Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 8 aprile 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco
Don Natalino, il parroco, è di certo un intellettuale e, come i personaggi di questo genere, non sempre si comprendono fino in fondo, o almeno per le persone modeste come me.
Il suo articolo di spalla della facciata del suo periodico è dedicato, nella prima parte, agli squilibri che l’espandersi delle costruzioni alberghiere in atto a Mestre determinano, a suo dire, nel clima sociale dei cittadini, squilibri che però mi è difficile capire. Mentre condivido fino in fondo la parte finale dell’articolo in cui egli auspica che il cristiano si immerga come il lievito in questa realtà complessa e mutevole ed immetta in essa valori e speranza. Questo messaggio non è mai ripetuto abbastanza perché spessissimo i cristiani se ne stanno alla finestra ad osservare piuttosto che essere protagonisti.
Mi par di dover segnalare pure l’articolo di Monique Pistolato che sottolinea il valore dei piccoli gesti che spesso sono ritenuti irrilevanti nel contesto del quotidiano.
Interessante e precisa come sempre la presentazione degli articoli più importanti di Gente Veneta, il settimanale della diocesi.
don Armando
DIVENTARE CIÒ CHE SIAMO
di don Natalino
Mestre sta cambiando, non sappiamo ancora come e verso dove. Qualche colpo d’occhio vien dato qua e là, manca però uno sguardo d’insieme, che sappia cogliere la complessità. Pare che i fenomeni accadano senza che qualcuno li governi. L’espandersi della domanda di recettività turistica crea occupazione o soltanto innalza il costo delle case a svantaggio dei cittadini? Il progressivo aumento di residenza universitaria rappresenta un pericolo o non piuttosto un’opportunità per dare intensità abitativa a quartieri groviera, mezzi pieni eppure mezzi vuoti? La risposta a questi e altri fenomeni, messi in luce dalla stampa locale, non può restare in poche mani, ma va realizzata ridestando una senso di responsabilità collettiva. A me pare che al momento ci siano troppe mani in tasca, inerti. Certo, vedo anche molti sforzi generosi e intraprendenti, però solitari e quasi gelosi del proprio merito. Che cosa possono fare i cristiani in questi contesto? Diventare ciò che sono, semplicemente. Buttarsi e mescolarsi nella pasta del mondo, ricordando che sono lievito non perchè più bravi, ma perchè sono uniti al Cristo morto e risorto come le membra al capo. Partecipano della sua vita, quindi della sua missione, del suo donarsi per la vita del mondo. E hanno il genio della comunione, proprio così. Non possiamo fare a meno di immettere nel nostro tessuto cittadino il respiro della speranza e lo stile della cooperazione sincera, coltivare la pratica dell’amicizia come virtù civica, promuovere la ricerca del bene comune.
PASSI FIORITI
Elogio della gentilezza
L’aria è tagliente e la stazione come un formicaio. Il treno interregionale per Trieste arriva fiacco e la gente si accalca sulla banchina. Sono lì schiacciata in mezzo a zaini, valige, borsoni, gambe pronte allo scatto. Le porte si aprono secche, quando all’improvviso un uomo alto, elegante, allarga le braccia davanti ai gradini. La folla si blocca incredula e nervosa, lui fa un gesto di deferenza. Qualcuno grida: «Che attendiamo una principessa?». Si apre un varco e svelato il mistero: un nonnino dalla chioma bianca, spiritata, avanza lento indossa una giacca troppo leggera per la stagione e si sostiene ad una stampella.
L’uomo gli porge una mano, lo fa salire, gli trova un posto e lo fa accomodare sorridendogli. Lui non sa più come fare per ringraziarlo e quasi si commuove. Questo gesto di gentilezza tra sconosciuti è una sferzata celeste sulla giornata. Penso al valore di quest’azione semplice, a come ci siamo disabituati a qualcuno che sa vedere e cogliere le fragilità altrui. In un tempo in cui la generosità e la cortesia vengono guardate con sospetto, dominato dalla diffidenza, la gentilezza è rivoluzionaria.
È un esercizio di attenzione amorevole che fa bene a chi lo compie e a chi lo riceve. Un sorriso, una mano che stringe, un attimo di pazienza rendono speciale anche la più invisibile delle esistenze. Il garbo è un modo di affrontare le questioni che crea benessere e aumenta il grado di civiltà nei nostri condomini, per strada, al lavoro, al supermercato, nei luoghi in cui viviamo. Certo è discreto e non fa rumore, ma come le acque carsiche è capace di sciogliere indifferenza e sopraffazione. Come scrisse Amelia Earhart «Un solo atto di gentilezza mette le radici in tutte le direzioni, e le radici nascono e fanno nuovi alberi».
Monique Pistolato
CHE COSA LEGGEREMO IN GENTE VENETA?
Gianluca Fabbian: «Divento prete per vivere una vita felice». Sabato 7 aprile, alle ore 10 in San Marco, il Patriarca ordinerà il giovane, che a GV racconta la sua vocazione: «L’origine è nel mio parroco, che è stato fondamentale perché… lo vedevo contento».
Nel nuovo numero del settimanale diocesano anche: Grest e campi scuola: il primo soccorso è sapere che cosa fare. Un medico, Davide Gorgi, spiega quali attenzioni avere, in parrocchia, per garantire la sicurezza quando succede’ qualcosa di inatteso al grest al campo scuola;
Kenya, il roseto d’Europa. E attorno povertà e niente acqua. L’associazione mestrina “Insieme per Wamba”, di ritorno dal Paese sull’altipiano, descrive questo paradosso tipicamente africano;
In 450 mila hanno corso la “Su e zo per i ponti”: il bilancio di quarant’anni della manifestazione podistica;
Passa la notte in camper pur di iscriversi al campeggio della parrocchia. Succede a Chirignago, dove c’è chi ha fatto la notte in bianco per non perdere il posto al campo scuola.