Onore alla memoria

Da circa un anno e mezzo è tornata alla casa del Padre la concittadina Annamaria Malvestio, che ha seguito sempre con tanta attenzione e generosità lo sviluppo dei Centri don Vecchi e mi ha accompagnato con stima ed affetto nella realizzazione del progetto di offrire agli anziani in disagio economico un alloggio decoroso e funzionale a costi accessibili anche per chi gode solamente della pensione sociale.

La signora Annamaria ha suggellato questa collaborazione anche dopo la sua morte, disponendo che una parte del suo notevole patrimonio fosse destinata ad una decina di strutture solidali, tra i quali c’è stata pure la Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi. Proprio in questi giorni s’è concluso l’iter testamentario che ha portato nelle casse della Fondazione circa 80 mila euro.

Porto a conoscenza della cittadinanza questo evento perché Mestre possa onorare i suoi cittadini più saggi ed altruisti e si venga a sapere che lo sviluppo pressoché “miracoloso” dei nostri centri è dovuto in parte notevole a questi lasciti testamentari che hanno permesso che in circa vent’anni la nostra città potesse fruire di più di quattrocento alloggi quanto mai degni e signorili per gli anziani meno abbienti, i quali a motivo di questa generosità possono vivere serenamente la loro vecchiaia in ambienti protetti e soprattutto alla portata anche di chi dispone di poco.

Segnalo pure questa scelta tanto meritoria perché sia di esempio e sprono a tutti coloro che dispongono di qualche bene e che non hanno doveri verso parenti diretti affinché tengano conto di questa scelta così meritoria e socialmente utile.

Segnalo pure alla cittadinanza l’impegno e la bravura con i quali l’avvocato Ugo Ticozzi, tanto affezionato alla Fondazione Carpinetum, ha portato a termine questa eredità, che ha presentato dei passaggi quanto mai impegnativi.

Una volta ancora tocco con mano che se gli obbiettivi sono nobili e condivisibili e quando tutti i membri della comunità lavorano per il bene comune è possibile realizzare opere notevoli. Questa ultima eredità sta spronando il Consiglio di amministrazione della Fondazione Carpinetum a sognare con maggiore concretezza e realismo il Centro don Vecchi sette da costruire agli Arzeroni, località in cui dispone di una superficie idonea e di un permesso a costruire da parte del Comune.

Un’altra eredità per la Fondazione

Il signor Angelo Furlan, è morto a Venezia il 28 marzo scorso. Ha donato per testamento l’arredo della sua casa ai magazzini San Giuseppe del Centro don Vecchi.

Della liquidità che possedeva ha lasciato il 27% alla Casa di riposo Santa Maria dei Battuti, il 27% al Centro Nazaret, il 27% a don Armando Trevisiol già parroco di Carpenedo a favore delle sue opere di assistenza e il restante 19% alla nipote. La somma totale da suddividere ammonta a circa 90.000 euro, motivo per cui potremo disporre per i progetti della Fondazione di circa 25.000 euro.

Non posso che ringraziare il saggio e munifico benefattore però sento il dovere di additare pure la sua scelta all’ammirazione e alla riconoscenza dell’intera cittadinanza che trarrà beneficio anche da questa scelta.

Celebrerò quanto prima una messa in suffragio per il bene della sua anima, sperando che questa bella testimonianza di solidarietà spinga tanti altri cittadini a fare altrettanto per continuare a fare del bene in città.

Donazioni di opere d’arte

Rita Bellini, artista quanto mai affermata nel mondo della pittura contemporanea, ha comunicato d’aver deciso di donare tutta la sua produzione a carattere religioso alle strutture dei Centri don Vecchi.

Ella ha esposto più volte alla galleria d’arte “La Cella”, gestita dalla parrocchia di Carpenedo e alla Biennale d’arte sacra promossa dalla stessa comunità cristiana. La Biennale d’arte sacra è stata un’importante iniziativa durata un quarto di secolo, che aveva come finalità quella di accostare gli artisti del Triveneto alle tematiche religiose per aiutare i pittori a dare ai soggetti religiosi espressioni che si rifacciano alla sensibilità e allo stile del nostro tempo.

La pittrice, che ci ha fatto questa generosa e preziosa donazione, già nel passato aveva donato alla villa Flangini di Asolo una serie di quadri che illustravano il “Cantico delle creature”; opere che sono custodite nella sala dei congressi della residenza.

Con i quadri appena regalatici possiamo realizzare a fine estate una mostra nella galleria San Valentino al Don Vecchi di Marghera, per poi tentare di trovare uno spazio per farne una galleria permanente presso uno dei nostri centri.

Mi pareva doveroso informare la cittadinanza di questo dono così significativo, dono che arricchisce ulteriormente la più grande pinacoteca d’arte moderna esistente nella nostra città che ha sede presso i nostri Centri don Vecchi e nel contempo dare pubblica notizia di questa offerta e manifestare la riconoscenza della Fondazione Carpinetum e dell’intera città alla nostra artista veneziana.

L’insegnamento di Giuliana

Di recente sono intervenuto in maniera che qualcuno ha giudicato persino eccessivamente dura nei riguardi di più di un anziano che chiede di entrare in uno dei Centri don Vecchi e poi si comporta come se l’alloggio che gli è stato assegnato (dopo aver dichiarato di essere in grave bisogno economico) rappresentasse un qualcosa di anonimo e sganciato da una comunità viva e cristiana. Poi mi capita spesso di osservare che costui usa l’alloggio ottenuto come fosse un “pied a terre” comportandosi come un estraneo qualunque, non inserito per nulla nella vita della comunità e non collabora in alcun modo alle necessità del centro in cui abita.

Nel mio intervento ho detto a chiare lettere che non intendiamo per nessun motivo diventare degli affitta alloggi a buon mercato, ma domandiamo collaborazione di tutti per costruire una comunità di fratelli, per mantenere i costi così ridotti in maniera che anche gli anziani più poveri possano vivere in un ambiente signorile in un contesto di collaborazione attiva.

Credo che finché avrò vita ribadirò questo concetto, non vorrei però che si potesse pensare che tutti i residenti si comportino così. Ci sono infatti degli splendidi anziani che sentono il Don Vecchi come la loro dimora e che danno il meglio di sé non solo per il bene di chi vive nelle strutture, ma si impegnano anche seriamente in tutte quelle meravigliose attività del centro a favore dei poveri della città. Sono decine e decine gli abitanti impegnati per le necessità della struttura, ma anche per tutte le attività caritative che vengono svolte in favore del prossimo.

Ho sentito il dovere di fare questo nuovo intervento perché la città conosca anche la faccia migliore della medaglia e soprattutto perché in questi giorni è venuta a mancare, e lo dico senza enfasi e retorica, ma per pura verità, una delle più belle figure di questo impegno e di questo servizio a favore dei poveri.

E’ morta il 7 giugno a novantanni Giuliana Marin. Era una donna minuta di statura con due occhi vivi e sempre sorridente, sempre serena e laboriosa. Abitava in un appartamentino al secondo piano, lindo e ordinato, e dedicava la gran parte del suo tempo per l’umile ma necessario servizio di preparare le montagne di frutta e verdura che ogni giorno sono raccolte e distribuite ai poveri. Da una ventina di anni passava, silenziosa e instancabile, il pomeriggio presso “la Bottega Solidale” a Carpenedo, e più di recente ha continuato il suo umile ma prezioso lavoro presso il chiosco di frutta e verdura del Don Vecchi.

Giuliana poi cantava nel coro Santa Cecilia, era fedele alle prove e al sabato sera presso “la sala dei 300” al Don Vecchi e alla domenica nella “Cattedrale tra i cipressi” al cimitero metteva la sua voce per animare la Santa Messa.

Cristiana convinta e fedele, era sempre disponibile e serena, ha svolto il suo servizio con entusiasmo e rigore. Vedova da molti anni visse per la figlia che amava, ma era pur sempre disponibile per tutti. Ringrazio veramente il Signore di aver incontrato questa piccola e grande figura di donna che ha dato a tutti il meglio di sé sorridente e felice di poter essere utile al suo prossimo.

Al Don Vecchi l’arte è di casa

Proprio in questi giorni la signora Anna Foramiti ci ha donato una decina di quadri tutti di notevole valore artistico e alcuni di grandi dimensioni.

Non passa giorno che i cittadini, conoscendo le scelte della Fondazione Carpinetum di arredare le loro strutture in maniera elegante e di appendere alle pareti delle sale e dei corridoi opere pittoriche degli artisti più noti della nostra città, non donino opere che spesso superano il buon gusto per raggiungere tranquillamente la soglia dell’arte.

La Fondazione ha sempre dato importanza a questa attenzione al bello, tanto che da anni ha aperto al Centro don Vecchi di Marghera la “Galleria San Valentino”, l’unica esistente in quel grande popoloso quartiere e che finora ha organizzato più di un centinaio di mostre personali. A questa galleria, nella quale si alternano ogni quindici giorni mostre personali, si aggiungono alcune esposizioni stabili: una al Centro don Vecchi di Carpenedo con novanta opere di Vittorio Felisati; una a Marghera con una ottantina di opere di Umberto Ilfiore; e una al sesto centro degli Arzeroni con una trentina di opere di Toni Rota. Ma pure tutti i centri sono tappezzati di quadri, alcuni dei quali di vero pregio artistico, altri di valore decorativo.

Per renderci conto di questa grande pinacoteca, certamente la più numerosa ed importante della città, basti pensare che solamente al Centro don Vecchi sei degli Arzeroni, aperto un anno fa, sono stati collocati sulle pareti 720 quadri. I quadri, tutti catalogati, s’aggirano intorno a tremila opere, non tutte di Raffaello o di Leonardo da Vinci, ma comunque tutte gradevoli e di estremo buon gusto. Agli anziani di Mestre la Fondazione è impegnata a offrire non solamente un alloggio funzionale e a basso costo, ma anche un ambiente elegante e ricco di bellezza.

Un carico di dolcezza

Tutti abbiamo bisogno di dolcezza, specie gli anziani che spesso si sentono messi da parte. Quanto ci giunge gradito un saluto affettuoso, un sorriso caldo, una carezza e talvolta un bacetto fraterno! Ma tra queste delicatezze, nessuno disdegna e anzi ambisce a un dolcetto alla crema, una spumiglia, una francesina. Al Centro don Vecchi si può affermare senza timore di smentita che i nostri vecchi sono veramente sommersi da queste attenzioni così dolci e care. Talvolta la dottoressa Casarin, il medico per antonomasia delle nostre case, mostra qualche preoccupazione a motivo del diabete. Io, invece, mi preoccupo per i peccati di gola! Chi sono le persone che stanno viziando i nostri anziani? Voglio indicarvi questi concittadini: i titolari della “Dolciaria mestrina” mandano quasi ogni giorno vassoi su vassoi di brioche e Silvia, la giovane titolare di “Caffè Retrò”, invia molto spesso delle prelibatezze di dolci. Paolo e Mariagrazia Ceccon, i secolari gestori della celebre pasticceria vicino alla chiesa di Carpenedo, mandano di frequente le loro notissime prelibatezze. I titolari dei due negozi di “Dolci e Delizie” non lasciano passare un giorno senza far avere ogni ben di Dio avanzato dalla giornata. Questi amici non sono solamente benemeriti per le loro attenzioni ai nostri anziani, ma sono pure tra i pasticceri più seri perché quel che avanzano dalla produzione giornaliera non la riciclano, come potrebbe accadere! A tutte queste persone care e generose i 500 anziani dei 6 Centri don Vecchi ricambiano con un bacio e un abbraccio quanto mai affettuosi.

Esame ai candidati

La formula circa la domiciliarità degli anziani offerta dai Centri don Vecchi ha destato attenzione e curiosità nelle persone anziane e nelle relative famiglie. Motivo per cui la richiesta di entrare in una delle nostre strutture è quanto mai sostenuta.

Io che, modestia a parte, sono stato tra i principali protagonisti dell’invenzione di questo progetto, non ho alcuna contrarietà che altri lo copino o lo usino, ma sono piuttosto geloso che qualcuno lo snaturi, lo interpreti impropriamente e tenti di sfruttarlo in maniera difforme dal “brevetto” originale depositato presso la mia coscienza. Non vorrei mai, per tutto l’oro del mondo, che qualcuno cercasse di entrare in una delle nostre strutture solamente perché sono belle e soprattutto perché si paga poco; o peggio ancora che qualche familiare pensasse di risolvere il problema dell’anziano, che gli crea difficoltà in famiglia, mandandolo in una di quelle che lui pensa erroneamente siano delle case di riposo. Credo di dover ribadire con molta forza e decisione che il brevetto Centri don Vecchi ha come aspetti originali e fondamentali il tentativo che l’anziano viva fino all’ultimo respiro in maniera totalmente autonoma, perciò non ci si aspetti in maniera assoluta “servizi” di alcun genere, ma soltanto incentivi e stimoli a vivere in maniera autonoma a livello fisico, psichico e sociale. Il secondo aspetto innovativo di questa nuova esperienza è l’invito a integrarsi nella nuova comunità sociale, offrendo il proprio contributo perché questa comunità cresca e diventi sempre più omogenea, sia a livello di relazioni che di valori.

Motivo per cui chi intendesse entrare in uno dei centri e poi fare una vita del tutto autonoma, indifferente alle attese degli altri componenti, estraniandosi completamente da essa e continuando a vivere come viveva prima di entrare nella struttura, è bene che sappia che ha sbagliato porta e che deve cercare altrove la risposta alle sue esigenze. Tutto è modificabile e perfettibile, però c’è pure il dovere di rispettare le scelte di chi ha progettato questa nuova formula per vivere.

Il nuovo Doblò

I due nostri Centri don Vecchi, 5 e 6 sono immersi nel verde, godono di una pace infinita, sono belli e signorili, però sono un po’ fuori mano! Tra qualche anno la località degli Arzeroni sarà una delle più rinomate del Veneto, ma ora come ora, anche se vi passa un autobus ogni ora, sono un po’ lontani dai centri operativi di Mestre. Serviva quindi un mezzo di trasporto. Abbiamo lanciato un appello e il giorno dopo Toni Rota ci ha messo a disposizione 10 mila euro, a cui ne abbiamo aggiunti altri 3.500 ed ora anche questi centri hanno a disposizione un furgone che porta persone e pure materiali. Renzo Tramaglino, protagonista dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, aveva affermato: “Là c’è la Provvidenza!” Possiamo assicurarvi che è così e anche noi ne siamo testimoni.

Il medico del Don Vecchi

Mercoledì 12 aprile è dolcemente tornata alla casa del Padre, dopo aver devotamente ricevuto il sacramento degli infermi, la signora Maria Carrer, la carissima mamma della dottoressa Carla Casarin, medico che da quasi un quarto di secolo cura i residenti del Centro don Vecchi.

Io sono sempre stato legato da vincoli di stima e di affetto a questa cara famiglia per essere stato il loro parroco per 35 anni e soprattutto perché, circa 40 anni fa, ho accompagnato al camposanto il marito della defunta. Il signor Casarin è morto giovane lasciando alla sua sposa i suoi due figli appena adolescenti da crescere. Questa cara signora affrontò la vita con tanto coraggio e tanta fede riuscendo a portare alla laurea tutti e due i suoi figli: Carla medico e Giuseppe ingegnere.

Quando ho progettato il Don Vecchi ho escluso fin da subito di assumere un medico che sarebbe costato alquanto ai residenti, però ho offerto un ambulatorio ove un medico di famiglia potesse assisterli all’interno della struttura senza però pesare sulle loro magre risorse economiche.

Al tempo dell’apertura del primo centro, nel 1994, la dottoressa Carla s’era appena laureata e aveva davanti a sé la sfida di acquisire un certo numero di pazienti. Le offrii quindi l’ambulatorio e perciò la gran parte dei nuovi residenti la scelsero come loro medico di famiglia. Fu una fortuna per noi e per lei, noi perché abbiamo avuto modo di avere in casa una professionista preparata, intelligente, affabile, paziente e perfino bella – un po’ di grazia non guasta mai – e per lei, perché questa nostra scelta la lanciava nell’ambito della professione. La carriera poi della dottoressa Carla Casarin quasi subito ebbe un esito brillante, tanto che attualmente ha il massimo di pazienti consentiti dalle norme attuali.

Oggi, nonostante fare il medico al Don Vecchi sia una delle cose più faticose e difficili di questo mondo, ella è rimasta da noi e io intendo la sua presenza come una vocazione piuttosto che un normale lavoro redditizio. Assistere un centinaio di anziani qui da noi è di certo molto più impegnativo che curare un migliaio di giovani, perché un giovane andrà dal medico sì e no una volta all’anno, mentre i nostri anziani tentano di andarci due volte al giorno, a motivo delle molte magagne da cui sono affetti e dalle infinite manie che sono proprie della loro veneranda età. Al Centro don Vecchi andare dal medico è abbastanza simile al desiderio di incontrare una persona giovane e simpatica con la quale passare una mezzoretta raccontando le storie più diverse: dai guai familiari ai bisticci con i vicini!

Attualmente i sei Centri don Vecchi si avvalgono di una mezza dozzina di medici, ma la dottoressa Carla, a motivo della sua “anzianità” di professione, del suo atteggiamento affettuoso, sorridente e rasserenante rimane il medico del Don Vecchi per antonomasia. Approfitto di questa circostanza dolorosa, che ha colpito la dottoressa Carla, non solamente per esprimere il nostro più affettuoso e caloroso cordoglio, perché tutti la consideriamo come una figlia o forse meglio ancora come una dolce nipote; ma pure per dirle quanto le vogliamo bene e quanto le siamo riconoscenti per le sue prestazioni mediche e soprattutto per la sua paziente e calda umanità.

Centro don Vecchi di Marghera

A fine febbraio ho terminato la visita e la benedizione ai residenti del Centro don Vecchi di Marghera in via Carrara.

Ho sempre ritenuto che chi è incaricato della cura pastorale debba visitare il più frequentemente possibile i residenti dei 400 alloggi gestiti dalla fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi, ma non debba lasciar passare al massimo un anno senza fare una visita ad ognuno dei nuclei familiari che risiedono nei sei centri. Ritengo opportuno riferire in relazione a quest’ultima visita fatta al centro di Marghera, portando a conoscenza della città qualche impressione ricevuta in questa esperienza.

Il Centro don Vecchi di Marghera si trova accanto alla chiesa parrocchiale della comunità cristiana dei Santi Francesco e Chiara. E’ stato costruito sul terreno di quest’ultima mediante un accordo tra le parrocchie di Carpenedo e quella di Marghera. La parrocchia di Carpenedo ha offerto 750 milioni di lire perché fosse terminata la costruzione della chiesa parrocchiale, mentre la parrocchia di Marghera in cambio ha messo a disposizione 4000 metri quadrati di terreno, superficie sulla quale s’è costruito il centro su progetto dell’architetto Giovanni Zanetti.

Era da qualche tempo che non entravo in quella struttura, ma l’impatto è stato come sempre quanto mai gradevole da ogni punto di vista. Il fabbricato sorge al centro di un grande prato verde, che a sua volta è delimitato da un “muro” in arbusti squadrati come la lama di un rasoio. Dopo l’entrata luminosa del centro una vecchina ordinata e sorridente dalla guardiola mi ha accolto con un affettuoso saluto. Sulla sinistra ho potuto ammirare una bella mostra di acquerelli della galleria San Valentino collocata nella hall del fabbricato. Poi ho cominciato a bussare ad una ad una alle 57 porte che si aprono nel lungo corridoio di ogni piano, le pareti del quale sono tappezzate di quadri non di gran pregio artistico, ma quanto mai piacevoli e armoniosi.

Quasi tutti gli appartamenti sono arredati con buon gusto e taluni perfino con signorilità. L’accoglienza è sempre estremamente cordiale, riconoscente, i colloqui affettuosi, mediante cui ho avuto modo di apprendere le vicende spesso tristi della vita di ogni inquilino: vedove, divorziati, persone sole, pensioni sempre misere e talvolta non adeguate, figli disoccupati, comunque tutti estremamente felici per aver trovato un rifugio confortevole e fraterno. Ho rilevato qualche situazione veramente precaria da un punto di vista economico, alla quale fortunatamente potrò offrire un aiuto mediante la bella somma messa a disposizione dall’associazione “Vestire gli ignudi”.

Dalla visita poi ho avuto la riconferma che la mente e il cuore di quella piccola comunità di anziani sono i coniugi Teresa e Luciano Ceolotto, che da volontari la gestiscono come fosse la loro famiglia. A questi cittadini, quanto mai generosi e benemeriti, giunga la riconoscenza della Chiesa mestrina e dell’intera città.

In ricordo di Marisa

Marisa era una mia coetanea, classe 1929, che abitava come me presso il Centro don Vecchi di viale Don Sturzo. La signora Marisa aveva fatto la “fruttarola” per tutta la sua vita, motivo per cui aveva grande esperienza nel rapporto che si deve tenere con gli altri, ella era una veneziana che più veneziana non si può, motivo per cui aveva una parlata simpatica, scorrevole e vivace; profumava di laguna nella mentalità, nel pensiero, nell’approccio col prossimo: spiritosa, sorniona nella battuta ed accattivante nel rapporto, tanto che interloquiva sempre con i suoi “tesoro, amor mio”.

Marisa non amava troppo ritirarsi in casa, difatti passava tutti i pomeriggi tenendo banco presso un crocchio di coetanee che passavano il tempo e godevano delle sue battute. Marisa, innamorata del figlio ed innamoratissima dei nipoti che ce li dipingeva come dei portenti di ragazzi, con me aveva un feeling particolare essendo, come ho detto, mia coetanea.

Sono veramente addolorato per questa perdita, però in quest’occasione mentre sento il bisogno di salutare ed affidare al buon Dio questa donna, debbo rivelarvi un piccolo segreto. Marisa era felicissima di abitare al Don Vecchi, struttura che considerava la più bella delle soluzioni per anziani e diceva un po’ a tutti questa sua felicità.

Al Don Vecchi bazzicano di frequente giornalisti, operatori televisivi per inchieste e soprattutto per la novità circa la domiciliarità degli anziani poveri; normalmente chiedono a me come ideatore del Don Vecchi le notizie che possono interessare ai lettori circa questa struttura decisamente innovativa. Poi per esigenza del mestiere chiedevano di poter interrogare pure qualche vecchio residente. Allora con aria e previsione certa della risposta, dicevo al crocchio di amiche, tra le quali non mancava mai la signora Marisa: “I signori avrebbero piacere che diceste anche voi come vi trovate in questa casa di riposo”. Ella puntualmente e per me in maniera prevista e desiderata, balzava in piedi e con gli occhi spalancati ed in atteggiamento di stupore sbalordito affermava: “Cosa? Questa casa di riposo? Ah cari signori, questo è un centro benessere!” E snocciolava quindi di seguito le meraviglie del Don Vecchi!

Marisa è morta nel sonno dopo un paio di settimane di malessere. Ci mancherà perché era una persona particolare, ma nel contempo rimaniamo felici perché cento, mille volte ci ha confidato e detto a tutti che al Don Vecchi ha vissuto i più begli anni della sua vita. (d.A.)

Il 5xmille: grazie, ma si può fare di più?

In questi ultimi giorni apprendo i risultati quanto mai brillanti ottenuti dall’associazione Avapo (assistenza domiciliare agli ammalati oncologici in fase finale) nei riguardi del 5 per mille. Infatti mi pare che quest’anno abbiano raggiunto i 120.000 euro, mentre noi della Fondazione, pur essendomi io impegnato a fondo nell’invitare i concittadini a ricordarsi anche di chi si occupa della domiciliarità degli anziani in disagio economico, abbiamo realizzato solamente un quinto in merito a questo contributo dello Stato.

A scanso di equivoci, affermo pubblicamente e con estrema onestà che l’Avapo si merita questo consenso poiché è un’associazione seria, efficiente, che svolge un’attività innovativa e quanto mai umana e quindi sono felicissimo del consenso che ha ottenuto. Tuttavia, sono pure convinto che l’impegno e il servizio svolto dalla nostra Fondazione nei riguardi degli anziani e dei poveri a Mestre non sia molto meno meritorio e ciò nonostante nell'”ultimo esercizio” ha realizzato soltanto 32.000 euro.

Sono immensamente riconoscente al consistente numero di concittadini che ci hanno aiutato e incoraggiato con la loro offerta però confesso, con molta amarezza, che rimango deluso da quella moltitudine di concittadini che si sono dimenticati delle nostre sei strutture, innovative e quanto mai signorili, che abbiamo offerto agli anziani più poveri di Mestre. Non sono poche le persone e gli amministratori del nostro Comune che hanno affermato che i Centri don Vecchi sono uno dei fiori all’occhiello di Mestre.

La mia speranza è che io, non essendo per nulla esperto in questo settore, ho impostato male la campagna per ottenere il 5 per mille a favore della Fondazione dei Centri don Vecchi. Dato poi che non sono uno che se la metta via facilmente, mi rivolgo ai concittadini, esperti di questo settore, perché mi aiutino a non fare ancora una volta flop.

È vero che quest’anno da 22.000 euro siamo passati a 32.000 euro, ma a mio parere è ancora troppo poco. Chiedo quindi agli esperti in pubblicità di offrirsi ad aiutare la nuova redazione de L’Incontro e particolarmente il nuovo direttore, don Gianni Antoniazzi, ad impostare la “campagna” di quest’anno! Grazie.

Dateci il marciapiede

Quattro anni fa avevo già fatto domanda all’allora assessore alla Mobilità Ugo Bergamo di studiare e realizzare un percorso pedonale tra il Centro don Vecchi 4 e il centro del paese. Questa richiesta nasceva dal fatto che gli anziani, data la pericolosità di via Orlanda, rimanevano reclusi nell’area di residenza. Il discorso sembrava che andasse avanti, tanto che il Comune aveva fatto fare uno studio di fattibilità.

Con l’arrivo della nuova amministrazione ho ripreso i contatti con il nuovo assessore Renato Boraso, ottenendo rassicurazione che l’opera era possibile e che il Comune avrebbe fatto suo il progetto, anche per il fatto che quel tratto di strada sarebbe passato dalla competenza dell’Anas a quella del Comune. Peraltro, l’Anas ha un cantiere nei dintorni tanto che gran parte del verde del don Vecchi è stato espropriato: motivo per cui la soluzione sembrava di vicina realizzazione.

Nel frattempo, però, i giorni e i mesi continuavano a passare, nonostante l’ex dirigente delle strade gestite dalla Provincia e quindi esperto della materia, Lanfranco Vianello, a nome mio avesse preso contatto con l’assessore ottenendo sempre promesse, che sono rimaste solo promesse!

Essendo passata la “luna di miele” dopo il primo anno e mezzo di governo della giunta Brugnaro ed essendo pure convinto che quando si parla per il bene della collettività e soprattutto delle persone più deboli, al Comune non si debba presentarsi con il cappello in mano, ma coscienti d’essere cittadini, m’è parso di dover informare l’opinione pubblica di questo stallo, visto che di dipendenti da impegnare ne avrebbe perfin troppi. Mi auguro che a questo scritto, al quale ne seguirebbe uno alla settimana se necessario, arrivi finalmente una risposta concreta.

La nuova galleria

Il “don Vecchi sei”, che ora ha un volto, un’articolazione dei locali ed una destinazione a soggetti diversi ai quali è destinata, non è nato per incanto ma, come avviene, per ogni creatura ha avuto una gestazione abbastanza faticosa di almeno quattro o cinque anni.

In quest’ultimo tempo, che precede l’inaugurazione, si è parlato spesso di rette, di regolamenti e di destinatari, però chi ha concepito la nuova creatura, durante questa faticosa gestazione, l’ha sognata accogliente, bella signorile, ad ha lavorato in silenzio e lungamente perché risultasse pari al sogno.

Una delle caratteristiche che si colgono di primo impatto con i centri della nostra fondazione è certamente l’aspetto signorile e la scelta dell’arredo di mobili, piante e quadri. Così è avvenuto anche per quest’ultima creatura, che pur avrà meno spazi comuni delle altre, dato che la maggior parte dei residenti saranno meno “stanziali” di quelli degli altri centri. Comunque anch’essa offre un vastissimo salone perché la popolazione che vi abiterà abbia un ampio spazio per relazioni umane e per i momenti di relax. Quando pensai all’arredo delle sue pareti trovai subito difficoltà ad immaginare una accozzaglia di poveri quadri raccogliticci e mi venne in mente di chiedere ad un mio vecchio parrocchiano, che nel passato mi ha aiutato nelle situazioni più diverse, di dipingere una serie di quadri per farne una galleria permanente. Questo signore, che di professione ha fatto il fisico, in enti di risonanza mondiale, ma nel contempo ha dimostrato di avere un ottimo rapporto con la tavolozza, alla mia richiesta, dopo qualche resistenza dovuta soprattutto alla sua modestia naturale, mi ha offerto la sua disponibilità tanto che da alcuni mesi sta lavorando a tempo pieno per offrirci una galleria di una trentina di sue opere.

La disponibilità e la generosità di questo signore dall’ingegno e dalle risorse di tipo michelangiolesco sono arrivate non solamente a donarci un numero così consistente di opere, ma a regalarci pure le cornici.

Quando penso a tutto ciò mi viene da concludere che la fatica per il “sei” trova già una sua ricompensa per la scoperta che a Mestre ci sono anche cittadini così bravi e generosi.