Qualche giorno fa sono stato al “don Vecchi” di Campalto per una verifica sulle piccole questioni in atto. Me ne sono tornato a casa con il cuore che cantava alla “Beniamino Gigli”. I prati rasati, le bordure dei viottoli tutte fiorite, le auto ordinate, la facciata solenne ma accattivante, l’ingresso accogliente e il grande salone, ricco di mobili, quadri, divani e piante, da non aver nulla da invidiare a quelli dei palazzi dei patrizi veneziani che si affacciano sul Canal Grande.
Soprattutto mi ha fatto felice la contentezza, il brio e l’orgoglio degli anziani residenti. Le signore mi sono apparse più belle e più giovani quando mi manifestavano la felicità di dimorare in una struttura così sontuosa e signorile.
L’incontro si è svolto sereno ed è servito a mettere a punto i problemi che un grande condominio di sessantaquattro appartamenti, anche se piccoli, non può non presentare.
In verità c’è stata anche qualche voce un po’ rozza e stonata che denunciava il carattere infelice e un’educazione mancante, comunque si è trattato di qualche piccolo neo trascurabile.
L’unica cosa che mi spiace è che i mestrini conoscano il “don Vecchi” solo di nome; se lo vedessero di persona sono certo che ne “prenderebbero una cotta”, come me!