inizierà con una solenne celebrazione eucaristica in piazza san Marco a metà ottobre.

Il Patriarca ha accompagnato il calendario della manifestazione con una lettera appropriata, ricca di unzione religiosa. Mi ha invece sorpreso e deluso il programma perché non vi ho trovato nessuna iniziativa a riguardo dei cosiddetti “lontani”: dei cristiani di altre religioni, dei maomettani e dei non credenti.

Forse il nostro nuovo Patriarca non è stato informato che circa l’ottantacinque per cento dei battezzati della diocesi non partecipa al precetto festivo, che i matrimoni civili superano quelli religiosi, che è in aumento il numero dei genitori che non battezzano i loro figli, che perfino si sta iniziando a non celebrare neppure i funerali in chiesa.

Di certo la fede è un dono di Dio che va chiesto con la preghiera, però è pur vero che Gesù ai discepoli ha detto in maniera decisa: «Andate!» e san Paolo ha caricato la dose con quel suo: «Insistete, in maniera opportuna e perfino inopportuna».

Non so cosa ha fatto il cardinale Suard quando ha scoperto che la sua Parigi era “terra di missione”, comunque penso che qualcosa si possa e si dovrà pur fare.

Parole che contano

Più volte ho confidato agli amici come per me la predica rappresenti “un tormentone” settimanale e quanto sia preoccupato di dire parole vere, coerenti al Vangelo e che tocchino la testa, la vita.

In merito a questo discorso mi sono fatto un esame di coscienza e mi sono detto qualche domenica fa: “Quali sono le più belle prediche che ho sentito durante i miei ottant’anni di vita da cristiano?” Pian piano ho scoperto la prova del nove e quindi l’ho applicata agli innumerevoli sermoni ai quali ho assistito. La prova del nove me l’ha insegnata un vecchio parlamentare veneziano, Vincenzo Gagliardi, il quale, moltissimi anni fa, mi ha detto: «Sa, don Armando, le parole che fanno centro sono quelle che hanno le gambe».

Io non capii e lui mi spiegò: «Sono le parole che traducono la vita reale che uno conduce». E’ più efficace non chi ha un parlare più forbito o una eloquenza più raffinata, ma chi vive ciò che enuncia.

Aveva ragione, infatti ricordo nitidamente il discorso di un giovane fiorentino che una sera suonò il campanello della mia canonica per annunciarmi candidamente: «Dio ci vuol bene e ci aspetta in fondo alla strada». La seconda predica è stata quella di una “piccola sorella di Gesù” che mi disse con tutta umiltà: «Ogni gesto, anche il più piccolo, di solidarietà, è sempre un’espressione di affetto che fa bene comunque».

Da qualche tempo sono più attento alla coerenza che all’eloquenza.

Un rifugio nella calura

Qualche settimana fa ho letto quella cara e promettente pagina di Vangelo in cui si riferisce l’invito di Gesù: “Venite a me voi che siete affaticati e stanchi ed io vi darò ristoro”.

Di primo acchito il mio diavolo, antagonista perpetuo del mio angelo custode, mi suggerì di dire ai fedeli che la chiesa del cimitero è climatizzata e perciò, durante le calure di Caronte e di tutta la corte dantesca, essa rappresenta il luogo ideale per una piacevole rinfrescata. Ma l’angelo custode mi ribatté subito che un discorso del genere è irrispettoso, interessato e venale e perciò virai di brutto per un discorso più in linea col pensiero del Maestro, discorso di cui sono pure tanto convinto. Cioè è opportuno approfittare di questo luogo di pace per parlare amichevolmente col Signore, confidandoGli le nostre cose.

Un giovane scout ha scritto che pregare significa “chiacchierare” con nostro Signore, ossia stabilire un rapporto autentico, non ricorrendo a forme seppur belle ma lontane dal nostro sentire e dai nostri problemi.

Mi ricordai di una vecchia maestra di Carpenedo che veniva in chiesa nei momenti più solitari. Quando le chiesi come mai facesse questo, mi rispose: «Il Signore ha tanto da fare, deve dare ascolto a persone più giovani e più importanti di me. Vengo quando non ha nessuno, quando ha tempo per ascoltare anche questa povera vecchia». Fede particolare questa, ma bella fede.

Preoccupazione pretestuosa di Bersani

Oggi mi sono dato alla politica, pregando per i poveri morti di Berlusconi. Però non so a chi votarmi perché il Signore mandi un angelo custode di rincalzo anche a Bersani.

Questo segretario del PD, pur avendo frequentato la cattiva scuola delle Botteghe oscure, mi pare una persona onesta. Ho letto che ha fatto la sua tesi di laurea su un argomento religioso, che dedica sempre la domenica alla sua famiglia. Da un punto di vista morale mi pare un galantuomo, mai ho sentito parlare di avventure extraconiugali. C’è stato persino uno dei miei vecchi ragazzi che mi ha giurato che appartenne a Comunione e Liberazione. Mi pare improbabile, ma tutto è possibile.

Talvolta mi fa pena perché mi rendo conto che ha dietro di sé un esercito di Brancaleone irrequieto, volubile, pronto al tradimento. Temo che gli capiterà la stessa sorte di Veltroni, infatti è ben difficile, almeno per ora, dar vita ad un partito liberale, nel senso migliore del termine, capace di far convivere le varie componenti del partito anche se non condividono tutti gli aspetti della vita. Quindi qualche preghiera la spendo anche per Bersani.

Quello che non capisco però è come gli sia venuto in mente di impostare l’ultima assemblea nazionale sulle “nozze” dei gay. Io sarei felice se si trovassero delle soluzioni che inquadrino queste persone particolari, dando loro garanzie e diritti, ma per carità non assimiliamo le loro unioni alla famiglia, che è tutt’altra cosa! Che cosa gli è venuto in mente di impuntarsi su un problema marginale, e soprattutto impostato sull’equivoco!?

Speriamo che la Bindi gli faccia cambiar idea e chieda l’angelo custode supplementare per il suo segretario.

I poveri morti di Berlusconi

Mi pare di aver sentito che Berlusconi aveva una zia suora e che sua mamma era molto religiosa. So anche che ambedue sono morte.

Quando ero bambino mi fu inculcato di ricorrere, quando mi fossi trovato in difficoltà, alle “anime sante del Purgatorio”. Da grande ho capito che queste “anime sante” non sono che i nostri cari defunti. Per il mestiere che faccio e per il luogo dove lo faccio, ho ogni giorno a che fare con tutto quello che riguarda l’aldilà; quindi ho quotidiana dimestichezza con i cari defunti e ogni volta che faccio un funerale penso di acquisire un amico in cielo che mi può aiutare e proteggere.

Partendo da questi presupposti prego con fervore e con fiducia la madre e la zia suora di Berlusconi che gli facciano capire quanto sia inopportuno che non si ricandidi, sia perché farebbe un “fiasco” completo, ma soprattutto perché di cattivo esempio agli italiani ne ha dato oltre ogni limite. Prego queste due “anime sante” che facciano capire al loro Silvio che l’Italia ha bisogno di persone pulite, oneste, trasparenti, di buoni costumi e, perché no? di cristiani coerenti.

Il prossimo anno credo che nessuno voterà Berlusconi, neppure turandosi il naso. Sarà per lui opportuno e doveroso impegnarsi per fare opere buone ed un po’ di penitenza.