Ci sono certi passi della Bibbia, che nonostante i miei ottant’anni e le mie quotidiane frequentazioni del testo Sacro, mi mettono ancora in difficoltà.
Uno di questi passi è “Il sacrificio di Abramo”, ma non è l’unico passo!
Mentre leggevo, durante la messa questa pagina, la prima angosciante domanda che dagli occhi mi scese al cuore è la constatazione che anche nel così detto “Popolo di Dio”, come in tanti altri, si praticavano sacrifici umani.
La storia è arcinota: Abramo carica la legna del sacrificio sulle spalle dell’unico amato figlio Isacco, giunto sulla cima del monte, lo lega ed è pronto a colpirlo con un fendente, sennonché Dio lo ferma all’ultimo istante.
I commentatori dicono che Dio voleva provare la fede di Abramo! Però è ben difficile, almeno per me, comprendere una prova così terribile e disumana da parte di un Dio che poi ci avrebbe permesso di chiamarlo “Padre”.
La fede di Abramo è certamente una fede della tempra che Trilussa, il poeta romanesco, dice che deve avere: “la fede è tale quando è senza i ma, i chissà, i perché!”
Però mi veniva da pensare: “chi riuscirebbe oggi a trovare una fede di questa tiratura?” Ed anche: “chi potrebbe apprezzare oggi una fede di questa fatta?”
Mentre pensavo, turbato, a queste cose, il Cristo che mi stava alle spalle cominciò a sussurrarmi con un timbro un po’ ironico: “Ma, don Armando, non ti ricordi della signora Corrà, che senza conoscerti personalmente, un giorno venne a dirti: don Armando ho deciso di donarle un miliardo per il don Vecchi! Questa non ti pare fiducia e tu non sei certamente l’Altissimo! E non ti ricordi di quanta gente ti ha donato soldi, ha messo a disposizione il suo tempo, le sue risorse? E’ vero che hai cercato di essere coerente e di non approfittare della loro buona fede, però loro si sono fidati di te, povero e vecchio uomo! Allora perché ti sorprendi tanto che Abramo si sia fidato di Dio?”
Che cosa posso rispondere a queste argomentazioni? Hai ragione, Signore, cercherò di essere meno critico e di fidarmi di più di Te che dell’opinione pubblica, che da tanto dovrei sapere quanto fatua e mutevole sia!