Preghiamo per don Armando Trevisiol

Cari amici,
in questi giorni don Armando è ricoverato in ospedale per un intervento importante.

Chiediamo preghiere per il nostro amico e fratello, perché il Signore lo assista in questo momento e gli dia forza ed energia per proseguire il suo apostolato.

Durante la settimana continueremo a pubblicare i pensieri che don Armando ha appuntato in gran numero per la rubrica sull’Incontro e questo blog. Leggendolo quotidianamente, oltre a trarre spunti di riflessione dalle sue parole, vi invitiamo a pensarlo con affetto e pregare per lui.

Chiesetta del cimitero: di mio ci sono i santi e tanto amore!

La nuova chiesa del cimitero è nata non da una intuizione artistica di un architetto colto e amante del bello, ma dall’assemblaggio quasi occasionale di una ditta Moldava che produce prefabbricati a buon prezzo, da alcuni tecnici della Veritas che si occupano di loculi e di cinerari e da un’impresa artigiana dell’interland che si occupa di riscaldamento e che per l’occasione ha appaltato anche l’illuminazione e l’amplificazione sonora.

Io ho tentato, molto discretamente non avendo un ruolo istituzionale, di rabberciare le varie parti, mettendoci qualcosa che potesse raccordare il tutto e di fare di un “capannone” una “casa del Signore”

Fortunatamente la Divina Provvidenza, senza essere per nulla interpellata ci ha aggiunto il profumo del legno, il senso di un rifugio di montagna che dona la sensazione di intimità e crea un senso di famiglia, il tepore del riscaldamento a cui non eravamo abituati, l’impiantito di legno, che sembra un tappeto persiano e il buon gusto di suor Teresa che colloca i fiori con vera maestria hanno fatto il resto, tanto che i fedeli non cessano di complimentarsi per la “bellissima chiesa” che credono che io abbia costruito!

Di mio, ci sono i santi che ci accompagnano nella nostra ricerca di Dio e nella nostra lode al Signore. Li ho scelti con cura, sono i miei santi. In realtà avrei invitato anche don Mazzolari, don Milani, don Gnocchi e qualche altro amico del cielo, ma per ora non è ancora prudente farlo! Avevo già sistemato il tutto, se non che a motivo della luce si sono resi liberi altri due posti. Ci ho pensato un po’, poi senza esitazione ho invitato con piacere Papa Luciani, e con un po’ meno di entusiasmo, a motivo dell’età, anche Sant’Antonio. Sono contento che il nostro vecchio patriarca, che non ha avuto vita certamente facile e Venezia, ritorni e incontri un’accoglienza diversa, un luogo e della gente che gli vuol bene e ci dia una mano con il suo esempio ad amare la chiesa ed il prossimo.
Ora poi abbiamo l’acquasantiera offerta da Pedrocco, l’icona che saluta chi entra.

Mi auguro che un po’ alla volta la mia chiesa diventi la più amata della nostra città, il rifugio di chi soffre e cerca consolazione.

Che emozione -anche per un vecchio prete- riscoprire il dono prezioso che Dio ci vuole offrire!

Dà una sensazione particolare “scoprire” ciò che conosci già da una vita intera, una sensazione piena di fascino per ciò che si apre attorno a te e nello stesso tempo di stizza per non esserti accorto prima di quell’orizzonte, una sensazione di meraviglia e nello stesso tempo di rimpianto per aver perso tanto tempo e di non aver goduto della nuova prospettiva che ti mostra la vita e il domani da un’altra angolatura più razionale e migliore.

La terza domenica “per annum” ho provato questa strana sensazione, una realtà più complessa ed intensa di quanto non riesca ad esprimere con le parole del mio vocabolario piccolo e consunto.

Gesù nel brano del Vangelo che riporta le parole di Isaia descrive il progetto del Messia e che io, ai fedeli che gremivano la mia nuova chiesa che odora di legno e di familiarità, affermo che quel progetto di vita si realizza in Lui e per questo è venuto a questo mondo.

Quasi per un intuito interiore ho capito che il Maestro aveva come obiettivo principale, non tanto quello di insegnarci la strada per l’eternità, o offrirci un nuovo modo per ringraziare il Signore per la vita e per il creato, insegnandoci nuovi riti e nuove preghiere, ma era soprattutto impegnato a farci scoprire il modo per vivere una vita nuova e migliore, per questo si riproponeva per “annunciare la buona notizia ai poveri, la liberazione degli oppressi, la vista ai ciechi e la benevolenza e la tenerezza di Dio nei nostri riguardi”.

Sono rimasto letteralmente folgorato da questa, almeno per me, nuova lettura dell’annuncio evangelico.

Ne ho parlato con entusiasmo ed ebbrezza ai miei fedeli, quanto mai partecipi; ci sono ritornato la domenica successiva, tanto allietava il mio spirito questa nuova lettura del compito che Gesù intendeva ed intende ancora oggi svolgere, tanto che confessai come Sant’Agostino “Tardi Signore ti ho conosciuto, tardi ti ho amato!”

Da oggi in poi non mancherò di predicare ad ogni occasione che Cristo vuole aiutarci ad essere più felici, più liberi e a saper cogliere la vita come uno splendido dono, lasciando ad altri di occuparsi di qualcosa che in fondo al mio animo non mi aveva mai convinto completamente.

Un percorso spirituale nella chiesetta del cimitero che spero diventi abituale

Durante il Giubileo, ma credo che ci sia l’usanza di farlo anche dopo quella ricorrenza, per lucrare l’indulgenza si dovevano visitare le quattro Basiliche maggiori: San Pietro, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore e San Giovanni Evangelista. Non mi è mai stata spiegata il perché di questa usanza e la clausola relativa per ottenere l’indulgenza, ma penso che la chiesa voglia far incontrare i fedeli con le colonne portanti della nostra fede, con i testimoni più importanti del cristianesimo.

I pellegrini in Terrasanta credo che abbiano pure un percorso di visita già segnato, la natività, il Santo Sepolcro, la Trasfigurazione, l’Ultima Cena. Mi pare inoltre che pure a Bologna ci sia la visita alle sette chiese.

Anch’io ho sognato che chi entra nella nuova chiesa del cimitero abbia un percorso spirituale ed ascetico da compiere e mi pare che ci sia già qualcuno, che pur non avendo ricevuto inviti o indicazioni, abbia cominciato a farlo. Entrando uno vede illuminato il Tabernacolo e il Cristo in croce, punto focale dell’incontro religioso.

Poi cominciando da destra si incontra la Madonna con accanto una preghiera che aiuta il visitatore a dare forma al suo incontro con la Madre, poi si passa a Padre Pio con l’invito alla preghiera e alla confessione del male che si annida nel cuore di ogni uomo, quindi Sant’Antonio, il Santo della carità e della confidenza con Dio, poi l’incontro con San Francesco, con accanto la preghiera che aiuta a scoprire il creato come dono bello di Dio, quindi Papa Luciani, il Santo di casa nostra, benevolo e familiare, il vecchio Patriarca della nostra terra e di noi veneti. Si passa poi a Papa Woityla, con il suo invito al coraggio e all’aprire il cuore a Cristo, infine l’incontro con Papa Giovanni, che ti mette il cuore in pace e ti fa sentire la paternità di Dio.

Spero proprio che i fedeli compiano per intero il pio pellegrinaggio, leggendo le preghiere-messaggio, magari accendendo un lumino per lasciare traccia ai fratelli che seguiranno della propria presenza e della propria fede.

Spero che un po’ alla volta il pio esercizio di questi incontri, diventi un tonificante religioso per tanti mestrini che ogni giorno entrano numerosi in cimitero.

Ma io, sarò ancora adeguato?

Io non credo per nulla ai sogni premonitori di eventi, nè mi convincono quei racconti di certuni che ti garantiscono con grande sicurezza di aver appreso nel sogno quello che poi è avvenuto realmente. Può essere che talvolta si realizzi in qualcosa di temuto e di sperato, ma questo fa parte di quel mondo delle ipotesi che sorreggono inutilmente i giocatori all’enalotto!

Mi capita invece ogni volta che sogno di domandarmi quale sia il motivo e spesso scopro la genesi del sogno; esso si rifà sempre ad un discorso, o ad un fatto, od uno stato d’animo provato precedentemente.

Ultimamente ho sognato più volte situazioni in cui mi era stato affidato un compito che non ero in grado di svolgere, non ero preparato, non ero all’altezza della situazione, tanto da sentirmi a disagio, a cercare inutilmente delle soluzioni onorevoli senza riuscire a trovarle.
In questi casi il risveglio lo vivo sempre come una liberazione da un incubo!

Allora più volte ho cercato di analizzare la genesi e la spiegazione di questo mio sognare imprese e compiti più grandi delle mie possibilità.

Come l’ebreo Daniele della Bibbia, mi sono dato la spiegazione dell’evento onirico che si ripete con immagini e situazioni diverse.

Gli ultimi anni da parroco li ho vissuti con l’angoscia di non essere più capace di interpretare e guidare il mondo nuovo. Mi sentivo spiazzato, superato dalla vita, tanto che ho insistito quanto mai per la pensione, non tanto per la fatica e la responsabilità; ma per la paura di non riuscire a dare risposte adeguate alle nuove problematiche pastorali.

Ora, ad ottant’anni, provo la paura di non aver più la capacità di rispondere alla fiducia che i fedeli mi offrono tanto generosamente.

L’avere alla domenica una chiesa gremita per l’Eucarestia mi fa felice, ma nello stesso tempo mi fa paura per il timore di deludere le giuste attese e di mortificare il messaggio cristiano che mi è stato affidato.

Spesso mi vengono in mente due belle figure, a questo proposito, quella di Reagan, che incalzato dal Parkinson, si accomiata dalla nazione e si rifugia nell’assoluto anonimato della vita privata e quella, meglio ancora, del vecchio Simeone che prega: “Ora Signore i miei occhi possono chiudersi in pace perché ho visto la mia salvezza!”

Mi rendo conto che per me soluzioni del genere sarebbero troppo esagerate, ma l’uscire di scena è un problema che continua a tormentarmi!

Speranze d’oltre oceano

Obama, il presidentino nero degli Stati Uniti d’America, mi aveva fatto sognare; la sua bella famigliola, la sua dialettica che ha trascinato le folle, il coraggio di combattere prima con quella volpe della Clinton, che sotto la sua dolcezza femminile, nasconde un carattere d’acciaio, disinvolta e decisa (m’è bastato vedere come ha trattato quel povero e sprovveduto Bertolaso, rappresentante di un paese alleato, ma povero), poi con quell’agguerrito ed astuto competitore repubblicano.

Obama ha vinto alla grande, facendo sognare i poveri, i negri e i lavoratori non solo d’America, ma di tutto il mondo. A me è parso di riscoprire il piccolo e valoroso Golia, dai capelli fulvi, che affronta il gigante confidando solamente dei suoi ideali, dell’aiuto del Signore e dei ciottoli del fiume lanciati con la sua fionda.
Per qualche mese mi è parso che ce l’avesse fatta!

Finalmente il mondo poteva sognare ancora! M’ero illuso che lo spirito di quei Kennedy che io avevo conosciuto solamente dal lato migliore avesse pervaso il cuore e la volontà del piccolo nero emerso dalla miseria e dalla discriminazione. M’ero illuso che lo zio Tom non avesse sofferto e faticato invano.

Ho condiviso la sua prima battaglia: assicurare ai poveri d’America le cure e le medicine. Noi italiani in questo campo siamo gli “americani” e gli americani per quanto riguarda la sanità sono ancora i vecchi italiani emigrati in America.

Un po’ la crisi mondiale, ma soprattutto le lobbies, il denaro, ha reso difficile e grama la vita di Obama.

Sto seguendo con trepidazione la sua tattica, i compromessi, le sortite, i ripiegamenti.

Povero Obama spero che non crolli perché non sarebbe sconfitto solamente un progressista e un sognatore, ma quel che è più grave potrebbe sembrare che le vittorie si ottengono non con gli ideali, ma solamente con il denaro!

Abbandonarsi alla paternità di Dio di fronte alle prove della vita

La telefonata di uno dei miei fratelli mi ha colpito al cuore come una fucilata: “Armando m’hanno trovato un tumore ai polmoni!”

Era evidente che egli sentisse il bisogno di scaricare su suo fratello maggiore l’angoscia mortale che gli era stata appena comunicata in occasione di una radiografia fatta per un motivo banale.

Non solo a casa mia, ma anche quando ero in parrocchia ed ora al don Vecchi, ho la sensazione che tutti mi ritengano un punto fermo, quasi un capo a cui si possa fare sempre riferimento.

Io non voglio scrollarmi di dosso questo compito, se il Signore ha voluto che rappresentassi questa sicurezza, ritengo doveroso portare il carico non solamente dei miei drammi ma anche quelli di chi mi sta vicino!

Questa notte mi sono rigirato per il letto, ed ho dormito poco e male. Per tanti anni ho portato nel mio cuore l’angoscia del tempo in cui sarebbero mancati mio padre e mia madre. Avevo paura di quel evento!

La notizia di mio fratello seppur sommaria, non definitiva e non provata nella sua gravità, mi ha sconvolto. Non mi sono preoccupato tanto neppure quando, molto tempo fa, avevano dato pure a me una notizia uguale. Non so se mio fratello sia più fragile, meno preparato ed in condizioni diverse di quanto non sia un prete quale sono io!

Stamattina, neanche a farlo apposta, mi è giunta la risposta e la medicina. Due genitori apprendono dal medico che la loro creaturina appena nata, forse non avrebbe mai potuto camminare e trovano conforto e coraggio nell’abbandonarsi alla paternità di Dio.
“Il Signore sa, il Signore aiuta, il Signore ci vuol bene.”

Ho trovato molto conforto e mi è nata più forte la speranza che tutto si risolva per il meglio come è avvenuto per quei due fratelli di fede nei riguardi della loro figlioletta. Sono convinto che nulla avvenga a caso e soprattutto che nulla avvenga per il nostro male!

Si lavora sei mesi all’anno per lo Stato, ma per sostenere chi?

Bersani, nonostante la sua matrice veterocomunista, non mi è mai dispiaciuto troppo.
Difatti, quando ebbe la meglio sul cattolico, un po’ nevrotico ed irrequieto Franceschini, non mi sono addolorato più di tanto.

Non so se il capo del PD sia romagnolo o emiliano, comunque la sua parlata calda e pacata, la moderazione del suo argomentare e la sua indubbia competenza a livello economico me l’hanno fatto sembrare uno dei meglio tra i peggio.

Bersani ha ereditato dei sogni infranti di Veltroni, un carrozzone che perde pezzi ad ogni piè sospinto, e quel che resta è rabberciato con una cucitura talmente grossolana che mette in luce le pezze di origine e di colore ben diverso, tanto che non si può neppure applicargli il detto evangelico che sconsiglia operazioni del genere “Pezze nuove su vestito vecchio” nel PD pezze e vestito sono ambedue terribilmente vecchi!

Comunque qualche giorno fa, pur nella sua contenuta polemica con Berlusconi cosa che in qualche modo gli fa onore, ha fatto un’affermazione che ha messo il dito su una piaga, che nonostante l’alternanza dei governi, rimane aperta e sanguinante, fin dal nascere della nostra Repubblica: “Fino all’anno scorso gli italiani dovevano lavorare per lo Stato, dal 1 gennaio al 22 giugno, ora dovranno aggiungere un giorno in più, fino al 23 giugno!”

Da volontario lavoro tutto l’anno e da tanti anni per il prossimo, ma lavorare per lo Stato, decodificando il linguaggio politico, significa non lavorare per il prossimo bisognoso ma lavorare per lo stipendio: dei magistrati, dei parlamentari, dei senatori, degli alti burocrati, dei generali e dei colonnelli, dei soldati “volontari” che marciscono nelle caserme, dei dirigenti delle banche e delle industrie sovvenzionate dal governo, dei dirigenti dell’Inail, dell’Inps e di qualche altro soggetto per cui l’operaio che asfalta le strade, l’infermiere, la serva, l’artigiano e tanti altri sfruttati dallo Stato faticano e soffrono per 12 mesi per ricevere uno stipendio da fame solamente 6 mesi!

Mi domando se sia civile e cristiano accettare ancora condizioni del genere!

Mi hanno offerto un castello normanno!

Fino alla mia veneranda età ho sempre sentito parlare di un “sogno di mezza estate”, però in queste ultime settimane ho incontrato anche un “sogno di mezzo inverno!”

Qualche tempo fa ho ricevuto in maniera un po’ rocambolesca una lettera spedita da Rapallo il giorno della befana.

Siccome durante i viaggi assurdi che l’organizzazione postale fa fare alle lettere, pensate se da Carpenedo voglio scrivere alla Bissuola, le poste mandano la lettera a Padova e il Centro di Smistamento di Padova la manda alla Bissuola! La lettera spedita da Rapallo il 6 gennaio, rimase sgualcita e semiaperta durante questa trasferta perigliosa. Così che il postino per consegnamela mi ha fatto firmare, secondo il regolamento, che nella lettera c’era tutto quello che il mittente ci aveva messo, come se io avessi affermato che dentro c’era un assegno di qualche milione di euro, le Poste l’avrebbero risarcito!

La befana però quest’anno è stata particolarmente generosa con me, infatti mi ha messo dentro la calza un castello normanno.

Un signore che aveva visto alla televisione una mia intervista in occasione del “Paradiso bond” mi scrisse che condivideva il mio progetto e perciò mi metteva a disposizione un castello normanno che lui possedeva in Calabria.

Con l’ausilio di internet dalla Calabria arrivai fino a Vibo Valentia, a Mileto, al comune di San Calogero ed infine alla frazione di Calimera ove si trova il castello normanno.

Quel che mi è rimasto della mia fantasia di adolescente si scatenò facendomi subito sognare ponte levatoio, fossati, merli, torri, saloni con armature e bombarde.

Internet però mi informò pure delle distanze e pian piano emerse che il castello normanno era stato rimaneggiato e ricostruito tante volte riducendosi ad una bicocca di una ventina di stanze irregolari, sconnesse ed inabitabili che fino a non molti anni fa erano abitate dalla povera gente del paese.

Il proprietario mi assicurò che il posto era bello, che il mare si trovava solo a 5-6 chilometri e che con un pulmino, convenzionandomi con un albergo, avrei potuto portare al mare i miei vecchi.

Ben presto, dopo molte telefonate all’apparato comunale che, a mio modesto parere è rimasto al Regno delle due Sicilie di re Franceschiello, ho paura che dovrò, pur con dispiacere, rinunciare al castello normanno!

“Dai frutti si risale alla bontà dell’albero!”

Ho pigliato un grosso granchio! Sono deluso ed arrabbiato con me stesso perché ancora una volta non ho tenuto conto del monito di Cristo: “Non giudicate”. Non solo ho fatto un giudizio temerario, ma questo giudizio ha pure l’aggravante del risentimento!

Mi spiego. Recentemente sono rimasto deluso ed irritato per il comportamento di una persona che mi ha confidato di appartenere ad una associazione religiosa che nasce da un movimento cattolico, oggi rilevante nella vita politica ed economica del nostro Paese.

M’era parso che questa persona avesse, in realtà, un comportamento settario, poco attento e rispettoso di altre persone che pur operano nell’ambito della chiesa. Per associazione di idee e per qualche altro elemento, che avevo abbinato al comportamento della “religiosa” di cui ho qui accennato, avevo assimilato la figura e il modo di fare del Ministro alla Pubblica Istruzione onorevole Gelmini. Il vestire modesto, l’atteggiamento marcatamente autoritario nelle decisioni, l’appartenenza alla maggioranza politica che governa il Paese, mi avevano indotto a pensare che anche la Gelmini fosse una “Religiosa laica” di quel movimento a cui ho accennato.

Mi sono sbagliato! Qualche settimana fa l’Annunziata, alla televisione, le ha fatto le congratulazioni per l’incipiente maternità. Ma allora pensavo di non aver capito bene; mentre poi ho appreso, dai giornali, che la Gelmini s’è sposata civilmente di notte e per ben due volte, nel dubbio che il luogo e il tempo inconsueti invalidassero l’atto civile.

Mi pare, questa donna, tanto una “beatina” nell’aspetto, ma in realtà è una donna di ferro nella sostanza, riservata e nello stesso tempo determinata nel riformare la scuola così malandata e poco produttiva a livello d’istruzione e peggio ancora di educazione a valori morali e civili.
Così va il mondo!

E’ sempre difficile giudicare, se non bastasse l’esperienza lo comprova la magistratura che ritiene che anche una decina d’anni è troppo poco per poter pronunciare una sentenza!

Spero e mi propongo che d’ora in poi mi atterrò all’altra massima evangelica: “Dai frutti si risale alla bontà dell’albero!”

Dov’è Il vero “impegno cristiano”?

Ebbene è vero quello che pensava Esopo e cioè l’uomo porta sulle spalle la bisaccia dei suoi difetti, mentre appende al collo le sue virtù, così che non scorge i suoi difetti, mentre può rimirare i suoi pregi.

Perciò è normale e scontato che uno veda facilmente i difetti che il prossimo porta evidenti nelle sue spalle e non abbia coscienza dei suoi che non gli sono immediatamente visibili.

Pur premettendo tutto questo, debbo confessare tutta la mia amarezza e delusione quando incontro preti demotivati, parrocchie stanche e stantie che vanno avanti per forza di inerzia, comunità in cui non si avverte una progettualità, una ricerca di innovazione, sforzo di aprirsi al domani, passione per il bene, amore concreto per i poveri.

E’ per me quanto mai triste scoprire religiosi, senza religiosità vera, cristiani senza fermenti di autentico cristianesimo o fedeli con una fede formale, senza mordente e senza presa sulla vita.

I segni esterni che si rifanno al vocabolario religioso non solamente risultano falsi, ma perfino deludenti ed irritanti quando i contenuti sono ben diversi da quanto indicano suddetti segni.

Un prete senza zelo per le anime, per i lontani, un prete che non ricerchi appassionatamente strumenti o soluzioni per aprire un dialogo con le anime che gli sono state affidate dal Vescovo, un parroco che non appronti mass-media per parlare a tutti i suoi parrocchiani, che sia alla ricerca di associazioni o di luogo di incontro per i suoi ragazzi, non solamente non si rifà allo zelo del suo Maestro, ma rappresenta in realtà l’opposto di quanto dovrebbe essere.

Una religiosa o un frate preoccupato solamente di procurare introiti per la propria congregazione, che non si rapporti e non collabori con tutto “il corpo di Cristo” rappresentato dalla comunità cristiana nella sua globalità, non dico che sia “L’anticristo” ma certamente non dà volto vero al Cristo nella vita del mondo contemporaneo!

Sempre si è corso il pericolo di un “impegno cristiano” che in realtà era solo l’opposto di esso, vedi crociate, controriforma, inquisizione, indulgenze ecc.

Oggi poi in cui tutto si svolge sotto i riflettori dei mass-media tutto questo diventa più evidente e dissacrante.

Il manifesto di Cristo

Quando si parla di manifesto quasi per istinto o meglio ancora per una cultura primordiale ed universale il pensiero corre subito a Marx, il barbuto sociologo della metà dell’ottocento.

Quel manifesto, non si può dire che abbia portato solo drammi e tragedie perché ha pure scosso dalle fondamenta una società che aveva solidificato i privilegi di pochi e l’esclusione dal benessere e dalla partecipazione alle scelte sociali di moltissimi, però alla fin fine è stato quanto mai rovinoso e alla prova dei fatti è fallito.

Il manifesto però che ha portato solo vantaggi all’umanità e che ne porterebbe ancora di più se fosse accettato ed attuato nella sua sostanza almeno dalla sua chiesa è quello di Cristo.

Il manifesto di Cristo è però meno conosciuto dalle masse popolari di quello di Marx, pur essendo proposto con molta evidenza fino dalle prime righe del Vangelo di Luca, quando nella sinagoga di Nazareth Gesù fa suo il progetto del Messia anticipato dal profeta Isaia: “Sono mandato ad annunciare ai poveri il lieto annuncio, la liberazione dei prigionieri, ai ciechi la vista, la libertà agli oppressi ed un anno di grazia”. Non potrebbe essere più evidente che Cristo ha come obiettivo l’uomo, la sua emancipazione, la sua libertà, la sua dignità.

Nel manifesto di Gesù però non c’è neppure accenno a pontificali, pratiche di pietà e riti in generale. Fortunatamente anche oggi nella chiesa ci sono movimenti, associazioni, uffici e quant’altro impegnati a realizzare il progetto di Gesù,. Però bisogna pur confessare che negli organismi di base quali sono le parrocchie esse favoriscono una cultura di massa di tipo intimistico rituale che non sempre è teso a promuovere la libertà, la giustizia, l’emancipazione dell’uomo e della società in cui vive.

L’andare spesso alla sorgente, ai documenti costitutivi del cristianesimo non solo è opportuno, ma doveroso, perché finiamo per scoprire un pensiero ed un programma che non sempre collima con l’indirizzo e gli obiettivi del Fondatore.

La giustizia non rende sempre giustizia alla vita del cittadino

Da qualche tempo incontro abbastanza frequentemente un signore di mezza età che nelle ore più disparate si raccoglie in preghiera nella chiesa del cimitero. Credo che ormai non gli resti altro che rifugiarsi in Dio.

Avevo capito, fin dai primi giorni della sua comparsa, che aveva nel cuore qualcosa di molto grave. Un giorno, forse perché oltre che al Signore, che se ne sta buono buono ad ascoltare, ha sentito il bisogno di confidare anche al suo vecchio ed indegno ministro il suo affanno.

La sua storia è assai aggrovigliata ed io non ho voluto mettere il dito nella piaga ponendogli delle domande per chiarirmi la questione, così che non l’ho capita per nulla.

Credo che facesse un lavoro redditizio come rappresentante di commercio di una grossa ditta che probabilmente lavorava in maniera illegale e quest’uomo, che almeno a me pare sano ed onesto, ne è rimasto coinvolto tanto da perdere il lavoro, la pace e lo stipendio per mantenere la sua famiglia ed essere inguaiato in maniera grave col fisco e con la giustizia.

Oggi uno che abbia a che fare con questi comparti dello Stato è un uomo letteralmente perduto checché ne pensi Di Pietro.

Le pastoie burocratiche e l’organizzazione di queste realtà sono quanto di peggio e di più assurdo una mente umana possa pensare.

Comunque sia il risultato di una indagine, di una pratica, o di un processo, alla fine uno risulta sempre perdente e sempre riceve in realtà una condanna gravissima anche se assolto con formula piena!

Proprio in questi giorni ho letto ancora una volta l’affermazione categorica di Cristo: “Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”.

Mi pare che il ministro Angiolino Alfano abbia una grossa gatta da pelare tentando di salvare la giustizia da come s’è ridotta. Credo che, se suddetto ministro, il capo dello Stato e del Governo, il parlamento, il Senato e gli oltre mille deputati e senatori, si rifacessero a questa affermazione di Cristo, imboccherebbero la strada giusta! Dobbiamo preoccuparci della vita dei cittadini, non della sopravvivenza della corporazione più pagata e meno efficiente in Italia!

Quel rammarico che dovrebbe essere superato…

Da anni seguo con molto interesse la posizione critica degli ebrei nei riguardi dei presunti o veri silenzi di Papa Pacelli di fronte agli esecrabili eccidi perpetrati dai nazisti sugli ebrei.

Confesso che talvolta mi si è affacciato il dubbio che Papa Pio XII sapendo, che forse solamente i tedeschi avrebbero potuto arginare l’espandersi in Europa del comunismo ateo della Russia di Stalin e anche non appoggiando direttamente l’espansionismo tedesco con tutti gli aspetti negativi che erano insiti in esso, Papa Pacelli non l’abbia combattuto apertamente ed in maniera più esplicita, mediante interventi pubblici, sperando che queste potenze delle tenebre si eliminassero reciprocamente combattendosi tra di loro.

Credo però che questa mia supposizione senza documenti che la sorreggano, sia una ipotesi piuttosto peregrina di un povero prete totalmente sprovveduto su problemi così impegnativi. Di certo Papa Pacelli ha tentato di salvare gli ebrei attraverso tutta l’organizzazione della struttura della chiesa, e ciò lo riconoscono gli stessi interessati.

Credo invece che la spiegazione giusta dei presunti silenzi sia quella che ho sentito personalmente dal nostro vecchio Patriarca il Cardinale Roncalli che di queste cose se ne intendeva assai, anzi era quanto mai esperto. Diceva il nostro patriarca di un tempo che può essere comodo e facile fare certi proclami pur giusti nella sostanza ma poi a pagarne il prezzo non sarebbe stato chi questi proclami li creava in un luogo sicuro, ma i cristiani e la chiesa che vivevano sotto il giogo di questi tiranni sanguinari e senza scrupoli quali furono Hitler, Stalin e tutti i loro accoliti. Credo che l’intellighenzia del popolo ebreo queste cose le dovrebbero sapere bene!

Pur essendo io un ammiratore dell’intelligenza, della democraticità del popolo ebreo e pur comprendendo il prezzo enorme che ha pagato al nazismo e pure al comunismo, credo che sia ora che la finisca con questo discorso non intromettendosi ulteriormente nella cose che non li riguarda e ringrazia di cuore la chiesa cattolica del nostro tempo, anche se si può comprendere il rammarico per quella dei secoli lontani.

La mia epopea scout, quanti ricordi!

Funge da “capo tecnico” nella tipografia ove si stampa “L’incontro”, un mio vecchio lupetto quasi sessantenne, ormai in pensione da tempo.

Io non posso che avvalermi di giovani e vecchi pensionati, date le inesistenti risorse finanziarie.

Questo ragazzino, di tempi ormai lontani, qualche mattina fa mi ha portato una vecchia foto che mi ritrae mentre celebravo messa nel campo scout di Gares.

Mi è bastata questa foto per farmi risucchiare da un’ondata di ricordi cari dell’epopea scout che ho vissuto agli albori del mio sacerdozio.

Lo scoutismo mi ha affascinato e impegnato per più di vent’anni, quando ne sono uscito non c’era quasi parrocchia della città in cui non avessimo fatto nascere un gruppo.

Ora non so più quale sia la situazione dello scoutismo a Mestre, ma allora gli scout si contavano a centinaia e centinaia. Solamente a San Lorenzo, la parrocchia del Duomo, avevamo due branchi di lupetti, tre reparti scout, un noviziato e due clan e altrettanti gruppi femminili perché a quel tempo maschi e femmine avevano gruppi separati.

Quanti ricordi, quante imprese, quanti incontri e quante preoccupazioni per le singole storie di questa massa di giovani che affrontavano i temporaloni dell’adolescenza e della prima giovinezza, mi fa tristezza quando apprendo l’esiguità dei gruppi giovanili che ruotano attorno a certe parrocchie!

Rimango assolutamente convinto che quando un prete si spende tutto e semina a piene mani con generosità, fiorisce anche il deserto! Fu così anche a Mestre negli anni 60-70!

Ora mi restano i ricordi, ma i miei ragazzi li porto tutti nel cuore.

Nella foto mi fanno da chierichetti, a destra Maurizio Saccarola, capo squadriglia, diventato medico coscienzioso e brillante, ed ora in cielo ormai da anni, a sinistra Oscar Turra, capo reparto prima tra gli scout e poi nello stabilimento della Flag, un po’ in disparte Ferruccio Faccenda, ingegnere in pensione, poi un quadrato interminabile di ragazzi che con me hanno incontrato il Signore a contatto di una natura splendida ed incontaminata.

Io non sono riuscito a seguire le infinite storie dei miei ragazzi di un tempo, ogni tanto ne viene a galla qualcuno, ma sono certo che la splendida avventura vissuta assieme e strettamente collegata a Dio e al prossimo, contrassegnerà per sempre le coscienze di ognuno.