Il ripensamento della Chiesa veneziana

Circa un paio di anni fa uno dei miei vecchi cappellani che il nuovo Patriarca aveva nominato, anche se in via provvisoria, suo vicario generale, ossia il più diretto collaboratore, mi aveva confidato che il nostro nuovo vescovo era seriamente preoccupato per la situazione finanziaria della diocesi che risultava estremamente pesante. Ed avendomi egli chiesto come stavamo noi dei Centri don Vecchi in quanto a finanza, gli dissi che la situazione era assolutamente tranquilla, anzi eravamo, pur moderatamente, in attivo. Al che egli, con una certa “impudenza”, mi chiese semmai avessimo potuto aiutare la diocesi.

Essendomi ricordato quanto un funzionario della curia mi aveva a sua volta confidato e cioè che la diocesi ne avrà per vent’anni di debiti da pagare, compresi che sarebbe servito ben altro di quello di cui la Fondazione, che poi è sempre proiettata in nuove avventure solidali, avrebbe potuto disporre.

Il discorso non è finito lì, perché è proseguito con lo scandalo del Mose, con qualche coinvolgimento se non di carattere giudiziario, comunque almeno in una compromissione ideale con un certo modo di pensare e di agire non proprio evangelico. Quindi è giunta l’intervista del Patriarca su un “ripensamento ed un riordino nella gestione economica”. Infine il “botto” di qualche giorno fa con le relative dimissioni date, o richieste, con la chiusura prima della scuola patriarcale, poi della facoltà di diritto economico, del pensionato internazionale e non so di che altro.

Quello del patriarca Scola è stato un sogno ed un’avventura bella fin che si vuole, ma di certo molto, anzi moltissimo, al di sopra della possibilità della Chiesa veneziana. Mi spiace veramente per il mio vescovo attuale perché credo che sia stato quanto mai amaro e penoso gestire questa situazione fallimentare che dovrà pagare cara in prima persona. Comunque, tutto sommato, penso che queste scelte che la situazione economica ha costretto a fare, tutto sommato siano provvidenziali perché hanno aiutato la Chiesa veneziana ad orientarsi verso quella povertà e semplicità evangelica che doveva essere il suo naturale obiettivo e non una soluzione imposta da elementi che nulla hanno a che fare con gli orientamenti di Papa Francesco e, prima ancora, di Gesù Cristo.

Mai, come in questo momento, mi sono sentito vicino e solidale col nostro Patriarca, con cui vorrei condividere il peso di questa croce, però spero che il cammino sul quale la Provvidenza ha messo la Chiesa veneziana e che non è ancora terminato, debba procedere con lucida scelta verso una Chiesa povera, libera e senza compromessi anche solamente occasionali.

17.08.2014

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