L’incubo

Il “Polo solidale” del “don Vecchi”, di cui moltissime volte ho parlato in maniera fin troppo entusiasta, sta passando un momento difficile. La “truppa” è quieta e operosa come sempre, mentre alcuni dirigenti, per i motivi più diversi, sono in stato di agitazione. La mia preoccupazione non nasce dal fatto che possa sfasciarsi un’organizzazione per la quale mi sono giocato fino in fondo, facendomi fare quindi una brutta figura in città e soprattutto in diocesi ove c’è qualcuno che non aspetterebbe di meglio, ma il mio incubo è per quelle migliaia di poveri che ogni giorno trovano presso il “don Vecchi” aiuti abbastanza rilevanti. Io poi, avendo sempre avuto una modesta considerazione delle mie capacità, ho sempre temuto che potesse fallire quello che con tanta fatica e sacrificio ho tentato di costruire.

Normalmente dimentico con facilità sgarbi, offese, critiche e quant’altro, però m’è rimasta nel cuore un’affermazione di un mio cappellano di moltissimi anni fa, che probabilmente ha centrato il nervo scoperto. Questo collaboratore stava incontrando una qualche difficoltà nella conduzione dei ragazzi che andavano in vacanza alla Malga dei Faggi a Gosaldo ed è quindi uscito con questa espressione: “don Armando ha fatto questa casa, quindi se la porti avanti lui, tanto il suo è tutto un castello di carta che prima o poi si sfascerà”. Forse era una frase uscita in un momento di stizza, di difficoltà o di delusione; comunque mi fece male perché ho sempre avuto la preoccupazione che le imprese per le quali mi sono speso senza riserva mi crollassero addosso.

Di certo non porto né rancore né risentimento, anche perché fortunatamente sono passati quasi dieci anni da quando sono uscito dalla parrocchia e nulla è crollato. Carpenedo rimane una delle più belle ed intraprendenti parrocchie di Mestre e della diocesi.

Tornando però al “Polo solidale” del “don Vecchi”, questa realtà vede impegnate quattro associazioni con quasi duecento volontari, e certamente rappresenta nel patriarcato la punta di diamante e il fiore all’occhiello circa la carità; se poi le si aggiungono i cinque Centri don Vecchi della Fondazione Carpinetum, diventa qualcosa della quale la Chiesa veneziana dovrebbe andare veramente orgogliosa.

Talvolta, confrontando ad esempio questa nostra realtà con la comunità di Sant’Egidio, ho la sensazione che il tallone di Achille sia L’aver io accolto tutti, credenti e non credenti, praticanti o no: ciò che rende il nostro Polo vulnerabile, mentre chi ha preteso una formazione religiosa più seria, mi pare che subisca meno scossoni e pericoli.

Mi auguro comunque che il nostro sia uno dei tanti temporali estivi e che, prima o poi, torni il sereno.

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