Non faccio distinzioni politiche quando si tratta di far del bene!

Qualche giorno fa mi ha telefonato un signore di Marghera per offrirmi delle arance. Al Don Vecchi possediamo volontari, mezzi e volontà di recuperare ogni cosa per i poveri. Dissi immediatamente di si. Il signore però volle raccontarmi la genesi di questo dono, alludendo alle informazioni della stampa. Purtroppo la suora, nei giorni peggiori del maltempo, non era uscita verso le 5,30 per portarmi le notizie “fresche” di giornata, per cui non ero al corrente dell’iniziativa.

Il signore mi raccontò, con un certo malcelato orgoglio, che il suo partito “Rifondazione Comunista” aveva fatto arrivare dalla Sicilia una certa quantità di arance da vendere per dare il ricavato ai numerosi operai che a Marghera stanno lottando, purtroppo inutilmente, per non perdere il posto di lavoro. Nel passato verdi e rossi, forse in maniera giusta, ma imprudente, hanno tirato troppo la corda e così hanno accelerato lo smantellamento del polo industriale di Marghera.

Comunque non tutte le arance erano andate vendute, motivo per cui questo signore, che probabilmente conosce il Centro Don Vecchi di Marghera, si è rivolto a noi perché ne beneficiassero dei “poveri” diversi da quelli in lotta in fabbrica.

Nella cordiale conversazione telefonica è emerso un antico “peccato originale” non ancora rimesso col “battesimo”. «Sa, don Armando, anche se noi siamo sulla sponda opposta alla vostra, anche noi apprezziamo quanto sta facendo per i vecchi».

Lo bloccai immediatamente: «Quando si tratta di aiutare i poveri io da sempre mi trovo sulla sponda di quelli che tentano di farlo. Sono con voi per i vecchi, come lo sono per gli operai delle fabbriche di Marghera».

Non l’ho chiesto, ma non avrei nessuna pregiudiziale nell’accettare una tessera del Partito Radicale, se questo significasse impegnarci a fondo per una solidarietà concreta e reale. Come accetterei anche quella del P.D.L. se mi dimostrassero che sono più buoni e generosi nell’aiutare i poveri.

Educazione di ieri e di oggi, generazioni di ieri e di oggi…

Mi parrebbe di fare un torto alla “profetessa Anna”, la vecchia vedova ottantatreenne che, dopo la morte del marito, con cui aveva vissuto otto anni, passava tutto il tempo in “digiuni e preghiere”, così la descrive il Vangelo. Il discorso di Anna alla Vergine, un po’ amaro, un po’ lusinghiero, pur essendo onesto e realistico, non fu troppo incoraggiante. Comunque credo che Maria ne abbia tenuto conto e si sia preparata a stringere i denti nei momenti difficili e a rivolgersi con fiducia al Signore.

Se i vecchi in genere, e in particolare i genitori, preti ed educatori parlassero con più franchezza ed onestà ai giovani, forse li aiuterebbero ad essere più agguerriti e più resistenti nei momenti delle difficoltà.

Le nuove generazioni, che non hanno sofferto i disagi della guerra e della miseria e che “hanno avuto tutto”, come dice la gente, sono indifese, fragili, disorientate di fronte alle prove e troppo spesso fuggono, si disperano, falliscono e s’arrendono.

Anna è forse troppo dura quando predice che la spada trapasserà il cuore a Maria, comunque il risultato è stato quanto mai positivo.

L’inno sacro descrive così Maria sotto il patibolo del figlio : “Stabat mater dolorosa!”. Quanta dignità, quanto coraggio, quanta forza interiore. Tutto questo può nascere solamente quando gli educatori sono onesti e coraggiosi, cosa che pare quasi scomparsa dalla scena del nostro mondo. Insegnanti, preti, giudici, educatori, politici, per aver consenso a poco prezzo e per non aver noie, favoriscono con la loro ignavia il crescere di una generazione di bulli, di debosciati, di bamboccioni, drogati.

Non so se nei collegi inglesi si adoperi ancora la verga, comunque da noi dovrebbe essere introdotta per legge.

Quando io frequentavo le elementari, le mamme portavano alla maestra dei rami freschi d’albero perché, se era il caso, punissero i loro figli. Queste mamme hanno cresciuto uomini. Ora, che per una parola poco dolce, le mamme ricorrono ai giudici, sta crescendo una generazione di ribelli e di violenti.

Se solo tutti i mestrini si lasciassero coinvolgere dall’utopia della città solidale!

Quant’è difficile proporre valori positivi! Ormai da molti anni sento il dovere di promuovere ad ogni costo la solidarietà come valore che può rendere più vivibile e civile la vita a livello cittadino. Faccio una gran fatica a comprendere ed accettare che chi dispone di mezzi economici più o meno considerevoli non senta, prima che il dovere, il bisogno di aiutare chi è in difficoltà, specie se è anziano e quindi non è più in grado di puntare all’autosufficienza.

In questi giorni sono intervenuto presso i mass-media della città perché mi aiutino a collocare “le azioni della Fondazione Carpinetum”. In fondo non si tratta che di raggranellare solamente due milioni di euro! Per una città come la nostra questo obiettivo è ben modesto, eppure son certo che dovrò sudare sette camicie per recuperare questa somma.

Il problema più grave non è poi tanto questo, quanto la messa in moto di una mentalità solidale, ossia la mentalità di far proprio un meccanismo per il quale ognuno fa quel che può, o riesce, per aiutare chi è in maggior difficoltà. Dove questo meccanismo funziona, veramente fioriscono “miracoli” veri e propri.

Le due associazioni di volontariato che operano al Don Vecchi e si ispirano a questa dottrina, in qualche modo “costringono” i concittadini ad entrare in questa catena solidale. Centinaia, migliaia di persone indigenti ogni giorno ritirano vestiti, coperte, bigiotteria, mobili, “pagando” prezzi pressoché simbolici e sempre alla loro portata. Centinaia di volontari offrono gratis qualche ora alla settimana, senza faticare più di tanto, arrivando così a recuperare cifre notevoli (più di duecentomila euro a fine dicembre), con le quali contribuiscono a creare 60 nuovi alloggi per anziani poveri.

I mestrini più poveri stanno realizzando questo “miracolo”; se a questo sistema di solidarietà si unissero anche i cittadini più abbienti, più intelligenti, professionalmente più preparati, potremmo offrire alla città servizi di prim’ordine beneficiando i più poveri e gratificando i più ricchi.

Il problema rimane però quello di convincere tutti a lasciarsi coinvolgere dall’utopia della città solidale. Splendida utopia, che però ha bisogno della “fede” per essere intrapresa.

Solo ora, Signore, comincio a capire il Tuo messaggio…

La liturgia della Chiesa ha sdoppiato, negli ultimi giorni del 2009, il brano del Vangelo che narra la presentazione di Gesù al tempio e la purificazione di Maria. Leggo sempre molto volentieri questo brano che la Chiesa ha scelto, il 2 febbraio, per la celebrazione di questo dolce e significativo mistero.

Questa celebrazione mi ha sempre dato la sensazione di una timida apertura alla primavera e rinnova nel mio spirito ricordi dolcissimi di splendidi incontri religiosi: la chiesa gremita di fedeli, i canti accorati del coro, la fila interminabile di chierichetti, la marea di luci tremule e i lumi consegnati ai fedeli per accenderli nei momenti difficili, la fede che illumina, rasserena e conforta.

Quest’oggi, nella breve riflessione, mi sono soffermato sul cantico del vecchio Simeone, il “Nunc dimittis”: “Ora, Signore, mi puoi lasciar andare in pace perché i miei occhi hanno finalmente scoperto il Salvatore”.

Mi è venuto spontaneo chiedermi se avessi potuto anch’io pronunciare quelle confortanti parole. Ma subito mi è venuto da pensare: «Signore, mi pare di aver bisogno ancora di un po’ di tempo perché sto cominciando solo ora a fare le scoperte religiose più affascinanti. Solo ora, Signore, comincio a capire il Tuo messaggio e riesco pian piano a comprendere la bellezza, la validità del Tuo Vangelo. Infatti, man mano mi inoltro nella strada che Tu mi indichi, lascio alle mie spalle una religiosità formale e mi appoggio appena leggermente alle formule e ai riti per cogliere l’essenziale della Tua proposta negli incontri quotidiani, nei rapporti con l’uomo, nella vita e nella storia. Quante volte mi vien da dire con sant’Agostino “Tardi, Signore, Ti ho scoperto, tardi Ti ho amato”.

Se è possibile, Signore, dammi ancora un po’ di tempo perché possa passare dalla religiosità rituale a quella esistenziale, che è quella vera, quella che sta inebriando il tempo della mia vecchiaia! Comunque, Signore, si faccia, non la mia, ma la Tua volontà!»

L’insopportabile razzismo fomentato da certi movimenti produce rovi e spine!

Arrossisco, ma debbo confessare che ieri pomeriggio ho preso una solenne arrabbiatura. Mi ha telefonato una signora presentandosi con un cognome quanto mai diffuso nella zona. Ha cominciato col complimentarsi per quanto vado facendo per i vecchi e i poveri in genere, proseguendo però col dirmi che non è giusto che doniamo i generi alimentari a persone che li buttano nei cassonetti della spazzatura e che comunque non li meritano perché percepiscono un regolare stipendio.

Le risposi che non mi meravigliavo che sulle 2400 persone che assistiamo ci potesse essere qualche comportamento indegno o qualcuno che ci imbroglia. E’ un fatto fisiologico che ci sia una piccola frangia di persone che si approfittano. Continuai dicendo che il responsabile è una persona quanto mai pignola e che tiene la documentazione dell’assegnatario di ogni tessera, attenendosi con scrupolo ai parametri che assieme abbiamo fissato per concedere i viveri. Comunque le assicurai che siamo aperti ad ogni tipo di collaborazione, quindi, se avesse avuto qualche elemento utile relativo a una determinata persona, avremmo provveduto a ritirare immediatamente la tessera. Io insistevo perché lei ci fornisse le informazioni necessarie, mentre lei, incurante, ribadiva la presunta ingiustizia.

Pian piano finii per capire che si trattava di una sua badante, che probabilmente lei pagava poco o in nero, ma che, nonostante questo, avrebbe dovuto essere trattata da noi come un sotto prodotto umano. La semina razzista, da parte di movimenti che cavalcano sentimenti istintivi e meschini raccogliendo consensi elettorali, sta producendo rovi e spine.

Finii per accalorarmi e per non sopportare ulteriormente queste forme incivili, troncando la conversazione. Mi dispiace, però credo che dobbiamo bollare come si merita ogni forma di sfruttamento e di malcelata superiorità razziale nei riguardi delle nazioni povere del mondo.

Ricordi di un mondo con più poesia

Quant’è difficile recuperare le atmosfere e le dolci sensazioni dell’infanzia!

Uno dei divertimenti sani, anche se pericolosi, era quello di andare a scivolare sul ghiaccio.
Non c’era inverno in cui i canali non ghiacciassero permettendo a noi ragazzi di costruirci degli slittini e poi gareggiare sulla lastra liscia di ghiaccio.

Era un’impresa la costruzione dello slittino, un piccolo sedile di tavola con due ferri rotondi per scivolare sul ghiaccio, un poggia gambe sul davanti e due bastoni chiodati per darci la spinta.

Il guaio era che spesso ai bordi della sponda al sole, il ghiaccio era più sottile e non era impossibile che non reggesse, perciò si finiva facilmente a mollo!

Presentarsi bagnati dalla mamma era un dramma, povera donna non aveva un guardaroba fornito, spesso c’era solo un cambio di indumenti, quindi si faceva un gran falò di canne e tornavamo a casa affumicati più che asciutti.

Poi c’era pressappoco ogni inverno due o tre volte la neve, le battaglie a palle di neve, i pupazzi, gli igloo, ma soprattutto la campagna silenziosa ed ovattata da quella soffice e leggera coltre bianca:

Con la neve si organizzava la caccia ai passeri, mettevamo una porta sorretta da un lato da un piccolo bastoncino legato da uno spago, poi si spargeva sotto la porta frammenti di pane e quando i passeri si calavano per mangiare il pane, tiravamo lo spago e i passeri rimanevano intrappolati sotto la porta.

Ora avrei scrupoli, a quel tempo definivo il gioco: astuzia, lotta per la sopravvivenza!

Ora tutto sembra più banale i bambini sono sempre occupati, se vogliono pattinare sul ghiaccio hanno i palasport riscaldati, la neve fa fatica a arrivare alla terra perchè diventa ancora prima poltiglia grigiastra e fangosa.

Sembra che il nostro mondo abbia rubato la poesia alla vecchia natura e tutto sia diventato banale e più squallido tanto che una volta finito di nevicare sarei tentato di promuovere un triduo o una novena perché piova e cancelli tutto.

Il mondo moderno ci ha dato tanto, ma ci ha tolto ancora di più perché un mondo senza poesia e senza incanto non diventa solamente un povero mondo, ma un mondo in disfacimento!

O forse tutto questo dipende solamente dalle cataratte della vecchiaia che ti fa rimpiangere il passato!

Un’amara sorpresa e un’altrettanto amara consapevolezza

Gli antichi affermavano che “Sotto il sole non accade mai niente di veramente nuovo” perché quello che poteva accadere è già accaduto.

Per certi versi i nostri vecchi avevano ragione! Ti capita però talvolta qualcosa che ti costringe a mettere in dubbio anche le antiche affermazioni sapienzali!

Qualche giorno fa m’è arrivata una raccomandata da parte di uno studio legale. Un po’ incuriosito ed un po’ timoroso aprì i sigilli di questo plico, conteneva la diffida da parte di un avvocato ad occuparmi di un certo giovane che io ho conosciuto fin da bambino e che molte volte, assieme ad altra brava gente, avevamo tentato di aiutare in momenti veramente cruciali per lui.

La diffida riguardava me, alcuni volontari e tutti i parenti prossimi di questo ragazzo che avevamo tentato di coinvolgere per il salvataggio esistenziale di questo giovane dal naufragio della vita.

La cosa mi sorprese alquanto perché mai e poi mai avevo anche lontanamente inteso, di intromettermi nella sua vita privata, sempre mi era stato chiesto questo intervento. Evidentemente non ero riuscito, pur in tanti anni, scoprire la personalità recondita di questo giovane, che ha sempre recitato la parte dell’indifeso o dello sprovveduto, ma una volta che la personalità vera era un po’ emersa, egli ha fatto ricorso all’espediente legale per continuare a nascondere la sua fragilità e probabilmente le sue piccole furberie.

Il prossimo e il prossimo bisognoso presenta sempre sorprese.

La trovata legale non mi è dispiaciuta più di tanto, mi ha invece addolorato il fatto di non essere riuscito in tanti anni di frequentazione e di desiderio vero di essergli di aiuto a fagli comprendere che quanto s’era tentato di fare nasceva esclusivamente dal desiderio di dargli una mano nelle sue difficoltà e dal tentativo di metterlo in atto per il suo bene.

Ho incontrato un’anima bella e autentica!

Mi trovavo qualche giorno fa nella hall del don Vecchi. L’ambiente era pieno di gente: i soliti membri dei “club storici”, altri presso il bar, altri ancora che parlottavano a crocchi, che si componevano e scomponevano rapidamente. Verso le 17 “la nostra piazza grande” è assai animata e vivace.

Notai subito una signora un po’ spaesata; portava con sé due borsoni, uno con una grande imbottita e l’altro straripante di indumenti.

Rimasi per un istante perplesso, non avevo capito se proveniva dai magazzini San Martino o se fosse venuta per portare materiale agli stessi magazzini?

Non appena si accorse della mia presenza, mi si accostò immediatamente e senza tanti preamboli, dandomi del tu con un veneziano diciotto caratti, mi chiese un alloggio per sé e per il marito acciaccato almeno per l’inverno: “Ho quaranta metri di spazio, a piazzale Roma, ma tutto è rotto, sono senza riscaldamento, c’è bisogno di restauro” “Dai, dammelo un buco!” “Conosco Massimo, la Murer, la Miraglia,”… Conosceva tutti aveva parlato con tutti, e penso che sia vero; un po’ alla volta ne venne fuori il volto e il cuore della vecchia militante comunista.

Aveva fatto tutte le campagne, tutte le marce, aveva partecipato a tutti i comizi, aveva distribuito montagne di volantini,…. Tutti i suoi capi avevano cambiato nome, casacca, lei sola era rimasta la vecchia passionaria, convinta ed appassionata. Non aveva in verità trascurato il campo opposto, perché conosceva ugualmente preti, frati, era perfino andata a finire tra i neucatecumenali, imparando nomi dei profeti dell’antico testamento!
Parlava, con parlata veloce, calda, affettuosa, talora un po’ sorniona, ma sempre coerente.

Era appena tornata dalla manifestazione di Roma; trenta euro e due notti in treno per gridare contro Berlusconi, promossa da Di Pietro, ma a cui lei partecipò come rifondazione comunista!

Mentre parlava mi pareva di sentire mio padre, vecchio democristiano che non era stato smontato ne da tangentopoli, né da nessuna delle ultime disavventure della D.C.

Quanto mi sarebbe piaciuto dirle “Venga ho un appartamentino!” So che avrebbe innescato più di qualche polemica, perché non tutti i miei vecchi riescono a guardare a queste cose dalla mia altezza di quasi due metri!

Quando mi lasciò, dopo uno sfogo lungo e appassionato, ho pensato a quella masnada di furbi che giocano con i sogni e gli ideali di anime belle quali quelle di mio padre democristiano o quelle di questa donna del popolo che ha ancora l’orgoglio di sentirsi comunista autentica!..

Morale elastica

Fin da ragazzo mi hanno insegnato in modo dettagliato e preciso la distinzione tra peccato veniale e mortale.

Meno bene forse la responsabilità morale che passa tra una trasgressione leggera ed una grave, ma era anche comprensibile che ciò avvenisse perché non è proprio semplice passare l’idea che in fondo è la coscienza rettamente informata che valuta la gravità di una azione e che la valutazione personale ha un peso più determinante che la violazione obbiettiva della legge morale.

Questi penso che siano ormai problemi sorpassati per le nuove generazioni che non hanno più alcun metro di valutazione morale e se n’è rimasto traccia esso è rozzo, elastico ed estremamente superficiale.

Questi discorsi impegnativi, se sono stati affrontati, ciò è avvenuto alle elementari e da parte di insegnanti che quasi mai hanno fatto scuola seria al riguardo.

M’è sembrato strano che mi siano riaffiorati alla mente problemi del genere quando nessuno ne parla più.
Ma questo emergere di ricordi dell’insegnamento morale d’altri tempi mi ha aperto a problemi morali ancora più vasti e complessi in occasione dell’arrivo di un giovane prete per la celebrazione di una messa.

La suora, che non so per quale motivo sembra un’esperta di automobili, circa il costo, le prestazioni, m’ha fatto osservare che l’automobile, nuova di ballino, con cui è arrivato il prete ha un costo iperbolico ed è una macchina super davvero!

Il prete abita a due passi dal centro, non credo che curi alcun servizio oltre quello della parrocchia e quindi l’automobile è un “capriccio personale”.

Di certo se quel prete gli accadesse di innamorarsi e gli scappasse qualche gesto affettuoso nei riguardi di una bella ragazza si sentirebbe in colpa e la comunità non gliela passerebbe facilmente, mentre spendere qualche decina di migliaia di euro senza motivo, non accorgendosi delle famiglie disoccupate o che non arrivano a fine mese non è motivo di scrupolo per lui né di indignazione per la comunità cristiana.

Se questa è morale credo che proprio nessuno ne senta più il bisogno perché quel tipo di morale è un termometro inservibile!

Sarebbe ora di smettere di credere che il proprio mondo sia il centro di tutto!

Quando ero bambino pensavo che la mia casa stesse al centro del mondo.
Per molti anni questa convinzione mi accompagnò reputando veramente che gli altri ambienti; strade, paesi, campagne fossero meno importanti della piccola casa inserita in una stradina più simile ad un viottolo che ad una strada seppur sterrata. Da ragazzino andai in colonia, mandato dal Fascio del paese, quando poi frequentavo la quinta elementare feci un tema patriottico, che poi seppi si rifaceva ad una frase del Duce: “L’aratro traccia il solco, ma è la strada che difende”, che fu giudicato degno di partecipare alla selezione cittadina e perciò vidi per la prima volta Venezia, “Costruita sulle palafitte” come ci aveva insegnato la maestra.

Quanta nostalgia per la mia casa, la mia strada, il mio Paese!

C’era sempre la vecchia convinzione, che il mio piccolo mondo fosse al centro, poi capii un po’ alla volta che anche per la gente che abitava in altri paesi, in altra città, provavano la stessa sensazione.

A tutti sfugge che ci troviamo all’interno di un grandioso progetto di cui conosciamo solamente una parte minuta, pressoché insignificante, che però in qualche modo si coordina e si collega con un congegno estremamente complesso che una mente illuminata governa con grande sapienza, facendo si che ci siano risposte adeguate ai bisogni di tutti.

In questi giorni in cui i rappresentanti del mondo si sono riuniti a Copenaghen per salvare il pianeta dall’auto distruzione, comincia finalmente ad emergere e convincere il concetto della globalizzazione, ma soprattutto sta faticosamente facendosi strada che la solidarietà favorisce il funzionamento del mondo, mentre l’egoismo porta fatalmente, non al sopravento e al vantaggio di qualcuno, ma ad una forma di danno universale.

Il messaggio del Natale non è una ricetta solamente per le storie singole, ma anche per la storia universale dell’umanità.

Dio ha dato all’uomo una sovranità limitata, credo che sia così, perché se non fosse così l’uomo avrebbe già distrutto o distruggerebbe quanto prima l’intero ecosistema della vita dell’uomo sulla terra.

Preghiere nuove per far conoscere mistici, teologi e religiosi del nostro tempo

Nella società civile non si fa che parlare di riforme. Non c’è politico di destra o di sinistra che non si proponga come un riformatore convinto che dalle riforme finalmente nasce la società nuova, giusta, pacifica, che può offrire a tutti benessere, dignità e pace sociale.

Questi riformatori durano poco al potere e quindi diventa difficile dimostrare che sono degli incapaci e degli illusi, chi poi c’è rimasto un po’ di più ha fatto sempre dei guai così enormi per cui è bene che altri non si ripropongano con le stesse ricette.

Nella Chiesa, almeno ai nostri giorni c’è meno frenesia di riforme, aleggia una certa aria morta, che ovatta anche i pochi e timidi slanci di rinnovamento. E si che la religiosità d’oggi avrebbe veramente bisogno di una verifica profonda e radicale.

Qualche mattina fa combattevo come sempre la dura battaglia della recita del Breviario.
La Chiesa impegna il sacerdote a questa preghiera quotidiana di lode al buon Dio per sé e per il nostro mondo.
Per me è una battaglia dura e difficile contro la distrazione, la sonnolenza e i concetti lontani mille miglia dalla nostra sensibilità e dalla nostra cultura.

Il Breviario l’abbiamo ereditato dalle comunità monastiche. Ho visitato un tempo il coro dei frati del Redentore, un gran libro centrale e tutt’attorno quaranta, cinquanta scranni dei frati.

Chiesi all’accompagnatore come potevano i frati leggere dalle posizioni così diverse e scomode? Mi si rispose: “non è che tutti sapessero leggere, poi la maggioranza seguiva canterellando sul ritmo del lettore principale”.

Ebbene ero arrivato alla prima lettura del mattino quando fui scosso da questa frase: “Non far caso se uno è per te o contro di te, ma preoccupati piuttosto che Dio sia con te in tutto quello che fai.
Abbi buona coscienza e Dio saprà difenderti. Nessuna perversità umana potrà nuocere a colui che Dio vorrà aiutare!” Ritornai indietro a rileggere il titolo che non avevo osservato: “Dall’imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis”.

Ho pensato subito: “Quanto sarebbe urgente che la Chiesa recuperasse il pensiero di tanti mistici, teologi, ricercatori religiosi del nostro tempo e le miriadi di preghiere fresche, profumate di poesia che sono sbocciate negli ultimi cinquant’anni, mettendo a riposo un mondo che ha ormai il volto dei ruderi delle vestigia del cristianesimo mediorientale dei primi secoli? Spero che il prossimo Papa sia africano, o sud americano, perché solo gente del genere potrà far cambiare alito alla preghiera della Chiesa!

Riflessioni sull'”Ordo Virginis”

Non c’è da meravigliarsi se anche nelle cose che riguardano lo spirito e le scelte esistenziali più impegnative, che esprimono la nostra lode col creatore, faccia capolino perfino “la moda”.

In questi ultimi tempi anche la nostra diocesi può vantare di aver anch’essa il cosi detto “ordo virginis”, ossia un gruppetto, seppur sparuto di ragazze, più o meno giovani, che si consacrano al Signore rinunciando, pur avendone probabilmente l’occasione, a farsi una famiglia. A Venezia di donne di questo genere ne abbiamo fortunatamente di ogni specie, non a decine ma a centinai e centinaia, alcune di loro si dedicano ai vecchi, altre agli ammalati, ai disabili, ai bambini, alla preghiera, all’apostolato, alle carceri, alle parrocchie, ad ogni genere di bisogni fisici, psicologici, morali e sociali. Tutte creature che hanno rinunciato ad un amore personale, pur legittimo e santo, per offrire il meglio del loro cuore di donna a chi ne ha bisogno e non avrebbe mai potuto aspettarsi dono così grande e sublime.

lo sono ammirato e ritengo semplicemente meraviglioso e sublime questo dono da parte di tante anime generose che han fatto questa scelta. Senza togliere nulla all’importanza di queste tre nuove vergini non vorrei però che ci fosse neppur la più piccola discriminazione nei riguardi delle vergini senza pantaloni, con le cuffie o con le rughe. Questo sarebbe ingiusto e sacrilego!

C’è poi una seconda osservazione che mi disturba un pochino e mi fa sentire certi termini odorare di riflusso, di restaurazione e di passato!

Per me la verginità non ha proprio nulla a che fare con un fatto fisico, questo sa ancora di barbaro, di medioevo! Questo concetto di verginità è non solo superato, ma insignificante! La verginità è il profumo dell’animo femminile, una vergine che non sappia amare, sorridere, farsi amare, che non sappia o non voglia donarsi, che abbia paura di spendersi, che non sogni, che non canti e che non creda negli uomini, non si mette in gioco e che non faccia riflettere tutta la grazia della sua femminilità è una vergine fallita. Nella Chiesa oggi ci sono perfino troppe etichette senza controvalore, o con contenuti scaduti, o con soluzioni “placebo”. Mi auguro che le vecchie e nuove vergini veneziane si scelgano come modello Maria di Magdala perché questa è uno dei modelli più convincenti anche oggi!

E’ la mia fragilità di vecchio che mi aiuta a capire i vecchi

Sono ormai una trentina d’anni che mi occupo di vecchi e di problemi inerenti alla terza età.

Ho letto, mi sono documentato personalmente, ho incontrato realtà che avevano tentato di rispondere ai problemi della terza età, ho perfino tentato personalmente di aprire strade innovative nei riguardi della residenzialità per anziani, ottenendo anche qualche successo.

Sono arrivato ad illudermi e perfino ad illudere gli altri di essere quasi un esperto nel settore.

Va bene che in un regno di cechi il monologo può considerarsi un re e quindi nel mondo di questa nuova povertà, che ora è da considerarsi la vecchiaia, anche chi sa un qualcosa più degli altri può ritenersi un esperto!

M’è arrivata perfino dall’alta Italia l’opulenta Cortina la richiesta di una consulenza in merito a questo settore e da centro Italia l’invito a partecipare da relatore ad un congresso, richiesta in cui mi si fissava perfino il numero di cartelle, quaranta, per la relazione magistrale.

Non ho mai, in verità perduto la testa, ed ho sempre tenuto i piedi per terra. Ma in questi ultimi giorni, come avviene quasi ogni anno una influenza, che il medico non ha giudicato né quella normale né quella della pandemia, ma soltanto una “preinfluenza” m’ha fornito la misura della mia fragilità fisica e mentale facendomi provare uno stato di instabilità, di insicurezza nell’incedere, di disagio nel formulare il pensiero, di stanchezza psicologica nell’affrontare i problemi quotidiani, questi sintomi mi hanno riconfermato nell’antica saggezza dei romani “Senectus ipsa morbus” “la vecchiaia è di per se stessa una malattia”..

Credo che le sopravvenute ipotesi dei sociologi moderni non abbiano neppure scalfito, la validità dell’antica sentenza.

Ho richiesto con un po’ di vezzo, ma non so per quanto possa durare ancora “Se dura la febbre ancora per qualche giorno fatemi ricoverare al Nazareth”, la casa di riposo per non autosufficienti, che tutto sommato gradisco di più.

Solo chi è dentro fino al midollo in una situazione la può capire a pieno. Io sono un vecchio ultraprivilegiato, ma quanti non godono neppure della mia situazione?

Chi si preoccupa degli orfani spirituali?

Molte volte mi sono ripetuto affermando che il testo su cui faccio meditazione di primo mattino, non ha nulla di quello che normalmente si definisce teologico o mistico, ma sono delle semplici riflessioni oneste e concrete di cristiani che non appartengono neppure alla chiesa cattolica.

Uso questo testo perché è breve, i ragionamenti tengono i piedi per terra e soprattutto non mi fanno dormire.

Qualche giorno fa ho letto la testimonianza di una fedele dell’Ohio, Stati uniti. Racconta questa signora che da bambina non avendo più famiglia, è stata data in affidamento al pastore della comunità (che bello ed umano questo gesto di questo pastore, credo che noi preti abbiamo molto da imparare da queste scelte!) La madre poi ha trovato un lavoro ed è andata dal pastore a riprendersi la ragazzina.

Suddetto pastore, s’era fatto carico personalmente delle spese, e quindi consegnò interamente alla madre i soldi che aveva ricevuto per il suo sostentamento.

Quel pastore evidentemente aveva compreso ed attuato l’affermazione di Giacomo che dice, “che la religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri nel mondo”.

Già questo sarebbe un fatto di coscienza esemplare, ma la sorella di fede va oltre sul vero significato di “orfano” dicendo: “Se noi vogliamo una religione pura e senza macchia, dobbiamo prenderci cura degli orfani spirituali, aiutandoli ad entrare in relazione col Padre Celeste.”

Questo discorso, che non fa una grinza, pare che neppure sia preso in considerazione dalle parrocchie, dai preti, dai frati, e dalle monache e da gran parte di quel numero sconfinato di “cristiani” che appartengono ad una miriade di associazioni e movimenti cattolici più o meno fondamentalisti!

Molti, troppi affermano che non si può far nulla a ciò, ma non ci ho mai creduto; io che sono l’ultimo e uno del vecchio stampo con la mia pensione riesco a stampare quattromila e cinquecento copie di un settimanale che spera di essere una proposta ed una verifica cristiana e con i miei volontari ospitiamo 300 anziani e vestiamo tre quarti di anziani della nostra città!

Credo che un po’ di autocritica fraterna sia doverosa!

Non tutto è male nel nostro tempo!

Abbastanza normalmente l’opinione pubblica, ma anche noi cittadini, poniamo l’accento sugli aspetti negativi del nostro tempo, puntando il dito accusatorio sulle negatività dei nostri giorni.
Io, purtroppo, mi riconosco in questa categoria.

Non ci accorgiamo invece quasi mai di ciò che di positivo fortunatamente si può trovare, sia nella società civile, che nella chiesa.

Mi sono soffermato su questa costatazione, leggendo l’intervista che pubblico in questo numero de “L’Incontro”.

Il dottor Melazzini, oncologo di fama, colpito dalla Sla, afferma che piuttosto di soffermarsi su ciò che egli non riesce più a fare trova opportuno godere delle cose che riesce ancora a realizzare.

Il pensiero saggio di Melazzini, mi ha aiutato a leggere positivamente più di un aspetto nei miei rapporti con la chiesa e la società civile.

Qualche settimana fa uno dei miei ragazzi di un tempo, che ora fa il giornalista, mi ha messo in una posizione imbarazzante circa la delibera della regione che ha deciso di stipendiare i cappellani negli ospedali.

Forse io non mi ero espresso bene o forse lui ha interpretato male il mio pensiero per scrivere qualcosa di non scontato, comunque ne è venuto fuori che questo vecchio prete sempre bastian contrario, prima ha criticato le vacanze del Papa ed ora critica pure lo stipendio dei preti in cura d’anime in ospedale.

Io volevo solamente dire che ero un po’ deluso che tra i 200 preti e più frati che ci sono in diocesi non si sia trovato che qualcuno accettasse questo ministero così importante e delicato.

Per qualche giorno pensavo ad un intervento della curia nei miei riguardi, che mi dicesse che se il Patriarca ha firmato questo protocollo aveva le sue buone ragioni, mentre io avevo solamente una visione superficiale del problema.

Non è successo niente; ma mi sono chiesto se questo fosse accaduto cinque o sei secoli fa, cosa sarebbe successo? Giovanna d’Arco, la pulzella d’Orleans fu mandata al rogo solamente perché si era messa i pantaloni e il Savonarola bruciato in piazza per delle affermazioni che ora sono usate per proclamarlo beato!

Andiamo! Non tutto è male nel nostro tempo! Talvolta si abusa della libertà di pensiero e di parola, comunque credo che sia immensamente meglio dell’inquisizione! Io sono ancora convinto che la storia dell’uomo stia percorrendo, nonostante tutto, un cammino ascensionale, ed io mi reputo veramente fortunato di vivere in questo tempo, altrimenti sarebbero stati guai!