Usare con i fratelli una lingua comprensibile

Oggi ho celebrato il commiato di un concittadino che ho incontrato per la prima volta senza poterlo vedere perché la bara era già chiusa, ma che ho conosciuto comunque attraverso le parole scarne ed oneste di sua moglie.

Già me ne aveva parlato quando era ricoverato in ospedale; lei forse sperava che una mia visita l’avrebbe riconciliato con Dio e con i preti, non sapendo, questa cara donna, che per queste cose ci vuole una frequentazione tale da acquisire stima personale, cosa che solamente il cappellano dell’ospedale, se ci fosse, potrebbe fare!

La moglie, credente e praticante, desiderava che il marito se ne andasse da questo mondo accompagnato dalla preghiera della comunità, ed io pure più di lei, desideravo che la chiesa si accomiatasse da lui con un atto di riconciliazione e di amore.

Nel salutarlo ho parlato con il cuore e il più onestamente possibile.

Cominciai col dire come Sant’Agostino che “ci sono uomini che Dio possiede anche se la chiesa non possiede, e purtroppo ci sono uomini che la chiesa possiede ma che Dio non possiede” e sono quest’ultimi che combinano i più grossi guai a livello religioso e provocano rotture insanabili per il loro fariseismo e per la loro religiosità bigotta e formale, nei riguardi degli uomini più veri e più onesti.

Continuai col dire che se i preti avessero fatto conoscere a questo fratello il Padre del prodigo e non un Dio carabiniere e di corte vedute, certamente egli non l’avrebbe rifiutato.

Terminai ringraziandolo per la sua critica a noi preti, forse solamente la critica, talora aspra ed amara, di questa gente può aiutarci a non diventare funzionari gretti, interessati e poco umani dell’azienda chiesa e dal predicare una religione stantia, per nulla interessante e disincarnata.

Sono certo che ci siamo lasciati in pace, io porterò un buon ricordo di lui e spero che anche lui ricorderà con affetto questo vecchio prete che gli ha parlato con una lingua comprensibile e condivisibile.

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