Ho sempre tenuta ben stretta la razionalità anche quando ragiono o mi occupo di fatti o discorsi che riguardano la fede.
Io sono ben legato all’affermazione: “Credo ut intelligam ed intelligo ut credam” credo per capire più a fondo e meglio e cerco motivazioni razionali perché facciano da supporto alla mia fede e la rendano credibile per chi mi sta accanto.
Però non ho mai disdegnato di dare un giusto rilievo anche alle sensazioni, ai sentimenti emotivi che accompagnano e talvolta avvolgono i fatti di fede.
Come ho confessato più volte adopero, per la mia meditazione mattutina, un libretto edito dalla congregazione metodista di Genova, una delle tante chiese nate dal movimento protestante, particolarmente diffusa negli Stati Uniti d’America, ma diffusa in tutto il mondo.
La paginetta quotidiana parte da qualche riga del nuovo o vecchio testamento ed è commentata da uno dei tanti fedeli aderenti ad una piccola comunità cristiana sparsa nel mondo, che fa capo a questa chiesa protestante.
Sono quasi sempre riflessioni ingenue, che si rifanno a delle esperienze personali, quasi a commento, supporto e prove della validità del dato biblico. Talvolta sono centrate, talvolta un po’ tirate, ma sempre fresche, candide, luminose e soprattutto illuminate dalla fede che fa brillare come il prato verde illuminato dalla rugiada mattutina.
Mi pare di avvertire, sempre più, che la fede ha bisogno per esprimersi, per farsi sentire vera e convinta, anche di questa freschezza, di questo candore e di questo entusiasmo che sa quasi di estasi e letizia interiore. Sono stanco di una religiosità compassata quasi preoccupata di non avere il consenso degli uomini e dei ben pensanti. Sono anzi sempre più convinto che la fede deve esprimersi con l’incontro di chi è veramente innamorato.