Spero, o forse mi illudo, che sia il grande amore che nutro per la mia chiesa e per le parrocchie che le danno volto, che mi rende così critico ed esigente nei loro riguardi.
Quando registro che comunità parrocchiali di cinque o seimila abitanti si accontentano di un paio di messe domenicali, quando constato che le chiese rimangono chiuse per la gran parte della giornata, quando vengo a sapere che un parroco non visita le sue famiglie nemmeno una volta all’anno, anzi che i cristiani vivono e muoiono senza che certi preti neppure se ne accorgono, quando mi dicono che in certe parrocchie dopo la cresima, magari impartita a undici o dodici anni, non esiste null’altro per adolescenti e giovani, quando i giornali scrivono che gli avvenimenti, gli incontri, la vita si svolge non più attorno al campanile, ma all’ombra del centro civico o del municipio, quando avverto cristiani e preti rassegnati alla sconfitta e all’abbandono e soprattutto quando non noto nuove iniziative, tentativi, sperimentazioni pastorali coraggiose ed innovative, il mio animo diventa triste fino alla morte.
La nostra chiesa e le nostre parrocchie sembrano ripiegate sul “glorioso passato” timorose ad impaurite del domani mentre il Cristo della resurrezione, quello vero, ossia l’unico Salvatore, lo possiamo incontrare solamente avanti, nel futuro ove la vita sboccia e si fa storia.
Allora prego e spero che arrivino finalmente profeti, testimoni, cristiani folli e preti coraggiosi che cerchino il Signore oltre la trincea. Oggi la nostra chiesa ha bisogno di novità, di fantasia, di coraggio, di eroismo, di ricerca e di sperimentazione, ma per questo ci vogliono preti e cristiani disposti a pagare l’alto prezzo di questo modo di vivere e trasmettere la fede, convinti che solo così si incontra il Signore della vita!