La settimana santa è arrivata anche quest’anno puntuale e legata al plenilunio, per prepararci alla Pasqua.
La liturgia ci presenta i brani del Vangelo che inquadrano la passione, morte e resurrezione di Cristo.
Nei discorsi di noi uomini di chiesa si dà per scontato che nella celebrazione dell’Eucarestia non solo c’è la commemorazione, ma anche il memoriale di questi misteri che danno significato e pregnanza della vita.
Noi preti poi parliamo con disinvoltura della domenica come la Pasqua della settimana. Sono discorsi scontati che possiamo equiparare ai nostri “buongiorno e buonasera” che quasi sempre non evocano niente mentre li pronunciamo cento volte al giorno.
La ricorrenza liturgica arricchisce il messaggio e provoca una certa emotività ed una maggiore partecipazione al “mistero cristiano”.
Osservavo anche quest’anno come sia l’assemblea di anziani al don Vecchi che quella della chiesa del camposanto, ha ascoltato in un silenzio ricco di emotività e di partecipazione il racconto della passione di Cristo. Tutto sommato la lettura ha evocato fatti lontani, seppur importanti e significativi, però tutta la mia preoccupazione era quella di rendere attuale la passione, la morte e la resurrezione del Cristo vivente nell’umanità degli uomini d’oggi.
Se il dramma divino non diventa il nostro dramma, se non ci sentiamo parte integrante di esso, se non riusciamo a scoprire all’interno del mondo in cui viviamo il Cristo che oggi è nell’orto, che è deriso, che è flagellato, il cui trionfo è effimero e formale, se non lo scopriamo in croce, se non lo incontriamo risorto, arrischiamo di commemorare, di partecipare ad una recita teatrale, ma non a vivere oggi positivamente la nostra redenzione!