Il dibattito

Ci sono certi fatti che si incidono particolarmente nella mia coscienza, pare quasi che essi siano stati segnati con timbro rovente nel mio sentire, tanto da non riuscire a liberarmene per tanto tempo.

Lo scorso anno ha ascoltato e visto alla televisioni il dibattito sulla esistenza di Dio che il nostro Patriarca ebbe con Scalfari a Cortina.

In quell’occasione Scalfari è stato impietoso, arrogante, privo di ogni sensibilità umana e con affondi impietosi ha messo in grave difficoltà il nostro Patriarca il quale non aveva purtroppo avvertito che non avrebbe potuto duellare ad armi pari con Scalfari. Il Patriarca, cattedratico, solito a muoversi in ambienti rispettosi e con un denominatore comune a livello culturale, quello della fede o perlomeno di una cultura fondamentalmente cristiana.

Lui, Scalfari, invece il giornalista di successo supportato da una cultura marxista e laica ancora largamente presente nel Paese che ha sempre gratuitamente coltivato la presunzione di rappresentare la verità, il domani, e perché no, il sole dell’avvenire. In questi abbondanti avanzi del marxismo sconfitto dalla storia, permane nonostante l’assoluto fallimento storico, questa arrogante e gratuita presunzione.

In questi giorni con l’uscita del volume di Scalfari, che una volta ancora dichiara con sicurezza e sarcasmo, con argomenti arcaici ed assolutamente minoritari nella storia del pensiero umano, il suo ateismo, giudicando con sprezzante sicurezza gli uomini di fede, mi si è riaperta la ferita! Io non so se sento più pietà che ribrezzo per questa gente, comunque sono convinto che vada trattato come si merita.

E’ ora di finirla con i complessi di inferiorità, di soggezione o di pietà. Il popolo italiano ha capito ed ha manifestato con voto certo e palese la disistima per gente del genere.

Mi spiace tanto, che purtroppo, nonostante tante dichiarazioni, in realtà anche Veltroni, compagni e caudatari continuino a seguire la stessa strada.

“Il volto si fa memoria e la memoria si fa presenza”

Nelle pareti bianche del mio piccolo alloggio al don Vecchi sono appese solamente le amate Icone, che ho raccolto col passar degli anni. Le icone mi sono particolarmente care perché per me sono come delle reliquie delle preghiere di tanta povera gente, dalla fede semplice, che ha affidato a Cristo, alla Vergine ed ai santi amati dai russi la loro preghiera nei momenti difficili della loro vita grama. Ogni volta che passo accanto alle sacre immagini si sovrappongono ad esse i volti delle donne e dei vecchi che nelle loro isbe sparse nel desolato territorio pregavano di fronte a queste sacre immagini, molte di queste icone portano ancora i segni del fumo e della fiamma dei lumini accesi davanti ad esse.

Unica eccezione è un portaritratti d’argento, aperto a libro, con a sinistra la foto di mio padre con la sua vecchia Guazzetti e quella di mia madre, col suo volto mesto, mentre ricama presso un pergolato verde. Mi sono tanto care queste due istantanee dei miei vecchi genitori; mi ricordano la laboriosità, la fatica, i disagi affrontati con infinito coraggio per crescere i loro sette figli!

Quante volte me li sento così vicini cosi vivi e cosi cari mentre li guardo con tanto affetto e tanta nostalgia, quanta riconoscenza e quanto amore suscitano nel mio cuore queste due foto, tanto che io che sono cosi schivo vorrei baciare quelle immagini.

L’altro giorno, mentre tenevo in mano l’ostia bianca, su cui avevo appena pronunciato le sacre parole della consacrazione, provai lo stesso sentimento, gli stessi palpiti di quando vedo i volti dei miei vecchi genitori. L’ostia bianca, forse mi aiuta ancora di più a ricordare a dar volto vivo e raccogliere il pensiero di Cristo, ad aprirmi alla sua presenza a sentirlo accanto a me. Solo così riesco ad avvertire la presenza reale.

“Il volto si fa memoria e la memoria si fa presenza”, che stimola all’apertura al messaggio e alla presenza di una realtà particolare, ma che in ogni modo è realtà!

”…ma non è detto che abbia sempre ragione!”

Il giorno dell’inaugurazione del Centro don Vecchi di Marghera il Patriarca con fare bonario, ma non a caso disse alla folla dei partecipanti al lieto evento: “Don Armando parla poco, ma scrive molto” e poi soggiunse dando una breve pausa ”ma non è detto che abbia sempre ragione!”

L’affermazione è ovvia e quasi scontata, lo Spirito Santo non garantisce neanche al Papa d’aver sempre ragione; magari pure fosse vero! Per un povero prete come me credo che non sia per nulla preoccupato che dica sempre la verità! Prendendo la parola, avendomi quasi costretto ad intervenire, gli promisi, che sarei stato più attento; cosa che farò di certo, ma neanche in quel momento mi passò minimamente per la testa che non sarei stato onesto o che avrei taciuto per amor di pace.

Nella chiesa ce ne sono anche troppi di adulatori, di critici nascosti, di opportunisti silenti per comoda prudenza o per non compromettersi, perché anch’io mi aggiunga a questa povera gente. La critica per la critica o per partito preso o per invidia ritengo un comportamento ignobile, però dire quello che penso essere la verità per amore della causa e della comunità di cui sono sempre parte integrante, la ritengo un sacro dovere, specie nei riguardi di chi ha compiti di responsabilità nella Chiesa.

Costoro sono spesso isolati, i palazzi e la carica sono come un insuperabile muraglia cinese per gli apporti di verità e i contributi che possono venire dal basso per le scelte pastorali. La massima che mi ha sempre guidato durante la mia lunga vita di prete, che mi ha gratificato moralmente, ma mai mi ha difeso da reprimende e da emarginazioni più o meno coperte è stata quella del profeta del nostro tempo don Primo Mazzolari: “Libero e fedele”: C’è stato qualcuno meno fortunato di me che a quarantanni è stato promosso a Barbiana una parrocchia di una trentina di abitanti, ma forse per questo don Lorenzo Milani è diventato uno dei preti più amati e ascoltati nel nostro tempo.

Il seme della parabola

Il mio piccolo gregge è formato in maggioranza da donne di tutte l’età, ma fortunatamente non mancano i giovani e gli uomini, taluno anche di prestigio.

Vedo frequentemente tra la folla dei fedeli il giudice del tribunale dei minori, specie ora che ha perso la sua dolce Chiara, viene nel camposanto per onorarne la memoria, per pregare per la sua anima, ma credo anche per chiederle d’aiutarlo nella sua solitudine. Qualche giorno fa, con quel suo fare semplice, cordiale e bonario mi disse alla fine della messa “a quando don Armando il diario del 2007? quello del 2006 l’ho già terminato di leggerlo!” Gli sorrisi riconoscente ed un po’ imbarazzato, perché vedendo come stanno andando le cose, sono propenso di dare alla stampa quello del 2007, dato che le bozze sono gia pronte.

Qualche settimana fa una suora dello stato maggiore delle Dorotee, mi ha confidato che fa la meditazione sul mio diario; questo non mi imbarazza soltanto, ma mi mette in crisi, perché non vorrei traviare un’anima semplice e bella con le mie rudi prese di posizione, se a volte esse sono talmente prive di garbo e di prudenza. Credo d’aver si il veleno dei serpenti, ma non la semplicità delle colombe,come ci chiede Gesù!

Una suora missionaria m’ha mandato una foto con il mio diario sul tavolo di lavoro. Taluno mi ringrazia per la franchezza, talaltro mi dice che si diverte nel leggerlo. Io spero e trepido augurandomi che le mie tante parole siano come il seme della parabola e non come le piume della maldicenza che San Filippo Neri precisò che erano ormai irrecuperabili.

La “liturgia” della giustizia

Un prete anche se vecchio, risente dell’aria che tira nel mondo in cui vive. Al Gazzettino, do’ almeno una sbirciata ogni mattina, il pranzo e la cena anche per questo povero vecchio prete sono “allietati” dal telegiornale. E tutti sanno che goduria siano questi strumenti di comunicazione di massa. Talvolta mi pare che notizie che questi mass- media ci forniscono assomiglino molto alle epigrafiche le imprese di pompe funebri espongono sui vetri delle loro agenzie!

Anche nel settore tormentato della giustizia pareva che ci fosse un riverbero dell’arcobaleno della “Pax” di cui o parlato ieri. Il ministro della giustizia aveva usato tante cortesie e quasi per ricambiare i magistrati avevano espulso dalla loro congregazione un giudice che non era riuscito a studiare durante otto anni le motivazioni di una sentenza; motivo per cui mafiosi catturati con tanta fatica da carabinieri e polizia erano stati liberati per decadenza dei termini o dei tempi.

Un gesto significativo a quanto pare una specie di liberazione del soldato ebreo da parte di Amas.

Io non cè l’ho con i magistrati e con la giustizia, ci vorrebbe altro! Anche se mi fa un certo che, che i dipendenti dello Stato meglio pagati accumulino ventimila pratiche inevase soltanto a Venezia. Non sono mai stato tenero per quanto riguarda il mio mondo con l’ampollosità della liturgia, ma sia ben chiaro che la “Liturgia” della giustizia è ben più ampollosa ed assurda. A me è capitato di esser convocato alle 8,30 del mattino per fare da testimone per un furtarello sulla cassetta delle elemosine e di passare mezza giornata ad ascoltare sciocchezze, futilità con risultati superati ed assurdi e il tutto come se si trattasse della cosa più sacra di questo mondo. Non so da chi dipende ma credo che bisogna semplificare, sveltire svecchiare perché quella gente pare non si sia accorta che siamo nel 2008 non nell’anno uno o giù di li.

Santa Rita (la Santa degli impossibili) e il dialogo in politica

M’era parso finalmente di scorgere dopo tante burrasche, sul cielo d’Italia l’arcobaleno, ben s’intende non quello dell’estrema sinistra, ma quello più rasserenante di Noè.

Finalmente il mio cuore aveva battuto forte per l’annuncio della “Pace politica” preannunciata da Veltroni e Berlusconi.

Mi sono subito detto: “Era ora!” Possibile che nel nostro Paese quando chi sta al governo reputa bianca una soluzione, l’opposizione dica sempre “No è nera!”

E quando chi era all’opposizione e va al governo, capiti la stessa cosa! Penso da un pezzo “O questa gente è pazza, o è disonesta!”

L’arcobaleno segnalato con frequenza dalla maggior parte dei giornali, dico la maggioranza perché c’è qualcuno che si ostina a ritenere una lettura che maggioranza e minoranza si mettano finalmente d’accordo, questi però sono certamente matti e anche disonesti! (chiusa la parentesi) pareva preannunciasse finalmente il bel tempo. Mi sembrava che politici di centro destra e di centro sinistra, si fossero finalmente decisi a dialogare, discutere per trovare delle soluzioni concordate.

A me che sono un politicamente ingenuo, sembrava di constatare già i primi risultati di questa “Pace”: erano infatti stati eliminati gli aculei estremi dello schieramento politico, i bastian contrari di professione che inseguivano eteree chimere e che non avevano proprio capito nulla dei fallimenti, delle catastrofi economiche e delle tragedie umane di certe utopie.

Signor no!

Veltroni ha ripreso l’antica grinta e le vecchie frasi della famiglia da cui proviene, Berlusconi accigliato riparte lancia in testa per la nuova tenzone! Mi spiace, non mi resta che ricorrere agli ottavari, ai tridui e alle novene a S. Rita, la santa degli impossibili! Però ho paura che sarà dura anche per lei!

GREST e altre esperienze

In queste ultime settimane ho letto con molto piacere in “ Gente Veneta” che quasi cinquemila ragazzi della diocesi quest‘anno hanno partecipato al grest organizzato dalle parrocchie del Patriarcato.

Ho seguito per le varie soluzioni scelte dalle varie comunità cristiane. Alcune parrocchie fanno le cose in grande con la partecipazione perfino di duecento ragazzi, altre con numeri più ridotti, altre niente. Comunque pare che ci sia una ripresa generale di queste attività esterne di divertimento e di formazione.

La cosa mi fa veramente piacere, perché avevo la sensazione che nel piccolo mondo parrocchiale ci fosse abbastanza la tentazione di tirar avanti alla meno peggio con l’amministrazione dei battesimi, funerali, pochi matrimoni, un po’ di dottrina cristiana e di messa festiva. Spero proprio che la mia sensazione fosse davvero non rispondente al vero. Quando ero parroco il grest a Carpendo non è mai stato un gran che, un po’ perché i miei collaboratori diretti non ne erano troppo convinti ed un po’ anche perché durante il periodo estivo portavamo quasi duecento scout ai vari campi e altrettanti alla malga dei faggi, la casa alpina delle parrocchie. Qualche tempo fa Don Danilo e i coniugi Bonaldo, che e Carpendo si occupano dei chierichetti, mi hanno gentilmente invitato alla cena con cui hanno concluso l’anno di servizio liturgico; sono rimasto entusiasta ed ammiratissimo di questo splendido e numerosissimo gruppo di bambini, bambine e di adolescenti, accompagnati dai loro giovani genitori che hanno letteralmente gremito l’ampia sala da Pranzo del don Vecchi!

lo rimango del parere che la chiesa abbia ancora una grande quantità di cartucce da sparare, che quasi tutto sia possibile, che la vita pastorale vissuta sempre in attacco, che il domani sia il tempo più redditizio per l’affermarsi del Regno. Tutto questo però ha bisogno di convinzione, di coraggio, di spirito di sacrificio, di generosità e di impegno!

A proposito di vacanze

Ogni tanto qualche persona cara che mi vive accanto e che mi conosce fa un sorriso di compatimento un po’ divertita quando sono preoccupato se perdo qualche mezz’ora di tempo senza essere impegnato in qualcosa che reputo giusto fare. Sono sempre stato un po’ stacanovista e rigido con me stesso nell’impiego del tempo e del denaro.

Invecchiando questo assillo sta aumentando. Talvolta penso che nasca dalla consapevolezza di non aver avanti a me molto tempo e molte energie, talora invece sono portato a pensare che impegnando bene le risorse si possono fare ancora delle cose belle delle quali possano beneficiare tante creature ormai impotenti ed in balia della sorte.

Io non sono mai stato ricco, la mia famiglia era una famiglia di artigiani, mio padre e mia madre hanno lavorato sodo per crescere la nidiata di sette figli, e giustamente io, ma anche tutti i miei fratelli, abbiamo cominciato presto a lavorare.

Ricordo che quando tornavo dal seminario, mentre alcuni amici mi raccontavano che trascorrevano le vacanze in montagna, io invece aiutavo il babbo nella sua bottega di falegname; scaldavo la colla, raddrizzavo i chiodi vecchi per poterli riadoperare! Questa scuola mi ha educato al risparmio, all’impiego serio del tempo, al rigore di una vita impegnata. Qualche giorno fa, sentendo che la gente fa debiti pur di andare in vacanza, m’è venuto da chiedermi “come passerò le mie vacanze quest’anno? Poi mi venne quasi da sorridere. Non ho mai fatto vacanze almeno che non si dica vacanza portare in montagna un centinaio di ragazzini, dormire per terra, mangiare quanto i ragazzini cucinavano

Ora scelgo di rimanere a casa, perché al don Vecchi c’è tanto verde e si sta bene, perché ho da fare e perché mi rimorderebbe troppo la coscienza spendicchiare per nulla, quando centinaia e centinaia di milioni di esseri umani, non hanno acqua, pane, casa e vivono in condizioni disumane. La solidarietà per me non è e non può ridursi ad una predica, né un discorso che vale solamente per gli altri!

Un piccolo paradiso in terra

Un pomeriggio mi sono concesso una passeggiata.

Avevo fatto la visita quotidiana ai magazzini ove una cinquantina di volontari prestano il loro turno di servizio nella distribuzione dei vestiti, dei mobili, dei generi alimentari e degli strumenti per gli infermi. Ai magazzini ogni giorno c’è un affollamento sereno di un mondo cosmopolita, di razze ed etnie diverse; dalla gente dalla pelle scura giunte dall’Africa, settentrionale, Marocco, Tunisia, Algeria, Madagascar ecc… alla gente che viene dal freddo: ucraini, moldavi, polacchi, rumeni. Mi rendo sempre più conto che quando c’è rispetto, comprensione e fraternità la lingua, la religione e i costumi non costituiscono una barriera, un problema di convivenza. La gente dei magazzini, siano volontari, che clienti s’intendono benissimo, bastano poche parole per comunicare: ciao, grazie, ti sta bene!

I problemi di integrazione, di convivenza, di flussi o dei permessi di soggiorno pare siano inventati dai politici e dai sociologi; quando la gente si da una mano e si tratta con amicizia e rispetto tutto s’accomoda nel miglior dei modi.

Fatto il giretto sono uscito nel parco, avendo notato che due care signore, sapendo quanto amo i fiori, stavano riordinando le aiuole. La giornata era veramente bella, numerosi anziani stavano nella piazzetta a crocchi seduti attorno ai tavolini a chiacchierare, ogni tanto uscivano “le bariste” per servire il gelato, una birretta fresca o il caffè.

Incontrai le signore che accudivano ai fiori con dei copricapo in testa per proteggersi dal sole; vidi in loro gli antichi gesti delle nostre vecchie donne di campagna, gente bella, semplice sana laboriosa.

Quindi mi sono avviato al mio “eremo” per occuparmi dell’ “Incontro”, mentre camminavo lo sguardo leggeva ed accarezzava le pietre con i nomi di infiniti benefattori. Quello che vedevo: bellezza, pace, ordine, serenità era frutto della loro generosità, forse non lo sanno, però hanno costruito veramente un piccolo paradiso in terra!

…e la nuova chiesa del cimitero di Mestre?

Esattamente due anni fa sembrava che la chiesa del cimitero fosse ormai cosa fatta: si trattava di lasciar trascorrere solamente i tempi tecnici, assurdi ed infiniti quanto si vuole, ma che comunque hanno termine.

L’architetto Caprioglio s’era illuso che per la fine del 2008 anche a Mestre ci fosse un luogo degno ove i cristiani potessero pregare per le decine e decine di migliaia di concittadini che in questo piccolo lembo di terra hanno trovato l’ultima dimora. S’era studiato un piano finanziario per il quale non solamente l’amministrazione comunale non avrebbe speso un centesimo, ma i mestrini senza alcuna imposizione avrebbero finanziato non solo la chiesa, ma avrebbero provveduto a costruire una sala in cui i fratelli non credenti potessero onorare i loro morti. Il comune avrebbe solamente dovuto con una fideiussione o un mutuo , anticipare il denaro che avrebbe poi recuperato in un po’ di anni. “Meglio di cosi, si muore!” dice la gente.

Il tutto sarebbe stato troppo facile, però in un mondo in cui regna la burocrazia, l’inefficienza e la sistematica complicazione tutto pare paralizzato e bloccato, avvolto nel silenzio.

E’ vero ci sono problemi più importanti, la gente può pregare sotto la pioggia e al gelo, oppure può abbandonare i morti alla loro sorte!

Si preferisce distruggere il piazzale del cimitero, fatto pochi anni fa, che nessun cittadino ha chiesto di cambiarlo, complicare la circolazione, perchè? Nessuno ce lo dice; probabilmente ci sono interessi che l’opinione pubblica non conosce!

Così centinaia di cittadini staranno sotto il sole e sotto la pioggia con queste stagioni irrequiete e sballate, ma la chiesa del camposanto che non solo ogni città, ma anche ogni borgo per quanto selvaggio, possiede a Mestre non si fa.

Mestre: “Sul ponte sventola bandiera bianca”?

Mi viene da pensare che quando un popolo comincia a decadere questo processo non si fermi a metà strada, ma continua inarrestabile finché non arrivi alla sua completa distruzione.

Un tempo pensavo che il ciclo della decadenza della Serenissima Repubblica di Venezia fosse decisivamente terminato prima con l’arrivo dell’albero della libertà piantato nei campielli di Venezia e poi con la resa definitiva all’impero degli Asburgo.

Invece no; la decadenza continua sia nelle pietre della città che si corrodono, che nell’esodo continuo dei veneziani della città insulare verso la terraferma, che nel chiudersi dei negozi della città e nelle vendite delle case agli americani, giapponesi e russi perché vi trascorrano un paio di settimane nella città museo. Ho fatto queste tristi melanconiche considerazioni i giorni scorsi in occasione di due incontri. Il primo con un membro della Comunità di Sant’Egidio che nella vicina Padova prospera numerosa ed efficiente, mentre da noi a Mestre è ancora una piantina stantia che stenta attecchire.

Il secondo andando per una volta ancora a visitare una mia “vecchia” parrocchiana alla Casa dei gelsi a Treviso, la splendida struttura che i trevigiani hanno costruito per chi sta terminando i suoi giorni su questa terra affinché terminino in maniera degna la vita assistiti dai loro cari, dalla scienza e dai concittadini. Confrontavo le stanze, l’ordine, il decoro, l’efficienza, gli spazi, il verde, i fiori di questa magnifica struttura con l’ospice del policlinico San Marco, un vero deposito per moribondi, e con la vita seppur coraggiosa, ma tribolata dell’Avapo mestrina, la corrispondente dell’Advar trevigiana. Pare che una volta ancora riecheggino le meste e sconsolate parole del poeta “sul ponte sventola bandiera bianca!”

Pensionati e calciatori

Io non sono un fanatico del calcio. Non nego sia uno spettacolo piacevole, perché di spettacolo si tratta; il calcio oggi è una specie di circo equestre aggiornato, al posto dei trapezi e dei giocolieri, vi sono le corse, e acrobazie per fermare e lanciare il pallone, l’entusiasmo chiassoso e colorito della folla e le chiacchiere veloci e spigliate dei cronisti, ma niente di più! Quando gioca l’Italia, mi concedo talvolta due orette di questo spettacolo, anche se mi resta sempre il rimorso e la sensazione di aver impiegato male il mio tempo.

Il guaio, poi, è che la nostra squadra mi pare più lenta, più svogliata degli avversari; gli italiani o perdono o vincono per scommessa o per il rotto della cuffia. E sì che sono pagati bene, anzi dicono troppo bene! Gente che guadagna miliardi alla stagione, perché dovrebbe sudare, arrischiare di farsi male e correre come dannati? Quando penso a queste cose, piuttosto banali, mi torna sempre alla mente che il nostro Paese avrebbe bisogno di un rilancio morale ed ideale, di capi capaci di esigere di più, di pretendere un impegno migliore, una vita più parca, di un costume più sano!

Ma con questa classe politica, con la televisione che distrugge ogni valore, con dei sindacati sempre bastian contrari, con industriali che non vedono che il loro profitto senza di condividerlo con i propri dipendenti, una Alitalia che produce miliardi di passivo, preti che rischiano sempre più di diventare impiegati statali a stipendio fisso e posto assicurato.

Io prego talvolta che il buon Dio ci mandi un nuovo S. Francesco d’Assisi o un Savonarola, un altro Don Milani, o un duplicato di Papa Giovanni, un La Pira o un De Gasperi, comunque un qualcuno che ci faceva sognare, capace di pretendere piuttosto che promettere non sempre usando la carezza, ma anche la frusta!

Perrotta e Veltroni mi avevano indotto per un attimo a sognare, ma ora pare che anche questa illusione si sia spenta.

Cosa possiamo sperare finché per le strade di Napoli da mesi e mesi si accumulano tonnellate e tonnellate di spazzatura, la mafia ed associati detta legge nel meridione, finché ci sono italiani a mille euro al mese, pensionati a cinquecento, e calciatori a centinaia di milioni di euro?

Anche la rappresentanza ha un suo ruolo!

Molti anni fa, presso Piazza Ferretto, si era aperto un “Centro Benessere” per gente stanca, stressata, fuori peso, e comunque desiderosa di migliorare la propria immagine e la propria prestanza fisica. Venne in canonica una inviata di questo Centro per chiederci una mano a reclamizzare questa iniziativa, che, a parer loro, aveva anche una valenza spirituale perché dicevano che se la gente si sente bene, è anche più propensa a pensieri e rapporti più positivi.

L’aspetto particolare che mi colpì fu la ragazza che ci portò di questa pubblicità: era una giovane veramente meravigliosa; sprizzava armonia, freschezza, entusiasmo e bellezza da ogni poro. Tanto che mi venne spontaneo pensare che quel centro benessere fosse veramente una sorgente di efficienza e di vita piena di fascino. Io non andai al Centro benessere, e non so proprio come andò a finire, comunque compresi l’importanza di presentare bene qualsiasi iniziativa.

Qualche giorno fa ebbi pressappoco la stessa impressione su un argomento ben diverso, ma che mi richiamò il vecchio ricordo. Vengo al fatto. Recentemente ho dedicato un certo numero de “L’Incontro” alla Comunità di Sant’Egidio, realtà che conoscevo poco, ma pensavo meritasse di essere presentata fra i movimenti di ispirazione cristiana, ora presenti nella nostra società.

“L’Incontro” è importante, ma comunque nasce e muore a Mestre! Qualche giorno dopo l’uscita del periodico, mi telefonò una voce giovanile che disse avrebbe avuto piacere incontrarmi in merito alla Comunità di S. Egidio, e con mia grande sorpresa, disse essere presente anche a Mestre, ove svolge la sua attività di formazione cristiana ad Altobello e di solidarietà alla stazione distribuendo panini e aprendo un dialogo fraterno con quella settantina di anime morte, che passano la notte nei paraggi della stazione.

Ricevetti la delegazione formata da un giovane ingegnere, piuttosto parco di parole, ed una simpaticissima ragazza, che parlava, invece, in maniera quanto mai fl uida e convincente, con una voce calda, degli occhi espressivi e luminosi, ed un sorriso accattivante.

L’incontro fu certamente positivo e piacevole; ho conosciuto meglio la vita e l’attività della Comunità, nata a Roma, ma presente con una settantina di aderenti anche a Padova, ma soprattutto ho pensato che se i nostri giovani e le nostre ragazze avessero modo di incontrare queste creature, finirebbero pure per pensare che la Comunità di S. Egidio sia veramente una bella cosa e sia quanto mai opportuno aderirvi!

Anche la rappresentanza ha un suo ruolo!

Una rondine al Centro don Vecchi

Annotai nel mio diario della scorsa estate, quanto fossero contenti gli anziani del Centro per il servizio al pranzo offerto da due ragazzine di Santa Maria Goretti.

Terminata la scuola, due ragazze, una bionda esuberante ed estroversa, ed una morettina piuttosto silenziosa e riservata, scelsero di offrire due, tre ore al giorno per servire al seniorestaurant, ove ogni giorno, una novantina di anziani del Centro, poco amanti dell’arte culinaria, o poco in sesto con la salute, mangiano al ristorante del Centro con tre euro e cinquanta al pasto.

Era piacevolissimo vedere queste due fanciulle, veloci e sorridenti, aggirarsi vezzose tra i tavoli, scambiando qualche battuta, rispondendo ai desideri dei vecchi commensali, ritirare i piatti sporchi ed offrire quelli con le pietanze sfornate dalla cucina, dove, ogni giorno, una decina di volontarie cucinano, scodellando chiacchierando a ruota libera. Penso sia difficile trovare in città un ristorante con tanto personale quanto quello che lavora al Don Vecchi!

Con l’inizio della scuola le due rondini presero il volo e tra i tavoli ricomparvero tanti camerieri anzianotti, traballanti e con poco o nessun fascino. Fortunatamente ha preso coraggio ed è uscita dalla sua riservatezza, Rita, l’adolescente che al sabato sera serve Messa e che, alla domenica, inizialmente con un po’ di rossore, ma ora più sicura e consapevole del suo fascino primaverile, giostra con destrezza tra i tavoli dei nonni e bisnonni, quasi danzasse un valzer.

Rita parla poco, sorride meno, ma ora pian piano sta aprendosi, avvertendo forse nel suo inconscio, che agli anziani è quanto mai gradevole la sua grazia e il suo modo gentile e cortese di porgere le vivande, accompagnando finalmente il gesto con un principio di timido sorriso. Il servizio di Rita è quanto mai utile, ma forse sarebbe pure gradito se porgesse agli anziani anche solamente piatti vuoti! Beata giovinezza!

L’Incontro

L’affermarsi dell’Incontro rappresenta un vero miracolo. In un paio d’anni abbiamo fatto un giornale, abbiamo una linea editoriale, creato una tipografia dal niente, posto in atto una rete di distribuzione, battendo di gran lunga tutta la “concorrenza”, tanto che si stampano ogni settimana un numero di copie tali da eguagliare quello di tutti i bollettini delle parrocchie di Mestre messi assieme. La notorietà, poi, raggiunta è tale, che molte volte siamo stati citati dalla stampa cittadina, un paio di volte da quella nazionale, ed una, perfino, dal notissimo “Le monde”. La Curia poi, segue con attenzione e talvolta, forse, con preoccupazione questo periodico “Libero e fedele”

Ora, poi, al periodico si è aggiunta una piccola, ma intraprendente Casa editrice, che sforna almeno due o tre volumi all’anno. Il periodico diventa, poi, un traino ed un portavoce delle realtà che stanno alle spalle e lo sorreggono: la Fondazione Carpinetum, l’associazione Carpenedo solidale, la Chiesa del Cimitero con l’indotto di queste realtà.

Se è vero come dicono, che ogni giornale è letto da quattro persone, ciò vuol dire che ogni settimana, sedicimila cittadini sono messi a conoscenza de “Il Samaritano”, dell’Ostello S. Bendetto, dei Centri don Vecchi e dei magazzini dei vestiti, dei mobili, degli alimenti, dei supporti per le infermità, e della galleria S. Valentino. Quello che c’è di più bello sono la trentina di volontari che lavorano con passione ed entusiasmo per questa testata.

Nomino per tutti, Luciano Valentini che la sorte gli ha fatto trovar casa a Mogliano, ma rimasto fedele al suo impegno di “strillone”, a tutt’oggi, ha percorso ben 980 chilometri di strada in bicicletta per diffondere l’Incontro. Nemmeno Bartali e Coppi
ne hanno fatta tanta “senza ricevere un soldo”!