Una festa alla “city degli anziani”

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere, in un non so più quale periodico, una di quelle frasi ad effetto che contengono una verità, forse scontata, ma che fa centro.

Le parole della frase erano scelte con cura, parole levigate, vive e penetranti, che dicevano in maniera concisa e molto efficace quello che io riesco a riassumere in maniera prosaica: “Non serve che tu cerchi oltre gli oceani con lunghi e faticosi viaggi la bellezza, l’armonia del creato, la puoi trovare anche molto vicino a te; basta che tu apra il balcone della tua casa e di fronte a te si presenterà uno spettacolo sempre nuovo e sempre sorprendente”.

Stavo percorrendo il lungo corridoio che rappresenta il “Corso” della city degli anziani, il don Vecchi, quando m’accorsi che una piccola processione di persone di varie età si dirigeva verso la porta di una mia vicina di casa. La signora Giuseppina è una veneziana purosangue, che abitava a Castello in una casa che letteralmente le cadeva addosso tanto era vecchia e sfasciata, motivo per cui è stata accolta al don Vecchi nonostante i suoi 90 anni. Nonna Giuseppina cammina appoggiandosi al suo bastone da passeggio, chiacchiera col suo veneziano fiorito e vive abbastanza autonoma, lei dice pure che ha fatto tutto da sè in casa, anche se le figlie non sono sempre d’accordo!

Capii subito che c’era una festa di mezzo perché scorsi un mazzo di fiori, un dolce e figli e nipoti e generi, la coinquilina compiva 96 anni.

Mi unii alla comitiva per entrare nella piccola dimora ordinata e pulita di nonna Giuseppina. Se non chè capitò un piccolo inconveniente, la nonnetta, un’anima bella trattenuta da poche ossa sconnesse, non era ancora pronta a riceverci, infatti si era riempita la testa di bigodini ed aveva una retina che le copriva ancora tutta la testa. O lei o i parenti avevano fatto male i conti con l’orologio. Ci ricevette lo stesso, pur scusandosi di non presentarsi in tutto lo splendore della sua femminilità.
Le facemmo gli auguri e la baciammo con affetto perché era bella anche così!

Per scoprire un mondo caro e simpatico ed una umanità pulita e semplice non serve andare a Salsomaggiore per il concorso di bellezza, la puoi trovare anche nel “Corso” del don Vecchi!

La giustizia non rende sempre giustizia alla vita del cittadino

Da qualche tempo incontro abbastanza frequentemente un signore di mezza età che nelle ore più disparate si raccoglie in preghiera nella chiesa del cimitero. Credo che ormai non gli resti altro che rifugiarsi in Dio.

Avevo capito, fin dai primi giorni della sua comparsa, che aveva nel cuore qualcosa di molto grave. Un giorno, forse perché oltre che al Signore, che se ne sta buono buono ad ascoltare, ha sentito il bisogno di confidare anche al suo vecchio ed indegno ministro il suo affanno.

La sua storia è assai aggrovigliata ed io non ho voluto mettere il dito nella piaga ponendogli delle domande per chiarirmi la questione, così che non l’ho capita per nulla.

Credo che facesse un lavoro redditizio come rappresentante di commercio di una grossa ditta che probabilmente lavorava in maniera illegale e quest’uomo, che almeno a me pare sano ed onesto, ne è rimasto coinvolto tanto da perdere il lavoro, la pace e lo stipendio per mantenere la sua famiglia ed essere inguaiato in maniera grave col fisco e con la giustizia.

Oggi uno che abbia a che fare con questi comparti dello Stato è un uomo letteralmente perduto checché ne pensi Di Pietro.

Le pastoie burocratiche e l’organizzazione di queste realtà sono quanto di peggio e di più assurdo una mente umana possa pensare.

Comunque sia il risultato di una indagine, di una pratica, o di un processo, alla fine uno risulta sempre perdente e sempre riceve in realtà una condanna gravissima anche se assolto con formula piena!

Proprio in questi giorni ho letto ancora una volta l’affermazione categorica di Cristo: “Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”.

Mi pare che il ministro Angiolino Alfano abbia una grossa gatta da pelare tentando di salvare la giustizia da come s’è ridotta. Credo che, se suddetto ministro, il capo dello Stato e del Governo, il parlamento, il Senato e gli oltre mille deputati e senatori, si rifacessero a questa affermazione di Cristo, imboccherebbero la strada giusta! Dobbiamo preoccuparci della vita dei cittadini, non della sopravvivenza della corporazione più pagata e meno efficiente in Italia!

Quel rammarico che dovrebbe essere superato…

Da anni seguo con molto interesse la posizione critica degli ebrei nei riguardi dei presunti o veri silenzi di Papa Pacelli di fronte agli esecrabili eccidi perpetrati dai nazisti sugli ebrei.

Confesso che talvolta mi si è affacciato il dubbio che Papa Pio XII sapendo, che forse solamente i tedeschi avrebbero potuto arginare l’espandersi in Europa del comunismo ateo della Russia di Stalin e anche non appoggiando direttamente l’espansionismo tedesco con tutti gli aspetti negativi che erano insiti in esso, Papa Pacelli non l’abbia combattuto apertamente ed in maniera più esplicita, mediante interventi pubblici, sperando che queste potenze delle tenebre si eliminassero reciprocamente combattendosi tra di loro.

Credo però che questa mia supposizione senza documenti che la sorreggano, sia una ipotesi piuttosto peregrina di un povero prete totalmente sprovveduto su problemi così impegnativi. Di certo Papa Pacelli ha tentato di salvare gli ebrei attraverso tutta l’organizzazione della struttura della chiesa, e ciò lo riconoscono gli stessi interessati.

Credo invece che la spiegazione giusta dei presunti silenzi sia quella che ho sentito personalmente dal nostro vecchio Patriarca il Cardinale Roncalli che di queste cose se ne intendeva assai, anzi era quanto mai esperto. Diceva il nostro patriarca di un tempo che può essere comodo e facile fare certi proclami pur giusti nella sostanza ma poi a pagarne il prezzo non sarebbe stato chi questi proclami li creava in un luogo sicuro, ma i cristiani e la chiesa che vivevano sotto il giogo di questi tiranni sanguinari e senza scrupoli quali furono Hitler, Stalin e tutti i loro accoliti. Credo che l’intellighenzia del popolo ebreo queste cose le dovrebbero sapere bene!

Pur essendo io un ammiratore dell’intelligenza, della democraticità del popolo ebreo e pur comprendendo il prezzo enorme che ha pagato al nazismo e pure al comunismo, credo che sia ora che la finisca con questo discorso non intromettendosi ulteriormente nella cose che non li riguarda e ringrazia di cuore la chiesa cattolica del nostro tempo, anche se si può comprendere il rammarico per quella dei secoli lontani.

La mia epopea scout, quanti ricordi!

Funge da “capo tecnico” nella tipografia ove si stampa “L’incontro”, un mio vecchio lupetto quasi sessantenne, ormai in pensione da tempo.

Io non posso che avvalermi di giovani e vecchi pensionati, date le inesistenti risorse finanziarie.

Questo ragazzino, di tempi ormai lontani, qualche mattina fa mi ha portato una vecchia foto che mi ritrae mentre celebravo messa nel campo scout di Gares.

Mi è bastata questa foto per farmi risucchiare da un’ondata di ricordi cari dell’epopea scout che ho vissuto agli albori del mio sacerdozio.

Lo scoutismo mi ha affascinato e impegnato per più di vent’anni, quando ne sono uscito non c’era quasi parrocchia della città in cui non avessimo fatto nascere un gruppo.

Ora non so più quale sia la situazione dello scoutismo a Mestre, ma allora gli scout si contavano a centinaia e centinaia. Solamente a San Lorenzo, la parrocchia del Duomo, avevamo due branchi di lupetti, tre reparti scout, un noviziato e due clan e altrettanti gruppi femminili perché a quel tempo maschi e femmine avevano gruppi separati.

Quanti ricordi, quante imprese, quanti incontri e quante preoccupazioni per le singole storie di questa massa di giovani che affrontavano i temporaloni dell’adolescenza e della prima giovinezza, mi fa tristezza quando apprendo l’esiguità dei gruppi giovanili che ruotano attorno a certe parrocchie!

Rimango assolutamente convinto che quando un prete si spende tutto e semina a piene mani con generosità, fiorisce anche il deserto! Fu così anche a Mestre negli anni 60-70!

Ora mi restano i ricordi, ma i miei ragazzi li porto tutti nel cuore.

Nella foto mi fanno da chierichetti, a destra Maurizio Saccarola, capo squadriglia, diventato medico coscienzioso e brillante, ed ora in cielo ormai da anni, a sinistra Oscar Turra, capo reparto prima tra gli scout e poi nello stabilimento della Flag, un po’ in disparte Ferruccio Faccenda, ingegnere in pensione, poi un quadrato interminabile di ragazzi che con me hanno incontrato il Signore a contatto di una natura splendida ed incontaminata.

Io non sono riuscito a seguire le infinite storie dei miei ragazzi di un tempo, ogni tanto ne viene a galla qualcuno, ma sono certo che la splendida avventura vissuta assieme e strettamente collegata a Dio e al prossimo, contrassegnerà per sempre le coscienze di ognuno.

Marghera ieri: operai sfruttati e una terra avvelenata

Quando leggi un saggio su certe situazioni economico-sociali di tempi non lontani, o sulle evoluzioni a livello sindacale, che riguardano le condizioni di lavoro di un passato, che a te pare recente, ma che in realtà riguarda fatti di mezzo secolo fa, annoti in maniera distaccata l’evolversi della società, altro però è apprendere dalla viva voce di un protagonista di quelle situazioni e di quei tempi.

Qualche giorno fa ebbi modo di scambiare qualche opinione con un mio vecchio parrocchiano, in pensione ormai più di vent’anni, pur essendo più giovane di me, chiacchierando venne fuori la Marghera dei suoi tempi. Mentre egli mi raccontava la vita in stabilimento, confrontavo i suoi ricordi, quanto mai vivi, con la Marghera dei nostri giorni, ridotta ormai a cimitero abbandonato del polo industriale, che il conte Volpi aveva fatto nascere sulla gronda lagunare e che determinò lo sviluppo economico sociale di Mestre e dell’intero interland.

Il mio amico, era entrato in fabbrica, alle Leghe Leggere, a quattordici anni, in quello stabilimento lavoravano allora cinquemila operai, quando ne è uscito, con 35 anni di lavoro, gli operai rimasti erano ridotti a 250; ora penso che delle Leghe Leggere siano rimasti, come lapidi tombali, solamente qualche capannone annerito dal fumo dei laminatoi in completo abbandono.

“Ai miei tempi, ci davano 15 minuti per il pranzo. Quando andavo al bagno un contatore registrava i minuti di permanenza perché si dovevano recuperare!”
“Guai fumare una sigaretta!”
Marghera, un mondo ormai scomparso e sepolto nei ricordi dei superstiti. Spremuti come limoni gli operai, avvelenato per secoli il terreno della gronda della nostra laguna, il capitalismo sì è spostato, per sfruttare altri poveri del terzo mondo ed avvelenare altre terre vergini di altri paesi.

Ancora una volta la ricerca del benessere di pochi, semina rovina e morte per molti.

La redenzione, pare quasi non ancora cominciata in questo importante e vasto settore della vita!

L’esperienza diretta insegna un diverso modo di affrontare le cose

Sono convinto che solamente l’esperienza diretta e personale dia la giusta misura di ciò che comporta un evento nella tua vita.

Per questo motivo ritengo che abbia ragione il sacerdote francese che ha raccolto l’eredità spirituale di Charles Foucauld fondatore dei piccoli fratelli di Gesù.

Chi stese la regola di questa moderna congregazione religiosa afferma che si possono comprendere e capire i poveri soltanto quando ci si cala dentro concretamente nella loro vita e si vive “come loro”.

Rifletto su questo aspetto della vita ogni volta che qualche acciacco mi fa temere di essere arrivato al capolinea.

Mi sovviene una lettura di una raccolta di lettere di soldati tedeschi: “Le ultime lettere da Stalingrado”: l’armata del Reich che assediava Stalingrado era stata a sua volta assediata dai Russi. Il Ministero della propaganda aveva sequestrato le lettere dei soldati della Wehrmacth partite con l’ultimo velivolo che ebbe modo di alzarsi dalla città assediata.

Il Ministero voleva dimostrare con quelle lettere quanto fosse alto il morale della truppa. Dopo la liberazione una raccolta di queste lettere fu fatta pubblicare dagli alleati; sono lettere sublimi. Ricordo una di un soldato che da civile aveva fatto l’attore, diceva pressappoco: “molte volte ho recitato sul palco la parte della morte eroica suscitando applausi scroscianti, ma qui a Stalingrado la morte è ben diversa, tra il fango, la desolazione, la fame, le ferite e le bombe!”

Quanto è falsa e bolsa la retorica, le frasi fatte, i discorsi sublimi e raffinati, le pie aspirazioni, i sermoni convenzionali! Per parlare dei drammi della vita degli altri e nostra serve discrezione ed umiltà.

Grazie all’assessore Bortolussi per aver concretizzato il “Last minute market”!

Ho ricevuto l’invito ufficiale dell’assessore alle attività produttive, commercio, tutela dei diritti dei consumatori, nuove professionalità e lavoro atipico, dottor Giuseppe Bortolussi, a prendere parte alla conferenza stampa di presentazione dell’avvio ufficiale del progetto “Last minute market” indetta presso la sede municipale di Mestre, sala del Consiglio.

Credo che per l’assessore Bortolussi, che si appresta ad essere candidato a governatore del Veneto, sia questa una bella soddisfazione e soprattutto sia quanto mai contento d’essere riuscito a liberarsi da questa brutta gatta da pelare.

Farò di tutto per poterci andare. questo invito però mi ha riempito l’animo di un sentimento, spero di legittimo orgoglio.

Ho scoperto la possibilità del recupero dei cibi in scadenza almeno sei sette anni fa leggendo la notizia sulla stampa sull’iniziativa del Comune di Bologna.

Nella sostanza si tratta che gli ipermercati mettono a disposizione i cibi in scadenza ed in cambio il Comune abbassa la tassa di smaltimento.

Ho tentato subito l’avventura in solitaria senza alcun risultato. Mi sono rivolto in Comune, ricevendo promesse che sono poi risultate campate in aria senza alcun fondamento.

Sono passato di assessore in assessore da funzionario a funzionario ottenendo promesse, ma non risultati. Finalmente un anno fa sono approdato a Bortolussi, il quale probabilmente pensava che la cosa fosse più semplice, d’altronde non poteva che andare avanti, dietro c’era il fuoco incrociato dei giornali di Mestre, sollecitati da un certo “don Camillo” ora l’uno, ora l’altro sono interventi ed un cecchino costante e fastidioso sempre pronto a sparare un colpo!

Si prenda chi vuole il merito, a me interessa che i poveri abbiano almeno “le briciole” che cadono dalla tavola dell’Epulone!

Grazie ai “Paradiso bond” ho fatto conoscere a tutti gli alloggi protetti per anziani!

L’onda lunga dei “Paradiso bond” continua a lambire l’opinione pubblica, non c’è stata testata giornalistica o televisiva che non abbia raccolto la notizia e non l’abbia rilanciata ai propri ascoltatori o spettatori.

Come ripeto, i mass-media non sono stati interessati più di tanto dal fatto che un vecchio prete stia tentando di racimolare i quattrini per aprire una nuova struttura per anziani poveri e che voglia far prendere coscienza alla propria città che non può lavarsi le mani di fronte al problema che i vecchi, con le loro pensioni modeste, non ce la fanno a pagare l’affitto e a mantenersi e quindi non è giusto che si sentano mortificati di pesare sui figli.

L’interesse invece è nato perché il ragazzino di un tempo, diventato intelligente giornalista, ha avuto la sensibilità e l’intuizione che la richiesta di sottoscrivere “un’azione fasulla” di 50 euro e peggio ancora la richiesta di un’offerta di questa cifra modesta alla portata di tutti, sarebbe stata più incisiva se tradotta in un linguaggio d’avanguardia “bond” e fosse stata avvicinata al concetto rifiutato dalla cultura corrente, della famigerata “vendita delle indulgenze” al tempo della Riforma Protestante. (acquisto del Paradiso mediante il vil denaro)!

L’operazione ha funzionato fin troppo, e alla distanza di quasi un mese ricevo ancora richiesta da parte di testate soprattutto televisive.

Molto probabilmente non incasserò euro a palate, e quindi dovrò continuare a mettere via centesimo su centesimo, ma almeno avrò fatto conoscere all’intero Paese l’iniziativa del don Vecchi, con la sua soluzione così attenta e rispettosa al diritto degli anziani di vivere gli ultimi giorni e di morire senza dipendere dalla carità degli altri in strutture signorili e serene.

Un incontro bello e utile per il futuro

Qualche giorno fa ho ricevuto un gruppetto di aspiranti consiglieri della Regione che hanno motivato la richiesta dell’incontro per avere un parere e dei suggerimenti da inserire nel programma da attuarsi, qualora la coalizione alla quale appartenevano, avesse vinto la competizione elettorale.

Le mie esperienze e le mie competenze sono ben limitate e riguardano comunque lo stato sociale, soprattutto nel settore della residenza per anziani.

Ho avuto piacere di esporre quanto ho maturato in questi quindici anni di attività al don Vecchi per quello che riguarda gli alloggi protetti. Credo che questa gente, che fa politica, sia sollecitata da mille istanze e da mille esigenze e perciò il piccolo tassello di cui mi occupo e l’esperienza empirica che vado facendo è certamente ben poca cosa confrontata alle problematiche complesse che deve affrontare la Regione, realtà che va sempre più sviluppandosi come ente sempre più autocefalo.

Io sono sempre più convinto che le soluzioni arrivano quando si dà vita ad una cultura che matura gli organi dello Stato e la collettività a soluzioni che qualcuno ha studiato e sperimentato.

Soprattutto in questi ultimi quindici anni il discorso degli alloggi protetti per anziani, s’è dimostrata una realtà vincente e credo che non si sia lontani che Comune, Regione ed infine Stato, lo recepiscano nel loro ordinamento e promuovano leggi ad hoc.

Oggi ho ricevuto una delegazione comunale e ho ribattuto il chiodo. Ottenere consenso da spiranti amministratori è perfino troppo facile, però credo che nella loro coscienza rimanga un segno che io poi mi farò premura far riemergere.

Una lettera che mi ha riportato al “piccolo mondo antico”

Nota della redazione: lettera e risposta di don Armando sono pubblicate nel numero dell’Incontro del 28 febbraio 2010, che -ironia della sorte visto l’argomento-, trovate anche online.

Oggi ho ricevuto una bellissima lettera di una cara signora, che conosco almeno da quarant’anni e che ha generosamente collaborato con me lungo tutto questo tempo.

Ho gradito quanto mai la lettera perchè ricca di sentimento e di simpatia, intelligente ed ordinata.

Ci vediamo poco, ognuno è sempre di corsa e crede di non aver tempo per conversare amabilmente, motivo per cui ella ha sentito il bisogno di mettere per iscritto sentimenti ed amicizia.

La lettera mi è stata particolarmente cara anche perché rappresenta un ricordo di quel “piccolo mondo antico” che ormai è praticamente scomparso e che usava la lettera per costruire e sviluppare amicizia.

Oggi la gente non scrive più, manda messaggini con il telefonino, fa gli auguri a mezzo mondo premendo un tasto del computer, ma tutto è così anonimo e sintetico per cui le parole sembrano pronunciate da un robot o da un merlo parlante che conosce al massimo cinque o sei parole e adopera sempre quelle per i motivi più diversi.

Ogni anno per Natale e Pasqua ero solito attaccare, a festone, sulle porte del mio appartamento biglietti di auguri perché le immagini, i colori e le frasi augurali mi davano una sensazione di festa e mi tenevano compagnia. Quest’anno ero tentato di non farlo più perché avevo la sensazione che i messaggini, che io cancello senza degnarli di uno sguardo, avessero già soppiantato le calde e belle frasi augurali profumate d’affetto e di sentimento.

Mi costava però abolire una tradizione, e quindi ho rifatto ancora una volta i festoni, coprendo quasi tutte le porte; la varietà dei colori e dei disegni è ancora quella di un tempo, ma la stragrande maggioranza sono biglietti inviati da enti pubblici e da aziende che hanno impiegati a disposizione per questo compito.

E’ ben difficile trovare profumo, poesia, affetto in questi cartoncini colorati. Fortunatamente la bella e cara lettera della signora Laura ha mitigato l’anonimato e l’organizzazione delle pubbliche relazioni!

Le feste della vita e della religione stanno morendo di inedia anche per questo nuovo virus virtuale!

“Ricordati delle ultime cose e non perirai”

Stampiamo ogni settimana 4500 copie de “L’incontro”, e semmai ne rimane qualche decina, vengono ritirate e rimesse in circolazione immancabilmente la settimana successiva, quindi abbiamo almeno 4500 lettori. Se poi fosse vero quello che gli esperti del settore affermano, che ogni copia viene letta da quattro cittadini, dovremmo concludere che 18.000 mestrini leggono il nostro settimanale. Veramente un bel numero!

Qual’è l’associazione, il movimento o la parrocchia che ha un pubblico così vasto e fedele?

Il “ritorno” di questa abbondante proposta è però piuttosto scarso; sono relativamente pochi i lettori che ci fanno pervenire il loro parere.
Qualche complimento qualche rara osservazione, ma nulla più!

Qualche giorno fa uno dei miei fratelli, che è un attento e fedele lettore del periodico, mi ha fatto un’osservazione che anche qualche altro, nel passato, mi aveva già fatto trapelare. Osservazione a cui voglio in qualche modo rispondere. Mi diceva Luigi, così si chiama questo piccolo imprenditore della serramentistica: “Il discorso sulla vecchiaia e la morte è perfino troppo ricorrente su L’incontro!”

E’ vero! Ho una qualche giustificazione istituzionale in quanto il periodico è il portavoce dei “Centri don Vecchi” struttura per anziani – della Pastorale del lutto e della chiesa del cimitero e per di più ha come direttore un ottantenne.

Con queste premesse sarebbe un po’ strano che parlasse di giovinezza, di economia, di divertimento per quanto sano!

Quindi chiedo ai lettori di annacquare la dose sull’argomento leggendo un qualcosa di altro, di più allegro.

Ricordo però a tutti la massima ch’era spesso sulle labbra del vecchio Papa Roncalli “Ricordati delle ultime cose e non perirai” e le ultime cose sono, piaccia o non piaccia: morte, giudizio, inferno e paradiso!

Oggi servono meno parole ma che siano chiare!

L’uomo ha sempre parlato, la parola è il mezzo indispensabile per uscire dall’isolamento e comunicare bisogni ed offerte.

Un tempo però l’uomo comunicava con i singoli o a un gruppo ristretto di persone. Anche i grandi comunicatori per quanto dotati di voci stentoree e collocati in posizioni vantaggiose per farsi udire potevano farsi sentire da gruppi relativamente ristretti di uditori.

Da quando Gutemberg ha scoperto la stampa e soprattutto da quando l’uomo ha avuto a disposizione il microfono, la radio, la televisione ed ora anche internet, anche il più umile e modesto dei comunicatori, potenzialmente e senza grandi difficoltà, può comunicare con gli abitanti del mondo intero.

Questa possibilità offerta ad ogni cittadino del mondo è certamente una splendida conquista, purtroppo però c’è sempre il rovescio della medaglia, la parola si è inflazionata, svilita, quasi totalmente svuotata di significato, tanto da diventare una mosca molesta e fastidiosa da scacciare perché importuna.

Ora c’è il grande problema di riempire la parola di contenuti e di autorevolezza.

Oggi c’è il rimpianto e la nostalgia dell’uomo saggio e pensoso, che pur pronunciando poche parole offre messaggi e valori per la vita.

Cristo, non solo c’è riuscito ma si è fatto apprezzare dai suoi cittadini perché “parlava con autorità” e non come gli scribi. Cartesio, il filosofo, ha fatto suo l’insegnamento di Cristo e dei grandi pensatori dell’antichità quando parla delle “Idee chiare e distinte”.

Oggi il problema non è più quello di comunicare, ma quello di riempire la parola di saggezza, di contenuti veri, elaborati con pazienza, nella riflessione e meglio ancora confrontate con la Parola di Dio.

Di natura mia sono parco di parole, e questo è sempre stato un cruccio consistendo la mia missione nel passare il messaggio, ora mi viene da concludere che sia un dono quello che un tempo pensavo fosse una deficienza.

L’eredità che lascerò

Il nostro mondo mi pare che assomigli sempre più ad un rullo compressore, che stritola tutto quello che trova e rende appiattite ed irriconoscibili le persone anche quando sono personaggi notevoli.

Fino ad una ventina di anni fa era nota a tutti la bella e singolare figura di Raoul Follerau, l’apostolo dei lebbrosi.

Questo francese con la faccia rotonda e dalla “farfalla vistosa” al posto della cravatta, quasi sempre in compagnia della moglie, il quale appoggiandosi al bastone da passeggio, girava in lungo e in largo il mondo per portare avanti la sua impegnativa e provvidenziale “guerra” contro la lebbra, quella terribile malattia che fino a poche decine di anni fa imperversava in particolare in Africa, ma anche nell’America del Sud e nei paesi dell’Estremo Oriente.

Raoul Follerau, oltre che ad essere un apostolo, che si è assunto la splendida missione di liberare i lebbrosi del mondo dalla malattia che deforma il loro corpo e li costringe ad una vita penosa ed infelice, era anche un brillante scrittore, una prosa scorrevole era la sua, ma soprattutto usava immagini e pensieri estremamente incisivi.

In questa stagione della mia vita, in cui tutto mi rende frequente il pensiero dell’aldilà, mi è capitato in questi giorni di ricordare un passaggio del testamento ideale di Follerau: “Giovani del mondo vi lascio in eredità i progetti che non sono riuscito a realizzare, le imprese che non ho portato a termine, i miei sogni che sono rimasti solo sogni”.

Riflettendo su questo singolare testamento, mi sono scoperto tanto ricco, una specie di Rockefeller che possiede un immenso patrimonio del genere di questo apostolo, che in realtà ha realizzato dei progetti veramente colossali.

Credo che ogni uomo che ama il mondo, nonostante il suo impegno, si rende conto che, sono sempre infinite le cose che rimangono da fare e che comunque lasciamo incompiute.

Va a finire che prima o poi dovrò andare da un notaio per lasciare in eredità alla chiesa di Venezia, ai suoi sacerdoti e alle tantissime persone che ho conosciuto, questo immenso patrimonio di sogni e di progetti che mi appassionano dei quali sono riuscito a realizzare solamente una piccola parte.

La mia umile ricetta per vivere bene gli 80 anni

La gente si sorprende quando dico con tutta tranquillità che tra un paio di mesi compio 81 anni.

La gente è spesso buona e soprattutto vivo tra persone che mi vogliono bene e perciò immagino facciano finta di complimentarsi per la decisione con cui tento di andare avanti, questo fa onore a loro e bene a me!

Io mi ritrovo quasi nella stagione in cui si domanda alle persone anziane la ricetta per la presunta vitalità e il segreto per aver raggiunto tale meta.

Io certamente non mi metto a dispensare ricette perché comincerei a compatirmi, a ridere di me stesso!

Posso però affermare e credo di non scoprire l’acqua fredda, che l’impegnarsi, il continuare a sognare, a lavorare fisicamente ed intellettualmente costituisce di certo un aiuto anche se non elimina tutti gli acciacchi della mente e del corpo perchè essi continuano a crescere pian piano e in maniera inesorabile. La seconda confidenza che mi sento di fare e che aiuta molto è il fatto di accettare i miei limiti, la mia età, di scegliere di impegnarmi totalmente finchè si riesce e di sfruttare principalmente quei settori in cui riesco a far qualcosa. Da ultimo, ed è una cosa che ho imparato solamente qualche settimana fa, è quella di cercar di godere delle cose che ancora si riesce a cogliere, piuttosto di crucciarmi di ciò che ormai non è più alla mia portata. Io credo di non essere ancora pronto per “partire”, penso che farei molta fatica ad accettare stoicamente ed in maniera imperturbabile se mi dicessero che la partenza è fissata fra qualche settimana o fra qualche mese, pur sapendo che attualmente il buon Dio sta mandando la “cartolina di precetto” alle classi vicine al 1929, la classe a cui appartengo.

Comunque mi distrae, mi fa passare serenamente il tempo il preparare settimanalmente “L’incontro” ogni 15 giorni il “Coraggio”, ogni mese “Il sole sul nuovo giorno”. L’impegnarmi per abbellire la chiesa della Madonna della Consolazione e soprattutto far crescere la comunità che si riunisce settimanalmente per la lode al Signore, realizzare il don Vecchi di Campalto e tutto quello che va dietro a questa avventura che credo sia ancora alla mia portata.

Non mi illudo per nulla, né mi turbo quando la stampa cittadina mi descrive come un prete vulcanico, solo io conosco bene i miei limiti, i miei acciacchi e le mie paure. Comunque vorrei impegnarmi, finchè posso, a spendere bene e generosamente il mio tempo e le mie risorse!