La mia riflessione odierna si rifà, ed è una conseguenza, della verità di cui ho parlato ieri e che per me ha rappresentato la “scoperta del tesoro” in un campo ormai poco fertile e semiabbandonato e che mi ha spinto quasi a “vender tutto per comprare il campo che custodisce quel tesoro”.
Due domeniche fa il Vangelo riportava l’episodio dell’apparizione di Gesù agli apostoli impauriti, perplessi, incapaci di dire alla gente che il loro maestro aveva vinto la morte, per cui tutti ora potevano camminare con speranza e coraggio verso l’aurora del nuovo giorno.
Iniziai il sermone dicendo quanto mai convinto: «Miei cari, questa mattina, in questo nostro “cenacolo”, parliamo di un episodio della vita della Chiesa d’inizio da cui apprendiamo che Gesù entrò nel sacro luogo, salutò dicendo “pace a voi” ed affermando che era proprio lui il maestro che loro avevano conosciuto e che i capi religiosi avevano condannato a morte perché metteva in pericolo la loro sicurezza e soprattutto le loro posizioni di prestigio, ma non ci ritroviamo qui per ricordare questo episodio per quanto importante, ma lontano, ma perché anche noi oggi, nonostante la nostra pratica cristiana di tanti anni, ci troviamo titubanti, timidi, perplessi e non ancora capaci di “saltare la mura”. Questa mattina aspettiamo il Signore che venga a trovarci, a darci la pace, a credere veramente alla resurrezione, perché di questo anche noi abbiamo bisogno.»
Domenica scorsa invece il Vangelo riportava l’avventura di fede dei discepoli di Emmaus. Ribadii sulla stessa linea, con ancora più vigore, la grande verità che, rifacendoci all’esperienza di questi discepoli, dovevamo anche noi imparare ad incontrare, ascoltare e testimoniare il Risorto. L’incontro col Risorto non è rimasto un privilegio dei discepoli della Chiesa d’inizio, ma pure noi possiamo e abbiamo bisogno assoluto di incontrare Gesù, seppur nascosto nelle vesti, nel comportamento e nel modo di esprimersi degli uomini del nostro tempo. Anche oggi, spalancando gli occhi, avendo attenzione, possiamo fare questo incontro per portare poi la splendida e meravigliosa esperienza alla nostra comunità perché cresca la fede comune.
Per indicare che pure noi possiamo scoprire il Gesù che cammina in incognito sulle nostre strade e sulle nostre piazze, riferii due testimonianze. La prima di mons. Vecchi che quando gli feci osservare che lo vedevo legger poco per aggiornarsi, mi disse un giorno: «Armando, se alla mia età non avessi ancora imparato a leggere “il libro della vita” vorrebbe dire che non ho imparato proprio niente». Tutti dobbiamo saper leggere il “libro della vita” che contiene tutte le più grandi verità e che da mane a sera ci parla del Dio presente nelle nostre vicende.
La seconda testimonianza di due sorelle che mi hanno regalato un tempo un quaderno ove descrivevano come avevano imparato ad interrogare Dio a proposito dei problemi in cui s’imbattevano. Esse aprivano il Vangelo e, a loro dire, trovavano sempre la risposta esauriente. C’è da crederci!
Terminai l’omelia affermando che, almeno idealmente, ogni domenica ognuno dei presenti alla messa doveva portare idealmente sull’altare, a beneficio di tutti, il loro incontro col Risorto. Solo così l’Eucaristia arricchisce di grazia e di speranza l’intera comunità.
10.05.2014