Tutti corrono, ma verso dove?

Da qualche mese adopero sempre come prima lettura nella messa dei funerali, un brano di una lettera di San Paolo, perché è breve, lapidaria e dà un annuncio preciso, forte, limpido, senza sbavature o possibilità di fraintendimento.
“Fratelli la vostra Patria è nei cieli!”

Siccome spesso il funerale coincide con la messa d’orario, c’è qualche fedele “fedele” che è costretto a sentire sempre lo stesso messaggio.

Però, confesso, che almeno per ora, non riesco a scegliere, pur nel vasto repertorio di brani indicati per questa circostanza, un messaggio diverso.

Mi pare che in questo momento, un prete debba soprattutto dare questa notizia ad un popolo, che pare impazzito e che, quasi punto da un virus misterioso, corre pazzamente verso una meta che non conosce.

Ricordo che tantissimi anni fa ho visto un bellissimo ed impressionante documentario che riguardava la vita di certi ratti. Il documentario illustrava uno stranissimo e sorprendente comportamento di certi piccoli topi che vivevano nella tundra e si moltiplicavano in maniera davvero impressionante. Ad un certo momento scattava come una molla e questo popolo di topi si metteva a correre in maniera folle verso il mare, entrava nelle acque gelide affogando tra le onde fredde.

La voce fuori campo commentava che la legge sapiente della natura faceva scattare questa molla, perché non essendoci cibo per tutti, la natura provvedeva alla sopravvivenza della specie facendo affogare la stragrande maggioranza e lasciando ai pochi superstiti il compito della riproduzione.

L’uomo d’oggi mi pare abbia ormai un comportamento abbastanza simile; preso dalla frenesia di certi miti, corre pazzamente affollando strade in colonne d’auto assurde, riempiendo ristoranti, città, spiagge, treni, laghi, aerei con un flusso incessante di masse d’uomini.

Non so se il monito forte e preciso di San Paolo, a cui do voce, possa in qualche modo fermare la corsa suicida, permettere alla gente di chiedersi: “Dove vado? Perché lo faccio? Dove mi porta questa corsa sfrenata?” Non so proprio. Temo di no!

Però io voglio fare la mia parte, compiere il mio dovere, tentare di fermare la mia gente perché rifletta, recuperi libertà e saggezza e possa vivere una vita più serena, più saggia e più bella!

Ho visto lacrime, smarrimento, difficoltà negli occhi di chi lascia il proprio paese…

Confesso che ho seri motivi per sentirmi profondamente coinvolto dal problema degli extracomunitari presenti a centinaia di migliaia nel nostro Paese.

Dopo la prima guerra mondiale il nonno “che suppongo fosse dei bianchi” del mio paese natio, quindi non avesse nulla a che fare né coi “rossi”, né coi “neri”, trovandosi in difficoltà fece fagotto ed emigrò in Brasile con tutti i suoi figli, mia madre compresa. Non fecero fortuna ma vissero dignitosamente. La mamma era allora fidanzata a mio padre, il nonno la riaccompagnò in Italia, ella si sposò, il nonno rimase ancora un paio d’anni finchè nacqui io, poi se ne tornò dagli altri figli a San Paulo, ove è morto e dove sono morti tutti i miei zii.

La mamma visse tutta la vita con la nostalgia del padre e dei fratelli lontani.

Un paio di loro, dopo la seconda guerra mondiale, ritornarono per qualche mese, ebbi modo così di rendermi conto dell’immensa nostalgia del paese natio, della propria terra e della propria gente.

Quando si presentò il problema dell’immigrazione anche da noi, mi sentii totalmente coinvolto dallo smarrimento di tutta la gente che cercava lavoro e pane piovendo da tutti i paesi satelliti della Russia, caduti nella più profonda miseria.

Diedi vita al “senior service” un’agenzia di volontari che per molti anni mise a contatto l’offerta con la richiesta. Molti mi dissuasero, non chiedevo di certo documenti, chiedevo solamente se avevano bisogno. Un monsignore qualificato in un incontro tra preti mi ammonì: “Ricordati don Armando, che prima di tutto vale la legalità”.

Tirai dritto per la mia strada essendo convinto che prima di tutto e soprattutto vale “la carità” .

Ora sono fuori corso e non competono più a me scelte del genere, poi credo che le cose siano decisamente cambiate e che lo Stato, seppur confusamente, stia pian piano riordinando le leggi in rapporto a tanti fattori, però ancora adesso ho visto lacrime, smarrimento, difficoltà.

Ad una ragazza che mi implorava aiuto per legalizzare la sua situazione, dicendomi che in Moldavia chi guadagna tantissimo prende 200 euro al mese, chiesi: “ma come fanno a vivere?”

Ella mi rispose che in ogni famiglia almeno una donna lavora all’estero per mandare i soldi a casa! Povere donne, bambini senza mamme! Ci sono popoli che pagano ancora così duramente la follia del comunismo!

Io non so se le leggi attuali siano le migliori e le più opportune, sono però certo che ognuno deve fare la sua parte per trovare un nuovo ordine in Europa e sono altresì certo che ognuno di noi può fare qualcosa!

Anche gli uomini di Chiesa dovrebbero fare autocritica

Riflettere a voce alta su questo argomento so che è molto pericoloso per un prete, perché finchè un uomo di chiesa critica i partiti, il sindacato, gli organismi vari che hanno responsabilità nella conduzione della vita pubblica, almeno per quanto riguarda l’organismo di cui fai parte, non corri alcun pericolo di richiami, di critiche o di provvedimenti vari.

Se però il tuo discorso odora solamente di autocritica del mondo di cui sei parte, c’è sempre qualcuno dell’apparato che arriccia il naso, che al minimo, ti dice imprudente!

Io sono contento quando uomini di chiesa, che occupano posti importanti nell’organizzazione ecclesiastica, prendono posizione contro chi non rispetta la libertà, la dignità, il diritto di esistere, di avere una vita degna e per quanto posso gli do manforte, però mi piacerebbe che in tutto questo partissimo dalla nostra testimonianza anche perché non posso non ricordarmi di quella frase del nostro maestro: “Togli prima la trave dal tuo occhio e poi preoccupati pure della pagliuzza dell’occhio del tuo fratello!”

La chiesa struttura è certamente un qualcosa di consistente, dispone di molti mezzi economici, di molti fedeli, di una solida e vasta organizzazione, di un apparato mastodontico.

Non è che onestamente la chiesa se ne stia con le mani in mano, ma altrettanto onestamente potrebbe fare molto, molto di più! Quasi sempre poi quelli che si espongono e si impegnano a livello di difesa dei deboli, di soccorso ai poveri, di sostegno a chi è in difficoltà, sono spesso, non i vertici, ma la base, i singoli, quelli che non contano, quelli che sono spesso guardati a vista perché intemperanti, poco prudenti!

Non passa giorno che qualche monsignore, che presiede uffici, commissioni, dicasteri ed altro fa la sua “sfuriatina” contro il governo, contro certi provvedimenti.

Non dico che sempre non abbia ragione, però se assomigliasse un po’ di più al volto e all’opera di Madre Teresa di Calcutta o di San Vincenzo de Paoli, o del Cottolengo, ne sarei più orgoglioso e convinto.

Quando guardo a come le singole parrocchie, i cattolici di Mestre sono impegnati nei riguardi del prossimo, sono preoccupati della situazione degli “ultimi”, credo dovrebbero pensarci mille volte prima di pretendere che gli “altri” facciano o non facciano!”

Per me la critica dovrebbe sempre cominciare dall’autocritica!

Il bene va fatto sempre ma la politica non lo capisce sempre…

Qualche settimana fa m’ero illuso che, dopo una assurda pausa di due anni, il Comune avesse fatto un passo avanti tirando fuori il “Samaritano” da un binario morto e avesse finalmente messo in marcia il grande progetto della realizzazione del centro per la cura, mediante i protoni di certi tipi di tumore, della sede per una struttura sociosanitaria per il recupero degli anziani con gravi patologie, della sede per le associazioni che si occupano del settore della sanità, e di una residenza per i familiari dei degenti dell’Angelo che vengono a Mestre da lontano e dei pazienti dimessi che hanno bisogno di visite di controllo o di terapie varie.

La dottoressa Fincato assessore dei lavori pubblici m’aveva dato la parola d’onore che, terminate le elezioni, avrebbe provveduto ad un accordo con la Ulss perché essa procedesse mediante quel marchingegno di finanziamento di progetto, per cui chi sborsa i soldi li recupera a iosa mediante certi servizi che saranno loro concessi.

Tutto pareva finalmente deciso, tanto che “Il Gazzettino” ne aveva dato notizia con un certo rilievo.

Qualcosa deve essere saltato perché ora pare che il Comune voglia realizzare il tutto direttamente o mediante aziende ad esso care sempre per l’eterna preoccupazione della sinistra che la destra non faccia troppa bella figura realizzando quest’opera oltre “Il passante” e il nuovo ospedale!

Almeno questo mi pare d’aver capito, dopo aver letto un’intera pagina del quotidiano tutta dedicata all’argomento in questione.

Da parte della Ulss si obietta che finche il comune continua a concedere permessi a costruire strutture alberghiere tutto l’intorno, non sa se riuscirà a trovare chi sia l’allocco disposto a sborsare 100 milioni di euro, col pericolo che non riesca a recuperarli? Siamo sempre alle stesse: Ci sono troppi politici faziosi, troppo interessati all’affermazione del proprio partito o peggio ancora ad essere ricettivi, incapaci di fare e non disposti a permettere a chi ha dimostrato di saperlo fare, che lo faccia.

Non capendo o non volendo capire che il bene va sempre fatto anche se fosse il diavolo stesso ad offrirsi di farlo; in questo caso vorrebbe dire che il diavolo si sarebbe convertito! E questo è proprio il massimo che si possa sperare!

Che amarezza il grande egoismo di tanti verso chi li aiuta!

Il mese di settembre è diventato un tempo drammatico per molti estracomunitari presenti in Italia, moltissimi sentono da un lato incombente la spada di Damocle del reato di clandestinità e dall’altro la prospettiva di dover tornare nel paese di provenienza nel quale, essendo fortunati di trovare un lavoro, avrebbero uno stipendio di cento – centocinquanta euro al mese.

I tempi per approfittare di un’ultima via di salvezza sono veramente brevi, e questa volta poi i salvatori non sono più i benestanti, ma la povera gente, a sua volta bisognosa di aiuto.

Io pensavo che i poveri fossero solidali tra loro, che un tipo di povertà comprendesse l’altro tipo di povertà, che ci fosse uno scambio in natura.

Tu mi offri la tua disponibilità, tenendo conto anche delle mie poche risorse economiche, ed io ti ricambio con quello che le leggi patrie mi permettono di offrirti, permettendoti così di arrabattarti pur continuando in lavori umili e precari per evitare la miseria e la fame.

Paura, prevenzione, egoismo, disinteresse stanno caratterizzando un momento amaramente triste e deludente del comportamento verso i nuovi poveri! Sto costatando come troppi vorrebbero beneficare a buon mercato della disponibilità di tante donne straniere, alle quali è richiesta una vita al limite della sopportazione, senza voler contraccambiare, non dico con violazioni della legge o con rischi di reato, ma solamente approfittando della possibilità che la stessa legge offre per rendere legale la presenza di chi li aiuta! Sto scoprendo che la catechesi sulla carità è estremamente manchevole, inefficace, puramente formale. Mentre si può essere certi, che non esisterà mai una carità che non abbia prezzo, anzi più essa è vera e autentica più costa.

Una volta ancora mi si ripresenta il problema che troppi cristiani si illudono d’essere tali solamente assolvendo a qualche pratica di culto, non avendo ancora capito che saremo invece giudicati sull’amore al prossimo!

Ricordo di mons. Alessandro Maria Gottardi, mio vecchio insegnante

In queste ultime settimane le orazioni contenute nella liturgia della Messa mi hanno riportato a più viva memoria, un mio insegnante di teologia: mons. Alessandro Maria Gottardi.

Mons. Gottardi giocò un ruolo molto importante mezzo secolo fa nella chiesa veneziana; nato da una notissima e agiata famiglia di farmacisti, si laureò a Roma nella facoltà di teologia, fu per lungo tempo vicario generale e contemporaneamente si occupò dei laureati cattolici, pur mantenendo la sua cattedra di teologia in seminario.

Infine la santa Sede lo nominò “vescovo di Trento”, ove visse fino a tardissima età.

Io in verità fui più amico del fratello Piero di questo insegnante, che per molti anni fu amministratore della San Vincenzo cittadina, proprio nel periodo in cui io fui assistente eclesiastico.

Mentre il fratello Piero era un veneziano puro sangue, cordialone ed espansivo, il Monsignore era un docente rigoroso, pignolo, cerebrale, motivo per cui la materia, ch’egli insegnava, non mi fu mai molto simpatica, perché a mio modo di pensare l’insegnamento era piuttosto formale, artificioso e soprattutto perché egli adoperava delle dispense, che a mio parere davano poco spazio all’anima mia che aspirava ad una religiosità di largo respiro.
Comunque ogni incontro deposita qualcosa di valido in chi lo riceve.

In questi giorni ho provato riconoscenza per mons. Gottardi, se non altro per averci segnalato la bellezza di certe “collette” della liturgia eucaristica, motivo per cui per due settimane ho pregato con più entusiasmo ed intensità.

Ne riporto due brevi passaggi di queste preghiere nella speranza che a qualcuno porti il beneficio che ha donato a me le sottolineature di un vecchio docente, che purtroppo non mi fu molto simpatico.

La preghiera iniziale della messa della ventesima settimana recita cosi:

O Dio infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi che superano/ogni desiderio.

Bella davvero questa invocazione!
L’orazione della 21° settimana è ancora più bella:

O Dio, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi, e di desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo, là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia.

Queste preghiere mi hanno indotto ad una pace postuma con mons. Alessandro Maria Gottardi!

Programma per la Festa di Ognissanti e la celebrazione dei Defunti al cimitero di Mestre

Programma per la Festa di Ognissanti e la celebrazione dei Defunti nel cimitero di Mestre (VE)

Domenica 1 novembre – Festa di Tutti i Santi
Sante Messe ore 9 – 10 – 11
Ore 15: S. Messa del Patriarca
Se c’è bel tempo la celebrazione avverrà sull’altare della Patria e se fosse cattivo tempo nella nuova chiesa accanto al piazzale del nuovo ingresso del Cimitero

Lunedì 2 novembre – Celebrazione dei Defunti
ore  9 nella vecchia cappella
ore 10 all’altare della Patria
ore 15 nella nuova chiesa

Ricordiamo a chi ci visita da fuori Mestre che don Armando è il cappellano del cimitero.

Il programma delle celebrazioni resterà in cima al blog per tutta la settimana. I nuovi commenti del blog appariranno giorno per giorno qui sotto.

Vacanze in città lontano dalla moda e dalle code

Immagino che non ci sia a Mestre qualcuno così ingenuo da pensare che verso sera, o prima di andare a letto, ripensando ai fatti o agli incontri della giornata, riporti sulla carta sensazioni o riflessioni provate in rapporto a quello che ho visto o sentito durante il giorno.

Le cose non stanno così. Quando qualcosa della realtà in cui vivo, provoca in me delle reazioni o dei sentimenti, faccio un appunto poi, quando ho un po’ di tempo, butto giù qualche riga per mettere a fuoco quello che ho provato, oppure ho concluso sperando che tutto questo possa aiutare qualche amico lettore de “L’incontro”. Quindi il legame o il rapporto tra il giorno segnato sul diario e l’avvenimento sono del tutto fittizi. Spessissimo ciò di cui descrivo sotto il nome di un giorno è datato in realtà in tempi più lontani, talvolta perfino di mesi.

Qualche volta mi è capitato di fare riflessioni sulla pioggia come fosse caduta il giorno prima, mentre nel giorno segnato sul calendario, il sole spaccava le pietre.

Oggi sto godendo particolarmente della mia città in solitudine, per cui sto provando le dolci e soavi sensazioni di San Benedetto da Norcia “O beata solitudine, o sola beatitudine”

La città è semideserta in questi giorni vicini a ferragosto, il ritmo sia di veicoli che di persone è di molto rallentato per cui mi godo appieno questa “fase agostana” e sento tanta commiserazione e compatimento per le pene di chi è imbrigliato in venti, trenta chilometri di coda, mentre io posso muovermi agilmente, trovo da parcheggiare ogni dove.

Cosa cerca la gente?
Immagino la pace, il silenzio, il riposo tranquillo, ma allora perché li va a cercare lontano, in luoghi scomodi e costosi, quando tutti sanno che la sagra durante agosto si sposta puntualmente a causa delle ferree leggi economiche ove negli altri mesi c’è silenzio e pace.

E’ arcinota a tutti questa alternanza di situazioni, eppure non passa anno che la gente non segua il magico pifferaio della moda che puntualmente li delude a caro prezzo.

Mi viene da pensare che la libertà più elementare la si conquista prima di tutto pensando con la propria testa, non intruppandosi con la maggioranza! Anche quest’anno quindi mi sto godendo beatamente le vacanze in città.

La comunicazione cristiana nella nostra diocesi

Ieri ho precisato il mio pensiero sull’importanza di avere strumenti adeguati per offrire il messaggio cristiano, per difendere le posizioni della chiesa, per contrappormi a certe soperchierie dei “furbi”, che non mancano mai, per promuovere la solidarietà e soprattutto per partecipare al discorso circa la costruzione di un mondo nuovo e più onesto.

Sono assolutamente del parere che nonostante qualche splendida eccezione, a livello di comunità parrocchiale, si fa troppo poco in proposito.

Più volte ho avuto modo di apprezzare pubblicamente l’azione di Monsignor Bonini in proposito mediante “Piazza Maggiore”, c’è anche qualche altra parrocchia in cui esce un periodico modesto, ma dignitoso, oltre c’è il deserto.

A livello diocesano le cose vanno bene, molto meglio, col settimanale “Gente Veneta”; mi spiace invece la pratica scomparsa di quello che è stata la mia utopia: “Radiocarpini”.

Per quanto riguarda il settimanale della diocesi “Gente Veneta” sta costantemente aumentando in autorevolezza e partecipazione attiva alla messa a punto del pensiero collettivo apportando un serio contributo sia a livello informativo che a livello di formazione di una cultura civica che tenga conto dei valori che i cristiani possono e debbono offrire.

So che la diocesi è pure attrezzata con i recenti mass-media; purtroppo la mia mancanza di conoscenza in proposito, dovuta all’età, non mi permette di esprimere un giudizio sulla validità e l’incisività di questi nuovi strumenti tesi a formare l’opinione pubblica.

Un altro aspetto del problema è certamente quello di un impegno pastorale teso a formare i giornalisti ed operatori del settore con una pastorale specifica e quello d’avere rapporti cordiali e collaborativi con le testate giornalistiche, radiofoniche e televisive presenti nel nostro territorio. Non sono al corrente se ci sono sacerdoti qualificati e deputati a questo compito che io reputo essere di capitale importanza, ma so che quando ci sono questi rapporti è possibile sfruttare graficamente i loro strumenti.

Pare che troppi preti siano ancora fermi alla predica domenicale come strumento di evangelizzazione, non essendosi ancora accorti che il sermone raggiunge una percentuale pressoché insignificante di cittadini e che spesso non sfiora neppure quelli che svolgono un ruolo significativo nella vita cittadina.

Di certo la chiesa non può più rannicchiarsi nelle anse del fiume, ma deve affrontare le problematiche della città ove essa scorre, nè tutto questo può essere deputato solamente agli addetti ai lavori.

I soldi spesi per l’informazione sono sempre ben spesi

Io ho sempre avuto profonda riconoscenza per i miei maestri, per l’educazione, per la cultura e per la saggezza che hanno tentato di passarmi. Debbo soprattutto a loro che mi hanno aiutato ad impostare certe scelte sia sul piano esistenziale che su quello pastorale.

Ricordo, per esempio, un concetto che Monsignor Vecchi era solito ribadirmi con la parola ma anche avvallandolo poi nella pratica della vita. “Vedi, don Armando, i soldi spesi per l’informazione sono sempre ben spesi e infine rientrano sempre!”

A San Lorenzo stampavamo “la Borromea”, il foglio settimanale, in un gran numero di copie, ma soprattutto curavamo un mensile, con la stessa testata, che ci costava fatica e denaro. Qualcuno ci chiedeva se ci facessimo pagare tali periodici e si sorprendeva quando veniva a conoscere i costi elevati.

Ho compreso, grazie all’insegnamento di Monsignore, che se si vuole informare, creare opinione pubblica, è assolutamente necessario pagare questo scotto.

Quando ero in parrocchia a Carpenedo, mi costavano una barca di denaro: “Radiocarpini”, “Lettera Aperta”, “Carpinetum”, “L’anziano” eppure, nonostante che tutto fosse diffuso gratuitamente, la parrocchia aveva un bilancio positivo come poche altre in diocesi.

Andato in pensione, per prima cosa ho pensato che dovevo crearmi uno strumento per dialogare con la città.

Da questo convincimento è nato “L’incontro”. Il costo di questo periodico sia di tempo che di lavoro è altissimo, ma pure i risultati sono veramente grandi.

Ora posso parlare direttamente o indirettamente con la città, questo mi da modo di trattare alla pari con chiunque. So di avere in mano uno strumento di notevole efficacia; scelgo di usarlo con prudenza e per il bene della comunità, però credo che non sia male che anche i miei interlocutori, che come me hanno scelto di servire la collettività, sappiano che voglio essere inerme solamente per scelta, non perché non abbia risorse per contrappormi ad ingiustizie o soprusi!

Il Don Vecchi che sorprende

C’è una sorpresa per chi entra al don Vecchi per la prima volta che sorprende anche me quanto mai!

La gran parte dei nostri concittadini han sentito parlare del don Vecchi, da un lato perché stampa e televisione ne parlano di frequente per un motivo o per un altro, d’altra parte noi che vi abitiamo siamo più di trecento e ognuno di noi abbiamo parenti, amici e conoscenti, motivo per cui la fama è assai diffusa, però non bene e fedelmente diffusa. Tutti più o meno, purtroppo, la ritengono una casa di riposo, magari particolare, ma sempre una casa di riposo!

I pochi concittadini che varcano la soglia del Centro si sorprendono per la signorilità, i quadri, i mobili, l’ordine, la pulizia ecc.

E’ triste dirlo, ma il clichè delle case di riposo è abbastanza squallido, mentre noi abbiamo scelto per convinzione profonda che “i poveri sono i nostri padroni”, come diceva San Vincenzo De Paoli, perciò anche la loro dimora deve essere nobile e signorile, tutto questo è possibile!

Abbiamo appena presentato in Comune la richiesta di concessione edilizia per Campalto, ma già da tempo stiamo raccogliendo quadri e mobili perché anche a Campalto ci sia, per i futuri residenti dei quali non conosciamo ancora i nomi ed i volti, un ambiente accogliente signorile del quale non solamente non abbiano da vergognarsi, ma invece andarne orgogliosi. Mi pare sia un apostolo o comunque è certamente un personaggio autorevole che afferma che il bene va fatto bene!

Finchè avrò forza e respiro non sono disposto a tollerare, sciatteria, disordine, cattivo gusto né nell’ambiente né in chi vi abita, anche se ha cent’anni e mille acciacchi!

Uomini al guinzaglio

Thomas Merton, il famoso monaco americano, trova spunto per la sua ricerca interiore, da fatti minuti della vita quotidiana.

A pensarci bene questo mistico ha perfettamente ragione, perché quella che apparentemente sembra la monotonia del quotidiano, è invece piena zeppa di fatti, situazioni ed eventi minuti, che con un pizzico di fantasia e di attenzione ti possono far volare alto ed aiutarti a scoprire il volto migliore e più profondo della vita. Specie durante la bella stagione, facendo di buon mattino il solito percorso dal don Vecchi al cimitero, ho modo di incontrare ogni giorno almeno tre o quattro signori che conducono il loro cane al guinzaglio per fare la passeggiata mattutina, permettendo al loro cane di annusare l’erba con la rugiada, d’accertarsi delle novità ed anche fare i loro bisognini nei luoghi e nella forma in cui essi preferiscono.

E’ veramente, quello dei cani a passeggio, uno spettacolo interessantissimo. Osservando, pur rapidamente con la mia nuova Punto, trovo lo spettacolo quanto mai vario, perché i cani, grandi o piccoli, hanno degli interessi che mi risultano sconosciuti.

I padroni pazienti ed obbedienti, per amore o per forza, sono costretti ad assecondarli anche se sono poco più grandi di un topo, tanto che in questi ultimi giorni mi sono chiesto, durante il mio filosofeggiare sulla passeggiata mattutina dei cani, se piuttosto di essere il padrone a tenere al guinzaglio il cane, non sia quest’ultimo a condurre al guinzaglio il suo padrone?

Poi ho compreso che l’uomo d’oggi, che come non mai s’illude di essere libero, non sia al guinzaglio di mille bestie: dall’opinione pubblica, al giornale che legge, dalla sua automobile, alle scelte politiche irrazionali e da mille altri idoli del nostro tempo che gli hanno messo il collare al collo e gli impongono ogni capriccio! Povero uomo!

Quante storie sarebbe importante conoscere!

Al don Vecchi vive più di un bel pezzo da novanta ed oltre. Non tutti sono ugualmente efficienti, ma qualcuno brilla veramente per lucidità e saggezza.

In quest’ultimo tempo ho avuto modo di approfondire maggiormente la conoscenza e la stima verso un mio coinquilino, con cui non avevo avuto finora un rapporto approfondito. E’ stata veramente una bella sorpresa apprendere ciò che ci stava sotto il comportamento corretto e riservato di questo vecchio signore d’altri tempi.

Il suo ricovero in ospedale, prima per un incidente d’auto e la visita in casa sua, dopo i postumi dell’incidente, mi dettero modo di conoscere in maniera più approfondita non solamente la calda umanità, la lucidissima intelligenza, che lo sorregge ottimamente, ma anche le vicissitudini che hanno caratterizzato il suo lungo passato.

Il signor Manzella, che all’apparenza sembra un tranquillo e nobile signore del Centro sud, ha un passato vivace ed intenso, infatti ha partecipato, da protagonista, alla guerra sui mari dell’ultimo conflitto mondiale.

Ufficiale di complemento ha conosciuto direttamente le vicende epiche delle squadriglie di sommergibilisti che hanno operato nell’Adriatico, nell’Oceano Atlantico e perfino nel lontanissimo Oceano Pacifico.

E’ stato per me interessante ascoltare il racconto appassionato di questo vecchio lupo di mare che narrava con sapienza e distacco vicende così tragiche e disumane.

In questi ultimi tempi, tante volte mi è venuto da pensare: “Noi vediamo spesso volti stanchi e logori, ma dietro quei volti quante vicende, quanti drammi e quante storie che rimangono coperte da un velo di riservatezza, se si permettesse che venissero a galla scopriremmo la calda umanità di uomini e donne che hanno rischiato, sofferto e lottato e che meritano tutta l’attenzione, la stima e la riconoscenza dell’intera comunità.

Una città di cui essere orgogliosi

Io non brillo per obiettività, spesso mi accorgo di essere partigiano e di avere atteggiamenti, che pur non essendo dettati da motivi egoistici, non sempre hanno delle motivazioni razionali ben solide.

Vengo al motivo di questa confessione pubblica.

Mio cognato Amedeo, al chiudersi di una giornata passata serenamente, come tante altre con gli amici del don Vecchi, fu colpito improvvisamente da ictus che gli tolse immediatamente coscienza e che praticamente lo ridusse ad una vita puramente vegetativa.

Telefonammo al 118 e dopo una decina di minuti fu soccorso e portato all’Angelo. Andai il giorno dopo e lo trovai morente in una stanzetta linda, ordinata. Il primario l’aveva già visto e i medici stavano tentando le cure del caso, ma ben presto si capì che non c’era più nulla da fare.

Mia sorella e i miei nipoti lo assistettero giorno e notte per una quindicina di giorni più per un bisogno del cuore che per necessità od opportunità alcuna. L’Angelo è una struttura affascinante da un punto di vista architettonico, specie ora che le palme del giardino pensile si sono sviluppate in tutto il loro splendore, ma il servizio, la pulizia, la preparazione professionale dei sanitari, la premura e la gentilezza degli infermieri non è certamente da meno.

I miei quattro nipoti che lavorano nel mondo dell’aria, quali piloti, comandanti o tecnici di volo, sono stati ammirati e sorpresi di tanta efficienza e di tanta premura ed umanità, tanto da sentire il bisogno di ringraziare a voce e per iscritto dell’assistenza al loro padre durante i quindici giorni di degenza che lo separavano dalla morte. Fossero tutti gli uffici pubblici efficienti quanto il nostro ospedale!

A Mestre strade, piazze stanno decisamente migliorando: la città è certamente più ordinata e più bella. Speriamo che una volta conclusi i cantieri del tram possiamo finalmente provare anche noi un pizzico di orgoglio d’abitare in una città, che da periferia e dormitorio, sta diventando pian piano la sorella meno nobile, ma più efficiente di Venezia!

“hic sunt leones”!

Un pizzico di ottimismo non fa mai male!

Ho cercato nel campo della proposta religiosa nella nostra città se conosco qualcosa, delle iniziative pastorali che possano supportare questa mia volontà di porre lo sguardo su qualcosa di valido e di promettente a livello di ……. e proposta pastorale.

Fortunatamente ho trovato! Un mio distributore de “L’incontro” mi porta a casa ogni settimana il foglio della parrocchia di S. Giuseppe di viale S. Marco. Nel settimanale leggo sempre con ammirazione e profitto la rubrica curata da don Cristiano Bobbo: “I giorni del prete”, una specie di diario feriale mediante cui questo sacerdote legge e traduce sulla carta fatti, incontri, considerazioni con cui …… tra l’ascetico e il mistico.

Una lettura veramente piacevole, ma soprattutto edificante che credo faccia molto bene ai parrocchiani e a tutti coloro, come me, che hanno l’opportunità di avere il periodico.

Leggo pure molto volentieri l’ultima facciata in cui lo stesso parroco dà notizia degli eventi parrocchiali con puntualità, dando l’impressione di una comunità vivace ed impegnata.

C’è un altro “bollettino parrocchiale” settimanale che però leggo mensilmente perché il mio vecchio cappellano mi invia in una sola volta i numeri che escono settimanalmente. Don Gino Cicutto cura un foglio fatto “a sua immagine e somiglianza”, elegante, ordinato, rispettoso, frutto di un animo sensibile. La rubrica che mi interessa è “Gli appunti di don Gino”, tre o quattro medaglioni che assomigliano ad eleganti acquerelli con cui egli descrive alcuni aspetti positivi della vita della comunità. Anche don Gino dedica una facciata alla cronaca parrocchiale. Infine segno con estremo interesse “Piazza Maggiore” di don Fausto Bonini, una rivista-giornale di grande formato, scritta da giornalisti e personaggi di valore sulle problematiche della chiesa mestrina e della città.

Pur avendo un taglio di ordine social-pastorale, s’inserisce efficacemente sulle problematiche della città e della chiesa in maniera documentata ed autorevole.

Oltre questi tre, quattro periodici, forse ce ne sono un altro paio che seppur modesti sono dignitosi, ma che non conosco bene.

Oltre però a questi pochi dovrei dire “hic sunt leones” dopo di qui c’è il deserto!