Un “mio ragazzo”

Un tempo osservavo con una certa ironia le mamme che parlavano dei figli trentenni come fossero ancora dei ragazzini. Ora tocca anche a me di cadere nello stesso errore e probabilmente di essere commiserato dai preti più giovani.

Le ragazze alle quali ho fatto scuola alle magistrali ora sono tutte nonne e in pensione da un bel po’ di anni. Quando mi capita di incontrarle e mi dicono: «Non si ricorda di me, don Armando?, sono la Stefania della terza C, o la Paola della quarta D», io, di fronte a queste signore brizzolate e, nonostante i “ritocchi”, un po’ avvizzite, mi trovo a sorprendermi perché a quei nomi nella mia memoria corrispondono ragazzine frizzanti, tutto brio e avvenenza.

Così mi è capitato qualche giorno fa con uno dei ragazzi incontrato a San Lorenzo nel 1956, quando fui nominato assistente di un gruppo di una settantina di giovani appartenenti all’Azione Cattolica. A quei tempi i militanti si contavano a decine e decine. Quando l’addetto alle pompe funebri mi chiese di fissare il funerale di un certo Tullio Niero, ebbi subito la sensazione di ricordare quel nome, corrispondente ad un giovane dalla voce calda, un po’ burlone, semplice operaio, con qualche po’ di complesso nei riguardi degli amici d’infanzia e di associazione, quasi tutti studenti, però sempre cordiale e affettuoso.

Da quel tempo sono passati quasi sessant’anni. L’avevo incontrato qualche rarissima volta ma tanto tempo fa. Ora ho scoperto che, in pensione da molti anni, ormai ottantenne, acciaccato per una brutta caduta, ridotto a non poter più camminare, era finito in casa di riposo.

La vita usura un po’ tutto – immagini, pensiero, comportamento – e, quando va bene, ti riduce ad un rudere non sempre neanche interessante.

Celebrai il commiato, commosso e partecipe, pregando con particolare fervore perché il Signore l’accompagnasse nel suo Cielo dandogli nuova giovinezza. Poi non potei non chiedermi come appaio io, più vecchio di cinque anni del mio ragazzo, agli occhi della gente del “nuovo mondo”!

Mi sono un po’ commiserato e poi ho ringraziato mentalmente la mia cara gente che mi sopporta ancora come sono.

15.04.2014

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