Leggere tutte le pagine della vita

Da più di mezzo secolo celebro Messa, predico, incontro fratelli piegati dal dolore o sospinti dalla nostalgia di persone fortemente amate tra le tombe del nostro cimitero. Ho cominciato quasi per caso scoprendo la vecchia cappella ottocentesca sporca, abbandonata e in disordine, poi pian piano, mi affezionai sia da cappellano di San Lorenzo che da parroco di Carpenedo e successivamente da prete in pensione!

Debbo confessare che, pur essendo il nostro cimitero appartato, chiuso da alte mura, dentro vi pulsa la vita, un tipo di vita particolare, non fatta solamente di dolore, rimpianti, rimorsi e speranze ma anche rappresentata da uomini e donne che scrutano ora la terra ora il cielo in cerca di una soluzione al mistero della vita e dell’eternità.

Il discorso delle tombe è poi un discorso quanto mai avvincente e profondo, basta ricordare gli scritti del Foscolo o “Spoon River Anthology”, il libro che ha ispirato il celebre cantautore genovese Fabrizio De André, in cui si racconta, in forma di epitaffio, la vita delle persone sepolte nel cimitero della piccola cittadina americana o per finire Shakespeare l’insuperabile drammaturgo inglese!

ecentemente il “Centro Studi Storici di Mestre” ha pubblicato una semplice ma accurata ed attenta guida del nostro camposanto, è un opuscolo che fa riemergere dalle nebbie del passato gli uomini della nostra città che hanno ben meritato o che hanno pronunciato parole forti e vere che ancora oggi fa bene riascoltare.

In questi giorni i becchini, chiamati ora “operatori ecologici”, stanno riesumando i resti dei defunti sepolti nel campo antistante la vecchia chiesetta. Ogni tanto sbircio, tra le giunture dei pannelli che nascondono quest’operazione di forte impatto emotivo, questi uomini che con le loro tute bianche ricompongono le spoglie mortali in povere bare per essere avviate alla cremazione o a una nuova sepoltura e mi chiedo se loro e noi, passeggeri furtivi, siamo capaci di riflettere e di arrivare a saggezza come il grande drammaturgo inglese con il suo: “Essere o non essere”.

Credo che uno dei miei compiti sia anche quello di aiutare i concittadini a frequentare il camposanto e ad imparare la grande lezione di vita che può ancora offrire. Nei precetti della Chiesa e nei suggerimenti per il buon vivere inserirei almeno una visita mensile al cimitero!

Atei attivi!

La settimana scorsa è giunta in redazione de L’Incontro, così come era già accaduto anche la settimana precedente, una lettera di un “lettore” del nostro periodico che, con molta disinvoltura, ha attaccato tutto l’impianto della religione cristiana dichiarandosi ateo convinto. Leggendo poi “Lettera Aperta”, il periodico della mia vecchia parrocchia, ho scoperto con grande sorpresa che anche a quel foglio parrocchiale è giunta una lettera di forte critica alla Chiesa per aver accettato la decisione di un giovane parrocchiano di farsi prete.

Ben cosciente del monito di San Pietro che scrive ai cristiani delle comunità nascenti: “Siate sempre pronti a rendere ragione della vostra speranza”, dopo un istintivo senso di stizza per la prosopopea e il senso di superiorità con cui questi atei militanti trattano noi cristiani definendoci retrogradi, oscurantisti e rinunciatari nella vita, ho concluso che debbo essere loro grato perché mi “costringono” a verificare le mie scelte religiose, a purificare la mia fede dalle scorie che fatalmente vado “incontrando” e che la rendono meno bella.

Questi due episodi, che mi hanno un po’ sorpreso perché colti nel giro della stessa settimana, mi hanno riportato ad una vicenda analoga vissuta una trentina di anni fa. A quel tempo leggevo il settimanale Epoca, una testata scomparsa da qualche anno, di cui seguivo con particolare interesse la rubrica: “Lettere al Direttore”, che era condotta da Augusto Guerriero, giornalista acuto e intelligente, che si firmava con lo pseudonimo “Ricciardetto”. Spesso era attaccato per i motivi più diversi dai lettori che non la pensavano come lui. Quando costoro erano cortesi e corretti rispondeva con garbo e lucidità giustificando con argomenti stringenti e razionali le sue tesi, però quando essi erano arroganti, volgari o superficiali li “demoliva” letteralmente facendo notare i loro “peccati” di grammatica e di sintassi dando poi loro il colpo di grazia con le sue argomentazioni.

Edotto da questa vecchia esperienza vorrei suggerire agli atei nostri corrispondenti: “Siate corretti, esprimete le vostre ragioni con pacatezza, rispetto ed umiltà”. Nessuno ha tutta la verità in tasca, allora confrontiamoci, dialoghiamo ma, per favore, non fatevi compatire per la superficialità, la mancanza di cultura, la povertà delle argomentazioni e il poco rispetto per il pensiero altrui, eviterete così il rischio di fare una figura peregrina!

Quattro ore al mese

Quando ero parroco ho tenuto per molti anni, sul periodico della mia comunità, una rubrica che aveva come titolo: “I Fioretti del 2000”. Mi ero ispirato, sia come titolo sia come contenuti, ai celeberrimi “Fioretti” di San Francesco d’Assisi offrendo ai lettori fatterelli semplici e candidi che mettevano in luce il lato bello della vita. Per il “lato brutto” ci pensano anche troppo i mass-media che si nutrono, quasi esclusivamente, di ciò che di più squallido e deludente avviene in questo nostro mondo.

Confesso che talvolta incontravo non poche difficoltà nel cercare e poi proporre qualcosa di edificante ma poi finivo per fortuna con il trovare sempre qualcosa di positivo da offrire ai miei parrocchiani. Nell’armadio dei miei scritti conservo le bozze di queste mie ricerche con cui si potrebbero realizzare due o tre volumetti e un giorno qualcuno potrà pubblicare la mia “opera omnia” o utilizzare tutta quella carta per accendere la stufa per qualche mese.

Ieri, essendo dovuto andare dal dentista, non ho incontrato solamente la bella faccia rotonda e sorridente di questo magnifico e generoso professionista che, stuzzicandomi con il suo “terribile” armamentario misterioso e preoccupante, sta tentando di impedire al mio impianto dentario di crollare a causa della sua vetustà, ma ho avuto il piacere di rincontrare, dopo molto tempo, un suo giovane collega che ho sposato e al quale ho anche battezzato i figli.

Nella piacevole e cordialissima chiacchierata che è nata da questo incontro ho appreso che “Emergency”, l’associazione umanitaria di carattere laico che ha aperto a Marghera ambulatori polivalenti per i poveri, gli ha chiesto collaborazione. Egli mi ha confidato che si è offerto di lavorare per quattro ore al mese a titolo assolutamente gratuito. La notizia mi ha fatto da un lato tanto piacere e dall’altro ho provato un po’ di tristezza. Mi spiego meglio: quando le suore si ritirarono dall’Umberto I feci loro la proposta di aprire un poliambulatorio per i poveri a Villa Franchin ma ne ricevetti un cortese quanto deciso rifiuto, come nella parabola evangelica: “Abbimi per iscusato perché ho preso moglie, devo visitare i miei campi, ecc.”. Comunque l’aver scoperto come i “laici” si guadagnano il Paradiso mi ha ricompensato della vecchia delusione!

La bella “ministra”!

Qualche sera fa, come ho già scritto, mi sono preso il lusso di vedere alla televisione il grande e bel concerto che si è tenuto, alla vigilia dell’apertura dell’Expo internazionale, in piazza del Duomo a Milano alla presenza di ventimila spettatori.

L’annunciatore, durante una pausa per la pubblicità, ha informato che dopo lo spettacolo sarebbe andata in onda, sullo stesso canale, la rubrica “Porta a Porta”. È da tantissimo tempo che non vedo questa rubrica perché, alzandomi alle cinque del mattino, vado a letto verso le dieci e mezza, mentre il programma condotto da Bruno Vespa viene trasmesso in tarda serata. Il concerto mi ha tenuto sveglio oltre “l’ora canonica” del sonno e perciò ho ceduto alla tentazione di vedere e sentire anche quello che sarebbe avvenuto nel “salotto” di Vespa.

Praticamente la trasmissione è consistita in un fitto dialogo tra Vespa e la “Ministra” per le Riforme, una bella e giovane signora che ho visto altre volte alla televisione ma della quale non conosco il nome. Io, come credo molti della mia età, provengo da una educazione maschilista e, pur essendomi “convertito” alla “parità dei generi”, conservo nel mio modo di pensare ancora un po’ del “peccato originale” di un tempo, motivo per cui sono portato istintivamente a pensare che le belle donne siano un po’ frivole, inconsistenti, preoccupate di apparire più vezzose che razionali!

La trasmissione televisiva ha confutato in maniera assoluta questa mia prevenzione. Non so come la pensi Vespa da un punto di vista politico ma il fatto che la stuzzicasse con domande imbarazzanti mi ha fatto pensare che non condividesse le scelte di questa signora e del governo di cui fa parte. Sono stato ammirato ed entusiasta per la lucidità dei ragionamenti, le motivazioni sempre convincenti, espresse in modo garbato e gentile ma deciso, senza sorrisetti da femmina leggera e senza dar spazio ad ambiguità o a cedimenti per convenienza. L’argomento verteva sull’Italicum e sui voti di fiducia, ne sono uscito con la convinzione assoluta che Renzi e la sua bella squadra hanno assolutamente ragione nel tentare finalmente di voltar pagina prendendo le distanze da una politica di corto respiro, partigiana, senza entusiasmo e senza sogni e ideali!

Discorso sulla fede e sull’ateismo

Di natura sarei polemico ma da una vita tento di controllarmi perché convinto che anche chi ragiona diversamente da me vada rispettato, che la polemica non costruisce niente ma soprattutto perché Gesù, mio maestro, mi chiede con fermezza di amare anche i nemici.

Devo però confessare che questa volta ho faticato più del solito a non utilizzare toni polemici nei riguardi di un “lettore” de “L’incontro” che mi definisce “prete arrogante”, che giustifica il suo ateismo con l’affermazione che “lui crede alla vita prima della morte”, che San Tommaso, il quale ha formulato le cinque prove dell’esistenza di Dio, è uno “psicopatico difficile da curare”, che “credere nel creazionismo e nell’antropocentrismo” non è serio ma preoccupante, (tengo a precisare che io non ho mai accennato a queste problematiche) e per finire sostiene che “sono sempre meno le persone che credono” e “che lui è sempre libero di non credere” (ma chi mai glielo ha detto che non è libero?).

Questa esternazione, a detta del mio lettore, è nata perché ad una signora che mi ha scritto che nonostante lei sia atea fa del bene ed è serena, avevo fatto notare in maniera estremamente cortese che, come a noi credenti vengono giustamente chiesti i motivi che giustificano la nostra fede, è altrettanto lecito che si chieda agli atei di giustificare il loro ateismo. Il signore che se la piglia con me, ad esempio, motiva il suo ateismo affermando che lui “crede nella vita prima della morte”. Ebbè? Anch’io e tutti i credenti “crediamo nella vita”, e con questo? A questo signore vorrei far notare che non c’è motivo di prendersela perché dobbiamo comunque vivere in questo nostro mondo e sarebbe quindi molto meglio che credenti e atei lavorassero insieme per creare un mondo più giusto, più libero, più solidale. Credo che ciò lo si possa fare anzi lo si debba fare.

Per il resto mi permetto di fargli osservare quanto segue:

  1. non ho mai tentato di costringere qualcuno a credere né o mai irriso chi non crede.
  2. mi sento in buona compagnia con le persone del passato e del presente perché la loro stragrande maggioranza si dichiara in qualche modo credente.
  3. San Tommaso è ritenuto da tutti una delle menti più eccelse dell’umanità di tutti i tempi.
  4. una recente indagine, compiuta su un campione di un milioni di persone, e che ho pubblicato due mesi fa su “L’incontro”, afferma che la religiosità nella popolazione mondiale è assolutamente in crescita.
  5. quasi tutti gli atei che conosco mi hanno confidato che invidiano noi credenti.

Scrivo tutto questo perché nessuno possa dire che le persone religiose sono tutte credulone e sprovvedute!

Pellegrini di una Madonna che non fa miracoli

L’uscita della fine del mese di aprile degli anziani del Don Vecchi e dei loro colleghi della città ha avuto come meta il piccolo santuario di Pralongo, minuscola frazione di Monastier. I lettori de L’Incontro sanno che il Don Vecchi non offre solamente un alloggio ad un prezzo modesto in una struttura elegante ma crea mensilmente, per i residenti, anche occasioni di incontro e di svago come il concerto e la gitarella pomeridiana.

Questa volta ho scelto di riferire sulla gitarella, che siamo soliti chiamare “mini pellegrinaggio” perché, essendo stata “inventata” da questo vecchio prete che non si dimentica mai del suo “mestiere”, tenta di unire al dilettevole anche l’utile. A scegliere la meta, che solitamente è costituita da un santuario abbastanza vicino a Mestre, sono i coniugi Ida e Fernando Ferrari assieme ad un piccolo staff di collaboratori. Questa volta il santuario scelto è stato quello di Pralongo. Insolitamente ci è toccato un pomeriggio piovoso ma per chiacchierare in pullman neppure la pioggia disturba più di tanto!

Il santuario neogotico dell’inizio del secolo scorso è una struttura pulita e ben tenuta in aperta campagna che costudisce una piccola Madonna Nera, forse affumicata dal fumo di un incendio. La ricerca su internet mi ha informato che quella Madonna non è nota per miracoli particolari ma è comunque amata dalla gente dei paesi vicini. Questa annotazione mi ha permesso di sviluppare il discorso sull’affermazione di Bonhoeffer, il pastore luterano fatto impiccare da Hitler, che disse: “Dio non vuole essere il tappabuchi dei desideri dell’uomo, perché Egli gli ha già dato tutto quello che è necessario per vivere una vita bella e positiva”. L’atmosfera calda e familiare mi ha dato la sensazione che i miei vecchi abbiano colto questa verità tanto importante! Dopo la Messa c’è stata la merenda ed una rapida sosta a Casier, il borgo bagnato dal Sile.

Mi si spieghi!

Ieri sera ho seguito il bellissimo concerto organizzato in occasione dell’Expo internazionale ma, prima del concerto al telegiornale, ho visto la gazzarra dei “ragazzi” dei centri sociali. La televisione ha mostrato le “armi” preparate per la guerriglia urbana e i negozi da loro imbrattati con le bombolette. Di fronte a queste immagini mi sono posto una serie di domande alle quali non sono assolutamente riuscito a dare una risposta.

Questi “ragazzi” non vogliono questa società. Va bene! Perché allora non possono convincere con la parola e con la penna, educatamente e rispettosamente la gente a cambiare? Io faccio il prete e da una vita tento di convincere che il messaggio cristiano è il più valido, lo faccio però con garbo e non mi permetterei mai di insultare e di rompere le finestre delle case di chi non viene a messa o di imbrattare i muri delle case di chi non mi ascolta e non mi segue! Aggiungo poi che le persone che li proteggono sono le stesse che insorgono se un prete chiede di benedire gli alunni di una scuola, se un maestro si azzarda a fare il presepio in classe o se un professore di religione osa affermare che l’omosessualità si può curare.

Perché a costoro è permesso tutto, perché i poliziotti sono costretti a sopportare gli insulti e a subire le violenze di questa gente che pare viva solamente per protestare? Qualche mese fa dovevo consegnare un documento in parrocchia ed ho parcheggiato la mia “Punto” in una via che porta alla piazza di Carpenedo; sono tornato dopo una decina di minuti e con sorpresa mi sono trovato una multa di settanta euro; mi pare proprio che la mia infrazione della legge sia di entità ben minore di tutti i danni che i “soliti ragazzi” vanno facendo da anni. La legge vale forse solamente per la gente educata, non violenta e pacifica? Nessuno viene mai arrestato anzi, anche quando qualcuno di questi individui viene rinchiuso in cella, il giorno seguente viene liberato dai soliti magistrati tanto gelosi della loro autonomia!

Assenteismo nel pubblico

Io provengo da una piccola bottega di un artigiano e conosco bene i problemi della categoria. Grazie a questa esperienza sono giunto alla conclusione che soltanto nel mondo dell’artigianato e del piccolo commercio si lavori veramente mentre nel mondo della grande industria si lavora poco e in quello degli enti pubblici quasi nulla! Per carità, ci sono eccezioni, uomini di buona volontà si trovano in tutti i comparti della nostra società e perciò anche nel pubblico impiego ho conosciuto lavoratori, impiegati e dirigenti esemplari tanto che quando sono tentato di criticare i “lavoratori” dello Stato e del parastato mi sento a disagio e mi rimorde la coscienza perché non vorrei mai fare “di ogni erba un fascio” consapevole che in ogni categoria c’è sempre qualcuno che tira la carretta e sgobba come lavorasse per interessi propri, purtroppo però temo che queste siano eccezioni!

Domenica scorsa ho seguito il programma televisivo “L’Arena” su Rai Uno, diretto da Giletti, che viene trasmesso nel primo pomeriggio. L’argomento trattato era appunto l’assenteismo e l’abbandono del posto di lavoro in alcune cittadine del Sud da parte di dipendenti pubblici che durante l’orario di lavoro usano occuparsi dei fatti propri. Mi pare che a Cassino, in un ente pubblico in cui ci sono centoventi impiegati, i carabinieri abbiano costatato che i tre quarti di essi si erano assentati per i motivi più disparati, lasciando sul posto di lavoro un minuscolo gruppo di stacanovisti a ricevere il pubblico e a sbrigare le pratiche di ufficio.

La cosa mi ha deluso e indignato ben s’intende, però mi ha fatto ancora più male costatare che il solito sindacalista si è azzardato a prendere le loro difese. Gli scout della mia vecchia parrocchia, qualche giorno fa, hanno organizzato un riuscitissimo incontro al Palaplip con i candidati sindaco al comune di Venezia e li hanno “costretti” a firmare un documento, purtroppo inutile, sulla trasparenza e contro le mafie. Giustissimo! Però io, che sono meno idealista dei nostri ragazzi, chiederei sia a Casson che a Brugnaro e agli altri sei candidati, di impegnarsi formalmente a ridurre almeno della metà, ma sarebbe meglio dei due terzi, i tremilaseicento dipendenti comunali se veramente vogliono essere credibili nella loro opera di risanamento!

Un odio incomprensibile

Non molti anni fa, “nell’era Berlusconi”, una giovane parlamentare del suo partito, Ministro della Pubblica Istruzione, ha fatto una riforma della scuola che però da quanto si dice pare non abbia funzionato. Sono anni infatti che la nostra scuola sforna, con sempre maggiore abbondanza, bulli e giovani per i centri sociali, ben preparati per la guerriglia urbana, nuovi “soldati di ventura” pronti a combattere tutte le guerre e ad opporsi, in maniera sistematica ed estremamente organizzata, ad ogni iniziativa dello Stato, dell’Industria e del Commercio!

Ora nell’incipiente “era Renzi” un’altra giovane donna, pure essa ministro della Pubblica Istruzione, ha preannunciato le linee guida di un’ulteriore riforma della scuola che, a parer suo, dovrebbe finalmente formare una classe dirigente di persone preparate e soprattutto capaci di creare lavoro e benessere per la nostra nazione. Ora, pur essendo questa riforma alla sua prima stesura e nonostante non si conoscano nel dettaglio le proposte vive, a parere di tutti semplicemente disastrata, è scoppiato un tale putiferio che pare che il cielo ci piova addosso. Studenti, sindacati, centri sociali, sinistra, destra, precari, presidi e cobas hanno reagito con tale violenza da far pensare che qualcuno stia minacciando l’incolumità, il benessere, l’ordine e la sopravvivenza della nazione stessa.

Io sono ormai abituato agli scioperi di inizio anno scolastico; sono qualcosa di endemico e, anche se non li approvo, li capisco perché, in un tempo in cui tutti vorrebbero tutto senza fare fatica. per i giovani, passare dalle vacanze al pur pallidissimo impegno scolastico, diventa un dramma! Quello che invece non capisco è il perché in queste occasioni scoppi per prima cosa un livore viscerale contro la scuola privata che pare essere la causa di tutti i mali; mi viene da sospettare che si tema il confronto con una scuola che funziona, che fa lavorare, che non sciopera, che è ordinata, che sforna gente preparata e soprattutto che non accetta “professori fannulloni”, sfaticati, impreparati e che non sanno né educare e neppure istruire.

“Non voglio morire!”

In sessant’anni di sacerdozio ho visto morire una moltitudine di creature. Spesso la morte ha raggiunto i miei fratelli con passo felpato e se li è portati via, senza che quasi se ne accorgessero, nonostante fossero gravemente ammalati. Fino a qualche giorno fa pensavo di aver assistito ad ogni tipo di morte, talvolta serena, talvolta improvvisa come una folgore e talaltra arrivata con il contagocce dopo mesi di tormenti. Nel passato la morte era quasi sempre più traumatica perché non si usavano i sedativi e le cure palliative che al giorno d’oggi quasi sempre liberano l’ammalato dal dolore e talora lo privano anche della coscienza del “passaggio”. Ricordo un medico di Viale Garibaldi, che assistevo da settimane, che mi descrisse in maniera particolareggiata come sarebbe andata a finire: “Quando avrò questo sintomo non potrò durare per più di una dozzina di minuti”. Il sintomo arrivò quando gli ero accanto. Mi disse allora: “Fra qualche istante morirò” e infatti si spense con estrema dignità mentre gli impartivo la benedizione del Signore. Ricordo poi una vecchietta di Viale San Marco alla quale portavo di frequente la Comunione e che tentavo di incoraggiare con i soliti discorsi: “Vedrà che le ultime medicine la faranno riprendere” e con altre innocenti bugie. Ella mi rispose con un dolcissimo sorriso: “Don Armando sono pronta, sono tanto contenta di raggiungere mio marito e mio figlio!”. Sembrava proprio che attendesse che il Signore aprisse la porta per accompagnarla in cielo! Ricordo pure una giovane mamma con un tumore alla testa, i cui occhi sembravano uscire dalle orbite, che se n’è andata con dignità e coraggio. Ricordo anche un dirigente sindacale che mi mandò a chiamare per raccomandarmi i due figli: “Io presto non ci sarò più ma loro hanno ancora bisogno di una guida, li affido a lei!”. Qualche giorno fa però mi è capitato il caso di una donna ancora giovane che con accanimento mi ha detto: “Non voglio, non voglio morire!”. Eppure era credente e praticante. Temo quindi che l’attenuarsi della fede e il venir meno dei grandi valori cristiani espongano l’uomo ad una maggiore difficoltà nell’accettare il passaggio! In rapporto a questa esperienza mi sono ricordato che in Seminario ogni mese recitavamo: “Apparecchio alla buona morte”. Penso che sia giusto e doveroso prepararsi a morire se non vogliamo farlo da disperati!

La predica del tassista

Un mio caro amico ha un figliolo ormai adulto e già laureato che un paio di anni fa è entrato in seminario perché ha deciso di diventare prete. Spesso gli chiedo notizie di questo figlio anche perché mi viene da confrontare la mia preparazione al sacerdozio con quella attuale. Qualche giorno fa gli ho chiesto a che punto fosse nel suo cammino verso l’ordinazione ed egli mi ha risposto che ha già fatto due anni ed ora gliene mancano altri quattro; ai miei tempi gli anni di studi teologici erano soltanto quattro in tutto e sono sempre stato convinto che fossero già tanti.

È mia convinzione che il tipo di studi teologici come erano e sono tuttora strutturati finiscano per alienare i futuri preti dalla cultura e dalla sensibilità della gente del nostro tempo, creando delle persone che parleranno ad altre persone che non esistono ormai più, perché l’evoluzione rapida e laica del nostro tempo ha degli schemi mentali talmente diversi dal pensiero della teologia insegnata in seminario da rendere quasi impossibile un dialogo positivo tra “fedeli” e sacerdoti. Questa convinzione mi spinge a leggere un tipo di letteratura religiosa meno sofisticata di quella offerta dalla teologia. Al mattino ad esempio faccio un po’ di meditazione su esperienze di fede offerte da semplici cristiani di tutto il mondo che, con candore e semplicità, offrono ai fratelli il loro modo di credere e di interpretare la Bibbia e questa lettura mi fa molto bene. Un paio di giorni fa ho letto questo commento al salmo 23, che dice: “Se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male, perché tu sei con me”. Ecco il commento di un cristiano dello Zimbabwe:

-Per anni, sono stato ostaggio della paura. Avevo timore di tutto, di ogni nuova situazione, di ogni impegno. Passavo molte notti insonni. Se riuscivo a dormire, il sonno era popolato da incubi. La mia paura si è dissolta in un giorno, mentre viaggiavo in taxi. Sul cruscotto c’era un adesivo con queste parole: “Il mio taxi è il migliore. Paga e rilassati. Io farò il resto”. Quest’affermazione mi ha spinto a chiedermi: “Se posso rilassarmi in questo taxi, perché non posso farlo tra le braccia del Signore Gesù? Non è Dio, il migliore? Perché non smetto di preoccuparmi, e di avere invece fiducia in Lui, e rilassarmi?”
-Avevo appena lasciato i miei timori ai piedi del Signore, che una netta sensazione di sollievo mi ha pervaso. Mi sono ritrovato a canticchiare un inno: “Perché ti preoccupi, quando puoi pregare? Abbi fede in Gesù, sarà Lui la tua guida”. Ora, di fronte ad ogni situazione difficile, mi dico: “Gesù è il migliore, io credo e ho fiducia in Dio e Lui farà il resto”.-

Io la penso come questo cristiano del continente nero; mi pare che il Signore per la povera gente, come me, sia più comprensibile ed efficace quando ascolto il discorso che mi fa, attraverso gli eventi della cronaca quotidiana.

Un alloggio per i derelitti

È inutile e noioso che confessi ancora una volta i miei dubbi, che purtroppo diventano spesso drammi interiori, circa la carità cristiana, o meglio ancora, l’elemosina. A tal proposito sono costretto a riferire il consiglio di Monsignor Vecchi: “Armando se dai l’elemosina ad un povero che ti chiede la carità fai certamente bene, però se ti impegni a costruire una struttura che aiuta i poveri, farai ancora meglio perché potrai offrire loro una risposta risolutiva ai loro bisogni e aiuterai chi si troverà nella loro stessa situazione per un secolo almeno”. Da questa dottrina sono nati i Centri Don Vecchi che attualmente offrono un alloggio, più che dignitoso, a cinquecento anziani con difficoltà economiche.

Alla prova dei fatti, nonostante il discorso funzioni e sia pienamente razionale, sento di non aver ancora risolto completamente il problema che mi turba da sempre ed ogni volta che incontro un mendicante che mi chiede l’elemosina o ogni volta che cammino oltre o offro solamente un paio di euro, la coscienza continua a rimordermi nonostante i discorsi e la dottrina a cui mi sono affidato.

Qualche giorno fa è venuto a trovarmi uno dei soliti miei “amici” che viveva presso la Casa dell’Ospitalità di Via Spalti ove aveva un letto, il pranzo e la cena. Il mio “amico”, che ha meno di quarant’anni, col solito fare lagnoso ed il volto triste, mi ha detto: “Don Armando mi hanno buttato fuori dall’asilo notturno e sono quindi costretto a dormire per strada. Cosa faccio?”. Io non ho proprio saputo dargli una risposta anche se mi sentivo prudere la lingua per il desiderio di rispondergli: “Arrangiati. Nessuno ti ha costretto a fare baruffa con il tuo vicino tanto da indurre il responsabile a cacciarti giustamente!”. Non gli ho risposto ma ora temo che “dorma” sotto qualche sottoportico! Ho letto che tra Venezia e Mestre vi sono circa cinquecento senza fissa dimora ma purtroppo le strutture ricettive non superano i duecento posti letto. Quel mio “amico”, anche se ogni tanto mi chiede del denaro per andare in un luogo lontano da Mestre dove gli è stato “offerto un posto di lavoro”, credo che non lavorerà mai più. Per quanto colpevole possa essere, la coscienza mi dice che io e la città almeno un letto dovremmo offrirlo a questo relitto d’uomo!

La samaritana

Quando, fino a ieri, sentivo pronunciare il termine: “samaritana”, da vecchio prete, che mille volte ha dovuto con fatica commentare l’episodio del Vangelo nel quale una donna di Samaria si incontra con Gesù presso il pozzo di Giacobbe, d’istinto mi veniva di pensare a quella donna di facili costumi che ha intessuto un colloquio con Gesù. D’ora in poi però, quando sentirò la parola “samaritana”, mi si affaccerà alla memoria un’altra donna, una donna che i mass-media hanno definito “samaritana” perché è stata la prima ad aver donato un rene ad un ammalato, in attesa di un trapianto, che lei non aveva mai conosciuto e che non conoscerà mai. Questa meravigliosa notizia ha tenuto banco per un paio di giorni ma purtroppo non come avrebbe meritato: ignorata dalle prime pagine dei più importanti quotidiani per poi scomparire nel nulla come se nel nostro mondo ci fossero notizie più belle da diffondere. Nel frattempo i media hanno continuato a fornirci dettagli sulle squallide beghe della politica, sulle ruberie e su tutto il marciume di mezzo mondo.

Ritengo che almeno “L’Incontro” debba fare da cassa di risonanza ad un gesto così nobile e generoso. È vero che nel mondo c’è tantissimo male ma fortunatamente sono convinto che il bene sia molto di più; il guaio è che mentre i mass-media fanno a gara per essere i primi a diffondere notizie sui fatti di cronaca nera quasi nessuno è seriamente impegnato a informare sul volto bello della vita. Privarsi di un rene, ed io so bene cosa voglia dire averne uno solo perché uno mi è stato asportato a causa di un tumore, è un atto a dir poco eroico! La nuova “samaritana” ha offerto non solo un rene ad un ammalato ma ha mostrato a tutti noi il volto di Gesù Risorto!

Renzi

Ascoltando gli interventi di Renzi, che non cessa mai di sorprendermi positivamente per l’entusiasmo, la vivacità dell’eloquio e le sue battute d’effetto ricche d’immaginazione mi viene da domandarmi in quale branca dell’Agesci abbia militato. Spesso mi vien da pensare che probabilmente da giovane sia stato il capo “branco” ossia il responsabile del “gruppo” dei lupetti, i ragazzi più giovani dell’associazione scout.

Io ho fatto l’assistente degli scout per quasi una trentina di anni e conosco bene il metodo e la vita scout. Il testo base di chi educa i ragazzini più piccoli, i lupetti, è “il libro della giungla” di Kipling, il libro in cui le qualità più nobili sono rappresentate dagli animali della foresta e confesso che quando il capo “Akela” raccontava suddetto libro i ragazzi erano letteralmente entusiasti, non battevano ciglio, ascoltavano a bocca aperta il loro capo che parlava della vita trasmettendo messaggi e valori positivi mediante le storie della vita nella foresta.

Ebbene oggi, quando mi capita di ascoltare Renzi nei suoi interventi, rimango affascinato come i miei “lupetti” di un tempo. Qualche giorno fa, a proposito dell’Italicum, sbottò: “Ragazzi non stiamo giocando a Monopoli dove ti fanno tornare indietro in caselle pregresse!” e successivamente ad Obama: “L’Italia non è più la bella addormentata nel bosco!”. A me Renzi piace per il suo coraggio, per la determinazione e per il suo fare spigliato e disinvolto, per il suo amore verso l’Italia. Mi pare che con la sua squadra di belle ragazze, di giovanotti e di uomini abbia finalmente portato la primavera in Parlamento anche se in esso vi sono ancora le ortiche alla Bindi, i cardi alla D’Alema o alla Fassina e i rovi alla Bersani. A me Renzi piace davvero e mi chiedo: “Ma coloro a cui non piace forse gli preferirebbero Vendola, Grillo, Berlusconi o Salvini?

Ristorazione solidale

Ho confidato più volte agli amici il mio sogno di riuscire a far sì che anche la povera gente, vecchi pensionati e operai dal reddito basso possano avere qualche momento di evasione serena. A Mestre vi sono quattro mense per i senzatetto, per i barboni e per i nullatenenti ma non c’è purtroppo un ristorante che possa offrire, al costo di un paio di euro, la cena o il pranzo a disoccupati, a operai o impiegati in trasferta, alla moltitudine di anziani con la pensione sociale o con quella di sette-ottocento euro e non c’è nemmeno un ristorante presso cui un operaio, con una retribuzione di milleduecento euro, possa dire alla moglie in occasione di un anniversario o in occasione del compleanno del proprio bambino: “Questa sera vi porto fuori a cena!” spendendo meno di dieci euro.

Noi del Don Vecchi stiamo già facendo il tentativo di offrire, non solo il pane per sopravvivere, ma anche qualche momento di evasione da quella monotonia amara che non consente mai di andare oltre lo stretto necessario e fortunatamente a qualcosa siamo arrivati riuscendo ad offrire un appartamentino con i fiocchi anche a meno di duecentocinquanta euro al mese, gite in pullman Gran Turismo con merenda casereccia a dieci euro tutto compreso, pranzi al Seniores Restaurant a cinque euro e pizza con tre euro!

Questo ci incoraggia nel fare un ulteriore passo avanti verso l’obiettivo di una cena in un locale signorile, serviti al tavolo ad un costo che non superi i due-tre euro. Disponiamo già sia di un locale che di un centro cottura estremamente organizzato, i volontari non ci mancano e quindi ora non ci resta che sperare che il catering “Serenissima Ristorazione” ci venga incontro sull’esempio di ciò che è già stato fatto a Milano. Stiamo tentando di contattare i “proprietari” di questa impresa che cucina centomila pasti al giorno perché, da ottime persone quali sono, concorrano a realizzare questo miracolo anche a Mestre.