La parrocchite

Molti anni fa scrissi un articolo su una “malattia” che colpisce soprattutto i parroci, ma talvolta anche i loro collaboratori più devoti e più bigotti. Da quel che ricordo l’articolo rappresentava una mia reazione piuttosto vivace ed incontrollata alla presa di posizione piuttosto risentita da parte di un parroco che era indignato perché un suo “parrocchiano geografico”, non trovando nulla di soddisfacente per cui impegnarsi nella sua parrocchia, aveva scelto di collaborare con la San Vincenzo della città della quale io ero assistente.

L’occasione, o forse il pretesto del mio intervento, ebbe questa origine, ma era da molto tempo che riscontravo, con delusione, talune manifestazioni di gelosia da parte di certi preti quando qualcuno dei loro parrocchiani, per i motivi più diversi, o frequentava un’altra chiesa o, essendo egli propenso ad impegnarsi in un settore di volontariato non presente nella sua parrocchia prestava altrove la sua collaborazione. Questo senso del possesso dei corpi e delle anime dei fedeli, proprio di un monarca assoluto o da satropo orientale, lo giudicavo assurdo, fuori tempo e del tutto biasimevole.

Mi pare che questo articolo sulla “malattia”, che ho denominato “parrocchite” e della quale ho descritto i sintomi, le complicanze e i danni che riporta sulle coscienze delle persone perbene, ebbe un certo successo come clamore, ma destò reazioni del tutto negative, tanto da essere io accusato come un prete che “ruba fedeli” alle altre parrocchie. La cosa è purtroppo vera perché quando ero parroco a Carpenedo, in un sondaggio promosso dalla diocesi, è risultato che ben 700 extraparrocchiani frequentavano la mia chiesa. Il brutto, o soprattutto il sorprendente, non fu che “i danneggiati” si siano dati da fare per frenare l’esodo attraverso un maggior impegno e una maggior vitalità della propria parrocchia, ma che si sono limitati alle più facili e comode critiche sul mio operato.

Questo discorso l’avevo dimenticato da un pezzo, forse perché ormai molti parroci non si accorgono più dell’esodo della loro gente; però, qualche giorno fa, uno dei miei volontari che ogni settimana distribuisce “L’Incontro”, mi ha riferito che un certo prete, che per carità cristiana non nomino, ha protestato col proprietario di un negozio della “sua” parrocchia perché ha accettato di esporre sul bancone il nostro periodico, che pare abbia invece incontrato il gradimento della “sua gente” dato il numero di copie che vengono ritirate ogni settimana.

Mi auguro che si trovi finalmente una medicina che curi “la parrocchite” in maniera efficace, perché è una malattia che di certo fa molto male alla qualità della vita parrocchiale.

18.08.2014

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