Il gallo che mi fa la predica al mattino

Di natura sono un uomo metodico, mi pare che l’osservare un orario sia quasi un mettermi in un binario per giungere nei tempi esatti ai vari appuntamenti della mia vita di vecchio prete in pensione.

La sveglia suona alle 5,45, pulizie personali, rifacimento del letto, recita del breviario, breve meditazione, colazione e alla 7,30 ingresso nella mia cattedrale ancora dormiente tra i vecchi cipressi.

Ora alle 5,40 è ancora buio. Il grande campo prospiciente al mio terrazzino se ne sta sdraiato, muto ed incolore. Al mattino però non c’è solamente la coltre scura che copre linee e colori, che con l’aurora si ravvivano, ma si avvertono suoni e rumori che durante la giornata non mi capita mai di avvertire.

Si sente dalla bretella dell’autostrada di via Martiri della Libertà, un brontolio sordo e costante delle macchine e dei camion sempre in movimento. Ogni tanto sovrasta questo rumore cupo lo sferragliare del treno della ferrovia che passa abbastanza rapido, ma soprattutto aspetto con trepida attesa il canto del gallo di una piccola fattoria che ha qualche campo coltivato vicino al don Vecchi.

Deve essere un piccolo gallo perché il suo canto giunge flebile, ma ben distinto.

Da più di cinquant’anni non sento il cantare del gallo che nella mia infanzia era tanto gradito, gioioso e familiare.

Ogni mattina il canto del gallo mi fa pensare al tradimento di Pietro col rimprovero di Gesù, ma soprattutto, penso con preoccupazione, durante il nuovo giorno, di non essere capace di dare una testimonianza coerente, coraggiosa e limpida della mia fiducia della parola di Cristo.

Il gallo del mattino mi turba, mi stimola in maniera più efficace dei salmi e delle riflessioni del libro di meditazione.

Spero tanto che la padrona di casa non finisca di tirare il collo al gallo che mi fa la predica al mattino!

Sono stanco di una religiosità compassata…

Ho sempre tenuta ben stretta la razionalità anche quando ragiono o mi occupo di fatti o discorsi che riguardano la fede.

Io sono ben legato all’affermazione: “Credo ut intelligam ed intelligo ut credam” credo per capire più a fondo e meglio e cerco motivazioni razionali perché facciano da supporto alla mia fede e la rendano credibile per chi mi sta accanto.

Però non ho mai disdegnato di dare un giusto rilievo anche alle sensazioni, ai sentimenti emotivi che accompagnano e talvolta avvolgono i fatti di fede.

Come ho confessato più volte adopero, per la mia meditazione mattutina, un libretto edito dalla congregazione metodista di Genova, una delle tante chiese nate dal movimento protestante, particolarmente diffusa negli Stati Uniti d’America, ma diffusa in tutto il mondo.

La paginetta quotidiana parte da qualche riga del nuovo o vecchio testamento ed è commentata da uno dei tanti fedeli aderenti ad una piccola comunità cristiana sparsa nel mondo, che fa capo a questa chiesa protestante.

Sono quasi sempre riflessioni ingenue, che si rifanno a delle esperienze personali, quasi a commento, supporto e prove della validità del dato biblico. Talvolta sono centrate, talvolta un po’ tirate, ma sempre fresche, candide, luminose e soprattutto illuminate dalla fede che fa brillare come il prato verde illuminato dalla rugiada mattutina.

Mi pare di avvertire, sempre più, che la fede ha bisogno per esprimersi, per farsi sentire vera e convinta, anche di questa freschezza, di questo candore e di questo entusiasmo che sa quasi di estasi e letizia interiore. Sono stanco di una religiosità compassata quasi preoccupata di non avere il consenso degli uomini e dei ben pensanti. Sono anzi sempre più convinto che la fede deve esprimersi con l’incontro di chi è veramente innamorato.

“Va dove ti porta il cuore”

Mi pare sia di una giovane scrittrice triestina il volume che porta un titolo che mi affascina: “Va dove ti porta il cuore”. Mi pare che in questo messaggio ci sia il profumo di un altro splendido pensiero di Sant’Agostino: “Ama e fa quello che vuoi”.

In questi messaggi c’è una componente comune: il coraggio, la radicalità delle scelte, la determinazione ed una magnifica follia.

Ho letto una volta una bellissima preghiera che aveva per titolo: “Signore mandaci dei preti folli!” e tutto il contenuto della preghiera ruotava attorno al concetto di rifiuto della prudenza da ragioniere, d’impiegato d’azienda, di persona che tende a calcolare tutti i rischi, le ragioni che si oppongono all’avventura e ad un’impresa cristiana che non tiene conto eccessivamente dei propri limiti umani per esaltare invece l’aiuto di Dio.

S. Paolo se avesse messo in conto tutti i rischi che avrebbe incontrato sulla sua scelta di portare il Vangelo ai gentili, si sarebbe appoggiato al potere costituito e sulla soluzione che gli avrebbe garantito meno rischi e più risultati. Lui invece scelse l’atto di fede “Nos stulti proter Cristo!” “Non vogliamo per scelta essere folli sulla fiducia in Cristo!”

Le scelte cristiane presuppongono sempre la fede, non però una fede da contabile, ma una fede assoluta che fa il salto fidandosi interamente sulla parola di Gesù.

Trilussa, il poeta romano che scrisse le sue belle e indovinate poesie in vernacolo romanesco, sentenziò: “La fede è bella però senza i ma, i chissà e i perché”

La fede ha una logica che sorpassa con un gran salto la grammatica e la sintassi dei furbi. Oggi nella chiesa e soprattutto nel clero temo sia venuta meno questa santa follia.

Senza questa follia avremo impresette artigiane, botteghe languenti, ma certamente ne testimoni ne apostoli e meno che meno profeti!.

Nessun incontro avviene per caso…

Ho letto una bella riflessione di un uomo di fede che affermava che nessun incontro avviene per caso, ma esso invece capita sempre in rapporto ad un piano predisposto dalla Provvidenza.

Come ci sono leggi ferree, che l’uomo pian piano sta scoprendo, che regolano la vita degli astri, della natura e del micro e macro cosmo così il progetto di Dio regola pure l’incontro di miliardi di persone che popolano il pianeta.

Concludeva quindi la sua riflessione affermando che ogni incontro tra persona e persona è determinato dal fatto che sempre l’uno è l’altro hanno qualcosa di valido da dirsi e da darsi reciprocamente. Tutto questo, di primo acchito, potrebbe sembrare un discorsetto a carattere mistico o poetico; in realtà, se le cose stanno così e ci sono buoni motivi per crederlo, il nostro atteggiamento mentale e comportamentale dovrebbe essere coerente.

Qualche giorno fa, mentre di primo mattino ho recitato il breviario per il bene della mia anima e quello della mia città e della gente che avrei incontrato durante la giornata, mi è tornata alla mente questa lettura, d’istinto mi è venuto in mente il proposito di sperimentare questo discorso che onestamente ha un suo fascino. Confesso che durante il giorno mi sono smarrito più di una volta, ma debbo pur confessare che, quando mi sono ricordato, incontrare le persone come se stessero per offrirti un dono, ascoltarle come se dovessero raccontare una splendida notizia è veramente qualcosa che affascina che rende ricco, caldo il rapporto che ti fa apparire le persone care e belle.

Che Dio mi aiuti non soltanto di accogliere le persone in questo modo, ma di avere un approccio con esse con questo atteggiamento fiducioso e positivo.

“Dona i tuoi fiori ai vivi!”

Nella mia meditazione di questa mattina, tra una distrazione ed un pisolo, quale appendice del tormentato sonno notturno, ho incontrato un pensiero che ho acquisito perché l’ho trovato interessante e quanto mai utile per la vita.

Il pensiero era per un giovane che aveva lavorato per molti anni in un negozio di fiori di una vecchia zia, la quale aveva la saggezza antica delle persone di buon senso.

Una delle massime che aveva appreso questo giovane era molto semplice, ma contemporaneamente molto sapiente: “Dona i tuoi fiori ai vivi!”

Questo cristiano continuava la sua riflessione affermando: “Ho speso una buona parte della mia vita a predisporre delle belle confezioni floreali per aiutare le persone a mostrare il loro amore a qualcuno che è morto, ho scoperto dopo tanto tempo quanto quei fiori avrebbero significato se i destinatari fossero stati vivi”.

Io sono tra le persone che possono comprendere meglio quanto sia giusto e saggio questo discorso, vivendo, da mane a sera, su e giù per l’entrata del nostro cimitero, ove lavorano ben quattro chioschi di fiori che si guadagnano da vivere con gli omaggi floreali ai morti. Sono convinto che pur vivendo lontani, in cielo, i fiori giungano graditi anche ai morti, altresì sono ancor più convinto che sarebbe più intelligente ed umanamente più valido se quei quattro chioschi di fiori lavorassero, da mattina a sera, per permettere alla gente di manifestare affetto, simpatia, riconoscenza ed amore ai giovani o vecchi ancora vivi, verso cui abbiamo legami importanti.

Spero e prego che questa mia riflessione, sul cambio di destinazione dei fiori, trovi qualche riscontro tra le decine e decine di persone che acquistano fiori ai chioschi del cimitero, pur preoccupato dal timore che i miei concittadini non acquistino ed inviino fiori di plastica come ormai si fa quasi sempre per i morti.

Teologia complicata

E’ indubbio che alla mia età o per la difficoltà di aggiornamento sui progressi del pensiero teologico, o per un processo di semplificazione che penso sia naturale negli anziani, o perché nemico naturale di chi complica anche ciò che è semplice, questa mattina mi si è aperto l’animo leggendo la risposta che Gesù dà al teologo che gli chiedeva quale fosse il più importante dei comandamenti.

Tutti, o quasi tutti, conoscono la risposta limpida, senza sbavature, senza possibilità di interpretazioni peregrine ed estremamente concisa e concreta di Cristo: “Ama Dio con tutte le tue facoltà ed ama il prossimo come te stesso”.

Un tempo, in rapporto a questa pagina evangelica, dissi che questo è il più bello e comprensibile corso di teologia che io abbia mai ascoltato ed un’altra volta sentii un prete che affermava che questo compendio teologico-biblico è un testo tascabile che Cristo ci ha offerto perché lo possiamo portare sempre con noi e lo possiamo consultare in ogni circostanza.

Oggi tutto è complicato e difficile, anche le aziende più piccole, ma pure i cittadini comuni, avrebbero bisogno di consulenti a tempo pieno per quanto riguarda il fisco, il codice della strada, i depositi bancari, di norme sanitarie e di ogni altro aspetto della nostra vita sociale. Vuoi vedere che anche i rapporti col Creatore sono regolati da discorsi e disposizioni macchinose, complicate e difficili?

Ad ottant’anni, questa è la mia età, ho mandato dal rigattiere la mia biblioteca di teologia, biblica, ascetica, morale e quant’altro e mi sono tenuto solamente questa sentenza evangelica e il Padre Nostro. Ho costatato che questo mi basta per vivere da cristiano, anzi, confesso che temo che un certo allontanamento dalla pratica religiosa sia determinato proprio da un supercarico di arzigogolanti discorsi di teologia che schiacciano il cuore ed il pensiero e che ti allontanano da Dio!

Sacerdoti in viaggio d’estate

Tra me e mio fratello don Roberto, parroco di Chirignago, c’è grande stima e profondo affetto, però ognuno di noi vive la sua vita.

Sia l’uno che l’altro siamo stati abituati, dai nostri genitori, a lavorare seriamente, a non perder tempo, a spenderci totalmente per la nostra gente.

Don Roberto, sta ottenendo in parrocchia, a mio modesto parere, dei grossi risultati. Io l’ammiro e sono convinto che abbia delle risorse d’intelligenza, di capacità di comunicare e di simpatia superiori di molto alle mie, anche perché, mentre io sono un introverso, musone e schivo, egli è esattamente l’opposto assomigliando a mio padre che era di una simpatia unica.

Con questo non è detto che condivida ogni sua scelta e credo che anche lui nei miei riguardi pensi allo stesso modo.

Io seguo la sua vita mediante le confidenze positive dei suoi parrocchiani che ho modo di incontrare e soprattutto leggendo il suo bollettino parrocchiale che lui, gentilmente, mi fa avere ogni settimana. Normalmente non mi lascio invischiare dalle polemiche e dalle sue vicende pastorali per non sembrare che lo faccia per motivi di parentela.

Ultimamente don Roberto ha scritto un corsivo in cui affermava di non approvare i parroci e i preti che durante l’estate mollano le parrocchie per andare a visitare gli angoli più remoti del pianeta.

Se non che un confratello, che peraltro vive lontano dall’Italia, gli ha mandato un reprimenda, dicendogli che non ha diritto di giudicare, che ognuno è responsabile di se stesso.

Don Roberto ha risposto chinando il capo in atto di pentimento e difendendosi accampando un argomento che non condivido, ossia che per farsi leggere bisogna adoperare anche un po’ di pepe.

Io ho ottant’anni, non mi permetto di giudicare alcuno nominalmente, ma affermo a chiare lettere che, questo modo di riempire i mesi estivi, è un malcostume mondano, per nulla evangelico e pastoralmente negativo.

Ci sono mille modi per aprirsi al mondo, per farsi una cultura larga. Tacere su questo argomento significa connivenza, privare i fratelli di quella correzione fraterna che a cominciare da S. Paolo ai profeti dei giorni nostri, fortunatamente non è mai mancata.

Se la pastorale va male, una grossa responsabilità ricade anche sulle carenze dei sacerdoti, cioè di noi preti, per essere chiari!

Saggezza senza intelligenza

Ogni tanto mi tornano alla mente delle massime che i miei vecchi insegnanti mi hanno trasmesso durante il tempo della scuola. Erano, quelle massime, delle verità alle quali essi erano arrivati pian piano mediante la ricerca e la riflessione e che essi ci donavano come delle perle preziose, ma che noi studenti, ricevevamo con atteggiamento poco attento e spesso annoiato.

Col passare del tempo però queste verità emergono dalla mia memoria come talvolta emergono dai ghiacciai reperti della guerra mondiale e di vicende ancora più remote.

Qualche giorno fa ripensai ad una vecchia massima che un insegnante di italiano, durante gli anni del liceo, andava ripetendoci ogni tanto: “A questo mondo è abbastanza facile incontrare persone intelligenti o di vasta cultura, mentre è molto più difficile incontrare persone sagge”.

Poi quell’insegnante continuava la sua lezione di vita affermando che solamente i saggi sanno vivere, mentre spesso gli intelligenti combinano solo guai.

Ora solamente capisco quanta ragione aveva quel professore e quanto valido era il suo insegnamento perchè egli non si limitò ad offrirci il suo teorema, ma spesso ci dava delle indicazioni per diventare pure noi saggi.

Credo che, ai nostri giorni, come non mai, la gente è scolarizzata, tutti siamo informati da mane a sera dai giornali, televisione, internet su quanto avviene in questo nostro mondo tribolato ed irrequieto, eppur mai c’è stato un tempo tanto strampalato, della gente così balorda, asservita alle mode di pensiero, succube di una economia che pur di far soldi è disposta a rovinare la gioventù con la droga e lo sballo.

Beati i nostri vecchi, che con poca cultura sapevano vivere e morire da uomini dabbene!

Ricordo della maestra Irma Strassera

Poco tempo fa, dopo aver percorso una lunghissima via dolorosa, è morta una insegnante elementare in pensione: Irma Strassera.

Mi hanno informato dalla parrocchia di questo decesso e del desiderio dei familiari che potessi concelebrare ai funerali della loro cara.

Essendo nella possibilità di farlo, l’ho fatto tanto volentieri, perché avevo e credo di avere ancora un grosso debito nei riguardi di questa donna.

Non avendola conosciuta, don Danilo, l’attuale parroco di Carpenedo, mi sollecitò di fare una breve testimonianza. L’ho fatto molto volentieri, anche se io sono molto schivo di aggiungere parole, durante questi riti, che per la mia sensibilità, sono spesso prolissi e formali.

Sentii il dovere di premettere che per la defunta, da cui prendevamo commiato, sarebbero state adeguate solamente le parole di De Amicis o di Guareschi, letterati che ebbero il culto della loro maestra elementare, non le mie così disadorne e poco incisive.

Irma, è stata semplicemente “la maestra” colei che aveva scienza, valori e verità da passare e che ha passato ad innumerevoli generazioni di bambini, senza complessi e senza le inibizioni di certi consigli di classe che hanno riempito la scuola di saccenza, pettegolezzi e non di rado di stupidità o pseudo politica.

La maestra Strassera continuò indisturbata ad educare, fino alla pensione, ai principi civici, morali e religiosi senza paura e senza titubanze di sorta.

Sono stato felice di mettere un po’ di cornice ad una donna e ad una docente del genere, in un tempo in cui prosperano, in ogni settore della società e della chiesa, mezze tacche, funzionari e non infrequente, servi più attenti alla circolare che alla coscienza.

Sarà difficile, ma spero che ci sia ancora qualcuno capace disposto a ricevere il testimone che la maestra di Carpenedo ci ha passato.

La nostra soluzione ai mali del mondo d’oggi

Nota: pubblichiamo questo articolo a varie settimane di distanza dal fatto che riporta per tutelare le persone coinvolte.

Oggi ho celebrato il funerale di una giovane donna che avevo conosciuto durante il commiato a suo fratello una ventina di giorni fa.

Non ha retto alla solitudine e al dolore per la morte precoce del fratello, con cui viveva in profonda simbiosi e pur dimorando in una “torre” della Cita in cui abitano centinaia di famiglie, per depressione e solitudine si è buttata dal 13° piano.

L’avevo notata, questa donna, perchè durante il mio sermone era intervenuta a favore del fratello che diceva fosse una cara persona, cosa su cui mi trovavo perfettamente d’accordo.

Pur non conoscendo il defunto avevo avuto la sensazione che si era fatto voler bene per la sua generosità e il suo impegno verso gli altri.

Ieri una ragazza che conosco fin da bambina, è venuta al don Vecchi sconvolta e piangente. Una sua amica le aveva telefonato di notte dicendole concitata che l’avrebbe fatta finita e mentre lei tentava di dissuaderla, ha premuto il grilletto della pistola di ordinanza, faceva infatti la guardia giurata.

L’annuncio della morte dell’amica l’è giunto nel cuore della notte mediante il rumore infernale dello sparo.

Questa è la società, il mondo, che si sono emancipati dai tabù del cristianesimo ed hanno raggiunto, secondo i radicali e non solo loro, un livello di una nuova e migliore civiltà.

A noi credenti tocca il compito di raccogliere i cocci dei valori che, politici, pseudo scienziati e pseudo uomini di cultura, stanno promuovendo con zelo degno di miglior causa.

Le crociate non sono più di moda, però è tempo e forse anche troppo tardi, di affermare in maniera chiara e senza sfumature che il messaggio cristiano è l’unica soluzione ai mali infiniti del mondo d’oggi.

Povera Italia sì bella e perduta!

Stavo, idealmente, compiacendomi con Berlusconi e il suo staff per la rapida e decisa azione con cui ha eliminato, dalle strade di Napoli e delle cittadine campane, i cumuli di immondizia.

Se non che qualche mattina fa è venuto a messa in cimitero il marito di una mia indimenticabile e generosissima collaboratrice, che avendo il consorte che lavorava in meridione aveva anche molto tempo libero da dedicare al prossimo.

Finita la messa venne in sagrestia a salutarmi.
Questo signore è un tipo un po’ burbero, di poche parole, abituato a comandare un esercito di operai avendo fatto il capo cantiere nei paesi in cui la mafia regna sovrana.

Conoscendo la sua lunga dimestichezza con quell’ambiente, gli manifestai, appunto, l’ammirazione per il governo che in quattro e quattrotto aveva vinto ove Prodi aveva fallito. Ebbe un risolino di compatimento per la mia dabbenaggine e poi con fare scontato mi disse: “Si sono messi d’accordo con la mafia, hanno trovato un compromesso!”

Tentai di obiettare qualcosa. Rimase irremovibile come avesse proclamato un dogma di fede. “Là, don Armando è così! Pensi che la prima volta che andai alla stazione dei carabinieri per una difficoltà di ordine legale, che era insorta nel mio cantiere, il vecchio maresciallo dei carabinieri mi disse in un orecchio: ”Quando avesse una qualche difficoltà, vada da loro che gli risolveranno in qualche modo il problema, da noi lo complicherebbe comunque!”

Quindi Berlusconi non c’entra pur disponendo, oltre la polizia, anche dell’esercito!
Non so proprio cosa pensare!
Un terzo dei deputati pare che non disdegni la droga, un terzo del Paese è comandato dalla mafia.

Povera Italia sì bella e perduta!

Io ho la fortuna di confidare nel Signore, che prima o poi giudica e castiga con giustizia, ma chi non avesse questa fede non so proprio come possa sperare in un domani migliore per la nostra Paese!

Religione e sette

Non sono moltissimi gli uomini che pensano, però fortunatamente ogni tanto ne incontri qualcuno, non sempre questo qualcuno è un cattedratico, un filosofo o un ricercatore che spende tutta la sua vita sui libri.

Qualche giorno fa mi ha accompagnato al cimitero di Chirignago, per dire un’ultima preghiera e benedire il loculo ove attenderà la resurrezione finale, una giovane sposa, un impresario di pompe funebri della nostra città, al quale, piuttosto di starsene in ufficio a dirigere l’impresa, piace muoversi ed avere contatto con la gente.

Questo signore, che suppongo non sia laureato nè in filosofia nè in teologia, che provenendo da una famiglia che si è sempre interessata di pompe funebri, immagino abbia, soprattutto, una grande esperienza di epigrafi, bare e regolamenti mortuari, ma che si caratterizza però un po’ perché partecipa a voce alta e in maniera disinvolta, alla preghiera del sacerdote e dialoga volentieri dei problemi della vita. Mentre molti altri impresari, del settore, pare che siano religiosamente asettici e pur trafficando da mane a sera con preti, chiese e riti funebri, sembra che trattino queste cose in maniera distaccata quasi che quello che vedono e sentono non li riguardi affatto e parlano solamente della concorrenza.

Comunque il discorso cadde sulla religione e sul modo di essere religiosi nel nostro tempo. La cosa mi faceva quanto mai piacere perché su questo argomento è impegnata la mia vita. Ebbene questo signore disse delle cose su cui mi trovo totalmente d’accordo, affermando, con convinzione, che la proposta cristiana è la più seria, la più umana, la più rispondente alle attese e ai bisogni degli uomini del nostro tempo e si meravigliava che tanta gente pare rifiuti i segni con cui questa fede si alimenta e si esprime e si meravigliava alquanto che vi siano certe persone che voltano le spalle a questa sana interpretazione della vita e della morte per abbracciare sette con riti assurdi ed esoterici, estranea dalla nostra cultura, che impongono norme e comportamenti inconsistenti e risibili dal punto di vista razionale ed esistenziale.

Fui felice del discorso tanto che lo proporrei come presidente del consiglio pastorale della diocesi!

“don Armando parla poco, ma scrive molto e non sempre ha ragione!”

A botta calda non ho avvertito più di tanto il colpo.

Ora, però, un po’ perché me lo hanno fatto osservare i tanti presenti all’inaugurazione del don Vecchi di Marghera ed un po’ perché ci ho ripensato più attentamente, l’osservazione fattami pubblicamente dal Patriarca mi pare sempre più pesante. Il Patriarca, in tono bonario, ma affermando ciò che probabilmente maturava da tempo nel suo animo disse: “don Armando parla poco, ma scrive molto e non sempre ha ragione!”

Apparentemente disse una cosa ovvia e scontata, quasi superflua.

Il dogma cristiano che afferma, e non da tanto tempo, che lo Spirito Santo garantisce l’infallibilità solamente al Papa ed in pochissime occasioni e su pochissimi argomenti, sancito dal Concilio Vaticano primo, essendo dissenzienti Vescovi e cristiani, oltre a tutte le chiese protestanti che erano e sono fermamente contrari a questa definizione.

In verità il Santo Padre ha fatto pochissimo uso di questa prerogativa, che poi riguarda i “massimi sistemi” che perciò normalmente interessa poco la vita della gente comune.

Quindi che un povero prete, per di più vecchio, non dica sempre cose sagge ed opportune, dovrebbe essere più che normale e quindi nemmeno degno di essere sottolineato.

C’è stato chi si è dato la briga di raccogliere in un libro gli svarioni dei ragazzi a scuola, ne è risultata un’antologia esilarante.

Penso che se anche qualcuno si desse da fare per raccogliere tutte le corbellerie e le affermazioni improprie o inopportune pronunciate da teologi ed uomini di chiesa, anche di alto rango, se ne potrebbe fare un’enciclopedia!

Venendo a me, non ho mai pensato di essere un saggio, di affermare sempre ciò che è vero ed opportuno, però ho sempre tentato di riflettere, di contribuire con la mia ricerca umile e discreta al bene dell’uomo e del cristiano e l’ho fatto sempre per amore della comunità e della religione.

E’ vero che voci del genere sono mosche bianche, fastidiose perché mosche ed insolite perché bianche! Terrò certamente presente l’ammonizione doverosa, ma non più di tanto dato che oggi non si usa più la mordacchia!

La religione non è per Dio, ma per l’uomo!

Quando una persona fa una scoperta elementare, quasi ovvia, si dice che ha scoperto l’uovo di Colombo.

Si dice infatti che qualcuno aveva sfidato un gruppo di cittadini di far stare in piedi, ossia in assetto verticale, un uovo; cosa impossibile. Infatti nessuno ci riusciva, si dice che Colombo avrebbe vinto la sfida schiacciando un po’ una estremità così da far sì che l’uovo potesse stare in piedi. Facile! Sì, però uno soltanto, lo scopritore dell’America, ebbe questa intuizione. A me, leggendo il brano del Vangelo di ieri, mi è parso di fare la scoperta dell’uovo di Colombo!

Da tanto tempo mi stavo domandando perché al Creatore del cielo e della terra piacesse tanto pretendere certe preghiere, certi riti, da imporre comandamenti, sacramenti e tutta quella congeria di salmi, prescrizioni, precetti, novene, feste e norme varie?

Un personaggio così intelligente, creativo, ricco di iniziativa, fantasioso nella sua creazione e con un senso estetico che ha dimostrato di avere costruendo l’universo, gli dovrebbero piacere certe funzioni monotone, ripetitive, noiose anche per noi poveri mortali, dovrebbe essere dispiaciuto così da soffrirne per le nostre beghe, le nostre scappatelle e le nostre trasgressioni? Non trovavo risposta! E per di più nessuno me ne aveva parlato mai.

S’accese la lampada interiore, così che riuscii a far stare in piedi il famoso uovo! Mi pare di aver finalmente capito che tutto l’apparato di una religione non è finalizzato al gradimento, al piacere e alla soddisfazione di Dio, quasi avesse bisogno della nostra “commediola” per essere felice, ma è tutto impostato per rendere più nobile, alta, serena, pacifica e felice la vita degli uomini!

La religione non è per Dio, ma per l’uomo!

Così i conti tornano e mi paiono giuste le norme e le attese di Dio! Non so quanti fedeli abbiano capito questo e se l’hanno capito perché non me l’hanno detto?

Comunque sono tanto contento anche se sono arrivato tanto tardi!

“L’uomo non è fatto per il sabato, ma il sabato per l’uomo!”

Incontro talvolta, nei brani del Vangelo, che la chiesa ci fa leggere durante la Santa messa, delle parole che letteralmente mi esaltano. Mi fanno veramente felice suddette pagine perché, spesso mi pare di trovarmi solo, quasi isolato nel mio interpretare il messaggio cristiano.

Allora, quando mi pare che il pensiero di Gesù collimi esattamente con il mio modo di voler essere cristiano, o meglio quando mi accorgo che il mio pensiero è nella stessa linea di quello di Cristo, sono preso da una profonda ebbrezza interiore tanto da sentirmi sereno anche se la maggior parte dei confratelli, la pensa in modo totalmente diverso da me.

Il brano che mi ha fatto felice, qualche giorno fa, è quello arcinoto che descrive che gli apostoli, avendo fame e passando accanto ad un campo di grano, sfregano tra le mani le spighe e mangiano i chicchi di frumento.
Questo gesto, anch’io da bambino, vivendo in campagna, l’ho fatto.

Arriva pronta la critica di quei bigotti legalisti che erano i farisei. Accusano Gesù e gli apostoli non tanto perché avevano preso cosa non loro, ma perchè avevano infranto il precetto del sabato che imponeva giustamente il riposo nel giorno del Signore.

Gesù dà quella stupenda risposta: “L’uomo non è fatto per il sabato, ma il sabato per l’uomo!”

Le norme, le leggi hanno una loro giusta funzione e si debbono osservare, ma sempre vanno applicate avendo attenzione al bene dell’uomo.

La legge in assoluto, come vorrebbe un certo legalismo, purtroppo presente anche nel nostro tempo, è un assurdo, un’ingiuria contro l’uomo ed una “bestemmia” contro Dio!

Mi dicono che in Inghilterra non esiste il codice civile e penale, che ha una condanna per ogni tipo di mancanza, ma solamente alcuni principi che i giudici applicano, secondo coscienza, per aiutare i cittadini a far meglio.

Forse, può darsi, che anche per questo, i giudici inglesi non hanno la disistima e talvolta il disprezzo che riscuotono spesso gli italiani!