Qualche settimana fa, essendo andato a benedire una salma presso l’obitorio dell’ospedale all’Angelo, obitorio che si trova nel retro della porta principale della bella struttura, quasi ad illudere che chi entra da quella porta ne esce sempre guarito, mentre invece si vuol purtroppo illudere i cittadini, facendo uscire i morti dalla porta di servizio; ebbi una brutta sensazione.
In una delle porte della stanzetta accanto a quella in cui giaceva la salma del defunto che ero andato a prelevare c’era la foto di una persona che rassomigliava alla figura di uno dei miei ragazzi che mi erano stati affidati in seminario, più di cinquant’anni fa.
Lessi frettolosamente il nome, avendo poco tempo, e fortunatamente c’era scritto Evelio Miatto, mentre io avevo conosciuto Bepi Miatto!
Cercai di rassicurarmi che non era quel ragazzo di un tempo con cui avevo mantenuto rapporti, seppur saltuari di amicizia. Infatti durante l’estate, quando celebravo all’aperto e non c’era nessuno a leggere le letture della messa, saliva all’altare e con voce pacata e partecipe leggeva il testo sacro per l’assemblea.
Per me poi, nonostante avesse i capelli grigi e sapessi che era ormai in pensione da anni, lo vedevo con gli occhi dell’assistente che giocava assieme con lui, in maniera appassionata, nei cortili del seminario.
Me ne andai tentando di convincermi che non si trattava del caro amico. Se non che, qualche giorno dopo, mi si presentò, dopo la messa celebrata nella cappella del cimitero, una signora dimessa, vestita di nero, assieme a due figlie dicendomi: “Ha saputo, don Armando, della morte di Bepi?” Gli raccontai del mio dubbio ed ella mi informò che suo marito tutti lo chiamavano Bepi, ma in realtà all’anagrafe era stato denunciato come Evelio.
La risposta al mio dubbio mi rattristò alquanto. Purtroppo la morte quando è un’espressione generica è anche facile denominarla con Francesco d’Assisi “nostra sora morte corporale”, ma quando riguarda una persona cara è soltanto morte, realtà amara e misteriosa, almeno per me!