Ho letto con tanto interesse un articolo, passatomi da un mio carissimo amico, su don Primo Mazzolari. Nulla di straordinario sentir parlare di don Mazzolari, dato che era l’anniversario della sua morte.
In queste ultime settimane ne hanno parlato un po’ tutti i giornali, sia quelli di estrazione cattolica, sia la stampa laica. Don Mazzolari è una personalità di tale levatura che supera tutti gli steccati che normalmente ingabbiano le figure di minor respiro umano, sociale e religioso.
Lo strano è che l’articolo passatomi era del “Secolo d’Italia” e faceva eco alla commemorazione che Fini ha fatto alla Camera e il segretario del PD a Bozzolo, la vecchia parrocchia di don Primo.
Io sono quasi geloso di questa splendida figura di prete, lo considero un padre del mio sacerdozio, anzi un salvatore. Se non ci fosse stato lui a darmi della chiesa, della religione e del sacerdozio una lettura alta e nobile, credo che le infinite meschinità ecclesiastiche avrebbero finito per nausearmi e sommergermi.
Di don Mazzolari ho fatto mio, e spero di esservi sempre sostanzialmente rimasto fedele, il suo motto: “Libero e fedele”. Ho imparato da lui il coraggio di oppormi al male, che purtroppo s’annida anche nella chiesa, combattendolo dall’interno.
La prima reprimenda e purtroppo o per fortuna non l’unica, l’ho presa perché in seminario leggevo “Adesso” il periodico di don Primo che ha inciso così profondamente, che ancora mi fa sognare e mi impegna a lottare per una chiesa povera, libera, schierata con i poveri, baluardo contro ogni compromesso e prepotenza contro l’uomo.
Don Mazzolari, don Zeno, don Milani sono per noi preti italiani, bandiera talmente bella e gloriosa per cui nessuna battaglia ti sembra inutile o troppo impegnativa.
Noi preti siamo sempre meno, ma se in Italia ce ne fossero ancora solo una mezza dozzina al secolo, di preti di questo stampo sarebbero sufficienti per far conoscere all’intero Paese il volto più vero e più entusiasmante della nostra chiesa.