Un magnifico manuale di istruzioni

C’è un detto popolare che afferma che gli estremi si toccano. Forse sarà in forza di questo principio che alla mia bella età, talvolta mi trovo a fare le esperienze e le considerazioni che ho fatto da adolescente.

Quando era ragazzino don Nardino Mazzardis, che era il mio cappellano, mi passava dei libretti per la meditazione. In verità non ero capace di meditare a quel tempo e continuo ad aver difficoltà a percorrere i difficili e intricati sentieri della mistica, però i libretti che mi passava quel carissimo ed intelligente sacerdote, contenevano dei fatterelli per cui li leggevo volentieri e ricordavo il messaggio che essi offrivano. Mi ritrovo ottantenne, quasi incapace di sopportare certi discorsi complicati ed astrusi e se voglio cogliere dei messaggi per la vita debbo ricorrere a testi che contengono immagini vive e concrete.

Il testo che adopero parte da una frase della Bibbia, ma poi è interpretata ogni giorno da un cristiano diverso che la cala nella sua esperienza quotidiana. Talvolta in maniera incisiva ed efficace, talora un po’ meno, comunque, tutto sommato, trovo messaggi utili e fecondi.

Questa mattina, un cristiano d’America ha commentato così la funzione che ha la Bibbia nei riguardi della nostra vita: “Un giorno ho acquistato un mobile per la televisione. Tornato a casa, cominciai a mettere insieme i diversi componenti seguendo le indicazioni del manuale che avevo accanto. Quando ebbi finito, rimasero nella scatola delle viti in più e due altri pezzi, ma il mobile sembrava a posto. Tuttavia, quando vi posi sopra la televisione ed altri oggetti, si curvò da una parte perché non reggeva tutto quel peso. Ovviamente, non avevo montato tutti i pezzi correttamente, secondo le istruzioni del manuale. Per quanto riguarda la nostra vita spirituale, abbiamo una risorsa che ci guida, un manuale di istruzioni composto di sessantasei libri pieno di consigli saggi perché si possa vivere secondo la volontà di Dio. Questo manuale è la Bibbia. Se la leggiamo, la studiamo ed applichiamo la sua saggezza come guida per vivere una vita che ha Dio al centro, possiamo portare il peso che la vita ci reca. Non solo questo. Guidati dalla parola di Dio possiamo vivere vittoriosamente”.

Non si tratta di certo di un volo di alta mistica, però è efficace per convincerci che una lettura ed una conoscenza approfondita della Sacra Scrittura ci aiuterebbe ad acquisire sapienza.

La Bibbia è punto di riferimento per le nostre scelte e per acquisire una mentalità sana, però bisogna conoscerla bene per applicare gli insegnamenti.

Suor Laura Piazzesi

Ho ricevuto una cara visita. Accompagnata dalla sorella Francesca è venuta a trovarmi, al don Vecchi, suor Laura Piazzesi, missionaria ormai da decenni nelle Filippine.

Suor Laura è un personaggio di spessore tra le suore Canossiane; infatti ne è stata economo generale per molti anni.

Entrata in convento fin da ragazza, pronunciò i voti religiosi, moltissimi anni fa. Suor Laura è nata a Venezia, sorella di un mio compagno di scuola, si è trasferita da adulta a Mestre e a motivo dei rapporti che avevo con il mondo delle maestre, in qualità di assistente dell’associazione maestri cattolici, nella quale lavoravano due o tre sorelle di Laura, riallacciai i rapporti con questa cara e numerosa famiglia e poi da parroco di Carpenedo stabilimmo una testata di ponte a livello missionario col paese in cui lavorava da missionaria la nostra suora.

Dicevo che suor Laura non è una suoretta incolore e da convento, ma una vera manager che ha raccolto fondi in Germania, in Italia e ha aperto strutture a livello assistenziale in mezzo mondo.

Avevo incontrato più volte nel passato questa missionaria sempre ricca di sogni, di progetti, ma soprattutto di calda umanità e di grande spirito apostolico.

Mi è apparsa ora un po’ stanca, si appoggia ad un bastone da passeggio ed ha perso un po’ della sua grinta. Ho avuto la sensazione che ora non sia più la protagonista di un tempo, ma sia arrivata quasi alla soglia della casa di riposo.

Il volto è rimasto dolce, la voce calda e gli occhi vivi, ancora innamorata della sua scelta e della sua missione, però mi è parso di notare un pizzico di nostalgia e due di impotenza di fronte alla complessità della vita e la sua ormai evidente fragilità. Le chiesi se sarebbe rimpatriata e mi rispose con impeto: “Oh no!” era evidente la sua volontà di spendere anche gli ultimi rimasugli della sua vita per quella gente lontana che tanto ama!

Bella creatura davvero!

A ottant’anni sacerdote all’ospedale dell’Angelo

Nota: questo articolo è stato scritto da don Armando alcuni mesi fa, non appena assumto il nuovo impegno presso l’ospedale dell’Angelo a Mestre.

Ringrazio il Signore e lo scoutismo di avermi donato il senso dell’avventura. E’ bello e provvidenziale che ragazzi, adolescenti e giovani sognino ad occhi aperti, ma è veramente straordinario che un prete ottantenne, che ne ha passati di tutti i colori, continui a sognare mentre ha già i piedi sul ciglio della tomba! E’ cominciata così: ad ottobre 2007 mi è stato chiesto di dare una mano in ospedale per supplire, i padri Camilliani, che se ne erano andati. Mi stancai, ma comunque sono venuto a conoscenza di un settore in cui la presenza di un prete può fare immensamente del bene.

La questione pareva che si fosse risolta con la solita toppa, se non che una volta ancora si è avverato l’ammonimento evangelico dall’inutilità di “toppe nuove su vestiti vecchi!” In verità in ospedale è capitato esattamente il rovescio, perché si è messo infatti una toppa vecchia su un vestito nuovo, il frate cappuccino se n’è andato.

Amici cari, che forse non sanno che ho ottanta anni, mi hanno telefonato esortandomi a ritornare.

Nostalgia, rimorso o forse spirito di avventura mi hanno “costretto” a telefonare al responsabile ufficiale mons. Pistolato, mio vecchio cappellano a Carpenedo, a cui dissi che avrei tentato di fare qualcosa.

Per ora celebrerò alla domenica e forse un altro paio di giorni alla settimana, rendendomi disponibile per confessioni ed unzioni in occasione di queste celebrazioni.

Mi impegnerò a fare della cappella un “faro” ed un “rifugio” per chi cerca ristoro e conforto e darò vita ad un settimanale per la preghiera e la riflessione di chi la malattia costringe a fermarsi, a riflettere e a prendere coscienza della propria fragilità e di aver bisogno di Dio.

Comincerò subito, perché nè gli ammalati nè io abbiamo tempo da perdere!

“Là c’è la Provvidenza!”

Alessandro Manzoni ha messo in bocca al povero e spaesato Renzo Tramaglino la battuta che ha fatto tanta fortuna e che spesso rasserena pure me, tanto che spesso, quando mi sento frastornato e travolto dalle istanze della vita, esclamo “Là c’è la Provvidenza!” e sempre in qualche modo si apre uno spiraglio di speranza e di soluzione.

L’ultima volta che si è accesa questa lampada rasserenante è stato qualche giorno fa quando alle otto di sera suonarono alla porta del mio quartierino, Lino, il responsabile del don Vecchi Marghera, assieme a Stefano, il suo fedele scudiero, tecnico della ristorazione.

Dapprima ebbi un tremito di preoccupazione “Cosa sarà successo?” poi invece l’atmosfera si rasserenò di colpo quando mi dissero: “Abbiamo ottanta polli allo spiedo da metterle a disposizione”.

Nello stabilimento che ha assorbito la Rex, la Zanussi ed aziende del genere, stanno mettendo a punto un programma per cuocere polli allo spiedo e Stefano ci ha portato, per il Seniorestaurant, i polli sui quali stavano facendo esprimenti di cottura.

I commensali hanno gradito quanto mai i polli fuoriprogramma, mentre io ho gradito di più ancora l’intervento quanto mai propizio della Provvidenza! Il giorno dopo Rocco è andato all’INS per acquistare un quintale di pasta perché il nostro “Banco alimentare” era sfornito, se non che una signora ha accompagnato con un bigliettino bianco “il suo pensierino” con 60 chili di zucchero, 60 di riso e 80 vasi di pelati, non potei non esclamare “Là c’è la Provvidenza!”

Pochi giorni fa Luigi, il responsabile dell’operazione “Alzati e cammina” mi ha riferito che erano giunte una quarantina di carrozzine e di comode per infermi, strumenti dei quali da giorni eravamo sprovvisti.

Assieme abbiamo esclamato “Là c’è la Provvidenza” tanto che questa esclamazione sta diventando “un altro pro nobis” delle litanie della Madonna!

Ritratto di una bella signora

I miei rapporti con la stampa sono veramente positivi, nell’ambiente della carta stampata conto tanti amici ed ogni volta che ho bisogno di un piacere essi si fanno in quattro per darmi una mano.

Di questo sono loro molto riconoscente e più volte, a voce e per iscritto ho manifestato la mia gratitudine. Però ho capito da un pezzo quello che posso chiedere a quello che sarebbe inutile chiedere perché non sono in grado di accontentarmi. I giornali, specie i quotidiani, hanno bisogno di notizie e quanto più sono fuori norma, dallo scontato, tanto più sono appetibili.

Il giornale ha bisogno di interessare il lettore e di farsi leggere incuriosen- dolo con notizie che stupiscono e che diano la sensazione di un qualcosa di interessante e sorprendente.

Soltanto nel romanzo lo scrittore può lasciarsi andare a descrizioni da acquerello, ricche di lirismo e di poesia, ma per queste cose ci vuole vero talento; per dire invece cose abbastanza scontate, ma dando al lettore la sensazione di scoprire nella normalità qualcosa di interessante ci vuole ancor più talento.

Io credo però di non avere questo talento, pur tuttavia tento di tracciare un breve profilo di una signora di mezza età che conosco da anni e che merita di essere conosciuta.

Ella continua a sgobbare ai magazzini dei poveri di santa ragione, chiacchierando continuamente, con frizzi, battute affettuose, rimbrotti apparenti, incitamenti e autocommiserazioni. E’ difficile inquadrare con parole banali questa creatura, che non ha nulla di particolare nè a livello estetico nè a quello razionale, da sottolineare con pennellate di colore che ne tracciano il volto, la sensibilità e il cuore, ma il lavoro generoso, la parlata pulita e cordiale di Giuliana ne fanno un numero caro ed interessante di donna tanto da sentire il desiderio di ringraziare il Signore di farcela incontrare tanto spesso là nello scantinato dei magazzini S. Martino nei quali ogni giorno dona il meglio di sè e rasserena l’animo di tutti.

Incontri e funerali

Per molti anni mi sorprendeva e mi meravigliava il fatto che, una volta terminato il funerale al quale tutti normalmente partecipano compunti, la gente si fermasse poi sul sagrato della chiesa a chiacchierare, talvolta in atteggiamenti sorridenti ed anche scherzosi, per nulla in linea con il lutto che direttamente e indirettamente li aveva colpiti.

La cosa succede anche ora davanti al piccolissimo slargo che c’è di fronte alla chiesetta del cimitero in cui celebro il commiato.

Diventando più vecchio però sono diventato anche più tollerante e comprensivo. La vita va così; guai se la tristezza delle partenze per la casa del Padre si sommassero nel nostro animo, il mondo diventerebbe presto un mortuorio! In fondo, il funerale diventa anche un’occasione per ritrovarsi per incontrare gente, che per i motivi più diversi non vedevi da tanto tempo.

Qualche giorno fa mentre osservavo la stessa scena, dopo che l’autobara era partita per Marghera per la cremazione, mi raggiunse, in sacrestia, una signora, che a prima vista mi sembrò di mezza età, ma che poi compresi che l’età l’aveva tutta intera; ma un po’ l’abbronzatura, un po’ l’eleganza e un altro po’ la naturale spigliatezza, me la fecero sembrare più giovane.

Mi disse sorridente e compiaciuta che ero rimasto sempre uguale, ed era una bugia, ma per le donne le bugiette del genere sono loro congeniali e che mi rivedeva con estremo piacere ricordandomi che nel ’58 l’avevo sposata.

Le chiesi un po’ preoccupato, perché ai nostri giorni gli incidenti di percorso nel matrimonio sono piuttosto frequenti: “Come era andata!” – “Benissimo”, mi rispose pronta e sorridente, “sono in pensione, dopo 40 anni di insegnamento e mio marito anche se un po’ malconcio è qui con me”.

Era vero, mentre lei sprizzava vita, lui era un po’ malridotto!

Sono rimasto contento; un’altra semente aveva trovato il terreno buono e aveva prodotto in sovrabbondanza!

Una crepa sulla diga

Gloria per i radicali e amarezza per il Vaticano per la sentenza che permette di non continuare ad alimentare la giovane donna che da 16 anni vive a livello vegetale per un grave incidente.

Ho ascoltato le parole pacate ma convinte del padre che da una decina di anni chiede di mettere fine alla vita irrecuperabile della figlia, ho ascoltato le affermazioni trionfalistiche di Pannella e company che da un lato combattono accanitamente la pena di morte nei riguardi dei peggiori delinquenti e da un altro lato rivendicano di strappare i teneri virgulti della vita nascente e di coloro che sono stanchi di vivere e di chi non può più decidere. Ho pure ascoltato le parole decise degli esperti della Chiesa che una volta ancora affermano convinti che qualsiasi autorità non può autorizzare la fine di una creatura umana, perché solo a Dio compete il nascere e il morire e l’uomo non può ne manomettere la vita e tanto meno spegnerla.

Infine ho guardato il volto bello di quella creatura, miracolo di bellezza e mistero insondabile, sulla cui sorte tanta gente disserta e vuol decidere.

Ho riflettuto penosamente, lungamente e liberamente non lasciandomi condizionare dalla tradizione, dalla cultura e perfino dai dogmi, avendo comprensione e soprattutto pietà per lei e per suo padre e sono giunto a questa conclusione: ad Atene, in Egitto, in Israele, nell’Impero Asburgico più vicino a noi ed infine Hitler ha deciso e spento la vita degli ebrei, degli zingari, degli ammalati psichiatrici, dei gay, degli avversari politici. E purtroppo Hitler non è l’unico esempio, perché Stalin fece altrettanto e come questi due tristi campioni molti altri despoti si comporteranno egualmente.

Una volta che si provoca una crepa sulla diga, non si sa dove si può andare a finire.

Intaccato il principio assoluto e la sacralità ed intangibilità della vita, non ci saranno più leggi, norme, tribunali che riescano a fermare la crepa provocata sul principio assoluto. Meglio tenerci il “non uccidere” che trovarci correi in uccisioni per i motivi più banali.

Già ora si sopprimono centinaia di migliaia di virgulti innocenti di bimbi solo per capriccio!

Sull’integralismo cattolico

L’integralismo cattolico è per me esattamente il rovescio della medaglia del radicalismo.

I radicali, in nome della libertà assoluta e secondo loro di una religiosità sostanziale, combattono con un accanimento degno di una miglior causa, ogni regola ed ogni istituzione, soprattutto quella religiosa, che si rifà a dei principi assoluti ai quali ogni società ben ordinata e sana deve riferirsi.

Tutti i santi padri, del radicalismo italiano, che trovano in Pannella, la Bonino e la loro piccola congrega alla quale il Partito Democratico, con infinita stoltezza, ha fornito pulpito e denaro e che hanno trovato in Zapatero, degno erede dei massacratori di preti di monache, un modello politico, predicano da mane a sera contro la scuola cristiana, contro la chiesa, contro la morale, contro il Papa ed ogni istituzione che proponga moralità. Però il rovescio di questa miseranda medaglia è altrettanto deludente e disumano, anche se apparentemente si rifà ai dogmi cristiani.

Mi riferisco all’integralismo religioso, movimento di pensiero e di comportamento che in questo momento storico alligna nella chiesa quanto il radicalismo nella società. Credo, sempre a mio modesto parere, che sia altrettanto disumano e deleterio quanto il suo opposto.

Il clericalismo è certamente una malattia cristiana, ma è curabile, l’integralismo credo invece sia un male devastante che distrugge l’anima cristiana.

Il purismo, per cui sono cristiani solamente quelli che sono totalmente “allineati e coperti”, che appartengono e frequentano solamente i “nostri”, si adeguano in maniera assoluta alla prassi, ai canoni, alle encicliche, alle norme liturgiche, credo sia una degenerazione cristiana, che pretende di buttare fuori dal corpo della chiesa, ma soprattutto dal cuore di Dio, l’ottanta, il novanta per cento dei battezzati che non sono regolarmente praticanti.

In questi giorni ho letto un articolo di un giovane prete che mi ha fatto venire i brividi tanto lo sentivo lontano dal Cristo della Maddalena, della Samaritana, di Tommaso e di Pietro e soprattutto di quel Cristo venuto per i peccatori non per i giusti!

Una società fallimentare senza principi e senza valori

Ho ben chiaro il monito di Cristo “Non giudicate se non volete essere giudicati”. Detto questo credo di non contravvenire a questa giusta norma evangelica facendo delle riflessioni su certi comportamenti di costume che sono ormai diventati norma accettata dalla società che di contraddizioni ne ha ormai troppe. Mi riferisco a due episodi di cronaca nera avvenuti a poco tempo di distanza e che riguardano una giovane del sud ed una del nord.

Non ho letto molto al riguardo perché non amo quella cronaca nera in cui ci sguazza dentro la curiosità morbosa non solo del popolino ma che coinvolge un po’ tutta la società e alla quale tutti i giornali forniscono esca per molti giorni e con innumerevoli servizi quasi sempre ripetitivi e banali.

Il primo in ordine di tempo riguarda una sedicenne meridionale, rimasta incinta, da uno, ma non sapeva neppure lei quale, dei suoi amici che normalmente frequentava. Saputo della gravidanza, l’uccisero e buttarono il suo corpo in un pozzo. Scoperti, si sono comportati nemmeno coerentemente alla profanazione di una compagna e all’assassinio, ma da incoscienti stupidi ed irresponsabili. Ma quel che è peggio, è che l’intero paese trattò quella ragazza come una eroina con un battimano a fine funerale. La seconda, una ragazza del nostro Veneto, in vacanza in Spagna con una amica, che dopo una notte brava, è stata assassinata da non so chi. Già parenti ed amici si sono premurati ad affermare che era una brava ragazza, solare e sana.

Io ho pregato per loro e spero che il buon Dio trovi anche per loro un pertugio in un qualche angolo del paradiso. Però mi si lasci dire che queste non sono brave ragazze, che il loro comportamento e la loro educazione non ha nulla a che fare con un comportamento corretto e con una sana educazione. Queste due povere ragazze sono il risultato plateale di una morale sbagliata, di una educazione inconsistente e il risultato di una società fallimentare senza principi e senza valori, altro che eroine da applaudire!

Un’utopia al don Vecchi

Le scoperte che vado facendo con il passare degli anni non sono tutte felici e positive.

Mi capita spesso di constatare che i mass-media e l’opinione pubblica hanno un’efficacia persuasiva enormemente superiore di quanto io riesca a passare anche alle persone che mi vivono accanto e che perciò sono nella condizione di conoscere direttamente gli ideali che perseguo e la testimonianza che cerco di dare. Finché si tratta di un’approvazione generica della nostra attività tutto va per il meglio, ma quando qualcuno dovrebbe calare nella propria vita i valori che tento di trasmettere casca pesantemente l’asino. È noto a tutti che l’istituzione del don Vecchi tende a permettere agli anziani che hanno redditi più che modesti di poter vivere una vita serena, circondati da simpatia, aiutati in tutto quello che è possibile dar loro.

È noto anche a tutti, ma soprattutto a chi vive all’interno della struttura del don Vecchi che è obiettivo ambizioso, ma certamente nobile, che al Centro si fa ogni sforzo perché chi ha la fatidica pensione sociale, che ad oggi ammonta a 516 euro mensili, possa vivere senza mendicare, senza privarsi dell’essenziale e senza pesare sugli altri.

Questa è la nostra utopia!

Riconosco che purtroppo sta divenendo un’utopia, non nel senso nobile del termine, ma forse in quello popolare, ossia quando ad utopia corrisponde come contenuto all’illusione.

Per perseguire questo obiettivo tutti, anche i meno esperti a livello economico, dovrebbero comprendere che per raggiungere questo risultato bisogna economizzare su tutto: luce, uso di imprese e di tecnici, acqua, e soprattutto sui dipendenti, che normalmente costituiscono sulla lista dei costi una delle voci più gravose.

Purtroppo quando una persona entra nel libro paga pare che tutti questi discorsi non la riguardino più e che diventi “vangelo” solamente lo statuto dei lavoratori, con tutti i relativi diritti che oggi, specie per le attività caritative, qual è la nostra, sono più che mai pesanti. Al don Vecchi avremmo bisogno che uno, non solamente rispettasse i compiti stabiliti dal contratto, ma abbracciasse la causa, più preoccupato del bene degli anziani che dei propri interessi.

Pare che questa sia veramente una chimera! A Marghera abbiamo perciò eliminato i dipendenti per puntare sull’autogestione sperando che il sogno si realizzi.

Essere umili

Io ho avuto la fortuna di vivere accanto, per molti anni, ad ottimi sacerdoti, dei quali spero di aver imparato qualcosa di buono e di averlo trasmesso a mia volta ai giovani preti che nel tempo hanno collaborato nella mia opera di pastore di anime.

Uno dei miei migliori maestri in questo settore è stato mons. Aldo Da Villa; un omone che sembrava una roccia, uno sguardo profondo che andava dritto alla coscienza, un modo di parlare incisivo, convincente e soprattutto un ottimo educatore di giovani. Credo che mons. Da Villa abbia cresciuto generazioni intere di studenti a scuola ed in parrocchia.

Di monsignore ricordo tantissime cose, ma mi è rimasto impresso un episodio particolare che mi ha aiutato qualche giorno fa ad inquadrare, a livello ascetico, un incontro casuale con una ragazza che un tempo era stata scout e poi capo scout convinta e generosa.

Vengo all’antefatto: accompagnavo monsignore ad un incontro a S. Marco, quando in una calletta vicino a S. Barnaba, monsignore riconobbe uno dei suoi ragazzi di un tempo.

Ci fermammo qualche minuto, monsignore chiese al suo ragazzo qualcosa della sua vita poi ci salutammo cordialmente. Quando fummo soli, il mio vecchio parroco mi disse: “Vedi il Signore mi fa incontrare ogni tanto questo ragazzo, ormai ingegnere da molti anni, per tenermi umile e facendomi toccare con mano i miei fallimenti a livello educativo”. Mi confidò che quel giovane beveva e stava rovinando la sua vita.

Accostai questo episodio alla giovane donna che mi salutò affettuosamente. Sapevo che questa capo scout aveva scelto di convivere, cosa che mi aveva addolorato e deluso assai. La cosa deve essere andata male e forse stava risolvendo in maniera ancora simile la sua situazione sentimentale.

Dall’incontro seppi che anche il fratello, pure lui cresciuto tra gli scout della parrocchia, si trovava nella stessa situazione. L’ottima famiglia dalla quale provenivano questi ragazzi e la lunga militanza nell’associazione della parrocchia avevano purtroppo portato a questi risultati.

Penso che debba anch’io trarre la conclusione a cui era arrivato monsignor Da Villa ad essere doppiamente umile per i miei risultati come pastore cristiano d’anime.

Una salvezza globale

Nella Bibbia, con linguaggio semplice, popolare e alla portata di tutti, si narra la creazione del mondo in sette giorni, anzi in sei, perché è scritto che il settimo giorno Dio si riposò.

Si tratta evidentemente di un linguaggio e di un racconto immaginifico per affermare la verità di fondo che la creazione è opera di Dio. C’è un passaggio, che costituisce quasi la firma sull’opera compiuta ogni giorno: “Iddio vide ch’era cosa buona!”, per affermare che nulla nella creazione è sostanzialmente negativo, ma che ogni realtà adoperata nel modo e nel tempo giusto ha una sua funzione positiva, diventa un tassello importante nel grande mosaico della creazione.

Qualche giorno fa feci una interessante scoperta, oh si tratta dell’uovo di Colombo! Ossia che anche la tanto vituperata “globalizzazione” che per taluni è la causa di tanti guai e per alcuni altri il motivo di infinite difficoltà, ha invece una funzione positiva, se adoperata come Dio comanda! Ossia diventa un elemento per creare giustizia e solidarietà universale che si riversa poi nel bene di ogni individuo.

L’altra mattina mi lasciai andare a questi pensieri in occasione di un brano del Vangelo, e ne divenne la sua chiave di lettura, così che mi aprì una comprensione profonda ed affascinante di quel brano.

Si trattava del paralitico posto davanti a Gesù perché lo guarisse. Gesù gli dice invece: “ti sono rimessi i tuoi peccati”, poi finì anche per mandarlo a casa guarito.

Compresi, per l’illuminazione di un raggio interiore, che Gesù è venuto a portare non una salvezza parziale riguardante l’anima, ma a salvare tutto l’uomo: il corpo, il sentimento, la moralità, la sua armonia, la sua vita familiare e sociale, quella economica e quella psicologica. In una parola il messaggio e la proposta di Cristo è globale, è tesa alla salvezza globale.

Questa “scoperta” mi fece enormemente felice. Un cristianesimo che investe, recupera, riordina e salva tutto l’uomo mi pare infinitamente più alto e nobile di una religione che riguardi solamente l’aldilà o i nostri rapporti con i comandamenti. Gesù è venuto perché l’uomo viva in pienezza a livello psicologico, fisico, morale, economico, politico e sociale, dei sentimenti della poesia e dell’amore.

In una parola Cristo ci offre una salvezza globale, per cui vale proprio la pena di accettarlo e di metterlo in pratica.

Subire indifferenza, menefreghismo e disimpegno

Mi convinco sempre di più che la causa di molti guai del nostro Paese è l’egoismo.

Ognuno pensa ai fatti propri e gli altri che si arrangino, ognuno è ben desto e deciso di difendere i propri diritti, veri o presunti, non preoccupandosi di ledere in qualche modo quelli degli altri perché non sempre la legge può tagliare come una lama il confine del diritto dal dovere.

Ed un altro grosso guaio sta nel fatto che i funzionari che gestiscono la cosa pubblica talvolta non fanno il loro dovere, spesso sorvolano sulle soperchierie di qualcuno per non aver grane e più spesso ancora tirano a campare perché, che uno sia impegnato o meno, comunque arriva il 27 del mese.

Stando così le cose, senza intraprendenza, senza zelo nel proprio lavoro, senza attenzione per gli altri, soccombe sempre il più debole, quello meno propenso ad attaccar brighe, quello meno spregiudicato e meno incline alle denunce ed alle aule di tribunali.

A questo proposito sto facendo delle esperienze amare che talora mi lasciano tanto perplesso.

Quando uno conduce una sua vita privata, pur con qualche difficoltà, può talvolta subire per amor di Dio e del prossimo, certe ingiustizie, ma quando uno, come me e tanti altri, è responsabile di qualche centinaio di persone anziane, indifese, cariche di mille difficoltà, è giusto che subisca l’indifferenza, il menefreghismo e il disimpegno di certi funzionari che dovrebbero soprattutto avere a cuore la sorte dei più deboli, di quelli che non hanno più voce, che non sanno e non riescono più a difendersi da soli ed invece se ne stanno tranquilli nei loro uffici refrigerati a girar carte?

Spesso provo quasi angoscia nel dover prendere decisioni che possono sembrare frutto di un temperamento intemperante, mentre spero siano difesa doverosa del povero e dell’infelice!

Un ecumenismo più sostanzioso e meno teatrale

Ora non se ne parla più tanto, ma fino a qualche anno fa giornali e riviste religiose trattavano molto spesso dell’ecumenismo. Questo movimento tra le chiese cristiane tende a dare una sola risposta al grido di Gesù in croce che ha chiesto ai suoi discepoli “che ci fosse tra loro un solo ovile ed un solo pastore”.

Il cristianesimo nato dal messaggio di Cristo fin da principio si divise in mille rivoli, ed ha continuato così per i venti secoli in cui è presente nella storia umana.

Il processo non si fermò alle prime divisioni, ma continuò e continua tuttora, pur rifacendosi ognuno all’unica fonte.

Qualche risultato invero si è ottenuto, per lo meno ora le varie confessioni cristiane non si fanno più la guerra, non si insultano e adoperano anzi un linguaggio più corretto e tollerante. Ci sono stati e ci sono anche incontri significativi, preghiere comuni, atti di cortesia, ma non molto più di questo.

Il movimento ecumenico ristagna, gli esperti discutono con argomenti di lana caprina mentre i poveri cristiani, ma anche i loro preti, non conoscono nemmeno i motivi specifici delle varie diversificazioni. Fortunatamente la vita continua per la propria strada e non si preoccupa più di tanto di queste questioni teologiche.

Qualche giorno fa ho invece incontrato uno splendido esempio di ecumenismo di ordine famigliare. Mi soffermo un istante perché è di questo tipo di ecumenismo che la nostra società ha bisogno e la testimonianza a cui mi rifaccio è di certo esemplare.

Il marito, pur battezzato, era di origine ebraica, forse è stato battezzato per sfuggire alla persecuzione razziale. Ma a parte il battesimo era un ottimo laico, non so se fosse credente, ma certamente non praticante; persona onesta, professionista serio, impegnato, rispettoso.

Lei, cattolica praticante, che ha continuato senza alcuna difficoltà a partecipare alla vita della chiesa, ha educato alla vita religiosa i figli ed è morta in pace con Dio e col prossimo. Credo che la vicinanza al marito laico e forse non credente abbia giovato alla sua fede, sfrondandola da ogni incrostazione bigotta o clericale, come per il marito la vicinanza della moglie credente l’abbia aiutato ad essere più onesto e rispettoso delle scelte e delle idee degli altri.

Questo mi pare un ecumenismo più sostanzioso e meno teatrale!

“Prete fortunato”

Quasi mai celebro la messa quotidiana senza fermarmi per alcuni minuti sulle riflessione che normalmente colgo dal Vangelo.

Molto spesso sono imbarazzato perché il Vangelo è un pozzo senza fondo ed in ogni pagina vi sono tante verità che si offrono all’attenzione dei fedeli.

Il lunedì, quasi sempre faccio una breve premessa alla riflessione.

L’inizio della settimana mi spinge a dire a me stesso e a chi partecipa alla preghiera della chiesa di fissare un obiettivo per i sette giorni che stanno davanti, uno stile, una modalità per affrontarli. Stamattina poi questa abitudine si è coniugata con un bellissimo pensiero che mi aveva, più che interessato, affascinato, durante la mia personale meditazione mattutina.

Suggeriva il testo: “Invece di lasciarti preoccupare dalle possibili difficoltà che potrai incontrare, dalla presunta fatica e dalle amarezze temute, parti per il nuovo giorno con un atteggiamento di curiosità e di attesa lieta delle cose buone che potrai avere, degli incontri di persone care che potrai fare, di quello che di interessante ti potrà capitare, vedrai allora che la giornata o la settimana scorrerà piacevole ed interessante quanto mai”.

Presi sul serio il suggerimento, riproponendomi di annotare gli avvenimenti positivi che mi sarebbero capitati. Le miei annotazioni sono iniziate alle sette del mattino fino alle nove, poi lasciai perdere perché mi accorsi che avrei dovuto riempire un quaderno intero.

Appena chiuso il libro suonò il campanello, era una cara amica che veniva a porgermi gentilmente il solito yogurt e la tazza di caffé e latte. Uscendo incontrai due anziani che puntuali andavano al mercato per raccogliere frutta e verdura.

Arrivato in cimitero, incontrai un giovane pensionato che molti anni fa ho sposato e che mi trattò con tantissimo affetto.

Poi una nonnetta venne con 50 euro per “L’incontro”, il periodico amato di cui lei tessé lodi sperticate. Prima della messa un mio amico architetto mi chiese di ricordare la moglie morta vent’anni fa, una carissima ragazza che ricordai con infinita dolcezza e che mi fece felice saperla amica cara lassù. Dopo il segno di croce di inizio messa scorsi il dolce volto della vedova di un mio compagno di stanza all’ospedale, coniugi che per tanti anni pensai lontani dalla fede e che da quell’in-contro in corsia capii che erano più vicini che mai. Un po’ più in là scorsi una giovane sposa dal volto bello e sorridente che veniva a salutare di buon mattino il marito che l’ha preceduta presso il Signore, ma che la sua fede lo faceva sentire caro ed ancora vicino.

Poi pian piano si formò una piccola comunità di una ventina di fedeli che si accostarono devotamente all’Eucarestia.

“Prete fortunato” mi dissi, “d’avere attorno a te tanta cara gente!” decisi di smettere di annotare le cose buone con cui ho iniziato questo giorno e questa settimana, perché mi sentivo troppo colpevole di non apprezzare normalmente quanto devo le benevolenze del Signore!