Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 21 gennaio 2018

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco

Don Natalino Bonazza, parroco di questa comunità cristiana e, prima, preside del liceo del Seminario, nel suo periodico ha sempre interventi intelligenti e di grande attualità. Talvolta però essi non son sempre immediati e facilmente leggibili. Ad esempio in questo numero, rifacendosi alla promessa di Gesù “Vi farò pescatori di uomini”, coniuga questa frase al detto, oggi in voga, “far rete”. L’accostamento è più che legittimo perché Cristo vuole coinvolgere i discepoli nel suo annuncio e nel suo progetto, però don Natalino indulge forse un po’ di più sul tipo di “rete” che Cristo ha deciso di usare. Comunque l’articolo è di stimolo per fare riflessioni serie su questo argomento.

Avevo capito poi che il giornalista parrocchiale Alessandro Seno avesse “abbandonato” il giornale, invece ritorna su questo numero con una critica ad un film appena uscito. La critica è piuttosto ostica e poco comprensibile per chi non ha visto il film. Quello che ho colto immediatamente è la morale del film: “non c’è buono e cattivo, ma tutti a turno siamo buoni e cattivi”.

Terza segnalazione: una rubrica che riassume i tre argomenti più importanti del giornale della diocesi “Gente Veneta”. L’iniziativa mi pare opportuna ed intelligente. Questa opportunità l’ha capita pure il periodico di Chirignago che ogni settimana riporta integralmente gli articoli, mentre questo settimanale, forse più opportunamente, ne fornisce solo il contenuto.

Interessante pure “Tempo di commedie”. Mi pare che più di una parrocchia abbia scelto questo strumento di conoscenza, socializzazione, ricreazione e cultura.

don Armando

«FARE RETE»
di don Natalino

Ogni slogan ha il suo momento di gloria. Se ne riempie la bocca chi segue la moda della frase fatta. Per esempio, non ho ancora capito che cosa significa «giocarsi in prima persona»… Se fosse ancora tra i vivi, Leon Bloy avrebbe l’occasione di aggiornare la sua (mitica) esegesi dei luoghi comuni e ci farebbe sorridere. Alcuni anni fa l’affermazione risolutiva che andava per la maggiore era: «occorre fare rete». Probabilmente c’è chi la rete l’ha fatta e sta cercando di farla ancora, magari senza dichiararlo troppe volte, e chi forse continua a ripetere stancamente uno slogan ma non si dà granché da fare. Mi colpisce ogni volta quello che Gesù dice ai primi che chiama a diventare suoi discepoli: «Vi farò diventare pescatori di uomini». Si tratta di un cambiamento personale ed insieme comunitario, con cui anche noi dobbiamo fare i conti tutta la vita. Alla luce di questa parola a me sembra che oggi nella Chiesa si tratta non solo di «fare» rete, ma di «diventare» rete. È una questione di verità e non solo di efficienza funzionale. La comunione non consiste nell’adattarsi – per quanto ragionevole – alla riduzione di forze e disponibilità, ma fiorisce grazie ad una docilità piena alla vocazione cristiana che è sempre per la comunione missionaria. C’è un mare, che è il nostro mondo così volubile e a tratti oscuro, ma pieno di vita, nel quale occorre gettare insieme la rete dell’annuncio, della testimonianza cristiana, della carità vissuta. Solo insieme, intrecciando legami di comunione, diventeremo rete che raccoglie gli uomini per Gesù.

Non è (più) tempo di solitari -benché virtuosi- con filo e canna da pesca.

LA CULTURA NON PAGA
È un film importante “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, uno di quelli che ci fa alzare dalla comoda poltrona che invita alla lettura (non che ci sia niente di male in questo eh!) e, per quanto sbuffando per il freddo e imprecando per la mancanza di parcheggio, poi ci fa tornare a casa più ricchi di pensiero e di interrogativi, insomma più vivi! La storia è dura, come lo è del resto la stragrande maggioranza delle esistenze comuni, una mamma divorziata che decide, in un piccolo paese della campagna statunitense, di affittare tre cartelloni pubblicitari stradali (quindi formato extra-large) per porre delle domande alla polizia locale, chiamando in causa direttamente lo sceriffo del posto. I quesiti stampati nero su bianco, anzi nero su rosso, riguardano le indagini sulla morte per omicidio della figlia della protagonista che appunto interroga le autorità che, a parer suo, dopo quasi un anno non sono riuscite a scovare l’assassino. Tutte le persone che passano per la strada dove si trovano i manifesti non possono non vederli e non possono non interrogarsi sul fatto che crudamente viene evocato dalle scritte; a maggior ragione lo fanno i diretti interessati e soprattutto il capo della polizia.

I caratteri dei protagonisti sono scolpiti nel legno, dalla mamma decisa ad andare fino in fondo passando per lo sceriffo buono ma impotente di fronte ad un delitto forse casuale. Quello che conta e che fa riflettere è la trama che si sviluppa a partire dall’affissione, come da un ‘azione corrisponda sempre una reazione ma anche come queste due siano parte integrante della stessa medaglia. E’ un film che scuote le coscienze e ci rende partecipi della difficoltà di andare oltre i nostri pensieri e i preconcetti che troppo spesso ci chiudono le porte della comprensione.

Non c’è un buono ed un cattivo, tutti lo sono a turno e spesso, molto spesso, chi si era già bollato come “nemico” può, superata la prima impressione e approfondita la conoscenza, portarci a scoprire se non la verità, almeno la parte oscura della luna.

E’ un film che farà strada, ha già vinto qualche premio e quasi sicuramente porterà a casa uno o più Oscar, quello della sceneggiatura è scontato (credo), ma aldilà dei riconoscimenti il valore di una pellicola è dato da quanto ti rimane dentro dopo averla vista, da come ci ritorni durante la giornata e dalla voglia quasi quasi di rivederlo. E allora non lasciatevelo sfuggire!

Alessandro Seno

CHE COSA LEGGEREMO IN GENTE VENETA?

Una preside mestrina 96enne racconta di quando faceva la staffetta partigiana; una figlia di Ermes Farina e Graziella Fraccon, che ricorda perché i genitori combatterono, da cristiani, per la libertà e pagarono un prezzo pesante per salvare degli ebrei: sono due testimonianze che il nuovo numero di GV riporta alla vigilia della Giornata della Memoria. Nel nuovo numero, tra l’altro:

1) Ma far festa vuol dire sballare? Una riflessione di don Gianni Bernardi sul “mestiere di vivere” dei giovani.

2) Catechista, una vocazione da sostenere formando una comunità dei catechisti: è una delle proposte lanciate dal Patriarca durante il primo fine settimana di visita pastorale a Jesolo.

3) Il 2018 sarà l’anno della rinascita di Mestre, grazie a M9, nuovi hotel attorno alla stazione e innovazione: lo dice il direttore di Confesercenti Maurizio Franceschi.

TEMPO DI COMMEDIE

Nell’auditorium della parrocchia del Corpus Domini domenica 28 alle ore 16 il Circolo NOI propone «Le pillole prodigiose»: una commedia brillante in tre atti, messa in scena dall’associazione culturale teatrale Desidera. Si dà così il via al carnevale nei patronati delle nostre parrocchie. La compagnia El Siparieto Venessian della parrocchia di San Giuseppe annuncia fin d’ora che la commedia di quest’anno sarà proposta al pubblico in date successive nell’arco della primavera.

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