Un pomeriggio mi sono concesso una passeggiata.
Avevo fatto la visita quotidiana ai magazzini ove una cinquantina di volontari prestano il loro turno di servizio nella distribuzione dei vestiti, dei mobili, dei generi alimentari e degli strumenti per gli infermi. Ai magazzini ogni giorno c’è un affollamento sereno di un mondo cosmopolita, di razze ed etnie diverse; dalla gente dalla pelle scura giunte dall’Africa, settentrionale, Marocco, Tunisia, Algeria, Madagascar ecc… alla gente che viene dal freddo: ucraini, moldavi, polacchi, rumeni. Mi rendo sempre più conto che quando c’è rispetto, comprensione e fraternità la lingua, la religione e i costumi non costituiscono una barriera, un problema di convivenza. La gente dei magazzini, siano volontari, che clienti s’intendono benissimo, bastano poche parole per comunicare: ciao, grazie, ti sta bene!
I problemi di integrazione, di convivenza, di flussi o dei permessi di soggiorno pare siano inventati dai politici e dai sociologi; quando la gente si da una mano e si tratta con amicizia e rispetto tutto s’accomoda nel miglior dei modi.
Fatto il giretto sono uscito nel parco, avendo notato che due care signore, sapendo quanto amo i fiori, stavano riordinando le aiuole. La giornata era veramente bella, numerosi anziani stavano nella piazzetta a crocchi seduti attorno ai tavolini a chiacchierare, ogni tanto uscivano “le bariste” per servire il gelato, una birretta fresca o il caffè.
Incontrai le signore che accudivano ai fiori con dei copricapo in testa per proteggersi dal sole; vidi in loro gli antichi gesti delle nostre vecchie donne di campagna, gente bella, semplice sana laboriosa.
Quindi mi sono avviato al mio “eremo” per occuparmi dell’ “Incontro”, mentre camminavo lo sguardo leggeva ed accarezzava le pietre con i nomi di infiniti benefattori. Quello che vedevo: bellezza, pace, ordine, serenità era frutto della loro generosità, forse non lo sanno, però hanno costruito veramente un piccolo paradiso in terra!