Una religiosità da cui prender esempio

Da qualche tempo presta servizio presso l’associazione di volontariato “Carpenedo solidale” un signore che pensavo arabo o musulmano.

Sono ormai più di uno gli stranieri dell’Est Europa, dell’Africa settentrionale e del Centro America che si sono uniti nell’opera di solidarietà dei nostri volontari nelle varie associazioni che operano al don Vecchi.

Spinto dalla curiosità, chiesi a questo brav’uomo se fosse musulmano, infatti sono la maggioranza i seguaci di Maometto che frequentano i nostri magazzini, e con mia sorpresa mi rispose: “Sono iraniano!” e vedendo la sua disponibilità al dialogo, soggiunsi: “E’ Maomettano?” – “No” rispose “Sono semplicemente un credente, la mia religione non ha un nome, crediamo semplicemente in Dio”.

Il colloquio finì li, ma io continuai ad osservare il comportamento particolarmente dolce, disponibile, cortese e buono di questo straniero sempre pronto a sobbarcarsi ogni fatica.

Qualche giorno fa, facendo particolarmente freddo, chiese di acquistare un giaccone, indumenti del genere ne abbiano a vagoni!

Il dirigente dell’associazione intese donargli l’indumento, ma lui insisteva, a tutti i costi, a pagare, il seppur prezzo esiguo, ma questo responsabile cosciente di aver donato a più di un volontario indumenti del genere, rifiutò decisamente l’offerta.

Qualche momento dopo il volontario persiano, consegnò l’offerta alla suora dicendole: “La mia religione mi proibisce di ricevere un dono per un’opera che ho scelto di fare da volontario”.

Quando suor Teresa mi raccontò, ammirata, l’episodio, mi venne da confrontarlo all’operato di un volontario cristiano che porta a casa quanto può arraffare e che all’osservazione di un collega che gli faceva notare quanto questo fosse disdicevole, rispose: “Ma che volontariato è se non mi torna qualche vantaggio?”

D’ora in poi farò più fatica a pensare che i cristiani abbiano, come credevo, una corsia preferenziale per entrare in Paradiso!”

“Quando morirò, il mondo sarà migliore, perchè sono vissuto o perché sono morto?”

A chi è vissuto assai, capita che gli riemergano, quasi per caso dal grigiore e dalla nebbia fitta del passato, volti, pensieri, esperienze, che riteneva del tutto sommersi dalla frana di avvenimenti che s’è rovesciata e continua a rovesciarsi sopra. Però spesso vengono a galla affermazioni, detti, discorsi dei quali per decenni non avevi più sentito parlare.

Questo riemergere dal passato di esperienze vissute, talvolta anche con intensità, spesso mi desta sorpresa e meraviglia e mi costringe quasi ad una presa di coscienza, ad una verifica ad un riesame condotto con la nuova mentalità e i nuovi criteri che sono nati dalle infinite esperienze successive.

Questa mattina ho meditato su una riflessione di un vecchissimo cristiano australiano, che sulla soglia dei novant’anni, valutava il suo apporto offerto alla vita e agli uomini con la sua longevità.

Questo discorso mi costrinse a fare un bilancio personale in merito ai miei 80 anni.

Mi venne subito in mente, come strumento di valutazione, un monito di Baden Power, il fondatore degli scout, che a questo proposito, da ottimo educatore, lasciò detto ai suoi ragazzi: “Procurate di lasciare il mondo un po’ più bello ed un po’ più buono di quello che avete trovato”

Il monito è chiaro, diretto, convincente, ed io l’ho usato infinite volte nell’applicazione delle mie funzioni di impegno pedagogico.

Penso che i capi scout continuino ad adoperare questo invito e questo monito del loro fondatore.

Io non mi ero dimenticato di questo invito ma, non avendo più occasione di adoperarlo, era come lo avessi dimenticato, poi lo avevo usato quasi sempre ad uso esterno e quasi mai ad uso interno, ossia per me.

Stamattina, il credente del quinto mondo, il vecchio australiano, non solo me lo ha fatto riemergere, ma vi ha aggiunto un pizzico di provocazione per cui non potevo che riprenderlo se non altro come uno strumento di verifica personale.

Scriveva infatti questo sconosciuto di quel mondo tanto lontano: “Quando morirò, il mondo sarà migliore, perchè sono vissuto o perché sono morto?”

Non vi dico che guazzabuglio di rimorsi, di dubbi e di perplessità abbia provocato nella mia coscienza!

La gente fa presto a farti delle lodi per qualche iniziativa o qualche struttura offerta alla luce del sole, ma solo Dio conosce la ricchezza, le occasioni e la possibilità che mi ha offerto e i risultati ottenuti!

Mi sono perso vagando tra i ricordi, ed ho dovuto concludere alla svelta per non naufragare: “Miserere mihi Deus”

Il piano pastorale 2009-2010 della parrocchia di San Lorenzo, un esempio da seguire!

E’ stato il mio mestiere per più di mezzo secolo e perciò non riesco a non appassionarmi per tutto quello che riguarda la pastorale, cioè le “strategie” per far vivere e crescere una comunità cristiana.

Sono perfettamente d’accordo, prima con Leon Blois,poi con San Paolo che “tutto è grazia”, motivo per cui il ruolo di Dio e la santità dei suoi ministri sono le componenti determinanti della vita del cristiano e delle relative comunità, ma sono anche convinto che il buon Dio normalmente non bypassa le leggi della psicologia, della sociologia e di tutto ciò che determina la riuscita della comunità.

Se un parroco è veramente santo, tutta la comunità ne ha beneficio, ma è pur vero, se questo parroco è un santo per il nostro tempo, deve essere sensibile ed attento alle esigenze del momento storico in cui vive, e perciò, deve porre in atto tutto quello che il progetto di Dio prevede per la riuscita, altrimenti vien meno un requisito essenziale per essere santo,

il mio discorso nasce dall’impatto favorevole che ho avuto in questi giorni essendomi capitato in mano, il programma e l’organigramma chiamato a realizzare il piano pastorale 2009-2010 della parrocchia di San Lorenzo, il duomo della città.

Scorrendo le pagine dell’opuscolo, che fra l’altro è un piccolo gioiello anche a livello tipografico, ci si accorge di incontrare una parrocchia che tien conto di tutti, o quasi, gli aspetti della vita comunitaria e tenta di dare risposte ed attese ad esigenze estremamente articolate di una comunità che vive nel terzo millennio.

Ho riscontrato in questo opuscolo operativo, certe mie intuizioni, però sviluppate, ampliate e migliorate tanto che mi è venuto quasi il desiderio di “rubare” tanti opuscoli quanti ne servirebbero per inviarli a tutti i parroci della diocesi.

La pastorale non può ridursi a ripetitività passiva e ridotta all’osso. Ma è ricerca, tentativo di innovazione, risposta alle nuove tensioni e ricerca di linguaggio di uno stile consono alla vita dell’uomo d’oggi.

Su queste tematiche, su questi progetti e su queste esperienze gli operatori pastorali devono essere chiamati a confrontarsi a dibattere per calare l’utopia cristiana sul concreto della vita scegliendo, di tempo in tempo, i mezzi più idonei per farlo. Il diverso è fuga dalla realtà, e motivo certo di fallimento.

La religione crolla mentre clero discute il sesso degli angeli

Una quarantina di anni fa, o forse di più, ho partecipato ad un corso di esercizi spirituali per sacerdoti, al Coldraga, la bellissima casa dei padri Cavanis, posta a 600 metri di altezza sul costone di uno dei contrafforti del monte Grappa. Per arrivarci ci si inerpicava per una strada stretta, ripida e sterrata che, partendo proprio dalla schiena del magnifico tempio del Palladio di Cavaso del Tomba, portava a questa specie di castello che domina la splendida pianura della marca trevigiana.

La costruzione è del tempo dell’era fascista, ma comunque si rifà ad una architettura sobria ed austera. Ricordo che almeno per un giorno, fu presente il Cardinale Roncalli, nostro Patriarca, che ci dettò una meditazione di una semplicità assoluta, ma di grande efficacia. Della presenza del futuro Papa ne ho trovato una annotazione nel “Giornale dell’anima” quella specie di diario che il cardinale aggiornava ogni giorno.

In quell’occasione lessi un volume del teologo Kosc sul problema della secolarizzazione nella società contemporanea.

L’argomento mi tornò nuovo, non ne avevo mai sentito parlare e ne ebbi una profonda impressione, abituato com’ero ad una tradizione religiosa tranquilla, pacifica e scontata.

Quella lettura mi aiutò però a monitorare il mutare della cultura e del costume religioso nell’ambito in cui vivevo. Da principio mi sembrò un processo lento, quasi impercettibile, ma negli ultimi dieci anni il fenomeno prese avvio sempre più rapido, quasi da precipitare in maniera vorticosa.

La tradizione religiosa specie in città soprattutto nelle nuove generazioni più giovani non regge più; è letteralmente saltata.

Non c’è una ribellione, un rifiuto dialettico, formale, ma un abbandono tranquillo, di convinzioni di mentalità di principi.

Quello che mi impressiona di più è però la passività con cui il clero guarda al problema; pare che esso non lo tocchi, non gli interessi, anzi sia impegnato su ammennicoli di pensiero oramai ininfluenti sulla mentalità corrente.

Pare una volta ancora che mentre Bisanzio accerchiata, sta per crollare, i “sapienti continuino a discutere sul sesso degli angeli!”

Solo chi non si impegna non sbaglia mai!

Non passa giorno che qualcuno, che se anche mi stima e mi vuole bene, non mi inviti alla prudenza.

Qualcuno mi dice che mi espongo troppo, qualcuno mi suggerisce che certe prese di posizione potrebbero irritare chi in questo momento “conta”, qualche altro più sottilmente, mi rende presente che certe argomentazioni, pur giuste, potrebbero essere adoperate dal “nemico” contro realtà e valori che mi sono cari!

Sono convinto che la prudenza è certamente una virtù, che deve essere praticata da tutti i cristiani, io, soprattutto io, che sono intempestivo, talora polemico in particolare!

Però, nonostante questa convinzione, non posso non tener conto di una massima, scritta da un autore italiano, che adoperava lo strano pseudonimo “Pittigrilli”: “la prudenza talvolta è l’ignavia che cammina scalza e in punta dei piedi”

Quanta gente per quieto vivere se ne sta tranquilla, non prende posizione, porge un ossequio formale all’autorità, non esce allo scoperto.

Un tempo un mio amico prete pur libero, ma molto più saggio di me, mi disse: “non ti sei mai accorto che chi non si impegna, non osa, non esce allo scoperto, pare non sbagli mai e non è comunque mai rimproverato o combattuto da chi comanda, mentre quelli che si impegnano, che guardano al futuro, che hanno veramente a cuore valori e persone che talvolta sbagliano anche, sono sempre quelli che sono presi di mira che non fanno carriera, che sono tenuti alla larga, che spesso sono perseguiti”.

Se applico questo paradigma nel campo ecclesiastico del mio tempo debbo constatare che le più belle figure di preti e di laici che hanno operato nella chiesa negli ultimi 50/60 anni, da vivi hanno avuto solo grane, mentre da morti, appena passati qualche decina d’anni, sono diventate le più belle bandiere di cui si vanta la chiesa.

Sono ancora convinto che uno dei primi doveri che debbono valere per tutti è l’onestà, meglio se ponderata, umile e rispettosa, ma comunque onestà!

In equilibrio sul presente

Da qualche tempo a questa parte sto conficcandomi nella coscienza, con ripetuti forti colpi di martello questa verità: devo impegnarmi comunque per il presente anche se le previsioni per il futuro di certe mie imprese non sono rosee, date certe esperienze che ho già fatto. A proposito di questa scelta mi sono messo via un trafiletto del grande teologo ma soprattutto del grande testimone cristiano che fu il pastore Dietrich Bonhoeffer fatto impiccare dai nazisti pochi giorni prima della capitolazione del Reich.
“Il presente è l’ora, gravida di responsabilità di Dio con noi, ogni presente; oggi e domani, il presente in tutta la sua realtà e multiformità; in tutta la storia del mondo esiste solo e sempre un’ora realmente importante: il presente, chi fugge dal presente fugge le ore di Dio, chi fugge dal tempo, fugge da Dio. Servite il tempo. Il signore del tempo è Dio”

Ho fatto il proposito di leggermi di frequente queste parole vere, profonde e sagge di questo uomo di Dio.

Sto raccogliendo quadri e mobili per il futuro don Vecchi 4, sto impegnandomi per rendere sempre più accoglienti e signorili gli ambienti ove vivono come fossero in un grand’hotel gli attuali 300 anziani più poveri della nostra città. Ma ho un tarlo che mi rode la coscienza, che non mi lascia mai in pace facendomi presente in ogni momento: “Hai ottant’anni come puoi sperare che la tua impostazione, che non interessa a nessuno dei tuoi colleghi, possa reggere? che né è stato di tutto quello che ti sei impegnato precedentemente? non ti accorgi che stai camminando controcorrente? che c’è una mentalità nuova, che il tuo piccolo mondo sta ormai scomparendo?”

Bonhoeffer quando scrisse queste cose sull’impegno da svolgersi nel presente, aveva già il cappio del boia al collo, eppure anche negli ultimi istanti diede il meglio di se!

Perché io dovrei fare diversamente? Voglio impegnarmi come se dovessi vivere ancora mille anni!

Promesse, promesse e ancora promesse non mantenute per il Samaritano!

Qualche giorno fa una mia ex parrocchiana mi ha telefonato dicendomi che al marito, colpito nuovamente da un ictus cerebrale, avrebbe fatto molto piacere se gli avessi fatto una visita all’Angelo, il nuovo ospedale della nostra città. L’indomani della telefonata andai a far visita a questa cara persona che mi è sempre stata vicina con la sua simpatia e il suo affetto, durante tutti i 35 anni che sono stato parroco a Carpenedo.

Purtroppo le condizioni del paziente si erano talmente aggravate, per cui il conforto fu per sua moglie più che per l’infermo, ormai incapace di riconoscermi.

Comunque fu molto bello stare una mezz’oretta assieme, sentirci in famiglia ed avvertire sia la moglie, la zia presente, che io questo caldo affetto e questo clima di condivisione del dolore e della prova che pesava più sulle spalle della cara signora che su quello del marito, che praticamente era già entrato nella “vita nuova”.

Suddetta signora mi parlò anche del vicino di letto, un turista americano pure lui colpito da ictus mentre era in viaggio con sua moglie.

Il discorso portò la mia interlocutrice a chiedermi a che punto fosse il progetto del Samaritano, la struttura di accoglienza per la gente che giunge all’Angelo da lontano.

Gli risposi che purtroppo il progetto era ritornato in alto mare per i cattivi rapporti tra la Regione e il Comune, perchè sui pennoni di queste due realtà sventolano bandiere politiche diverse. Al che la signora aggiunse: “Sa, don Armando, la moglie di questo paziente alloggia nell’albergo, appena aperto qui vicino all’ospedale e paga 110 euro la notte, poi deve provvedere per il pranzo e cena”

Immediatamente mi si presentarono alla mente i volti di Cacciari, del Comune, Padoan dell’Ulss, Vecchiato assessore all’urbanistica, Fincato ai lavori pubblici, i loro progetti e le loro promesse. Forse sono ormai fuori dalla vicenda, perché un alto funzionario della Ulss è interessato ad affidare la questione di questo sogno ad una realtà a lui vicina.

Comunque ora che non ho più preoccupazioni per la chiesa, comincerò a premere sia per il Samaritano che per il don Vecchi di Campalto.

Con le elezioni vicine può essere non gradevole avere contro anche un vecchio prete, vecchio finché si vuole ma non stanco per impegnarsi per il prossimo!

Crimini e scempi derivanti dall’inciviltà dell’umanità

Io credo di aver imparato più dalla lettura di certi romanzi, che dalle lezioni piuttosto barbose che ho ascoltato nelle aule della teologia nelle cui cattedre sedevano docenti ben esercitati nei sermoni.

In giovinezza è ben vero che c’è un rifiuto istintivo verso insegnanti poco brillanti e spesso anche poco preparati. Alla mia età comprendo che molti di loro facevano scuola non per scelta personale, ma solamente per ordini superiori. Ora mi rendo pur conto che per molti di essi la scuola era un sovrappiù, perché il mistero sacerdotale li impegnava già più del dovuto. E’ capitata anche a me questa sorte e quindi più facilmente può darsi che anch’io abbia determinato dei rifiuti della materia che insegnavo e non per la povertà della materia in se stessa, ma per l’inesperienza o l’inadeguatezza dell’insegnante.

Infatti qualche giorno fa, ho celebrato il funerale di un docente di greco del Liceo Franchetti di Mestre, e ho sentito le testimonianze entusiastiche dei suoi studenti e il fragoroso battimani dei giovani fedeli e quel docente insegnava non sessuologia, politica o altro, ma il greco!

Ma vengo alle mie letture che hanno inciso sulla mia coscienza più di tanti sermoni.

Tantissimi anni fa ho letto un romanzo, Gheorghiù “La venticinquesima ora”. Il romanzo descriveva con lucida spietatezza di linguaggio come politici di diversi paesi spostassero, come pedine su una dama, le popolazioni di una regione, annettessero ad una nazione centinaia di migliaia di cittadini con una cultura, una tradizione ed una religione ben diversa da quella a cui li spostavano.

In questo tempo in cui si sta venendo a contatto diretto con gente della Polonia, della Moldavia, dell’Ucraina, della Romania e di tutti quei popoli del Centro Europa, mi sto rendendo conto dello scempio esecrando, della rovina economica e del disastro sociale causato per motivi di carattere politico, ideologici di prestigio o semplicemente per scambi determinati da altri interessi poco nobili.

Sto chiedendomi sempre più spesso quanto deve camminare ancora l’umanità per raggiungere un minimo di civiltà e di convivenza umana?

Un educatore alla solidarietà fallito

Io sono vissuto con gli scout e per gli scout almeno una trentina di anni.

Pur svolgendo il servizio di assistente ecclesiastico mi “hanno costretto” a partecipare ad un campo scuola per avere la qualifica di capo e prima ancora mi hanno chiesto di fare la “promessa scout”.

Comunque quella degli scout è stata una delle mie più belle esperienze nel campo giovanile come educatore; il metodo è certamente valido ed ha ancora presa sull’animo dei ragazzi.

Una delle mete che gli scout passano a chi aderisce al movimento, è certamente quella “di lasciare il mondo un po’ più bello e più buono di quello che hanno trovato”.

Io, onestamente ci ho provato! Non so però se ci sono riuscito almeno in minima parte! Questo m’addolora alquanto e soprattutto non so a che o a chi imputare questo probabile insuccesso.

Di natura sono uno stacanovista e perciò credo proprio che la causa non sia uno scarso impegno!

Ho fatto queste considerazioni proprio in questi giorni. Al don Vecchi capita che, essendo tutti vecchi, qualcuno sia costretto a causa dei propri acciacchi ad andare, pur a malincuore, in casa di riposo, qualche altro invece è costretto, suo malgrado, a trasferirsi in Cielo, ma che ci sia uno fra i tanti che lasci le sue poche cose all’organizzazione che l’ha salvato dalla solitudine, dalla miseria e da mille altre preoccupazioni, non c’è verso di trovarlo!

La quasi totalità approfitta volentieri del trattamento di favore, dei vestiti a prezzi simbolici, dei generi alimentari donati, della frutta e verdura distribuiti gratuitamente, ma è ben raro, se non rarissimo, che si trovi qualcuno che si ponga la domanda: “Hanno aiutato me, senza che io potessi accampare alcuno diritto, quindi anch’io voglio aiutare altri che si trovano nella triste situazione in cui mi trovavo!” tutti sono pronti a beneficiare di ogni provvidenza, come fosse un diritto sancito da non so quale legge, ma ben pochi pare che comprendano la lezione che ogni giorno è loro proposta, e da noi non si tratta di chiacchiere ma di fatti.

Non so quindi se sia neppure più vero l’antico detto: “Le parole volano, mentre gli esempi trascinano”
Ma chi e dove trascinano?

Come educatore alla solidarietà, debbo ammetterlo, sono fallito! Peccato!

Sarebbe così importante far crescere la solidarietà nel nostro mondo!

Educatori e legislatori debbono proporre i modelli più affascinanti, senza impoverire il progetto dell’Altissimo!

Io preferisco sempre le grandi tematiche della vita, scrutare gli orizzonti vasti e profondi, indicare le utopie che mi fanno sognare e spesso il Vangelo mi offre l’opportunità di volare alto!

Talvolta però la pagina della Sacra Scrittura, da leggersi alla domenica, mi costringe a volare raso terra ed affrontare i problemi poveri e tristi della vita.

Qualche settimana fa purtroppo, la pagina del Vangelo metteva il dito su una piaga che ha sempre fatto soffrire l’uomo, ma che in quest’ultimo tempo è diventata più profonda e più sanguinante, la rottura tra l’uomo e la donna che si erano scelti per affrontare l’avventura della vita.

Il solito fariseo, pretenzioso e provocatore pone a Gesù il problema: “E’ lecito al marito ripudiare la propria moglie?” uno dei soliti problemi terra, terra, che ti fanno prendere coscienza della meschinità umana!

Cosa disse Mosè? “Mosè ha permesso….” – “Mosè l’ha fatto per la durezza del vostro cuore, ma da principio non fu così!…. “l’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto!”

Mi sono messo la testa tra le mani e mi sono detto: “Domani devo far capire ai miei fedeli che dobbiamo sognare, volere e proporre il modello più alto, più nobile e più affascinante della famiglia!

Sono stufo ed indignato con chi, e non sono pochi, propone paccottiglie, merce cinese taroccata, soluzioni nocive per la felicità umana!

Educatori e legislatori debbono proporre i modelli più affascinanti, quelli che incantano e che fanno sognare!

Come invidio e rimpiango i films americani di un tempo, quelli alla Frank Capra, nei quali il bene trionfava sempre e alla grande!

E’ vero, nella vita talvolta accadde che, ci si ammali, che ci si faccia delle ferite, che si inciampi e si cada, ma questo è un altro problema, cercheremo le medicine più opportune, le cure più appropriate e se non si può fare altro che dover amputare, pur pensandoci prima cento volte, lo si faccia!

Però guai a noi se sporchiamo, roviniamo e adulteriamo il progetto dell’Altissimo; quello dovrà essere proposto sempre per tutti e nel modo più opportuno!

Il Mosè che trovi qualche soluzione alla rovina provocata dalla durezza del cuore, lo si può sempre trovare, ma la proposta per nessuno motivo deve essere impoverita!

Burocrazia contro solidarietà

Nota della Redazione: queste riflessioni sono antecedenti al 27 novembre, quando la situazione è finalmente stata sbloccata.

Nel pomeriggio delle domeniche mi concedo un pisolino sulla poltrona e la visione in contemporanea di due rubriche: “L’arena”, condotta da un giovane intelligente ed onesto, che poi sapendo che è anche un ottimo cristiano, mi piace più ancora, e un’altra rubrica di cui non ricordo il titolo, ma che comunque consiste nell’intervista di mezzora ad un uomo politico di spicco da parte dell’Annunziata. Questa donna la rifiuto in maniera radicale, perché faziosa, prepotente e preconcetta, ma comunque devo ammetterlo anche intelligente e preparata. Come faccio a seguire le due rubriche in contemporanea? Passo da un canale all’altro, perdendo battute di certo, ma riuscendo comunque a cogliere la sostanza del discorso.

Qualche domenica fa era di turno il ministro Brunetta. Questo signore non mi è proprio molto simpatico, perché sbruffone, indisponente, perchè pare sia una specie di padreterno che sa tutto lui e risolve ancora tutto lui. Brunetta mi pare sia una copia non proprio riuscita di Berlusconi!

Debbo però ammettere che nonostante gli attacchi insistenti ed indisponenti, faziosi e preconcetti della giornalista, non solamente gli ha tenuto testa ma l’ha mandata all’angolo, vincendo indubbiamente per ko tecnico!

Mentre ascoltavo le bordate ripetute e dirompenti di Brunetta, alla burocrazia, alla faziosità ed arroganza dei giudici, al menefreghismo e al non rendimento dei funzionari dello Stato, il mio pensiero andava al ritiro dei generi alimentari in scadenza. Battaglia certamente perduta per l’egoismo sfrontato della grande distribuzione, per l’impotenza del Comune e per la solita burocrazia.

Ora il problema è in stallo perché l’Ulss deve definire quello che non si deve asportare. Faccio fatica a capire perché questa gente debba sentenziare di tutto senza preoccuparsi per nulla dei problemi più gravi del bisogno e di come risolverli.
Comunque quanto ci vorrà per stilare questa lista del si e del no?

Cinque minuti? Dieci? Diamogli pure un quarto d’ora, ma poi buttiamoli fuori a calci sul sedere dall’ufficio.

Sull’uso che talvolta fanno della televisione

Più di qualche persona mi ritiene spigoloso, tagliente, polemico, ed ha ragione!

Talvolta non riesco proprio ad accettare certe forme di egoismo, certe mentalità farisaiche, certi estremismi di comodo, certi comportamenti ritenuti dai più formalmente religiosi, ma che in realtà sono la negazione assoluta di qualsiasi religiosità autentica. Certe forme di burocrazia assurda ed antisociale, certi paludamenti da palcoscenico che cercano di nascondere il nulla.

Allora prima sopporto, poi mi trattengo perché capisco che il ribellarmi è un combattere contro i mulini a vento, ma spesso sbotto.

Allora qualcuno, che probabilmente prova gli stessi sentimenti, dice che sono un prete coraggioso, qualcuno invece mi ritiene arrogante, svitato e pretenzioso.

Spesso cerco la saggezza, l’equilibrio, la misura ma poi ad certo punto sbotto e salta il coperchio!

Il voler essere onesti con se stessi, col prossimo che incontri, e col mondo è veramente difficile.

Io ho vissuto il tempo degli anni di piombo, in uno strano stato d’animo; da un lato ho condannato senza reticenza alcuna gli irrequieti, gli illusi, i personaggi indottrinati e talvolta delinquenti noti per aver preso il mitra e sparato a personalità di grande valore quali Moro, Biagi e tanti altri ancora.

Ho ritenuto i brigatisti criminali nutriti da ideologie malsane e banali e manovrati da burattinai interessati, astuti e senza scrupoli. Però talora m’è parso perfino di capire che di fronte a quel muro di gomma rappresentato dalla nostra società egoista, senza scrupoli, ipocrita, menefreghista ed arrogante non c’era altro rimedio che il mitra.

Sono sempre state tentazioni che ho rifiutato con tutte le mie forze dicendomi che la soluzione valida rimane la testimonianza, l’educazione. Però perché mi rimanga dentro al cuore questa prospettiva non debbo aprire la televisione perchè certi programmi “impegnati” sono l’espressione estrema della faziosità, dell’intelligenza luciferina, del degrado morale.

“I figli delle tenebre”, che sono sempre stati più furbi, si sono appropriati di questi splendidi mezzi di comunicazione per attuare i loro loschi progetti e per campare lentamente sopra la buona fede e la sete di giustizia della povera gente!
Questo proprio non lo sopporto!

Sull’ateismo in Cecoslovacchia

Sono rimasto molto impressionato dalla descrizione fattaci dalla televisione e dai giornali sulla situazione religiosa del popolo Cecoslovacco. I mass-media, sottolineando la difficoltà del viaggio pontificio di Benedetto XVI, hanno ribadito più volte che il sessanta per cento della popolazione di quella repubblica, rimasta fino a pochi decenni là sotto il giogo sovietico e peggio ancora avendo subito l’indottrinamento ateo del relativo governo comunista, si dichiara atea.

Io non conosco le statistiche in merito degli altri popoli slavi che hanno fatto le stesse esperienze, politiche, sociali e culturali, ma finora mai mi era giunta una notizia così forte e desolante. Anzi, avevo creduto, che una volta tolta la cappa di piombo di quel regime, fosse come d’incanto fiorita la primavera della fede.

I segni di croce di Putin e le sue frequentazioni liturgiche mi avevano indotto ad essere più ottimista sulla resurrezione religiosa di quei popoli. Finchè ci sono dubbi e perplessità sulla resurrezione religiosa, sui riti delle varie chiese, sulle usanze e sulle manifestazioni religiose, ciò non mi sorprende e mi preoccupa più di tanto, ma quando si nega l’esistenza di Dio o la validità del messaggio evangelico, questo non solamente mi stupisce, ma mi è veramente impossibile vederne una minima ragione logica.

Rimuginavo questi pensieri tra me e me, passeggiando qualche pomeriggio fa lungo il vialetto di mattonelle che corre vicino al grande prato del don Vecchi. Il verde del prato finalmente intenso dopo l’aridità estiva, la fila di oleandri offrivano gli ultimi fiori multicolori, e sul bordo del viale sta sbocciando un lungo filare di crisantemi. All’inizio di dicembre dello scorso anno, quando con i primi geli la gente tolse questi monconi dalle tombe e li buttò nei cassonetti della spazzatura, io li raccolsi e piantai lungo suddetto viale. Ora tutte queste piante, dalle fogge e colori tanto diversi, stanno sbocciando. Tutti i crisantemi del parco del don Vecchi si sono ricordati del colore e della forma dello scorso anno, tutti hanno avvertito le frescure dell’autunno, tutti si sono accordati per sbocciare nonostante le giornate, l’aria e i giorni siano certamente diversi dall’anno scorso.

Solo l’uomo nel creato ha la possibilità di sgarrare, di non tenere i tempi, di sbagliare il passo!

Le piante e gli animali sono sempre se stessi, solitamente l’uomo spesso ha cessato di essere uomo rinunciando alla sua possibilità di ragionare!

Oggi il sessanta per cento non crede perché non pensa, perché non è più uomo!

Un applauso all’amministrazione pubblica per la nuova “cattedrale del cimitero”

Ho seguito con estremo interesse l’erezione della nuova “cattedrale del cimitero” in cui potrò pregare e celebrare i divini misteri, senza più preoccuparmi dei nuvoloni bassi e dell’aria pesante foriera di pioggia incombente, del vento che scompagina il messale e delle frescure autunnali che trattengono i fedeli nella cappella preferendola al piazzale dell’altare della Patria.

Mentre scrivo queste note, una gru ciclopica sta calando dal cielo, passando sopra gli alti cipressi, pareti intere con i fori di porte e balconi.

Ho l’impressione che la chiesa che il Comune sta donando ai fedeli del cimitero e alla città, non sia più quella apparsa anche sul “L’incontro”. L’ingegnere che cura la manutenzione dei cimiteri, mi ha informato che essa arriva dalla Romania e questo mi garantisce che dovrebbe quindi essere a prova di freddi rigidi di quel paese, e perciò capace di riparare anche dal caldo.

Sto seguendo con curiosità ed anche con una certa preoccupazione la nascita di questo nuovo spazio per Iddio.

Se era inaccettabile che d’inverno i fedeli partecipassero all’aperto all’Eucarestia domenicale, mi dispiacerebbe pure che ora, con uno spazio così consistente, la chiesa rimasse mezza vuota.

L’attenzione del Comune e l’esborso di denaro pubblico mi stanno preoccupando perché solamente l’adesione dei fedeli, potrà giustificare questo impegno della collettività.

Sono felice di poter finalmente dar atto all’attuale amministrazione pubblica che il riordino del piazzale, la piazzetta dei fiori, il grande parcheggio, il nuovo portale e l’ingresso principale ed infine la chiesa, seppur provvisoria, costituiscono un intervento significativo che finalmente bonifica e nobilita pure anche questo comparto della nostra città.

Io sono un cittadino che partecipa in maniera attiva alle vicende del mondo in cui vivo, non risparmio la sollecitazione e neppure la critica, quando la ritengo necessaria o opportuna, ma ritengo doveroso anche dar atto che questo intervento così consistente è un tassello veramente importante per la “nuova Mestre” e quindi mi è doveroso riconoscere pubblicamente che, nonostante tutte le difficoltà, l’amministrazione comunale s’è fatta carico di questo riordino e lo sta portando a termine.

Nota della Redazione: “Alla prova dei fatti le 200 sedie non bastano ormai più!”

“Grazie, grazie, Signore, alleluia!”

Qualche settimana fa siamo stati con i residenti del don Vecchi, e qualche altro anziano di Mestre, in pellegrinaggio al Santuario della Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza.

Non potrei assicurare che le motivazioni, del centinaio e più di anziani che vi hanno aderito, siano state esclusivamente o prevalentemente di ordine religioso.

Un pomeriggio diverso, l’occasione di far quattro chiacchiere con gente amica, la merenda casereccia e soprattutto il costo contenuto: 10 euro tutto compreso, può darsi che abbiano decisamente concorso a far diventare “pellegrine” persone di abitudini abbastanza stanziali.

Io ho partecipato volentieri, il vedere delle persone contente fa sempre piacere, ma soprattutto il riandare a ricordi della mia infanzia, perché la Madonna dei Miracoli di Motta è per il mio paese natio il santuario più vicino e i miei compaesani di un tempo, ma anche gli attuali, da quanto mi risulta, ci sono sempre andati e ci vanno ancora volentieri quando hanno qualche grossa preoccupazione.

Uno dei momenti forte del pellegrinaggio, almeno ufficialmente, consiste nella messa e nella predica relativa.

Il tutto è stato fatto con molta attenzione e dignità, e dato che io ne ero il regista, ho tentato di aiutare i miei coetanei a ringraziare per tutti i “miracoli” che il buon Dio e la Madre di Gesù, ci hanno fatto e continuano a fare, piuttosto che andare a presentarci con la lista delle richieste.

Ho avuto la sensazione che i vecchi mi abbiano seguito, comunque le riflessioni hanno giovato particolarmente a me.

Mi pare che sia stato Leon Blois, Pelni o Bernanos, ad affermare che “Tutto e grazia!”

E’ vero, se ci pensassimo veramente dovremmo, da mattina a sera, ringraziare senza pausa il buon Dio per quanto, nonostante tutto, continua a donarci.

Una volta tanto mi unisco ai membri del Rinnovamento dello Spirito per dire con entusiasmo e convinzione: “Grazie, grazie, Signore, alleluia!”