Nota della redazione: per un caso fortuito questo intervento di don Armando, scritto il 17 marzo, appare nel giorno della scomparsa del Patriarca emerito Marco Cé, che siamo felici di poter ricordare anche con queste riflessioni di don Armando a margine del biglietto di auguri dedicatogli dal Patriarca emerito pochi giorni prima dell’incidente che lo avrebbe poi condotto al riposo eterno.
Io sono nato in campagna in un paese il cui territorio si affianca alla riva sinistra del Piave. Quando sono nato, ottantacinque anni fa, tutta la vita si rifaceva all’agricoltura e perciò anche la struttura familiare risentiva di questa realtà. Il lavoro della terra in quel tempo, quando erano pressoché inesistenti le macchine agricole, esigeva tante braccia, cosicché le famiglie dovevano essere numerose, contavano allora venti, trenta, quaranta componenti e la struttura familiare era di stampo patriarcale.
Il “padrone di casa” era quasi sempre il vecchio, esperto delle stagioni e delle semine a cui tutti si rifacevano sia per il lavoro sia per le scelte di vita. Il padrone di casa era per tutti e per ogni livello di vita un’autorità ascoltata con rispetto e talvolta quasi con venerazione.
M’è venuta in mente questa impostazione sociale ed umana delle famiglie del mio paese qualche giorno fa quando, aprendo una busta a me diretta, vi ho trovato un biglietto di augurio per il mio compleanno da parte del vecchio Patriarca, il cardinale Marco Cè. Queste sono state le care ed amabili parole con le quali mi ha porto il suo augurio.
Venezia 8/3/2014
“Caro don Armando”,
auguri di buon compleanno!
Vedo che non cedi nel lavoro, ma continui a crescere, che Dio ti benedica.
Io ho dovuto cedere mi hanno insegnato che “non cade foglia che Dio non voglia”.
E mi metto in pace, una preghiera reciproca
+ Marco Card. Cè
Il Cardinale Cè ha soltanto qualche anno più di me, eppure anche in questo ultimo decennio, in cui sia lui che io siamo rimasti per età e per pensiero ai margini della nostra Chiesa, l’ho sempre sentito come “il vecchio di casa” sulla cui autorità, saggezza e paternità idealmente mi potevo appoggiare, sentendolo sempre come un sicuro punto di riferimento.
Proprio in questi ultimi giorni mi era passato per la mente di scrivergli, perché sentivo il bisogno di dirgli questi miei sentimenti, perché lui avvertisse cosa egli rappresenta per me – ma anche forse per tutti i suoi preti – quanto conti la sua presenza discreta ed appartata, ma reale e viva. Purtroppo, ancora una volta, mi sono lasciato assorbire dalle piccole vicende del mio quotidiano, così che ancora una volta la sua ricchezza spirituale ed umana mi ha preceduto.
Io, in passato, non sono stato uno dei suoi “dipendenti” più tranquilli ed ossequiosi, nonostante fossi consapevole della sua mitezza e della sua calda paternità spirituale. Ora, anche se gli anni e la fragilità hanno ridotto quasi al silenzio e relegato tra le pareti domestiche il mio vecchio patriarca, avverto più che mai la gioia e la grazia di avere ancora alle mie spalle, quale padre e protettore “il nostro vecchio di casa” e mi auguro di godere fino alla fine di questo magnifico dono di Dio.
17.03.2014