Le onoreficenze dovrebbero andare a chi lavora senza clamori!

Le onoreficenze dovrebbero andare a chi lavora senza clamori!

In città vi sono alcune associazioni che han scelto di dare un riconoscimento pubblico ai cittadini, che secondo il parere dei responsabili dell’associazione, meritano questa attestazione di stima per il loro impegno civile e di solidarietà.

In città ci sono certamente innumerevoli cittadini che meriterebbero questo encomio e questo riconoscimento per il loro impegno e per i servizi che svolgono con umiltà ed in silenzio.

Ma appunto da questo operare umile e discreto di molti non sempre emerge l’esemplarità del loro impegno, tanto che solo il buon Dio, che vede tutto, li premierà un giorno.
Mentre poche persone, che per l’ambito in cui sono impegnate o per il loro modo di operare emergono presso l’opinione pubblica così che queste associazioni che desiderano metter in luce l’impegno sociale finiscono per avere poca scelta e, se si esclude qualche caso, finiscono a dare sempre agli stessi questi riconoscimenti.
Questo è il mio caso, l’adoperare i mass media per denunciare cose storte o per promuovere iniziative positive ha fatto sì che, nonostante la mia pochezza, sia diventato un personaggio di una certa notorietà a Mestre-Venezia.

Alcuni anni fa fui premiato dalla scuola grande di San Rocco con una medaglia d’oro veramente consistente. Ricordo d’aver regalato a mia volta suddetta medaglia alla dottoressa Lina Tavolin che per molti anni s’è addossata l’onere di portare fuori dalle secche “Il Germoglio”; Centro polifunzionale per l’infanzia della comunità di Carpenedo e di farne con il suo sacrificio e la sua competenza la migliore scuola d’infanzia della città. La signora Lina meritava certamente più di me questa grossa medaglia dell’antica confraternita veneziana, per il suo lavoro silenzioso, generoso e quanto mai positivo.

Mi è venuto in mente questo episodio qualche giorno fa quando suor Angela Salviato, l’angelo dei poveri di Mestre, silenziosa ed instancabile m’ha regalato la medaglia che lo scorso anno la scuola di San rocco le ha consegnato in giusto riconoscimento dei suoi meriti. Avrei certamente qualcuno a cui passarla in riconoscimento delle sue virtù, ma quasi certamente sarò costretto a venderla o a cederla al miglior offerente per pagare il Centro di Campalto!

Il volto del Signore si vede anche nell’Arte, non solo in “lodi” e “vesperi”!

Sono sempre stato un appassionato cultore d’arte. La pittura, la scultura ed ogni forma artistica mi hanno incantato e riempito di ebbrezza. Questo amore, che mi è stato trasmesso sui banchi del liceo da monsignor Vecchi, mi ha spinto a diventare anche un appassionato collezionista ed un promotore di ogni forma d’arte.

Mi pare che “La cella”, la galleria che ho aperto tanti anni fa alla base del campanile di Carpenedo, abbia ospitato finora quasi quattrocento e cinquanta mostre e l’attività ambiziosa a favore degli artisti di Mestre e del Veneto s’è sviluppata e cresciuta poi mediante le biennali d’arte sacra e gli incontri asolani, ai quali aderirono a decine e decine gli artisti della zona che finalmente scoprivano nella comunità cristiana un punto sicuro di riferimento e di confronto.

Non tutti i progetti sono andati in porto, ma comunque quel tempo è stato una bella stagione per me, per la parrocchia e per gli artisti con i quali s’era iniziato un dialogo di riconciliazione verso quella chiesa dalla quale essi avevano divorziato da ormai troppo tempo. Quella stagione in cui la comunità cristiana s’era aperta ai tempi nuovi mediante l’arte, la musica, le rassegne corali, lo sport, la comunicazione sociale con la stampa e la radio ha segnato anche un arricchimento di opere d’arte moderna. Il don Vecchi, che possiede solamente una parte delle opere d’arte disseminate in tutte le strutture parrocchiali, ma comunque possiede di certo la più grande galleria cittadina.

Ora pare che questo movimento abbia incontrato una battuta d’arresto, ma fortunatamente alcuni germogli nati da questo ceppo hanno cominciato a fiorire con alcune gallerie: “La piccola di Chirignago”, “La fornace” di viale don Sturzo, la “San Lorenzo” del Duomo e da ultimo la “San Valentino” del don Vecchi di Marghera.

Spero e prego che prima o poi qualche cristiano scopra finalmente che l’uomo del nostro tempo non può vivere solamente di “lodi” e di “vesperi” ma ha anche bisogno di vedere il volto del Signore anche in ogni espressione di bellezza e di poesia.

L’egoismo si scaglia contro la cittadella della solidarietà!

Uno dei bersagli preferiti dai cittadini, che pensano di aver motivi per lagnarsi dei servizi sociali e in generale del funzionamento di tutta la complessa organizzazione della vita di una città, sono gli amministratori e i politici in genere.

Io scopro di appartenere purtroppo a questa gente e a questo modo di reagire a disservizi o ai comportamenti e regole che non mi piacciono o che non condivido per motivi particolari.

In questi giorni, pur tardivamente mi pare di avvertire che tutto questo non è proprio assolutamente giusto che avvenga. Da un lato perché le sfaccettature della vita sociale sono pressoché infinite, e i modi di pensare altrettanto diversificati, ma soprattutto perché ogni volta che vengono toccati gli interessi veri o presunti o semplicemente le situazioni stratificate nel tempo, la valutazione del bene comunque passa all’ultimo posto ed emergono gli interessi personali, che praticamente pare escludano in partenza ogni senso di giustizia e di solidarietà.

Le mie perplessità sono nate dal fatto che l’annuncio del sogno di creare a Mestre “La cittadella della solidarietà” ha entusiasmato un giornalista de “Il Gazzettino” ed un responsabile Rai 3, persone però che hanno dato una valutazione meramente teorica all’iniziativa, ma che ha provocato la reazione immediata di un prelato che ha ritenuta scavalcata la sua autorità e di un cittadino, che abita nei paraggi del sito proposto per la sua realizzazione, che teme che venga turbata la pace di un quartiere privilegiato e che non esitava a denunciare “l’iniquo progetto” alla stampa, al sindaco, e perfino al nuovo governatore del Veneto e al Patriarca, tutte persone che per posizione sociale dovrebbero essere i fautori più convinti di un simile progetto.

Tutto questo è avvenuto solamente per la notizia di un sogno di un gruppetto di idealisti, però ciò può dare la misura di quello che avverrebbe se si cominciasse a calare a terra il sogno! L’egoismo è mille volte più pernicioso e radicato dalla magia, ma mentre questa è osteggiata dalla forze dello Stato, l’egoismo pare possa vivere indisturbato nella coscienza dei benpensanti!

Nubi sulla Giunta

Nota della redazione: questo appunto è stato scritto prima dell’incontro avuto lunedì 10 maggio al don Vecchi tra il presidente e direttore della Fondazione, il dottor Gislon e la dottoressa Corsi per il Comune dell’assessorato della sicurezza sociale. In tale incontro sono state date le più ampie promesse che l’amministrazione comunale fornirà il personale sufficiente per rispondere al grave problema dell’autonomia limitata dei nostri anziani. Un buon inizio!
Sono passate ormai alcune settimane dalle ultime elezioni. Ogni mattina sono andato a verificare nelle pagine de “Il Gazzettino” dedicate alla città, se il sindaco Orsoni avesse scelto gli assessori della nuova giunta.

Nei primi giorni i giornalisti insistevano sulla determinazione di Orsoni di dare segnali di discontinuità, e sulla volontà di essere lui a decidere. Poi pian piano il giornale ha cominciato a riferire sulle beghe dei partiti che si disputavano i posti da far occupare ai loro aderenti. Il discorso della discontinuità e degli uomini nuovi è totalmente scomparso. Se non che sabato 17 aprile sono usciti dal cilindro del prestigiatore, i nomi di personaggi vecchi come il cucco, che da decenni hanno costretto la città a vivacchiare in qualche modo!

Io ero e sono interessato in maniera particolare all’assessore delle politiche sociali. Sempre “Il Gazzettino” informa che sarà il prof. Sandro Simionato, già presidente del quartiere Carpenedo Bissuola e nell’ultima giunta Cacciari assessore alle politiche sociali. Onestamente debbo confessare che sono preoccupato, a meno che non abbia avuto “una folgorazione sulla via di Damasco” nel passato per quanto almeno riguarda il recupero dei generi alimentari in scadenza e il don Vecchi, la sua azione è stata ben poco soddisfacente! M’è parso che non solamente non fosse disposto a spendersi per la soluzione di questi problemi, ma ne provasse perfino nausea a sentirli rammentare.

Quanto prima chiederò un incontro e qualora non si passasse dalle chiacchiere ai fatti, farò le scelte che conseguono a chi è in difficoltà.

Non sono assolutamente disposto a tollerare disinteresse ed inefficienza!

I due principi alla base delle mie inizative sociali

Nel giro di una settimana mi è stato richiesto dall’Università della terza età prima e da RAI3 dopo un’intervista televisiva sui progetti e sulle strutture di solidarietà che mi stanno a cuore e di cui mi occupo attualmente. L’Università della terza età, alla fine di un corso si riproponeva di realizzare un servizio televisivo sul rapporto tra indigenza e solidarietà a Mestre, mentre RAI3 era interessata al progetto di cui la stampa aveva parlato; cioè della “cittadella della solidarietà” ossia di un luogo in cui si diano risposte concrete ad ogni tipo di bisogno: ostello, mensa popolare, emporio di vestiti, un'”Ikea” per i mobili, di arredo per la casa, un centro di distribuzione di generi alimentari e di supporti per gli infermi.
Tutto questo esiste già, anche se non completamente, presso il Centro don Vecchi, ma esiste in maniera sacrificata ed in ambienti inadeguati, mentre noi sognamo un centro pensato e realizzato con questa finalità specifica.

In ambedue queste occasioni gli intervistatori mi hanno chiesto il movente che mi spinge a queste “missioni impossibili” e dove trovare i mezzi economici per realizzarle. Sono felice di mettere a fuoco queste due questioni di fondamentale importanza.

Primo; è mia assoluta convinzione che l’essere cristiani comporta una fede forte e convinta in Dio ed una solidarietà concreta verso il prossimo. Mi pare che su questo punto Cristo sia stato chiaro; considero quindi un aborto cristiano la pretesa e l’illusione d’essere cristiani senza essere concretamente solidali verso il prossimo.

Secondo; l’impegno a sviluppare strutture e servizi di solidarietà non deve partire ed appoggiarsi sui mezzi che abbiamo a disposizione, ma sui bisogni che il prossimo ha. Questo l’ho imparato dal miracolo della moltiplicazione dei pani. Cristo quando disse agli apostoli: “Provvedete a dar da mangiare alla folla”, conosceva bene la situazione economica inadeguata dei suoi discepoli, ma conosceva ancor meglio la fame dei suoi ascoltatori.

Questi due principi hanno sempre sorretto le mie iniziative sociali, e questi due principi si sono sempre mostrati estremamente validi!

Ho raccontato i semi del mio sogno per gli anziani quasi-autosufficienti

Un giornalista, a motivo della sua struttura mentale e soprattutto della sua professione, è sempre più informato su ciò che sta maturando nella vita odierna. Confidavo, nell’incontro avuto con il dott. Dianese, a cui sono legato da stima ed amicizia, che una volta nominata la nuova giunta comunale, avrei tentato di organizzare un incontro coll’assessore alla sicurezza sociale e i massimi funzionari del Comune che si interessano alle problematiche sociali, ossia il dottor Gislon e la dottoressa Francesca Corsi. Vorremmo spiegare che i due progetti avrebbero solo dei fondamenti di carattere sociale ma soprattutto rappresenterebbero un “affare” per il Comune, facendogli essi risparmiare una barca di soldi. Al “Don Vecchi” abbiamo certamente più di una ventina di anziani ancora consapevoli e capaci di autogestire la propria vita, ma con forti disabilità fisiche, anziani che dovrebbero essere trasferiti in casa di riposo per non autosufficienti, dato che nella nostra società non ci sono strutture che rispondono alle esigenze dello stadio intermedio tra l’autosufficienza e la non autosufficienza, mentre questo spazio esiste nella realtà.

La soluzione che noi proponiamo oltre agli immensi vantaggi per la qualità di vita di questi anziani, farebbe risparmiare all’amministrazione comunale circa quarantamila euro al mese e alla Regione almeno ventimila, ossia 720.000 euro all’anno. Ciò significa che in tre, quattro anni il Comune e la Regione coprirebbero i costi di una struttura che poi continuerebbe l’assistenza a venti anziani con autosufficienza precaria a costo zero.

Mi auguro che queste motivazioni di ordine economico possano convincere gli amministratori che stanno entrando in carica.

Il dottor Danese mi ha confidato che Orsoni vorrebbe assegnare al dottor Bettin l’assessorato alla sicurezza sociale e al dottor Micelli l’urbanistica. Se le cose andranno così penso che avremo già ottime premesse perché i nostri sogni possano realizzarsi.

L’intervista al Gazzettino

Una mattina prima mi ha telefonato e poi mi ha fatto visita al “don Vecchi” il dott. Maurizio Dianese, una delle penne più appuntite e più graffianti de “Il Gazzettino”.

Gli interventi di Dianese sul quotidiano cittadino non passano mai inosservati perché non rappresentano mai una cronaca distaccata, asettica, che informa la cittadinanza su qualche avvenimento, ma quasi sempre suonano a denuncia, propongono problematiche presenti e vive, o mettono il dito su qualche piaga.

Il giornalista mi telefonò spiegandomi che gli erano giunte all’orecchio due cose che lo interessavano e che riteneva interessanti per l’opinione pubblica. Quasi certamente aveva letto su “L’incontro” i due progetti che attualmente mi stanno appassionando, nonostante l’età e le vicissitudini della mia salute.

Fui ben felice di incontrarlo, da un lato perché avverto che c’è in ambedue una certa assonanza di idee e una certa repulsione per una vita paciosa e senza sbocchi ideali, e dall’altro lato perché sono ancora più convinto che se non si matura l’opinione pubblica a certi valori, ben difficilmente si riescono a portare avanti certe iniziative, specialmente da parte di persone che non hanno soldi come me.

Gli ho parlato del progetto di una struttura per rispondere ai problemi degli anziani che sono in una fase di perdita di autosufficienza e che, pur idonei a rimanere ancora in una struttura di persone libere ed autonome, hanno bisogno di una struttura che essa sia ancor maggiormente protetta, per rimanere ancora padroni di casa ed autonomi nelle loro decisioni.

Gli ho parlato infine della “Nomadelfia” mestrina, ossia di una cattedrale della solidarietà in cui i cittadini in disagio economico possano trovare una risposta dignitosa ed esaustiva alle loro difficoltà.

M’è parso entusiasta sia dell’una che dell’altra cosa. Molto probabilmente almeno centocinquantamila lettori de “Il Gazzettino” sapranno che tra loro c’è chi sta sognando e lavorando per due soluzioni che faranno fare a Mestre e Venezia un passo avanti nel campo della solidarietà.

Gran parte dei confratelli forse penserà che sono un illuso o un prete con mania di protagonismo, spero però che gli uomini di buona volontà inizino a condividere questi due nuovi obiettivi.

Un funerale povero a Mestre, città sempre più disumana…

Cristiano, il capoufficio della Veritas della direzione del cimitero, mi ha chiesto di accompagnare alla sepoltura la salma di uno sconosciuto che dopo essere stato parcheggiato per lungo tempo nei frigoriferi delle celle mortuarie, si congedava dalla città in cui è vissuto con un “funerale di povertà”

Ho chiesto se ci fosse stato qualche parente o qualche amico. La risposta è stata pronta e malinconica; “Nessuno! ha dei parenti, ma non ne hanno voluto sapere perché temevano di dover pagare qualcosa”.

La mattina era gelida il vento del nord sferzava i cipressi, le lapidi e i nostri volti nel cimitero quasi deserto.

Ci avviammo con la bara dei poveri trasportata su un carrello di ferro spinta da quattro necrofori in tuta da lavoro e gli scarponi infangati dal terreno melmoso del campo. Io davanti con la stola viola, dietro la bara Cristiano, il dirigente che non manca mai di accompagnare i poveri al sepolcro.

La terra era franata motivo per cui l’escavatore dovete rifare la fossa, poi la preghiera e la sepoltura.

Fui edificato dal contegno particolarmente dignitoso dei seppellitori, alla mia benedizione, cosa insolita, tutti si segnarono devotamente e poi presero le vanghe per coprire di terra benedetta la bara del fratello che si accomiatava tanto poveramente.

Sembrava che il mistero della morte di una persona sola in una città spesso anonima ed indifferente ai drammi dell’individuo, colpisse particolarmente la coscienza e il cuore di queste persone umili ma sane che percepivano la tristezza dell’indifferenza di un mondo disposto a beneficiare dell’apporto di tutti, ma che rimane sordo di fronte al dramma della persona. Ritornai in chiesa a chiedere al Signore che accogliesse benevolmente il figlio che ritornava a casa solitario, e lo ringraziai per la calda e semplice testimonianza di umanità che avevo colto in Cristiano e nei suoi quattro dipendenti, umani e fraterni in una città che di giorno in giorno diventa sempre più disumana.

Un nuovo sogno: la cittadella della solidarietà!

Sognare non costa niente ed io che di soldi ne ho sempre troppo pochi per fare ciò che riterrei necessario per il prossimo al quale ho scelto di dedicarmi, mi consolo sognando.

Poi capita che finisco di innamorarmi pazzamente dei miei sogni, ne rimango così contagiato dall’opportunità di concretizzarli tanto da finire a confidarli prima ai vicini e poi anche ai lontani.

Forse mi ha indirizzato in questo processo, una confidenza ricevuta personalmente dallo stesso Papa Giovanni, quando era nostro Patriarca a Venezia.

Diceva l’allora Patriarca: “Quando hai un progetto che ti sta particolarmente a cuore, parlane a destra e a manca, perché così è più facile che tu incontri qualcuno che ti possa dare una mano!”
Spero che questo sant’uomo abbia ragione.

Ogni giorno vengono al don Vecchi centinaia di persone italiane e straniere che cercano indumenti, mobili, arredo per la casa, generi alimentari ed altro ancora. Io sono orgoglioso e felice della carità che “profuma” il don Vecchi, ma sono anche preoccupo perché tutto è tanto inadeguato. E’ nato quasi per caso, sulla falsariga del progetto di don Zeno “Nomadelfia la città dei fratelli” il sogno di costruire sul grande campo in abbandono “la cittadella della solidarietà” un ristorante al prezzo fisso di 3 euro al pranzo, un ostello a 5 euro la notte, un grande outlet per indumenti, un’Ikea per i mobili, un banco alimentare, un gran bazar ed altro ancora.

Sognare queste cose alla vigilia dell’ottantunesimo compleanno e con un nemico in corpo può essere etichettarsi, come “illusione, dolce chimera!” o utopia!

Vi prego lasciatemi sognare, mi fa bene anche alla salute!

Con la concorrenza migliora anche il trasporto dei defunti

Fino a l’altro ieri gestiva il trasporto dei defunti una impresa, che aveva subappaltato dalla Vesta, suddetto servizio. Normalmente l’impresa era definita municipalizzata in quanto il Comune solamente aveva la prerogativa di poter occuparsi del trasporto dei defunti.

Non ho mai capito bene come andassero le cose. Molto probabilmente ci guadagnava la Veritas senza sporcarsi le mani avendo il solo merito di procedere al subappalto, ci guadagnava di certo chi in realtà faceva il servizio e più ancora di certo ci perdeva il Comune dovendo ogni anno ripianare un bilancio malconcio e scriteriato con somme rilevanti.

Arrivò una legge che abolì la privativa del Comune essendo ormai lampanti che i comuni non sanno gestire, sono sempre in perdita e fanno malissimo ogni cosa a cui mettono mano. Nonostante questa legge si andò avanti per anni con una tiritera di rinnovi dell’appalto, finalmente anche l’ultimo anello della catena è fallito!

Ora ogni singola impresa si arrangia per conto proprio, come avrebbe dovuto avvenire fin dal principio se una certa sinistra non fosse infatuata per una gestione pubblica che sempre e in tutti i campi è onerosa e scalcinata.

Da un po’ di tempo a questa parte sto accorgendomi che il regime di concorrenza affina il servizio: necrofori con divisa, ingaggiati e corretti, senza problemi per sollevare il cofano come invece avveniva un tempo.

Ora poi si è arrivati a delle “liturgie” specifiche che riescono perfino a sorprendermi, quelli di una agenzia rimangono impietriti sull’attenti accanto al feretro finché non esce il prete per la messa, quelli della Caritas hanno aggiunto il segno di croce contemporaneo prima di lasciare il feretro per la funzione.

Tutto questo diventa il segno della validità del libero mercato e l’ulteriore condanna del collettivismo dell’utopia marxista!
E’ poco, ma meglio di niente?

Ho raccontato i miei sogni a un ministro…

Scrivo questa pagina di diario in un ritaglio di tempo, nell’attesa di presentarmi all’appuntamento fattomi fissare dal ministro Brunetta, che si dichiara idoneo di essere capace, non solamente di salvare l’Italia, ma anche la vecchia Repubblica di Venezia che sta ormai da secoli seguendo un declino che pare inarrestabile di decadenza, sotto ogni punto di vista.

Non capita ogni giorno di parlare con un ministro della Repubblica, a me è capitato di incontrare il professore Brunetta l’ultima volta dieci anni fa, ma allora era solamente un aspirante sindaco di Venezia, docente universitario e socialista dichiarato.

Allora sul suggerimento, di non so chi, mi chiese di accettare di fare l’assessore alla sicurezza sociale, non potei accettare ma poi non ci fu neanche bisogno di una rinuncia formale perché Brunetta fu battuto alle elezioni.

In questi dieci anni la mia vita sociale mi pare non abbia avuto grossi contraccolpi, anzi, anche grazie al mio povero impegno, siamo riusciti ad offrire alla città altri duecentocinquanta alloggi per anziani poveri.

Non ho fatto fallimenti, non ho debiti, non sono nati scandali nella gestione del don Vecchi, non ho amministratori iscritti nel libro degli indagati, spero di avere le carte in regola per chiedere a Brunetta di inserire nella parte sociale del suo programma due progetti assolutamente innovativi e soprattutto umanamente ed economicamente validi:

1) Una trentina di alloggi per anziani con autosufficienza precaria. E’ mia intenzione di poter offrire ad un anziano al limite o forse un po’ oltre l’autosufficienza un alloggio in cui vivere come un vecchio padrone di casa di un tempo e di far sì che il costo di tale vita non sia maggiore di quanto non costerebbe la vita con la sua famiglia se ciò fosse possibile.

2) La creazione di una cittadella della solidarietà, una specie di “Nomadelfia” in cui, in uno spazio ristretto e razionale, chi è in difficoltà trovi risposta ad ognuno dei suoi bisogni.

In questo discorso, che ora solamente accenno, penso che avrò bisogno di tutte le pagine del diario del 2010-2011-2012, se avrò la possibilità di scrivere queste pagine!

Villa Salus, un esempio da seguire

Nota della redazione: questa riflessione risale come sempre ad alcune settimane fa e si riferisce agli esami che hanno poi condotto al recente intervento.

Stamattina sono stato a Villa Salus per un prelievo di sangue, necessario per una TAC che devo subire fra qualche giorno.
Sono stato letteralmente stupito ed ammirato per l’efficienza, l’ordine, la pulizia, la cortesia e la comprensione di chi non sa come muoversi nel mondo della sanità che in questi ultimi anni si è terribilmente complicato.

Villa Salus la frequento, anche se saltuariamente, per i miei doveri pastorali, da cinquant’anni, ma normalmente avevo sempre visitato gli ammalati nei reparti, e non ero mai sceso nell’interrato e negli ambulatori.

Questa mattina ho fatto la scoperta di questo mondo sconosciuto, già di primo mattino uno stuolo di medici, infermiere e tecnici si muovono con estrema coordinazione ed efficienza, silenziosi, rapidi e cortesi, ed un popolo ancora infinitamente più numeroso di pazienti attendevano il loro turno senza tempi morti, attese assurde e smarrimenti burocratici.

In questo mondo dell’utopia si muovono quasi senza toccar terra una ventina di suorette piuttosto anziane ma consapevoli del loro ruolo e capaci di dare anima e vitalità ad un mondo tanto complesso e sofisticato.

In un quarto d’ora ho risolto il mio problema e ho ricevuto informazioni esatte sul luogo e l’ora del prossimo appuntamento.

Le Mantellate di Pistoia, o almeno quel che rimane di questo ordine religioso, probabilmente senza tante lauree e nonostante l’età avanzata reggono una realtà così complessa e la fanno funzionare pagando infermieri e medici, non creando passività in bilancio e riuscendo ad acquisire macchinari all’avanguardia. Mi verrebbe quasi da suggerire che i managers ospedalieri che sono stati fin quì scelti dagli amministratori per meriti di partito, si debbano invece inviare in convento per fare un paio di anni di noviziato!

Per bonificare l’Italia servono moralità, ideali, valori, vita ordinata oltre che clientele elettorali!

Un dibattito esemplare

Qualche sera fa ho seguito alla televisione un dibattito-confronto tra il candidato a governatore della Regione Veneto del Centro-sinistra dottor Giuseppe Bortolussi ed un gruppetto di “avversari” politici.

Raramente ho assistito ad un dibattito così civile, corretto, rispettoso perfino cordiale.

Normalmente, in casi del genere, si assiste a contrapposizioni demagogiche, rissose, polemiche a non finire e piene zeppe di “promesse” e di “accuse” appartenenti ad un repertorio fin troppo noto e fin troppo scontato.

L’altra sera le cose non sono andate così e credo che il merito sia stato appunto del nostro assessore alle politiche economiche dottor Bortolussi, sempre pronto a smussare gli angoli, a riconoscere le difficoltà e i meriti degli attuali amministratori, sempre documentato nelle sue argomentazioni e sempre puntuale a fare le necessarie comparazioni sia di carattere regionale che di carattere europeo, tanto da smontare sul nascere ogni inizio di rissa e di polemica.

I miei rapporti con l’assessore, che ha tentato di portare avanti il progetto di recuperare i generi alimentari in scadenza, sono stati marginali e perciò non posso dire di conoscere a fondo questo amministratore locale. I risultati di questo progetto sono assai modesti, ma debbo comunque riconoscergli la buona volontà ed un certo impegno. Dal dibattito mi sono fatto l’idea o che l’aspirante governatore è molto furbo o che finalmente si presenta agli elettori in una forma nuova, certamente più corretta e credibile.

Questa seconda ipotesi sarebbe già moltissimo! Io, una volta ancora scelgo la fiducia e mi farò premura di offrirgli un pizzico della mia esperienza per un aspetto particolare sulla politica regionale nei riguardi degli alloggi protetti per anziani.

Seminare una buona semente credo che sia sempre positivo, se non altro anche perché lo stesso Gesù la pensa in questo modo!

Vogliamo dare una risposta al problema dell’autosufficienza limitata negli anziani

Io non ricordo granchè dei miei studi classici; sono passati troppi anni e troppe vicende dai tempi ormai del secolo scorso quando ho frequentato il liceo del seminario.
Ogni tanto emerge dalle nebbie fitte del passato qualche reminescenza.
Ricordo la massima del filosofo greco Eraclito “Panta rei” tutto si evolve nulla rimane fermo.

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere la lapide di marmo rosso di Carrara che ho posto il giorno dell’inaugurazione nell’ingresso del Centro don Vecchi; 1 ottobre 1994.

A quel tempo scrissi a destra e a manca che aprivamo un’esperienza pilota per quello che concerne il problema della residenza degli anziani, specialmente poveri. Credo che senza motivi referenziali e senza vanaglorie si possa affermare che ci è andata bene che, tutto sommato, abbiamo fatto scuola. Gli “alloggi protetti” costituiscono certamente un passo avanti per quanto concerne la terza età.

Il Comune, la Regione e lo Stato, pur con velocità diverse stanno recependo e facendo propria la soluzione abitativa che noi abbiamo sognato e realizzato, felici di avere aperto una nuova “via”.
Sono passati appena 16 anni ed avvertiamo il bisogno di fare un passo avanti.

Tutte le epoche, ma soprattutto il presente non permettono la staticità.
La moda muta ogni anno, ma anche le strutture seguono un ciclo evolutivo veloce e necessario.

In questi ultimi mesi al don Vecchi stiamo lavorando per dare una risposta “all’autosufficienza limitata”.

Riteniamo che umanamente socialmente ed economicamente, dobbiamo ritardare ulteriormente l’ingresso nelle strutture per non autosufficienti, strutture che sono comunque poco rispettose della persona, della loro autonomia decisionale, nel loro diritto di vivere con persone autonome, e della possibilità di porre in atto tutte quelle funzioni delle quali dispongono ancora.

Stiamo lavorando attorno a dei moduli abitativi, integrati con la struttura per autosufficienti, che permettono con opportuni ulteriori servizi, agli anziani con autonomia funzionale, a rimanere nel mondo delle persone vive e non essere costretti ad entrare nel mondo delle anime morte costituito dalle case di riposo per non autosufficienti.

Le mie proposte ai candidati sindaco di Venezia

Brunetta ci riprova a Venezia!
Mi pare che il nostro concittadino di Castello stia vivendo un momento euforico nella sua vita politica e personale. L’aver trovato la “medicina” giusta per guarire i dipendenti dello Stato e la serie di provvedimenti a raffica per moralizzare l’elefantiaco apparato burocratico statale e parastatale l’hanno portato alla ribalta dell’attenzione dell’Italia e forse dell’Europa. Spero che il virus burocratico non si evolva e renda vani questi provvedimenti!

Non so però se ai 4600 dipendenti del Comune di Venezia garbi troppo questo “sergente di ferro” e gli diano il voto anche se hanno il posto garantito. Ora però che il nostro aspirante sindaco ha pur trovato la fidanzata credo che nell’euforia dell’amore tenterà il tutto per tutto per battere il record di sindaco-ministro o di ministro-sindaco.

Per motivi d’istinto e per simpatia umana mi sarei sentito un po’ più tutelato e sicuro per quanto concerne vecchi e poveri, da Bettin, che da assessore ha impostato tutta la struttura assistenziale del Comune di Venezia, ma comunque sia ad Orsoni, candidato di Centro-sinistra, che a Brunetta, candidato del Centro-desstra farò lo stesso discorso e chiederò di inserire nel programma soprattutto due proposte:

1) la valorizzazione e l’ulteriore perfezionamento degli alloggi protetti, in maniera tale da assicurare una vecchiaia sicura ed umana agli anziani meno abbienti. Proponendo un elemento innovativo per prolungare fino all’estremo l’autosufficienza.
2) la creazione di un grande centro per recuperare il “superfluo” ossia quello che altrimenti andrebbe buttato, dando sistemazione organica, moderna ed efficiente a quella realtà che viene definita con la brutta parola “beneficenza”.

Brunetta dieci anni fa mi aveva proposto di fare l’assessore per questo settore. Ora sono troppo vecchio, perciò mi offro io a fornire a lui e al suo competitore Orsoni idee e progetti da mettere in programma!