Discorso sulla fede e sull’ateismo

Di natura sarei polemico ma da una vita tento di controllarmi perché convinto che anche chi ragiona diversamente da me vada rispettato, che la polemica non costruisce niente ma soprattutto perché Gesù, mio maestro, mi chiede con fermezza di amare anche i nemici.

Devo però confessare che questa volta ho faticato più del solito a non utilizzare toni polemici nei riguardi di un “lettore” de “L’incontro” che mi definisce “prete arrogante”, che giustifica il suo ateismo con l’affermazione che “lui crede alla vita prima della morte”, che San Tommaso, il quale ha formulato le cinque prove dell’esistenza di Dio, è uno “psicopatico difficile da curare”, che “credere nel creazionismo e nell’antropocentrismo” non è serio ma preoccupante, (tengo a precisare che io non ho mai accennato a queste problematiche) e per finire sostiene che “sono sempre meno le persone che credono” e “che lui è sempre libero di non credere” (ma chi mai glielo ha detto che non è libero?).

Questa esternazione, a detta del mio lettore, è nata perché ad una signora che mi ha scritto che nonostante lei sia atea fa del bene ed è serena, avevo fatto notare in maniera estremamente cortese che, come a noi credenti vengono giustamente chiesti i motivi che giustificano la nostra fede, è altrettanto lecito che si chieda agli atei di giustificare il loro ateismo. Il signore che se la piglia con me, ad esempio, motiva il suo ateismo affermando che lui “crede nella vita prima della morte”. Ebbè? Anch’io e tutti i credenti “crediamo nella vita”, e con questo? A questo signore vorrei far notare che non c’è motivo di prendersela perché dobbiamo comunque vivere in questo nostro mondo e sarebbe quindi molto meglio che credenti e atei lavorassero insieme per creare un mondo più giusto, più libero, più solidale. Credo che ciò lo si possa fare anzi lo si debba fare.

Per il resto mi permetto di fargli osservare quanto segue:

  1. non ho mai tentato di costringere qualcuno a credere né o mai irriso chi non crede.
  2. mi sento in buona compagnia con le persone del passato e del presente perché la loro stragrande maggioranza si dichiara in qualche modo credente.
  3. San Tommaso è ritenuto da tutti una delle menti più eccelse dell’umanità di tutti i tempi.
  4. una recente indagine, compiuta su un campione di un milioni di persone, e che ho pubblicato due mesi fa su “L’incontro”, afferma che la religiosità nella popolazione mondiale è assolutamente in crescita.
  5. quasi tutti gli atei che conosco mi hanno confidato che invidiano noi credenti.

Scrivo tutto questo perché nessuno possa dire che le persone religiose sono tutte credulone e sprovvedute!

Mi si spieghi!

Ieri sera ho seguito il bellissimo concerto organizzato in occasione dell’Expo internazionale ma, prima del concerto al telegiornale, ho visto la gazzarra dei “ragazzi” dei centri sociali. La televisione ha mostrato le “armi” preparate per la guerriglia urbana e i negozi da loro imbrattati con le bombolette. Di fronte a queste immagini mi sono posto una serie di domande alle quali non sono assolutamente riuscito a dare una risposta.

Questi “ragazzi” non vogliono questa società. Va bene! Perché allora non possono convincere con la parola e con la penna, educatamente e rispettosamente la gente a cambiare? Io faccio il prete e da una vita tento di convincere che il messaggio cristiano è il più valido, lo faccio però con garbo e non mi permetterei mai di insultare e di rompere le finestre delle case di chi non viene a messa o di imbrattare i muri delle case di chi non mi ascolta e non mi segue! Aggiungo poi che le persone che li proteggono sono le stesse che insorgono se un prete chiede di benedire gli alunni di una scuola, se un maestro si azzarda a fare il presepio in classe o se un professore di religione osa affermare che l’omosessualità si può curare.

Perché a costoro è permesso tutto, perché i poliziotti sono costretti a sopportare gli insulti e a subire le violenze di questa gente che pare viva solamente per protestare? Qualche mese fa dovevo consegnare un documento in parrocchia ed ho parcheggiato la mia “Punto” in una via che porta alla piazza di Carpenedo; sono tornato dopo una decina di minuti e con sorpresa mi sono trovato una multa di settanta euro; mi pare proprio che la mia infrazione della legge sia di entità ben minore di tutti i danni che i “soliti ragazzi” vanno facendo da anni. La legge vale forse solamente per la gente educata, non violenta e pacifica? Nessuno viene mai arrestato anzi, anche quando qualcuno di questi individui viene rinchiuso in cella, il giorno seguente viene liberato dai soliti magistrati tanto gelosi della loro autonomia!

Assenteismo nel pubblico

Io provengo da una piccola bottega di un artigiano e conosco bene i problemi della categoria. Grazie a questa esperienza sono giunto alla conclusione che soltanto nel mondo dell’artigianato e del piccolo commercio si lavori veramente mentre nel mondo della grande industria si lavora poco e in quello degli enti pubblici quasi nulla! Per carità, ci sono eccezioni, uomini di buona volontà si trovano in tutti i comparti della nostra società e perciò anche nel pubblico impiego ho conosciuto lavoratori, impiegati e dirigenti esemplari tanto che quando sono tentato di criticare i “lavoratori” dello Stato e del parastato mi sento a disagio e mi rimorde la coscienza perché non vorrei mai fare “di ogni erba un fascio” consapevole che in ogni categoria c’è sempre qualcuno che tira la carretta e sgobba come lavorasse per interessi propri, purtroppo però temo che queste siano eccezioni!

Domenica scorsa ho seguito il programma televisivo “L’Arena” su Rai Uno, diretto da Giletti, che viene trasmesso nel primo pomeriggio. L’argomento trattato era appunto l’assenteismo e l’abbandono del posto di lavoro in alcune cittadine del Sud da parte di dipendenti pubblici che durante l’orario di lavoro usano occuparsi dei fatti propri. Mi pare che a Cassino, in un ente pubblico in cui ci sono centoventi impiegati, i carabinieri abbiano costatato che i tre quarti di essi si erano assentati per i motivi più disparati, lasciando sul posto di lavoro un minuscolo gruppo di stacanovisti a ricevere il pubblico e a sbrigare le pratiche di ufficio.

La cosa mi ha deluso e indignato ben s’intende, però mi ha fatto ancora più male costatare che il solito sindacalista si è azzardato a prendere le loro difese. Gli scout della mia vecchia parrocchia, qualche giorno fa, hanno organizzato un riuscitissimo incontro al Palaplip con i candidati sindaco al comune di Venezia e li hanno “costretti” a firmare un documento, purtroppo inutile, sulla trasparenza e contro le mafie. Giustissimo! Però io, che sono meno idealista dei nostri ragazzi, chiederei sia a Casson che a Brugnaro e agli altri sei candidati, di impegnarsi formalmente a ridurre almeno della metà, ma sarebbe meglio dei due terzi, i tremilaseicento dipendenti comunali se veramente vogliono essere credibili nella loro opera di risanamento!

Un odio incomprensibile

Non molti anni fa, “nell’era Berlusconi”, una giovane parlamentare del suo partito, Ministro della Pubblica Istruzione, ha fatto una riforma della scuola che però da quanto si dice pare non abbia funzionato. Sono anni infatti che la nostra scuola sforna, con sempre maggiore abbondanza, bulli e giovani per i centri sociali, ben preparati per la guerriglia urbana, nuovi “soldati di ventura” pronti a combattere tutte le guerre e ad opporsi, in maniera sistematica ed estremamente organizzata, ad ogni iniziativa dello Stato, dell’Industria e del Commercio!

Ora nell’incipiente “era Renzi” un’altra giovane donna, pure essa ministro della Pubblica Istruzione, ha preannunciato le linee guida di un’ulteriore riforma della scuola che, a parer suo, dovrebbe finalmente formare una classe dirigente di persone preparate e soprattutto capaci di creare lavoro e benessere per la nostra nazione. Ora, pur essendo questa riforma alla sua prima stesura e nonostante non si conoscano nel dettaglio le proposte vive, a parere di tutti semplicemente disastrata, è scoppiato un tale putiferio che pare che il cielo ci piova addosso. Studenti, sindacati, centri sociali, sinistra, destra, precari, presidi e cobas hanno reagito con tale violenza da far pensare che qualcuno stia minacciando l’incolumità, il benessere, l’ordine e la sopravvivenza della nazione stessa.

Io sono ormai abituato agli scioperi di inizio anno scolastico; sono qualcosa di endemico e, anche se non li approvo, li capisco perché, in un tempo in cui tutti vorrebbero tutto senza fare fatica. per i giovani, passare dalle vacanze al pur pallidissimo impegno scolastico, diventa un dramma! Quello che invece non capisco è il perché in queste occasioni scoppi per prima cosa un livore viscerale contro la scuola privata che pare essere la causa di tutti i mali; mi viene da sospettare che si tema il confronto con una scuola che funziona, che fa lavorare, che non sciopera, che è ordinata, che sforna gente preparata e soprattutto che non accetta “professori fannulloni”, sfaticati, impreparati e che non sanno né educare e neppure istruire.

“Non voglio morire!”

In sessant’anni di sacerdozio ho visto morire una moltitudine di creature. Spesso la morte ha raggiunto i miei fratelli con passo felpato e se li è portati via, senza che quasi se ne accorgessero, nonostante fossero gravemente ammalati. Fino a qualche giorno fa pensavo di aver assistito ad ogni tipo di morte, talvolta serena, talvolta improvvisa come una folgore e talaltra arrivata con il contagocce dopo mesi di tormenti. Nel passato la morte era quasi sempre più traumatica perché non si usavano i sedativi e le cure palliative che al giorno d’oggi quasi sempre liberano l’ammalato dal dolore e talora lo privano anche della coscienza del “passaggio”. Ricordo un medico di Viale Garibaldi, che assistevo da settimane, che mi descrisse in maniera particolareggiata come sarebbe andata a finire: “Quando avrò questo sintomo non potrò durare per più di una dozzina di minuti”. Il sintomo arrivò quando gli ero accanto. Mi disse allora: “Fra qualche istante morirò” e infatti si spense con estrema dignità mentre gli impartivo la benedizione del Signore. Ricordo poi una vecchietta di Viale San Marco alla quale portavo di frequente la Comunione e che tentavo di incoraggiare con i soliti discorsi: “Vedrà che le ultime medicine la faranno riprendere” e con altre innocenti bugie. Ella mi rispose con un dolcissimo sorriso: “Don Armando sono pronta, sono tanto contenta di raggiungere mio marito e mio figlio!”. Sembrava proprio che attendesse che il Signore aprisse la porta per accompagnarla in cielo! Ricordo pure una giovane mamma con un tumore alla testa, i cui occhi sembravano uscire dalle orbite, che se n’è andata con dignità e coraggio. Ricordo anche un dirigente sindacale che mi mandò a chiamare per raccomandarmi i due figli: “Io presto non ci sarò più ma loro hanno ancora bisogno di una guida, li affido a lei!”. Qualche giorno fa però mi è capitato il caso di una donna ancora giovane che con accanimento mi ha detto: “Non voglio, non voglio morire!”. Eppure era credente e praticante. Temo quindi che l’attenuarsi della fede e il venir meno dei grandi valori cristiani espongano l’uomo ad una maggiore difficoltà nell’accettare il passaggio! In rapporto a questa esperienza mi sono ricordato che in Seminario ogni mese recitavamo: “Apparecchio alla buona morte”. Penso che sia giusto e doveroso prepararsi a morire se non vogliamo farlo da disperati!

La predica del tassista

Un mio caro amico ha un figliolo ormai adulto e già laureato che un paio di anni fa è entrato in seminario perché ha deciso di diventare prete. Spesso gli chiedo notizie di questo figlio anche perché mi viene da confrontare la mia preparazione al sacerdozio con quella attuale. Qualche giorno fa gli ho chiesto a che punto fosse nel suo cammino verso l’ordinazione ed egli mi ha risposto che ha già fatto due anni ed ora gliene mancano altri quattro; ai miei tempi gli anni di studi teologici erano soltanto quattro in tutto e sono sempre stato convinto che fossero già tanti.

È mia convinzione che il tipo di studi teologici come erano e sono tuttora strutturati finiscano per alienare i futuri preti dalla cultura e dalla sensibilità della gente del nostro tempo, creando delle persone che parleranno ad altre persone che non esistono ormai più, perché l’evoluzione rapida e laica del nostro tempo ha degli schemi mentali talmente diversi dal pensiero della teologia insegnata in seminario da rendere quasi impossibile un dialogo positivo tra “fedeli” e sacerdoti. Questa convinzione mi spinge a leggere un tipo di letteratura religiosa meno sofisticata di quella offerta dalla teologia. Al mattino ad esempio faccio un po’ di meditazione su esperienze di fede offerte da semplici cristiani di tutto il mondo che, con candore e semplicità, offrono ai fratelli il loro modo di credere e di interpretare la Bibbia e questa lettura mi fa molto bene. Un paio di giorni fa ho letto questo commento al salmo 23, che dice: “Se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me”. Ecco il commento di un cristiano dello Zimbabwe:

-Per anni, sono stato ostaggio della paura. Avevo timore di tutto, di ogni nuova situazione, di ogni impegno. Passavo molte notti insonni. Se riuscivo a dormire, il sonno era popolato da incubi. La mia paura si è dissolta in un giorno, mentre viaggiavo in taxi. Sul cruscotto c’era un adesivo con queste parole: “Il mio taxi è il migliore. Paga e rilassati. Io farò il resto”. Quest’affermazione mi ha spinto a chiedermi: “Se posso rilassarmi in questo taxi, perché non posso farlo tra le braccia del Signore Gesù? Non è Dio, il migliore? Perché non smetto di preoccuparmi, e di avere invece fiducia in Lui, e rilassarmi?”
-Avevo appena lasciato i miei timori ai piedi del Signore, che una netta sensazione di sollievo mi ha pervaso. Mi sono ritrovato a canticchiare un inno: “Perché ti preoccupi, quando puoi pregare? Abbi fede in Gesù, sarà Lui la tua guida”. Ora, di fronte ad ogni situazione difficile, mi dico: “Gesù è il migliore, io credo e ho fiducia in Dio e Lui farà il resto”.-

Io la penso come questo cristiano del continente nero; mi pare che il Signore per la povera gente, come me, sia più comprensibile ed efficace quando ascolto il discorso che mi fa, attraverso gli eventi della cronaca quotidiana.

Un alloggio per i derelitti

È inutile e noioso che confessi ancora una volta i miei dubbi, che purtroppo diventano spesso drammi interiori, circa la carità cristiana, o meglio ancora, l’elemosina. A tal proposito sono costretto a riferire il consiglio di Monsignor Vecchi: “Armando se dai l’elemosina ad un povero che ti chiede la carità fai certamente bene, però se ti impegni a costruire una struttura che aiuta i poveri, farai ancora meglio perché potrai offrire loro una risposta risolutiva ai loro bisogni e aiuterai chi si troverà nella loro stessa situazione per un secolo almeno”. Da questa dottrina sono nati i Centri Don Vecchi che attualmente offrono un alloggio, più che dignitoso, a cinquecento anziani con difficoltà economiche.

Alla prova dei fatti, nonostante il discorso funzioni e sia pienamente razionale, sento di non aver ancora risolto completamente il problema che mi turba da sempre ed ogni volta che incontro un mendicante che mi chiede l’elemosina o ogni volta che cammino oltre o offro solamente un paio di euro, la coscienza continua a rimordermi nonostante i discorsi e la dottrina a cui mi sono affidato.

Qualche giorno fa è venuto a trovarmi uno dei soliti miei “amici” che viveva presso la Casa dell’Ospitalità di Via Spalti ove aveva un letto, il pranzo e la cena. Il mio “amico”, che ha meno di quarant’anni, col solito fare lagnoso ed il volto triste, mi ha detto: “Don Armando mi hanno buttato fuori dall’asilo notturno e sono quindi costretto a dormire per strada. Cosa faccio?”. Io non ho proprio saputo dargli una risposta anche se mi sentivo prudere la lingua per il desiderio di rispondergli: “Arrangiati. Nessuno ti ha costretto a fare baruffa con il tuo vicino tanto da indurre il responsabile a cacciarti giustamente!”. Non gli ho risposto ma ora temo che “dorma” sotto qualche sottoportico! Ho letto che tra Venezia e Mestre vi sono circa cinquecento senza fissa dimora ma purtroppo le strutture ricettive non superano i duecento posti letto. Quel mio “amico”, anche se ogni tanto mi chiede del denaro per andare in un luogo lontano da Mestre dove gli è stato “offerto un posto di lavoro”, credo che non lavorerà mai più. Per quanto colpevole possa essere, la coscienza mi dice che io e la città almeno un letto dovremmo offrirlo a questo relitto d’uomo!

La samaritana

Quando, fino a ieri, sentivo pronunciare il termine: “samaritana”, da vecchio prete, che mille volte ha dovuto con fatica commentare l’episodio del Vangelo nel quale una donna di Samaria si incontra con Gesù presso il pozzo di Giacobbe, d’istinto mi veniva di pensare a quella donna di facili costumi che ha intessuto un colloquio con Gesù. D’ora in poi però, quando sentirò la parola “samaritana”, mi si affaccerà alla memoria un’altra donna, una donna che i mass-media hanno definito “samaritana” perché è stata la prima ad aver donato un rene ad un ammalato, in attesa di un trapianto, che lei non aveva mai conosciuto e che non conoscerà mai. Questa meravigliosa notizia ha tenuto banco per un paio di giorni ma purtroppo non come avrebbe meritato: ignorata dalle prime pagine dei più importanti quotidiani per poi scomparire nel nulla come se nel nostro mondo ci fossero notizie più belle da diffondere. Nel frattempo i media hanno continuato a fornirci dettagli sulle squallide beghe della politica, sulle ruberie e su tutto il marciume di mezzo mondo.

Ritengo che almeno “L’Incontro” debba fare da cassa di risonanza ad un gesto così nobile e generoso. È vero che nel mondo c’è tantissimo male ma fortunatamente sono convinto che il bene sia molto di più; il guaio è che mentre i mass-media fanno a gara per essere i primi a diffondere notizie sui fatti di cronaca nera quasi nessuno è seriamente impegnato a informare sul volto bello della vita. Privarsi di un rene, ed io so bene cosa voglia dire averne uno solo perché uno mi è stato asportato a causa di un tumore, è un atto a dir poco eroico! La nuova “samaritana” ha offerto non solo un rene ad un ammalato ma ha mostrato a tutti noi il volto di Gesù Risorto!

Renzi

Ascoltando gli interventi di Renzi, che non cessa mai di sorprendermi positivamente per l’entusiasmo, la vivacità dell’eloquio e le sue battute d’effetto ricche d’immaginazione mi viene da domandarmi in quale branca dell’Agesci abbia militato. Spesso mi vien da pensare che probabilmente da giovane sia stato il capo “branco” ossia il responsabile del “gruppo” dei lupetti, i ragazzi più giovani dell’associazione scout.

Io ho fatto l’assistente degli scout per quasi una trentina di anni e conosco bene il metodo e la vita scout. Il testo base di chi educa i ragazzini più piccoli, i lupetti, è “il libro della giungla” di Kipling, il libro in cui le qualità più nobili sono rappresentate dagli animali della foresta e confesso che quando il capo “Akela” raccontava suddetto libro i ragazzi erano letteralmente entusiasti, non battevano ciglio, ascoltavano a bocca aperta il loro capo che parlava della vita trasmettendo messaggi e valori positivi mediante le storie della vita nella foresta.

Ebbene oggi, quando mi capita di ascoltare Renzi nei suoi interventi, rimango affascinato come i miei “lupetti” di un tempo. Qualche giorno fa, a proposito dell’Italicum, sbottò: “Ragazzi non stiamo giocando a Monopoli dove ti fanno tornare indietro in caselle pregresse!” e successivamente ad Obama: “L’Italia non è più la bella addormentata nel bosco!”. A me Renzi piace per il suo coraggio, per la determinazione e per il suo fare spigliato e disinvolto, per il suo amore verso l’Italia. Mi pare che con la sua squadra di belle ragazze, di giovanotti e di uomini abbia finalmente portato la primavera in Parlamento anche se in esso vi sono ancora le ortiche alla Bindi, i cardi alla D’Alema o alla Fassina e i rovi alla Bersani. A me Renzi piace davvero e mi chiedo: “Ma coloro a cui non piace forse gli preferirebbero Vendola, Grillo, Berlusconi o Salvini?

Ristorazione solidale

Ho confidato più volte agli amici il mio sogno di riuscire a far sì che anche la povera gente, vecchi pensionati e operai dal reddito basso possano avere qualche momento di evasione serena. A Mestre vi sono quattro mense per i senzatetto, per i barboni e per i nullatenenti ma non c’è purtroppo un ristorante che possa offrire, al costo di un paio di euro, la cena o il pranzo a disoccupati, a operai o impiegati in trasferta, alla moltitudine di anziani con la pensione sociale o con quella di sette-ottocento euro e non c’è nemmeno un ristorante presso cui un operaio, con una retribuzione di milleduecento euro, possa dire alla moglie in occasione di un anniversario o in occasione del compleanno del proprio bambino: “Questa sera vi porto fuori a cena!” spendendo meno di dieci euro.

Noi del Don Vecchi stiamo già facendo il tentativo di offrire, non solo il pane per sopravvivere, ma anche qualche momento di evasione da quella monotonia amara che non consente mai di andare oltre lo stretto necessario e fortunatamente a qualcosa siamo arrivati riuscendo ad offrire un appartamentino con i fiocchi anche a meno di duecentocinquanta euro al mese, gite in pullman Gran Turismo con merenda casereccia a dieci euro tutto compreso, pranzi al Seniores Restaurant a cinque euro e pizza con tre euro!

Questo ci incoraggia nel fare un ulteriore passo avanti verso l’obiettivo di una cena in un locale signorile, serviti al tavolo ad un costo che non superi i due-tre euro. Disponiamo già sia di un locale che di un centro cottura estremamente organizzato, i volontari non ci mancano e quindi ora non ci resta che sperare che il catering “Serenissima Ristorazione” ci venga incontro sull’esempio di ciò che è già stato fatto a Milano. Stiamo tentando di contattare i “proprietari” di questa impresa che cucina centomila pasti al giorno perché, da ottime persone quali sono, concorrano a realizzare questo miracolo anche a Mestre.

Bene, Papa Francesco!

Un paio di settimane fa Papa Francesco ha affermato che, la persecuzione perpetrata dall’impero Ottomano (l’attuale Turchia) all’inizio del secolo scorso nei confronti della popolazione armena durante la quale vennero massacrati un milione di cattolici, è stato il primo genocidio. In quell’occasione forse molti benpensanti si saranno chiesti come mai questo Pontefice abbia voluto sollevare un simile vespaio suscitando reazioni facilmente prevedibili per un evento dal quale ci separa giusto un secolo.

Costoro sono certamente rimasti perplessi mentre io sono quanto mai convinto che la dichiarazione di Papa Francesco sia stata un atto di estrema onestà intellettuale. Non si devono dire le cose solamente quando ci conviene o quando si pensa che non susciteranno la reazione dei potenti. La verità va detta sempre, costi quello che costi, perché il male e le prevaricazioni vanno sempre condannate per rispetto del valore assoluto della verità e nel tentativo di creare una coscienza collettiva onesta. La Chiesa cattolica oggi può permettersi di farlo perché ha già chiesto pubblicamente perdono all’intera umanità per i suoi peccati quali: le crociate, l’inquisizione, le persecuzioni degli ebrei, dei catari, degli albigesi, le stragi degli indigeni del nuovo mondo e le condanne degli uomini di scienza come Galileo. Avendo fatto ammenda per i suoi comportamenti può legittimamente e doverosamente indicare alla coscienza del mondo la tratta dei negri, i genocidi dell’impero ottomano, di Hitler, di Stalin, dell’Uganda e del fondamentalismo islamico; purtroppo questa è una litania infinita!

Quanto mi piace questo Papa che tenta di far sì che la sua Chiesa diventi coscienza rigorosa per il mondo intero! Grazie, Papa Francesco, grazie anche per questa lezione di coraggio e di onestà morale!

Non possiamo voltarci dall’altra parte

Ogni giorno si fa sempre più angoscioso e tragico l’esodo degli infelici che, scappando da quei paesi in cui infuria una guerra senza più alcuna legge e limite di crudeltà, cerca la salvezza sulle sponde della nostra Penisola. Per queste creature, povere ed angosciate, pare che l’unica via di fuga possibile sia soltanto attraversare il Mediterraneo. Il percorso è quanto mai infido e pericoloso a causa dei vecchi barconi sui quali vengono accalcati ma soprattutto per gli aguzzini che, speculando sulla loro paura e sulla loro speranza, li traghettano spolpandoli dei pochi dollari che sono riusciti a racimolare vendendo tutto quello che possedevano. L’attuale esodo è uguale se non peggiore di quello organizzato tre secoli fa da negrieri senza scrupoli che sequestrarono un ingente numero di africani e li portarono a lavorare, come schiavi, nelle piantagioni di cotone e di canna da zucchero degli Stati del Nord, del Centro e del Sud America.

A questo dramma infinito dei profughi si aggiunge quello dei nostri compatrioti che, avendo dimenticato che anche i loro nonni, dopo la Grande Guerra, cercarono salvezza dalla fame in terra d’America, sono quanto mai preoccupati di dover ospitare e mantenere queste decine di migliaia di uomini spaesati e senza futuro. L’organizzazione statale sembra giunta al tracollo sia nel trovare stabili idonei sia nel provvedere ad una pur sommaria sistemazione.

Papa Francesco ha invitato frati, suore e preti a offrire i conventi ormai deserti però finora non mi è mai capitato di leggere che qualcuno abbia dato una risposta positiva all’invocazione del nostro Pontefice; diocesi, ordini religiosi e parrocchie pare facciano orecchie da mercante e lascino cadere nel nulla questi appelli angosciati. Credo che anche la parrocchia più piccola e più povera potrebbe pagare l’affitto di un appartamento per ospitare una famigliola e questo forse è il modo più facile per aiutarla ad inserirsi nel nostro tessuto sociale. Se poi lo stato, invece di versare a cooperative e ad enti di ogni genere, che spesso speculano sui drammi altrui, versasse direttamente agli interessati ciò che ha deciso di spendere per loro, forse questa potrebbe diventare una soluzione ottimale.

Oggi mi ha scritto Brugnaro

Oggi la tecnica fa veramente miracoli! Mi è giunta questa mattina una lettera di Luigi Brugnaro, l’imprenditore che è uno dei candidati a Sindaco di Venezia. Penso però che nonostante il tono amichevole e confidenziale con cui inizia scrivendo: “Caro Don Armando”, la stessa lettera l’abbia inviata a migliaia di concittadini, infatti anche l’anziana suor Michela, mia coinquilina, mi ha confidato che Brugnaro ha scritto pure a lei dicendole: “Cara Michela”.

Il computer è l’artefice del “miracolo” di personalizzare un messaggio che invece è rivolto a migliaia e migliaia di cittadini. Brugnaro chiede ai veneziani se gradirebbero che fosse il loro Sindaco, così come stanno facendo, usando argomentazioni e modi diversi, anche gli altri candidati Sindaco.

Io non conosco affatto il candidato Brugnaro che mi propone di condividere la “missione impossibile di salvare Venezia”, so solamente che è un imprenditore di successo che finora non ha avuto nulla a che fare con la politica “di mestiere”, come lui definisce coloro che hanno fatto di questa nobile arte una professione, però mi è piaciuto il modo di porgersi, l’entusiasmo e la passione con cui dice di voler fare questo tentativo anche se l’esperienza ci insegna che, in queste occasioni, è facile fare promesse che non costano nulla.

Non pubblico la lettera perché desidero che tutti i cittadini che ambiscono a ricoprire questo ruolo, abbiano eguali opportunità di misurarsi e di chiedere consenso.

Spero solo che chi riceverà i voti necessari per diventare sindaco dimostrerà con i fatti le sue reali capacità facendo pulizia di tutto il malaffare e l’incompetenza che hanno ridotto il Comune di Venezia nelle condizioni in cui si trova.

32° edizione e sessantamila copie

Per grazia di Dio l’attività imprenditoriale dell’Editrice Carpinetum va a gonfie vele! Gli amici sanno che quella che noi, “per amor di Patria”, amiamo chiamare “Editrice L’Incontro”, sforna ogni settimana cinquemila copie del settimanale “L’Incontro”, cinquecento copie del foglio “Il Messaggio di Papa Francesco” che riporta il sunto delle omelie più significative del Sommo Pontefice, trecento copie del settimanale liturgico “Incontro domenicale della comunità cristiana con la Parola di Dio” e ogni mese duecentocinquanta copie del mensile “Sole sul nuovo giorno”.

Oltre a questi periodici, l’Editrice è alla trentaduesima edizione de “Le preghiere e le principali verità e norme cristiane” portando questo opuscolo, di sedici pagine in formato A6, a una tiratura di sessantamila copie, tiratura che è in continuo aumento in virtù della diffusione anche al di fuori della diocesi.

La fortuna di questo opuscolo pensiamo poggi sul fatto che riporta le preghiere del mattino e della sera, le principali verità di fede che oggi non si insegnano quasi più al catechismo e le norme fondamentali per la vita di un buon cristiano.

Attualmente la maggior richiesta ci proviene dall’ospedale dell’Angelo dove alcuni volontari, che prestano servizio all’interno dell’ospedale, offrono l’opuscolo agli ammalati. Molti degenti hanno dimenticato queste preghiere e, grazie all’opuscolo, hanno la possibilità di riscoprirle e di pregare trovando il conforto necessario a superare o almeno a sopportare il difficile momento che stanno vivendo. Se esistesse qualche forma di collaborazione con i responsabili della pastorale ospedaliera, l’opuscolo potrebbe diventare uno dei più facili ed efficaci strumenti di apostolato. Attualmente stiamo studiando e cercando di ottenere il permesso per collocare, sia a Villa Salus che al Policlinico, dei piccoli espositori per rendere ancora più facile l’offerta pastorale, che è pressoché l’unica che viene fatta nei nosocomi della nostra città.

I nuovi “residenti” nella Cattedrale tra i cipressi

Nella mia cattedrale tra i cipressi abita, fin dall’inaugurazione, Gesù di Nazareth, il quale ogni giorno riceve un buon numero di “amici” e alla domenica una vera folla di ammiratori e di postulanti. Maria, la Madre di Gesù, ha preso invece fissa dimora in un luogo un po’ discreto ed appartato all’ingresso della chiesa per offrire consolazione a chi soffre per lutti lontani o recenti.

Ho poi invitato altri “buoni cristiani” perché aiutassero e accompagnassero i fedeli all’incontro con il divino Maestro. Ho cominciato con l’invitare Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta e Sant’Antonio che hanno accettato “alloggio” sulla parte destra della chiesa; sulla parte sinistra invece ho collocato Papa Giovanni, Papa Woytila, Papa Luciani e San Francesco d’Assisi. In questi ultimi mesi, nei quali la Chiesa ha portato agli onori degli altari Papa Paolo VI, un Papa che ammiro e amo quanto mai per come ha servito, in tempi difficili, la Chiesa e l’umanità, mi sarebbe sembrato di fargli un grande torto se non avessi invitato pure lui completando così quella meravigliosa schiera di Papi che il Signore ci ha donato negli ultimi tempi. Papa Paolo VI ha portato “le chiavi pesanti” del tempo del dopo Concilio.

La Chiesa, con questa grande assise, aveva dato la stura alle grandi attese del mondo cattolico, cosicché il post Concilio è stato un tempo assai irrequieto e Papa Paolo, con grande sofferenza, amore ed intelligenza, ha avuto il compito ingrato e difficile di ricomporre in unità queste tensioni perché dessero un volto aggiornato ma armonioso e composto alla comunità cristiana.

Mi restava un ultimo “alloggio” ancora libero e dopo averci pensato tanto, mi è parso giusto assegnarlo a Santa Rita da Cascia che è passata alla storia come la “Santa degli Impossibili”.

Per far sì che gli uomini del nostro tempo trovassero serenità e facessero chiarezza nelle loro coscienze tanto irrequiete mi è parso ci volesse una Santa che avesse queste risorse. A Santa Rita ho però detto con chiarezza che le ho sì offerto un alloggio ma che mi aspetto anche che aiuti tutti coloro che si rivolgeranno a lei per chiedere aiuto, anche quando le loro richieste saranno davvero difficili.