Nota della Redazione: queste riflessioni sono antecedenti al 27 novembre, quando la situazione è finalmente stata sbloccata.
Nel pomeriggio delle domeniche mi concedo un pisolino sulla poltrona e la visione in contemporanea di due rubriche: “L’arena”, condotta da un giovane intelligente ed onesto, che poi sapendo che è anche un ottimo cristiano, mi piace più ancora, e un’altra rubrica di cui non ricordo il titolo, ma che comunque consiste nell’intervista di mezzora ad un uomo politico di spicco da parte dell’Annunziata. Questa donna la rifiuto in maniera radicale, perché faziosa, prepotente e preconcetta, ma comunque devo ammetterlo anche intelligente e preparata. Come faccio a seguire le due rubriche in contemporanea? Passo da un canale all’altro, perdendo battute di certo, ma riuscendo comunque a cogliere la sostanza del discorso.
Qualche domenica fa era di turno il ministro Brunetta. Questo signore non mi è proprio molto simpatico, perché sbruffone, indisponente, perchè pare sia una specie di padreterno che sa tutto lui e risolve ancora tutto lui. Brunetta mi pare sia una copia non proprio riuscita di Berlusconi!
Debbo però ammettere che nonostante gli attacchi insistenti ed indisponenti, faziosi e preconcetti della giornalista, non solamente gli ha tenuto testa ma l’ha mandata all’angolo, vincendo indubbiamente per ko tecnico!
Mentre ascoltavo le bordate ripetute e dirompenti di Brunetta, alla burocrazia, alla faziosità ed arroganza dei giudici, al menefreghismo e al non rendimento dei funzionari dello Stato, il mio pensiero andava al ritiro dei generi alimentari in scadenza. Battaglia certamente perduta per l’egoismo sfrontato della grande distribuzione, per l’impotenza del Comune e per la solita burocrazia.
Ora il problema è in stallo perché l’Ulss deve definire quello che non si deve asportare. Faccio fatica a capire perché questa gente debba sentenziare di tutto senza preoccuparsi per nulla dei problemi più gravi del bisogno e di come risolverli.
Comunque quanto ci vorrà per stilare questa lista del si e del no?
Cinque minuti? Dieci? Diamogli pure un quarto d’ora, ma poi buttiamoli fuori a calci sul sedere dall’ufficio.