La vera e risolutiva riforma

Da qualche anno non si fa altro che parlare del legame inscindibile tra ripresa economica e riforma della struttura dello Stato e della sua legislazione.

Il Governo si è buttato a capofitto su questo obiettivo e, anche se con tanta fatica ed infiniti contrasti, pare si cominci ad intravvedere qualche seppur timido e fragile risultato. Il discorso sul legame tra riforme e ripresa economica non riguarda solamente l’Italia ma sembra condiviso dalle classi dirigenti dell’intera Europa e di tutto il mondo occidentale. Non ho certo motivi per negare questa relazione, sono però ogni giorno sempre più convinto che vi sia un’altra strada, ben più radicale ed impervia, per risolvere in maniera più consistente e duratura questo problema: ossia la riforma delle coscienze. Tutti noi siamo tentati di battere le strade più comode e meno impegnative aspettandoci dallo Stato, perciò dagli altri, quindi senza alcun sforzo personale, il miracolo di una società nuova, più giusta e più onesta ma, senza un cambiamento profondo di mentalità, di costumi, di vita e di comportamento, questa rivoluzione positiva è destinata a rimanere per sempre un sogno o, peggio ancora, una comoda illusione. Nel passato ho sognato un riformatore delle coscienze come San Francesco o Lutero, però ora sono giunto alla conclusione che neanche loro potrebbero produrre questo miracolo perché l’obiettivo lo si può raggiungere solo con la conversione personale. Un tempo lontano chiesi all’allora Patriarca Roncalli: “Quando verrà l’atteso Regno dei Cieli, ossia il mondo nuovo?”. Egli mi rispose con una frase di Gesù: “Il regno di Dio è dentro di noi!”. Dipende solamente da noi farlo emergere.

L’abito non fa il monaco

I vecchi proverbi, con il passare del tempo, non perdono il loro smalto e continuano a mettere in luce verità spesso conturbanti per noi uomini di chiesa. Questa volta però non si tratta del povero saio francescano ma della porpora scarlatta di un cardinale. Vengo all’episodio che ho fatto riemergere dalla mia ormai fatiscente memoria. Un paio di anni fa mi hanno sorpreso e molto turbato le motivazioni con le quali era stato cacciato dallo IOR, banca del Vaticano non sempre onesta, l’allora presidente Gotti Tedeschi che è stato sollevato dall’incarico con motivazioni insolite ed infamanti. Era allora Segretario di Stato il chiacchierato Cardinale Bertone. Già allora, qualche amico più addentro di me in queste faccende, aveva insinuato che l’onestà di questo banchiere cattolico, in Vaticano, fosse particolarmente scomoda ad alcuni personaggi che avrebbero voluto continuare ad intrallazzare, attraverso questa banca varie volte tristemente coinvolta in fatti poco edificanti da un punto di vista di moralità finanziaria. Avevo riposto nel magazzino della mia memoria questi fatti, che tra l’altro allora non avevo compreso a fondo, senonché, alcune settimane fa, mi è capitato di leggere su “Il Nostro Tempo” di Torino, un periodico di ispirazione cattolica, serio e sempre ben documentato, un bell’articolo di Gotti Tedeschi sull’etica a cui dovrebbe ispirarsi un imprenditore che voglia operare in maniera coerente con la sua fede e il Vangelo. Istintivamente non ho potuto fare a meno di confrontare il contenuto di questo articolo con l’attico di settecento metri quadrati del Cardinal Bertone e con il relativo rinfresco principesco organizzato per la sua inaugurazione. Mi è tornata alla mente allora la sapienza del detto popolare riportato nel titolo di questa breve nota sulla netta distinzione tra divisa e contenuto. Ancora una volta scelgo quindi come fonte di insegnamento il comportamento di questo cristiano laico che ha lasciato lo IOR in silenzio e con dignità piuttosto che la poco edificante testimonianza del Cardinale in pensione.

Non capisco proprio…

Proprio in questi giorni sono rimasto molto perplesso di fronte alle affermazioni espresse da Nichi Vendola, dalla minoranza del PD, dai Grillini e dalla Lega che hanno protestato a non finire e in maniera plateale e hanno infine preso la via dell’Aventino, deviando poi però verso il Quirinale, perché in contrasto con le decisioni ed il modo di operare del Governo che affermano essere lesivo del ruolo del Parlamento. Sono assolutamente convinto che, chi ha la responsabilità del governo di un Paese, debba ascoltare le critiche costruttive che riceve e abbia il dovere morale di accogliere tutti quei suggerimenti che possono migliorare i progetti che sta tentando di porre in essere, sono anche convinto che una maggioranza, per il solo fatto di essere maggioranza, non sia depositaria né della verità assoluta né abbia la capacità di elaborare le migliori soluzioni possibili, resta però il fatto che, nella concretezza della vita e nella democrazia reale, è la maggioranza ad avere il diritto ma anche il dovere di prendere decisioni. La vita, in un paese democratico, si fonda sul consenso degli elettori e, quando un Governo è legittimato dal consenso, deve poter operare prendendo, con l’aiuto di tutte le parti coinvolte, le migliori decisioni possibili il più rapidamente possibile. In un mondo in cui la velocità con cui si evolvono le dinamiche sociali ed economiche è sempre più esasperata ogni perdita di tempo rischia di vanificare le scelte. Oggi abbiamo un capo di governo che, pur non ricoprendo quel ruolo per mandato popolare, sembra possedere le giuste credenziali per avviare quel processo di ammodernamento del nostro Paese tanto necessario anzi indispensabile. Mi auguro che riesca dove altri hanno fallito e che, operando nell’interesse della collettività senza cedere alle lusinghe di scelte dettate solo dalla ricerca del potere personale, non si riveli l’ennesima delusione!

La vita è bella se…

Sono sempre convinto che la vita sia comunque bella e di questo dono sono profondamente grato al Signore. Sono pure convinto che la vita sarebbe immensamente più bella se fossi più saggio nel valutare gli eventi ma, soprattutto, se mi fidassi e mi abbandonassi totalmente ai consigli che il Signore mi ha dato e mi fa pervenire mediante l’insegnamento di Gesù. Ritengo innanzitutto però che la vita potrebbe essere molto più interessante e più bella se fossi veramente convinto che essa non termini con quella, che Francesco d’Assisi chiamava “Nostra sora morte corporale”, ma che termini invece con l’incontro con il Padre, fonte di ogni valore. Vivere con l’incubo di quella “Spada di Damocle” che ti può colpire in maniera inattesa e inevitabile non è di certo un bel vivere! Guai a me se non sapessi che alla meta del mio cammino c’è una risposta assolutamente esauriente ad ogni mia domanda e alla mia sete di amore, verità, felicità e pace! Sant’Agostino ha sintetizzato queste mie angosce esistenziali, da cui evidentemente nemmeno lui era immune, con queste parole: “È inquieto, Signore, il mio cuore finché non riposerà in Te”. La vita senza eternità sarebbe un dono a metà, anzi sono convinto che diventerebbe quasi una beffa se fosse vero che la morte distruggerà in un sol colpo quello che ho tentato di costruire in più di ottant’anni di fatica e di impegno.  Mi conforta a questo proposito l’affermazione di Pietro: “Da chi andremmo Signore se soltanto Tu hai parole di vita eterna!”.

Il mio Credo

Ogni giorno, con le preghiere del mattino, recito anche il Credo, preghiera che recito assieme ai fedeli anche ogni domenica o in occasione di feste importanti.

Qualche giorno fa mentre lo recitavo, lasciandomi condurre, come una dolce nenia, dal ritmo delle parole che conosco fin dalla mia infanzia, mi è venuto da chiedermi: “Ma io in che cosa credo veramente?”.

D’istinto mi è venuto di rispondermi: “A tutto quello che la Chiesa mi chiede di credere, altrimenti dovrei cambiare mestiere!”. Però nella coscienza mi è rimasta la medesima domanda, magari formulata in maniera più specifica: “Quali sono le verità del Credo su cui mi appoggio con più fiducia e trasporto?”. Con un po’ di fatica e qualche disagio sono arrivato a questa conclusione: credo in Dio senza alcuna perplessità ed incertezza, credo che il cristianesimo dia le risposte più esaurienti alle domande sulla vita, sui rapporti umani, sul domani prossimo e futuro e credo che la Chiesa, con il suo insegnamento ed anche con i suoi riti mantenga vivi nel tempo e per tutti la proposta ed il progetto di Gesù. Di questo sono assolutamente sicuro e offrirei la mia vita per testimoniarlo, su tutto il resto invece, pur dopo tanto indagare, talora perfino esasperato, quante perplessità e quanti dubbi! Mi auguro tanto che il buon Dio accetti come sufficiente l’essenziale! Forse posso aggiungere, a mia difesa, che sono impegnato in una ricerca vera e sofferta e aperto ad ogni spiraglio di luce che da qualsiasi fonte mi giunga. Spero tanto che tutto questo mi basti!

Un sogno rimasto solo un sogno

Quasi cinquant’anni fa Monsignor Vecchi, la San Vincenzo ed io aprimmo il “Ristoro” di Cà Letizia, quella struttura che attualmente tutti chiamano: “La Mensa dei Poveri”.

Noi a quel tempo non intendevamo avesse i connotati che essa pian piano ha assunto, cioè una mensa in cui senza tetto e sbandati potessero trovare un piatto di minestra calda e qualcosa per placare i morsi della fame ma, a quel tempo, lo progettammo affinché fosse come un ristorante, pur modesto, in cui le persone, con poche risorse economiche, potessero pranzare in un luogo dignitoso e ad un prezzo pressoché simbolico.

Inizialmente fu così, tanto che perfino una coppia di giovani sposi organizzò il pranzo di nozze nella sala da pranzo di Cà Letizia! Forse era fatale che diventasse la “Mensa dei Poveri” però nel mio animo è rimasto ancora l’antico sogno del “ristorante” per la povera gente, sogno che probabilmente dovrò lasciare in eredità a chi verrà dopo di me.

Qualche settimana fa, leggendo un servizio de “Il Messaggero di Sant’Antonio”, ho appreso dell’iniziativa di un ristoratore milanese che ha aperto un locale in cui, chi è di modeste condizioni economiche, può pranzare con un euro. A motivo di questa notizia ho cercato di raccogliere informazioni presso gli addetti ai lavori per capire se la sala da pranzo del don Vecchi potesse essere adibita a “Ristorante Popolare”, però mi sono reso conto che la cena verrebbe a costare non meno di quattro euro, garantendo però ogni sera almeno una cinquantina di commensali. A questo punto mi vedo costretto a rimettere nel cassetto dei sogni questo progetto in attesa di momenti migliori!

Insulto ai poveri

Qualche settimana fa ho letto su “il Gazzettino” una notizia, che ormai non si può più nemmeno definire notizia, e cioè che a Venezia è stato aperto un nuovo albergo! Ogni anno Venezia perde abitanti e ogni anno aumentano i turisti cosicché tutta la vita cittadina, pian piano, si adegua sempre più alle richieste dei turisti piuttosto che rispondere alle esigenze della popolazione autoctona. Sennonché “la notizia non notizia” ha attratto la mia attenzione per il costo di una suite.

Da quanto ho potuto capire il costo di una camera, nel nuovo albergo, è di tre-quattrocento euro a notte, quasi la pensione mensile di una delle cinquanta persone che vivono al Don Vecchi. Credo che notizie del genere vengano offerte con una certa enfasi per evidenziare le capacità ricettive di Venezia, città che può soddisfare anche le esigenze più raffinate dei ricconi del nostro tempo.

Questi nuovi alberghi, così costosi, sono in realtà un’ignominia ed un’offesa alla povera gente che deve ridurre le proprie spese perfino per l’acquisto dei generi alimentari. Credo poi che sia ancora più triste e desolante che nessuno si indigni per il fatto che, né la Chiesa né la Civica Amministrazione, bollino di ignominia simili sperperi. Di fronte a tali notizie ancora una volta sento il bisogno di pregare il Signore per me e per tutti: “Signore non darmi né la miseria né la ricchezza ma soltanto quello che è necessario per vivere!”.

Crimea

Ho ripetuto più volte che la domenica pomeriggio mi piace quanto mai seguire due rubriche televisive, la prima è “L’Arena”, trasmessa su Rai Uno e condotta da Giletti mentre la seconda è trasmessa da Rai Tre con il titolo “Mezz’ora” ed è condotta dalla giornalista Annunziata ben nota per il suo acume ma, purtroppo, anche per la sua faziosità. Ogni domenica provo sempre stizza perché queste due rubriche si sovrappongono e perciò mi ritrovo a ripetere frequentemente lo stesso stupido tentativo di seguirle contemporaneamente cambiando canale in continuazione, rischiando così di non riuscire a cogliere fino in fondo i contenuti né dell’una né dell’altra trasmissione.

Questo pomeriggio il personaggio intervistato dall’Annunziata e l’argomento trattato mi interessavano così tanto da rinunciare totalmente alla trasmissione di Giletti per vedere “Mezz’ora”. La giornalista, lucida ed intelligente, stuzzicava con estrema arguzia il nuovo ministro Gentiloni per conoscere la posizione dell’Italia nei riguardi delle prese di posizione di Obama e soprattutto della Merkel che, per discutere con Putin sulla Crimea, si è fatta accompagnare dal “principe consorte” Hollande. I due, pur tentando di trovare un accordo, si sono spinti tanto in avanti da pronunciare la nefasta e terribile parola: “GUERRA”.

Ho ammirato la misura, la saggezza e il coraggio del nostro neo ministro degli esteri che si è dimostrato attento e anche abile nel prendere le distanze da queste due super potenze, senza però lasciarsi andare a parole di rottura, evitando così di incrinare i buoni rapporti, anche se di sudditanza, che l’Italia intrattiene con loro. Ho provato però un brivido al solo sentir pronunciare il termine GUERRA. Rifiuto con estrema decisione le posizioni sulla Crimea della Russia, ma, con altrettanta decisione, rifiuto anche quelle degli Stati Uniti e della Francia a cui pare non siano bastate le amarissime batoste subite in Indocina, in Afghanistan, in Iraq e in Libia!

Non riesco proprio a capire perché si voglia proibire ad ogni costo, agli abitanti della Crimea del nord abitata da filo russi, di formarsi uno stato autonomo di Mosca. Temo che quando i “grandi” parlano del diritto all’autodeterminazione dei popoli raccontino solo barzellette e si limitino a fingere di voler tutelare un sacrosanto diritto di tutte le genti. Comunque se qualcuno volesse la guerra, la faccia, ma eviti di coinvolgerci in un crimine tanto spaventoso!

Le scelte

La denuncia che Dino Buzzati fa in merito al tempo non utilizzato, destinato quindi assurdamente alla discarica, dovrebbe renderci coscienti di quanto dissennati e sperperoni siamo noi che ci riteniamo benpensanti. Le sue considerazioni mi hanno riportato alla mente una lontana lezione ascoltata durante i miei studi liceali. Era mio insegnante Monsignor Vecchi il quale, durante una lezione di filosofia scolastica, cercò di mettere a fuoco il problema di cosa sia il tempo.

Diceva il Monsignore che il tempo è un contenitore vuoto che viene riempito dagli eventi. Riflettendo su questa definizione teorica, apparentemente ininfluente sulla vita di tutti i giorni, mi è venuto da pensare che è l’uomo uno degli attori che riempie questo contenitore e, quando lo fa, è lui che sceglie cosa mettere all’interno del contenitore stesso. Proseguendo nella mia “riflessione filosofica”, che pian piano diventava esistenziale, ho capito che ognuno di noi, anche se non ci pensa e non ne è cosciente, finisce fatalmente per riempire comunque “il suo tempo” però se non sta attento, invece di riempirlo con qualcosa di umanamente valido, rischia di metterci dentro solamente scarti di vita o spazzatura morale. Un uomo, non solo non deve buttar via il suo tempo ma, non può e non deve nemmeno riempirlo di “spazzatura”!

Spreco dimenticato

Non passa settimana che sulla stampa nazionale non si parli dello spreco alimentare. I giornali poi di orientamento religioso denunciano ancor più di frequente il fatto che, mentre in molte zone della terra si muore di fame, nel nostro mondo occidentale centinaia di migliaia di tonnellate di generi alimentari vengono sprecate e buttate in discarica. Poco tempo fa mi è capitato di leggere uno dei cento racconti del famoso autore Dino Buzzati, il quale denuncia, con una prosa serena ed avvincente, uno spreco ancor maggiore ed ancora più assurdo e colpevole. Racconta Buzzati che un signore aveva notato che sul far della sera un grosso bilico versava puntualmente nella discarica cittadina un’enorme quantità di scatole piccole, grandi e grandissime, tutte così ben confezionate da sembrare appena uscite da un negozio. Incuriosito del fatto che quotidianamente l’evento si ripeteva, chiese all’autista che cosa contenessero tutti quei contenitori che sembravano nuovi e mai utilizzati. Questi rispose: “Le scatole piccole contengono le ore non utilizzate e quindi ormai inservibili, quelle più grandi i giorni, le più grandi ancora i mesi, gli anni e perfino le vite intere”. Questo racconto mi ha messo letteralmente in crisi pensando a tutto quel prezioso ben di Dio, col quale si potrebbero fare cose veramente belle e sublimi, che viene sprecato e buttato in discarica ogni giorno! Spero tanto che questa mia crisi di coscienza mi aiuti ad utilizzare bene da oggi in poi ogni attimo della mia vita e così avvenga anche per i miei amici!

L’atea sprovveduta

Qualche tempo fa ho ricevuto un’e-mail da una signora che legge “L’Incontro” e che si è dichiarata atea. Questa signora, che afferma di vivere serenamente, si occupa di chi è in difficoltà e si ritiene migliore di tanti credenti. Quest’ultima affermazione, che è purtroppo abbastanza frequente in questo genere di persone, mi suona un po’ stonata e negativa perché non è nobile esprimere giudizi positivi su se stessi e negativi sugli altri senza avere motivazioni obiettive. Non ho ritenuto di dover rispondere per non impelagarmi in polemiche che non risultano mai positive, però voglio sommessamente farle notare che chi si dichiara ateo non può esimersi dal fornire una spiegazione della vita e del mondo in cui vive. Vivere senza avere una meta che giustifichi seriamente la vita stessa è desolante perché un’esistenza del genere, fatalmente tesa verso la morte, a me pare semplicemente assurda. Ma poi, chi nega Dio creatore ed ordinatore dell’universo, non può non sentirsi in dovere di cercare di spiegare, soprattutto a se stesso, chi ha creato lui e l’universo intero facendolo poi girare in maniera così perfetta. Mi pare di dover concludere che se è difficile dimostrare e fare accettare l’esistenza di Dio è veramente impossibile credere che l’universo non abbia un creatore ed un ordinatore di infinita intelligenza e potenza!

Lutero

Per molti anni ho cercato formule di preghiere, con contenuti profondi e stimolanti, da pubblicare su “L’Incontro”. Un paio di anni fa ho scoperto e pubblicato una preghiera di Martin Lutero, il famoso frate che cinque secoli fa ha promosso il grande scisma della Chiesa d’Occidente dando vita al protestantesimo. Di primo acchito rimasi un po’ titubante perché i miei catechisti e docenti di teologia mi avevano fatto conoscere un Lutero arrogante, crapulone, ambizioso, però la preghiera era così appassionata che ritenni giusto pubblicarla. Qualche sera fa poi, Rai Storia, ha dedicato un ampio servizio a Lutero e lo ha presentato come un autentico uomo di Dio. Una serie di studiosi e religiosi, che penso fossero prevalentemente protestanti, lo hanno descritto come un vero asceta, studioso, innamorato della parola di Dio e alla ricerca di una fede e di una vita religiosa veramente autentica. Alla mia bella età mi sento quasi costretto ad una revisione della mia cultura a proposito di questo personaggio che visse in tempi quanto mai deludenti ed incoerenti da parte dei Papi e dei cattolici del tempo. Confesso però che questa revisione e la conseguente riabilitazione che ho fatto di Lutero mi stanno facendo bene e mi aiutano a nutrire quello spirito ecumenico che apre alla comprensione, alla stima e all’amore di quelle moltitudini di discepoli di Gesù che lo hanno conosciuto per strade diverse da quelle che pratico io. Questa stima, verso quelli che un tempo avrei definito apostati e lontani dal Signore, mi fa bene e mi apre ad una fraternità universale sia nello spazio che nel tempo.

Matteo fa centro ancora una volta

Non so se il detto: “Piove, governo ladro!” sia un modo di dire tipico del Veneto o se sia diffuso anche nel resto d’Italia” ma questo detto popolare ha delle fondamenta ben solide e motivate e credo sia difficile smentirlo. Spero proprio però che ora finalmente sia andato al governo un giovanotto che colpo su colpo faccia centro. Non sono esperto di queste cose e non le seguo con eccessiva attenzione ma mi pare che Renzi abbia fatto centro.

  1. Formando un governo di gente giovane, simpatica, bella e intelligente.
  2. Mettendo in disparte le vecchie cariatidi della politica italiana.
  3. Accordandosi finalmente, almeno per alcune riforme, con i “nemici”, dimostrando così che governo e opposizione possono anche collaborare.
  4. Sbaraccando l’ingombrante struttura del senato.
  5. Mettendo all’angolo l’arroganza dei sindacati ancora arroccati alla mentalità del primo dopoguerra e promulgando la nuova legge sul lavoro.
  6. Rompendo le uova nel paniere alla prepotenza tedesca che non perde occasione per ricordarci che i soldi li hanno loro.
  7. Dimostrando di non avere complessi d’inferiorità né nei confronti di Grillo né in quelli di Berlusconi.
  8. Facendo eleggere a grande maggioranza e rapidamente il Capo dello Stato scegliendo al di fuori della solita congrega di personaggi ambiziosi e avidi di potere.
  9. Pare poi che, magari debolmente, stia rimettendo in moto l’occupazione.
  10. Voglio poi concludere questo “decalogo” affermando che, per quanto mi riguarda, provo piacere nell’avere un capo di governo un po’ scanzonato, dalla battuta facile, con ritmi di lavoro intensi ma soprattutto ottimista sulle capacità di ripresa del nostro Paese e capace di proporre ideali, speranze e valori elevati.

Renzi non sarà un nuovo Mosè, però ci voleva per non farci morire di tristezza, di noia e di disperazione.

“Dolci e delizie”

L’anno scorso una giovane signora mi telefonò informandomi che due pasticcerie, gestite da suoi amici, erano disposte a regalarci ogni sera “le paste e i dolci” che non erano stati venduti perché avevano scelto di vendere solamente la produzione di giornata. Con un po’ di impegno sono riuscito a organizzare una piccola squadra che ogni giorno, dopo il consueto avviso telefonico, parte con il Doblò e porta a casa una o più grandi scatole delle migliori leccornie reperibili nelle pasticcerie di Mestre.

Ritengo giusto segnalare i nomi di queste pasticcerie per indicarle all’ammirazione dei concittadini e per informare che in questi negozi si vendono solamente dolci freschi, appena prodotti, mi riferisco a: “Dolci e Delizie” di Via S. Pio X e della Bissuola a cui si è aggiunta, anche se con minore frequenza, la Pasticceria Ceccon di Carpenedo. Questa elargizione, pressoché quotidiana, fa sì che gli anziani dei cinque Centri Don Vecchi spessissimo abbiano a tavola anche il dolce. Queste offerte sono così frequenti ed abbondanti che, anche per timore del diabete, talvolta dirottiamo questo “ben di Dio” alla mensa dei poveri di Ca’ Letizia, a quella dei Frati Cappuccini e perfino a quella di Altobello.

Se in città si sviluppasse maggiormente la cultura della solidarietà ci sarebbe più benessere per tutti. Questi casi sono purtroppo ancora isolati, ci auguriamo però che facciano scuola. Noi pertanto invitiamo i concittadini a scegliere per i loro acquisti questi negozi.