Non sempre i discorsi di carattere legale e giuridico rispettano e dichiarano la realtà. Ritengo però che da un punto di vista morale sia più importante “il reale” che ciò che afferma la legge, anche se per la società i titoli validi sono quelli legali.
Vengo ad un discorso concreto che riguarda il “don Vecchi 5”. Mercoledì prossimo (14 maggio 2014, NdR) sarà festosamente inaugurata la nuova struttura a favore degli anziani poveri in perdita di autonomia. Qualcuno ha chiesto di chi sia la proprietà del nuovo grande manufatto. La risposta, per la mia parte, è molto semplice, mentre da un’altra parte rimane più confusa per la differenza tra titoli di proprietà di tipo giuridico e quelli reali.
Sento il dovere di fare questa precisazione perché è tempo che i cittadini prendano coscienza dei loro diritti nei riguardi delle strutture di carattere pubblico e di quelle “appartenenti al “privato sociale”, ossia quelle realtà che operano in maniera disinteressata a favore della società.
Una parte del “don Vecchi” appartiene alla Regione, che ha fatto un prestito di duemilioniottocentomila euro, soldi che la Fondazione dovrà restituire fino all’ultimo centesimo mediante rate annuali.
L’altra parte della proprietà, cioè l’altro milioneduecentomila euro è di proprietà “reale” dei cittadini che hanno sottoscritto una o più azioni di cinquanta euro ciascuna di che la Fondazione ne ha decretato la cessione per poter realizzare la nuova struttura…
Mercoledì, giorno dell’inaugurazione, la Fondazione consegnerà pure “certificati di deposito” di 100 azioni l’una a concittadini che hanno contribuito in maniera decisiva alla realizzazione del “don Vecchi 5”. Per qualcuno questo discorso potrà forse apparire come un espediente per raggranellare il denaro occorrente, in realtà sotto questa operazione c’è pure la filosofia che tende a far prendere coscienza alla città che le strutture di ordine sociale non sono fruibili a sola discrezione di chi ha il titolo legale di possesso, ma sono autentica proprietà dei cittadini sottoscrittori che con i loro contributi, piccoli o grandi, hanno reso possibile la realizzazione dell’opera. Ci sono dei cittadini che posseggono un’azione ed altri che ne posseggono perfino ottomila, avendo sborsato ben quattrocentomila euro.
L’operazione della cessione delle azioni non è quindi un espediente di ordine finanziario, ma di ordine culturale e sociale per far crescere la consapevolezza del diritto e dovere di essere partecipi a tutto quello che riguarda la comunità.
10.05.2014