La sorpresa di primo mattino di lunedì santo è stato il terremoto all’Aquila. Immagini desolate: macerie, gente per strada, vecchi smarriti, soccorritori affannati e cronisti che imperversano macinando continuamente le poche notizie.
Qualche dichiarazione politica rassicurante, promesse di pronta ricostruzione alle quali purtroppo si prevedono lungaggini, imbrogli e mafia.
Questa notizia ha smorzato, fin dal primo giorno della settimana santa, il sogno di una primavera prorompente quale cornice e segno di resurrezione di vita nuova.
Durante la settimana santa ho cercato di scandagliare il fondo della mia coscienza per scoprire sentimenti, reazioni e stati d’animo da coniugare con i misteri pasquali che la liturgia una volta ancora ci proponeva.
In quest’ultima settimana più volte ero rimasto turbato per il riaffiorare di un ateismo militante che, con arrogante supponenza si rifà al secolo dei lumi o all’anticlericalismo ottocentesco di stampo liberale o socialista, si è manifestato abbastanza frequentemente mediante articoli, pubblicazioni di volumi, trasmissioni televisive, la pubblicità negli autobus genovesi.
Questo tentativo di rivalsa agnostica ed atea, tronfia che sventola i vessilli della scienza, della libertà mi ha fatto ritornare in mente il racconto che il Guareschi premette a “Mondo piccolo”. Il buon Dio, pur paziente, alla fine si stanca della traballante torre di Babele con cui gli uomini tentano di sbalzarlo dal suo trono e muove l’ultima falange del dito mignolo e la torre rovina a terra in un mucchio di macerie.
Io non so se il buon Dio abbia fatto questa volta, tutto questo, certamente no, ma comunque l’abbiamo abbondantemente meritato!