Sono abbonato da molti anni a “Gente Veneta”, il settimanale della nostra diocesi. Mi abbono ogni anno a questo periodico non per dovere di categoria, ma per scelta personale perché è un periodico ben fatto, interessante e soprattutto perché sono quanto mai ammirato dal fatto che un gruppetto tanto minuscolo di giornalisti, che credo abbiano anche delle paghe molto modeste, riesca ad offrire alla città una lettura puntuale ed intelligente di ciò che di più importante avviene qui ogni settimana.
Se fossi chiamato a dare un voto alle varie realtà presenti nella nostra diocesi, metterei di certo al primo posto “Gente Veneta”. Lo trovo veramente un bel giornale. L’unico piccolo neo – ma può darsi che questo sia in realtà un pregio piuttosto che un difetto – è quello che lo trovo sempre “allineato”: mai una critica, seppur minima, ai personaggi che ufficialmente contano. A me, che ho la ferma convinzione che il “dissenso per amore” sia un dono piuttosto che una malagrazia, questo preoccupa un po’, comunque in un mondo che critica sempre tutti, può essere positivo questo atteggiamento rispettoso e attento a mettere in luce soprattutto il positivo della nostra realtà. Sono già tanti quelli che, giustamente o meno, la criticano.
Più di una volta ho sentito anch’io il bisogno di manifestare la mia ammirazione, stima e riconoscenza ai singoli giornalisti e a tutta la redazione del nostro periodico, forse l’unico scritto tutto in positivo, almeno per quello che riguarda le nostre cose. Detto questo, da parte di un criticone storico quale mi riconosco e soprattutto da uno che, magari in modo maldestro e inadeguato, tenta di usare la carta stampata per passare “la buona notizia”, vengo al motivo principale di questo mio intervento.
Nel numero 24 di metà giugno di Gente Veneta, mentre la nostra città è nell’occhio del ciclone per le malefatte di imprenditori, politici, amministratori pubblici e faccendieri, il nostro Patriarca s’è fatto intervistare dal nostro periodico. Spero di tutto cuore che la mia Chiesa non abbia “scheletri negli armadi” a motivo del Mose, anche se è già una colpa non partecipare adeguatamente alle vicende della nostra società e non denunciare per quieto vivere e per non aver noie gli abusi dei quali possiamo venire a conoscenza (e ai vertici, suppongo, che più che alla base si possano venire a conoscere le virtù e i vizi della nostra gente).
Il Patriarca tanto opportunamente ha ribadito che pure alle chiese di Venezia si pone il dovere di fare un serio esame di coscienza ed una verifica. Ho letto per ben due volte l’intervista, che seppur lunga ed articolata non scende per nulla nel concreto e nel dettaglio. Per ora mi basta. Spero che sia l’indicazione di una scelta e di una condotta che inviti i cristiani, sia come singoli che come comunità, a non limitarsi a stare alla finestra e a discettare sul sesso degli angeli, una scelta ove si costruisca il domani, ci si sporchi le mani e si collabori perché il messaggio diventi veramente lievito.
22.06.2014