Il grande Rosmini ha scritto sulle sette piaghe della Chiesa. Sono convinto che queste piaghe non si sono ancora totalmente rimarginate, tanto che talvolta sanguinano ancora.
I nostri ultimi Papi, con grande coraggio e con notevole onestà, hanno chiesto solennemente perdono al mondo per i “peccati mortali della Chiesa”: le crociate, l’inquisizione, le simonie, il nepotismo, le guerre di religione, ecc.
Leggendo però ultimamente il diario di don Didimo Mantiero, un umile e santo prete del vicentino vissuto nella prima metà del novecento, ho capito una volta di più che per i peccati veniali, che in verità sono molti, non tutti tanto leggeri e soprattutto ancora presenti, nessuno ha mai chiesto scusa (vedi trasferimenti di preti con troppa disinvoltura, concessioni a certe perpetue arpie che sottopongono alla tortura preti principianti, parroci gelosi della bravura del cappellano, delatori alla curia di vere o presunte debolezze del curato, mancanza di rispetto delle opinioni personali, sospetti di simpatie affettive vere o presunte, ecc.)
Nel diario pulito e candido di questo santo prete, che s’è speso tutto per la gioventù e finì la sua vita come parroco di Bassano, è candidamente esposta una serie notevole di questi “peccati veniali” di cui, chi li ha commessi, non solo non si è pentito, ma anzi li ha ritenuti virtù.
Sono convinto che la lettura di questo diario farebbe bene a chi occupa qualche grado nella gerarchia ecclesiastica.