L’anno della fede

La Fondazione Carpinetum sta perseguendo un progetto, un sogno, o forse un’utopia. Però sono convinto che essi siano i più validi per celebrare seriamente l’anno della fede, che per essere autentica e credibile deve diventare solidarietà.

La Cittadella della solidarietà sarebbe così il frutto più genuino dell’anno della fede. Per quanto riguarda il progetto, avendo la curia avocato a sé la sua realizzazione, mi pare che ai fedeli della base rimanga solamente il dovere di pungolo, cosa che speriamo facciano.

Per quanto riguarda invece il “Villaggio solidale degli Arzeroni” il finanziamento per il “don Vecchi 5” c’è quasi già. Per tutto il resto (l’ostello per i famigliari degli ammalati, degli operai ed impiegati poveri, dei senzatetto, gli appartamenti per i mariti divorziati, gli alloggi per il vecchio clero, gli alloggi per i disabili e quant’altro) penso che la Fondazione possa offrire alle parrocchie principali la possibilità di realizzare ognuna una di queste strutture. Volete che San Lorenzo, il Sacro Cuore, via Piave, non possano fare quello che Carpenedo ha già fatto? Per le parrocchie più piccole potremo proporre degli abbinamenti: San Pietro Orseolo con Santa Maria Goretti, la Favorita con San Lorenzo Giustiniani, ecc.

Se per la fine del 2013 a Mestre ci sarà questo gran cantiere della solidarietà, credo che sarà meglio del coro della Fenice per cantare la gloria di Dio.

Un progetto per un nuovo servizio

Una volta in occasione della Cresima o della Prima Comunione, le nostre mamme uccidevano un gallo e facevano una pastasciutta col suo sugo, oppure una gallina per fare il riso in brodo con le bollicine di grasso. Talvolta si spingevano a fare pure un dolce – qualche uova, un po’ di burro e di zucchero – si allungava la tavola per qualche parente.. ed era fatta! Per i matrimoni le cose non erano tanto diverse, forse c’era sempre pollame arrosto e bollito di manzo, ma non ci si poteva spingere troppo oltre.

Ora per i compleanni, gli onomastici, promozioni, battesimi, Prime Comunioni e Cresime a nessuno passa per la testa di festeggiare in famiglia, ma si pensa subito al ristorante o, al minimo, all’agriturismo. Le case sono piccole e le mamme, almeno per queste occasioni, si dice sia doveroso non impegnarle.

Il risultato di questo cambiamento di costume è che si va da un minimo di 25 euro a persona a cento euro e più.

Noi al “don Vecchi” abbiamo al “Seniorrestaurant” una cucina attrezzatissima, un salone da gran galà ed ora avremo un catering che gestisce la preparazione dei pasti con un cuoco provetto. Ci siamo detti: “Perché non possiamo offrire alla povera gente o anche a quella intelligente e parsimoniosa di poter festeggiare questi eventi lieti e mangiare assieme in un ambiente signorile, con un menù sobrio ma diverso dal solito, al costo di 10 o al massimo di 15 euro a testa?

Ora stiamo lavorando. Se riusciremo a mettere assieme catering, volontari e Fondazione, per l’autunno lanceremo questo nuovo servizio a favore del prossimo.

Chisso

Chisso è l’assessore della Regione Veneto onnipresente. Non passa giorno che la stampa locale non lo presenti come protagonista di uno degli infiniti ed ingarbugliati problemi dei quali si intesse la vita della nostra città e della nostra Regione. Ha una voce pacata, un volto sempre composto e sereno e delle prese di posizione sagge. La città si è accorta della sua operosità e l’ha votato in maniera sovrabbondante.

Il nostro assessore dà l’impressione che si prenda a cuore ogni problema, come fosse l’unico e il più importante a cui offrire la sua attenzione. Io lo considero un amico vero del “don Vecchi”. La prima volta che è venuto al Centro io gli spiegai la dottrina a cui ci rifacciamo. Capì al volo che era una soluzione innovativa e vincente, infatti pochi giorni dopo ci arrivò la comunicazione che la Regione aveva stanziato centomila euro per il Centro di Marghera.

Lo incontrai poi in Regione da Sernagiotto per il “don Vecchi 5” per gli anziani in perdita di autonomia. Era venuto per perorare la nostra causa presso il collega. «Questa è gente seria di cui ti puoi fidare» disse a Sernagiotto.

Qualche giorno fa don Gianni l’ha incontrato per chiedergli di aiutarci per il problema aggrovigliato della viabilità per giungere al futuro cantiere degli Arzeroni. Ci ha promesso di darci una mano. Sono certo che lo farà perché è un amministratore galantuomo. Oggi trovare un galantuomo in politica è una fortuna e una grazia del cielo.

Da qualche tempo dico un’ave Maria per Chisso perché non “si stufi” e continui ad aiutare la sua gente e sappia che c’è chi lo stima e gli vuol bene.

Passato e futuro della carità

Il cardinale Scola mi pare abbia stimmatizzato l’inattività e il piangersi addosso dei veneziani, invitandoli a credere in se stessi ed a giocare il ruolo che loro compete, avendo alle spalle la tradizione gloriosa della Serenissima.

Il vecchio Patriarca alle parole ha fatto seguire l’esempio, creando dal nulla una nuova università: il Marcianum.

M’è piaciuto ed ho condiviso la sua scelta di non rimanere ai bordi dei problemi della nostra città e il suo sforzo di essere sempre protagonista negli eventi importanti della città tentando di offrire a tutti i livelli e in ogni circostanza il contributo che attingeva dal pensiero cristiano.

Spero tanto che il nuovo Patriarca gli sia complementare, sviluppando la dimensione orientale della proposta cristiana: la carità, componente essenziale del messaggio di Gesù, rianimando e mettendo in rete strutture e servizi nati nel passato. Noi del “don Vecchi” gli offriamo fin da subito due progetti ambiziosi ed innovativi: “La cittadella della solidarietà”, che è andata a finire nel limbo, e il “Villaggio solidale”, che sta “germogliando” agli Arzeroni. La componente orizzontale della Chiesa veneziana oggi ha particolarmente bisogno!

Il nostro tesoro

Venerdì 10 agosto lo studio di architettura Mar-Cecchi-Casaril ha presentato in Comune e in Regione il progetto del “don Vecchi 5”, prima struttura del “Villaggio solidale degli Arzeroni”.

Proprio il 10 agosto la Chiesa celebra il martirio e il messaggio del diacono di Roma san Lorenzo. Questo santo mi è particolarmente caro perché nella chiesa del duomo di Mestre a lui dedicata ho vissuto i primi 15 anni del mio servizio sacerdotale e perché san Lorenzo mi ha fornito una indicazione determinante nel mio modo di impostare il mio sacerdozio.

S. Lorenzo disse, indicando i poveri al prefetto, espressione della società di allora: «Questa è la ricchezza della mia Chiesa». Oggi, con un pizzico di orgoglio, posso anch’io ripetere alla città: «Questa è la mia ricchezza: i poveri!» Di ciò sono felice, spero però di non andare a finire in graticola per questa mia scelta!

L’esercito di Brancaleone

In tutte le mie vicende ho coscienza che l’unico mio vanto è quello di essermi offerto a Dio perché Lui si degnasse di usarmi come suo strumento per realizzare i suoi progetti a favore dell’uomo. Guai se dovessi essere io il responsabile del piccolo e grande polo di carità che opera al “don Vecchi”.

Noi di certo non abbiamo un ufficio di esperti per la selezione del personale. Accettiamo senza alcuna garanzia tutti coloro che si offrono di dare la loro collaborazione. Accanto a uomini e donne che fanno la scelta lucida e generosa di mettere a disposizione qualche ora del loro tempo prezioso a servizio dei fratelli in disagio, c’è un po’ di tutto: elementi mandati dai servizi sociali del Comune per un loro reinserimento, altri inviati dal tribunale per scontare pene alternative al carcere, altri ancora poco “centrati” che il vento sospinge come rifiuti negli angoli morti del “don Vecchi”. Il mio è un autentico esercito di Brancaleone.

Eppure funziona, anzi talvolta è talmente vario e stravagante che finisce per diventare piacevole. Ad agosto abbiamo chiuso per tre settimane per le ferie, ma per molti dei miei operatori questa non è stata una provvidenza ma una condanna a non aver più un rifugio tranquillo ove vivere.

Se non fosse il buon Dio a guidare questa “ciurma” irrequieta e fantasiosa, di certo io non riuscirei a farla funzionare.

Doni intempestivi

Tutti sanno che per poter offrire ogni settimana una borsa di generi alimentari bisogna faticare non poco. Il bussare a tutte le porte, il chiedere aiuto, il “mendicare” sono una necessità quotidiana. Fortunatamente ci siamo fatti un buon nome operando con correttezza e serietà e perciò i supermercati, le aziende del settore alimentare, ci fanno giungere aiuti provvidenziali, ma talora intempestivi. La nostra “catena del freddo” è buona, ma talora congelatori e frigoriferi non bastano.

In questi giorni (diverse settimane fa, NdR) abbiamo avuto la “fortuna” che i congelatori della “Dolciaria mestrina” sono andati in avaria e perciò ci hanno donato 1500 crapfen congelati. Contemporaneamente è arrivato da non so chi un intero furgone di pesce congelato e poiché “piove sempre sul bagnato” ci è pure giunta una grande quantità di mozzarelle giganti che tutti sanno che hanno il tempo contato e perciò abbiamo chiesto al mondo intero di farci il piacere di accettarle in dono.

Sempre in questi ultimi tempi sembra che gli italiani non mangino più meloni e angurie. I nostri duemila “assistiti” avrebbero potuto mangiare angurie e meloni al mattino, a mezzogiorno e a sera e, volendolo, avrebbero potuto fare anche il merendino con questi frutti della terra…

Fortunatamente poi le mucche del nostro tempo fanno latte ben diverso da quello che da bambino andavo a prendere con il pentolino dal contadino vicino a casa. Allora, se non l’avessimo mangiato subito, il giorno dopo diventava “formaggella”, un tipo di “formaggio” ben poco gradevole. Ora le nostre mucche sono state addestrate a far latte che dura sei, sette mesi e perciò, fortunatamente, le tre tonnellate di latte che siamo andati a prendere a Milano da dei benefattori delle suore del “Farina” possiamo distribuirle intatte anche per le feste di Natale.

Il banco alimentare del “don Vecchi” e il chiosco di frutta e verdura relativo sono abbastanza organizzati, comunque è una “guerra quotidiana” per non far scadere gli alimenti che, in genere, arrivano sempre vicino alla scadenza.

Tutti sanno che, in genere, la gran parte di questi alimenti potrebbe essere consumata anche dopo la data fissata per la loro commestibilità, ma oggi è troppo rischioso consegnare alimenti scaduti. Quindi, per non buttare nulla, abbiamo costituito una rete tra i vari enti e con tanta buona volontà e lo spirito di sacrificio dei nostri volontari riusciamo quasi sempre a piazzare gli alimenti in tempo debito.

Quattrocento milioni

Un signore che alla domenica viene a cercare pace, conforto e coraggio nell’Eucaristia che celebriamo con tanto fervore nella mia “cattedrale tra i cipressi”, dopo la messa mi ha chiesto di parlarmi, dicendomi che una cliente del suo studio di commercialista aveva deciso di donarmi una somma per il “don Vecchi 5”, avendo ricevuto un’eredità.

Due giorni dopo, dopo un rapido scambio di telefonate, suonai al campanello di un appartamento in una zona centrale di Mestre adibito a studio, ove incontrai la mia benefattrice accompagnata, credo, da un direttore di banca.

Tentai di illustrare le finalità del “don Vecchi” e del nuovo progetto, ma capii subito che lei sapeva già tutto. “L’incontro” penso che raggiunga 15-20mila concittadini e li informi su questa nostra splendida avventura a favore degli anziani di Mestre.

Seduta stante il direttore di banca telefonò in sede e l’indomani arrivò il bonifico di duecentomila euro. Traduco la somma in lire perché ho la sensazione che dica meglio la dimensione dell’offerta: quattrocento milioni!.

Il “don Vecchi 5” costerà otto miliardi, ma avendo alle mie spalle una città con questo cuore, son certo che non è un azzardo cominciare.

P.S. Qualche settimana dopo questa signora ha fatto il bis donando altri 200.000 euro.

Felici, con qualche eccezione

Qualche giorno fa sono stato al “don Vecchi” di Campalto per una verifica sulle piccole questioni in atto. Me ne sono tornato a casa con il cuore che cantava alla “Beniamino Gigli”. I prati rasati, le bordure dei viottoli tutte fiorite, le auto ordinate, la facciata solenne ma accattivante, l’ingresso accogliente e il grande salone, ricco di mobili, quadri, divani e piante, da non aver nulla da invidiare a quelli dei palazzi dei patrizi veneziani che si affacciano sul Canal Grande.

Soprattutto mi ha fatto felice la contentezza, il brio e l’orgoglio degli anziani residenti. Le signore mi sono apparse più belle e più giovani quando mi manifestavano la felicità di dimorare in una struttura così sontuosa e signorile.

L’incontro si è svolto sereno ed è servito a mettere a punto i problemi che un grande condominio di sessantaquattro appartamenti, anche se piccoli, non può non presentare.

In verità c’è stata anche qualche voce un po’ rozza e stonata che denunciava il carattere infelice e un’educazione mancante, comunque si è trattato di qualche piccolo neo trascurabile.

L’unica cosa che mi spiace è che i mestrini conoscano il “don Vecchi” solo di nome; se lo vedessero di persona sono certo che ne “prenderebbero una cotta”, come me!

L’assessore

Io ho manifestato più volte ed apertamente il mio gradimento e la mia ammirazione per il governo di Mario Monti, formato solamente da ministri e sottosegretari “tecnici”. Logicamente uso lo stesso criterio per quanto riguarda “il governo comunale”. Gli assessori che stimo di più sono quelli che provengono dalle libere professioni.

Credo che per quanto riguarda il “don Vecchi 5” e il villaggio solidale degli Arzeroni, il “Mosè” che ci sta facendo passare il mar Rosso, guidandoci alla “Terra promessa” sia l’assessore tecnico, prof. Enzo Micelli.

Questo professore l’ho conosciuto quando era il presidente del consiglio di amministrazione dell’IVE, l’immobiliare del Comune di Venezia, ai tempi in cui mi battevo per ottenere il terreno per costruire “Il Samaritano”, la struttura di accoglienza per i famigliari degli ammalati dell'”Angelo” e degli altri ospedali di Mestre.

Gli amministratori che provengono dalla politica sono convinto che di fronte ad ogni proposta si pongono non la domanda se serve o no, ma se porta voti o meno! Per questo motivo preferisco gli “amministratori tecnici”.

La Santa Alleanza

Credo che agli amici interessi sapere come abbiamo vinto la guerra per la realizzazione del “don Vecchi 5” e del Villaggio Solidale. La racconto perché credo che possa essere utile a qualcuno.

Dopo aver stretto una “santa alleanza” tra un giovane prete ed uno anziano, don Gianni e don Armando – 42 e 82 anni – abbiamo individuato ove “buttare la testa di ponte” tra le linee della burocrazia comunale.

C’è parso che il luogo più opportuno ce lo offrisse il prof. Ezio Micelli, assessore tecnico, quindi non condizionato nel ricevere o perdere voti alle prossime elezioni.

Don Gianni ha iniziato una intensissima azione diplomatica, telefonando, mandando e-mail a più non posso, paracadutandosi all’interno del Comune. Mentre io ho preparato una “meravigliosa macchina da guerra” che sarebbe stata usata dopo alcuni ultimatum perentori. Ogni settimana sarebbe apparso un articolo su un periodico cittadino diverso e tutte le settimane un articolo su “L’incontro”. Poi avrei rivolto un appello, invitando dalla donna delle pulizie dell’ufficio del sindaco ad ogni personalità conosciuta a premere, telefonare, insistere.

E’ partita la prima bordata con un articolo di Alvise Sperandio su “Il Gazzettino” ed un intervento del consigliere regionale Gennaro Marotta. E’ bastata! La notte del 27 luglio il Consiglio Comunale, con decisione bipartisan, ha votato la cessione dell’area. C’è stato solamente un voto contrario di Bonzio di Rifondazione Comunista, ma quello è un bastian contrario, ch’è un onore avere il suo dissenso.

La moltiplicazione dei pani

Domenica 29 luglio in tutte le chiese del mondo s’è letto il Vangelo della moltiplicazione dei pani.

Dopo aver letto il testo il primo pensiero che mi frullò nella testa è stato: “Lo mando a Mario Monti. Sono certo che se lo applicherà all’economia italiana, di certo risolverà la crisi economica”.

Il pensiero successivo è stato il seguente: “Se volete vedere la replica, venite al “don Vecchi” e avrete modo di constatare personalmente il rinnovarsi di questo miracolo”.

Tento di riproporre in maniera telegrafica i vari passaggi perché possa rinnovarsi il “portento”.

  1. Prendere l’iniziativa. Non aspettarsi che i guai si risolvano da soli. Bisogna “prendere il diavolo per le corna”.
  2. Adoperare la logica di Gesù, non quella di Filippo che normalmente si adopera; ossia Gesù parte dal bisogno della gente, mentre Filippo parte dalla disponibilità dei soldi in cassa. Con questa logica non si arriva a nulla.
  3. Coinvolgere tutti. Ogni uomo può e deve dare il suo contributo, seppur piccolo (vedi la merenda del ragazzino).
  4. Rivolgersi a Dio. Se uno guarda alle sue forze o al motivo per il quale la gente è nel bisogno, non avrà mai la forza e il coraggio di far nulla.
  5. Eliminare assolutamente lo spreco (raccogliere gli avanzi).

Applicando i criteri di Gesù al “don Vecchi” abbiamo ora strutture del valore di miliardi, ospitiamo 500 anziani, offriamo 375 alloggi, l’ipermercato degli indumenti che ha 30.000 visitatori all’anno, il Banco alimentare aiuta 2.500 persone alla settimana, ecc.

Nella storia della Chiesa chi si fida di Gesù fa miracoli!

Il prete della Provvidenza

Per molti mesi ho sofferto perché la gran parte dei miei residenti al “don Vecchi” di Campalto perdevano messa. La “prigione dorata” a causa di via Orlanda, la strada tragica senza ciclabile per pedoni e biciclette, costringeva i settanta residenti a rimanere nella loro “isola felice” ma non collegata con il mondo civile.

Arrivò don Valentino, un prete ottantenne che trovava finalmente una “parrocchietta” su sua esatta misura. Ma il cuore lo costrinse ad una struttura più assistita. Quindi siamo tornati da capo.

L’altro ieri però mi si presentò un nuovo inviato della Provvidenza che talvolta pare che “dorma”, ma che invece è sempre desta e provvida. «Sono padre Marcello, canossiano di origine e parroco, in pensione. Mi piacerebbe continuare a fare il prete!»

E’ stato di certo il Signore a mandarmelo. Gli appronteremo un alloggio non appena possibile e lui diverrà la presenza fisica di Dio nella piccola comunità del “don vecchi” di Campalto.

Mi capita troppo di frequente di caricare sulle mie ormai fragili spalle pesi insopportabili ed angosciosi e poi arriva il Signore che, bel bello, mi dice: «Uomo di poca fede!»

Sorpresa

Il Consiglio Comunale nella seduta di giovedì 27 luglio, con una votazione bipartisan, ha concesso 30.000 metri quadri di superficie, nella località Arzeroni in uso d superficie o per la costruzione del “don Vecchi 5” ed in seguito per il villaggio di accoglienza.

Con mia sorpresa e delusione solamente il consigliere Bonzio di Rifondazione Comunista, ha votato contro.

Sono rimasto sorpreso ed estremamente deluso perché pensavo, da ingenuo, che l’estrema sinistra si qualificasse come il partito che ha più a cuore il dramma dei poveri. Un po’ meno, ma sempre deluso, mi hanno lasciato i due rappresentanti della Lega che pensavo avessero soprattutto attenzione ai problemi locali, mentre se ne sono pilatescamente lavate le mani.

Ho scritto ad ambedue gli schieramenti politici la mia delusione se mai siano interessati a sapere ciò che pensano i cittadini della loro “politica”.

La villetta ereditata

Nota della Redazione: come gli altri anche questo pezzo è di alcune settimane fa e nel frattempo la villetta è stata venduta a due fidanzati.

Il “don Vecchi” ha ereditato una villetta in via Z. Vi viveva, fino ad un paio di anni fa, un anziano agente della finanza. Pareva che tanta gente fosse interessata all’acquisto, però alla prova dei fatti nessuno s’è fatto avanti. Qualche giorno fa i nostri volontari l’hanno liberata di tutto, pronta quindi per essere venduta.

Alla Fondazione non interessa lo stabile, mentre è molto interessata ad incassare qualcosa per investirlo sul “don Vecchi 5” che pare stia affacciandosi all’orizzonte. Mi domandavo, visitando questa villetta con un po’ di scoperto, a chi potrebbe interessare. A me piacerebbe darla a una giovane coppia di sposi i quali, dopo una bella imbiancata, potrebbero abitarla subito come lo ha fatto il vecchio proprietario fino ad un anno fa.

Magari col tempo potrebbero restaurarla pian piano. Ad una coppia del genere farei ponti d’oro. Oppure qualcuno che ha soldi potrebbe acquistarla, restaurarla per abitarvi o per venderla a sua volta. Comunque, oltre un affare, una scelta del genere sarebbe un’opera di carità per i nostri vecchi.