Ho sempre avuto paura di avventurarmi in terreni e luoghi sconosciuti.
Ho l’impressione, quando intraprendo sentieri che non ho battuto precedentemente, che mi manchi il terreno sotto i piedi, o peggio ancora, di incappare nelle sabbie mobili col pericolo di essere inghiottito.
Provo questo sentimento sia quando mi metto in viaggio per visitare una città che non conosco, ma anche quando comincio a leggere un volume che affronta problemi di ordine religioso o morali e dando loro soluzioni diverse da quelle che mi sono state prospettate dai miei maestri di un tempo.
Sto provando questi sentimenti con la lettura dell’ultimo volume scritto dall’anziano ed ammalato arcivescovo emerito di Milano il Cardinal Martini.
In genere, quando ho superato questo istintivo timore iniziale ed ho elaborato i messaggi, finisco per averne un notevole arricchimento interiore e normalmente utilizzo poi al massimo le proposte ideali che scaturiscono da questa esperienza.
Rifacendomi ancora una volta alla lettura dell’ultimo volume del Cardinal Martini, edito recentemente da Mondadori, dopo un po’ di smarrimento iniziale per lo stile dimesso, per la sua ricerca apparentemente un po’ dubbiosa e smarrita, tanto diversa da quella delle sue omelie fatte sulla cattedra di Sant’Ambrogio con la mitria in testa ed il pastorale tenuto ben stretto in mano, sto scoprendo un mondo profondo, intenso e tanto bello. Suggerimenti dati con estrema umiltà, riflessioni discrete, tanto che sembrano più richieste che offerte, mi aprono il cuore alla stima, al rispetto, alla fiducia e all’amore.
Quanto mi ha sorpreso e poi stupito e riempito di aria pulita e di luce una sua espressione: “Di certo non possiamo pretendere che Dio sia il Dio cattolico” mi è parso che il vecchio Cardinale, finalmente libero per la sua età e per il male incombente dia pieno respiro al suo pensiero e lo offra con discrezione e con convinzione ai fratelli di fede e di ricerca.